6 Dittongamento spontaneo
6.3 Forme di derivazione dotta e allotrop
Per completare la riflessione sulluso di forme non dittongate nei volgari autografi è utile ricordare alcune alternanze che uniscono il fatto fonetico ad un fatto morfologico o etimologico. Si portano tre esempi.
a. Scelta fra allotropi
Il latino lep rem ha in fiorentino diverse realizzazioni, riconducibili a due tipi distinti: la forma popolare autoctona lepre (priva dittongo perché derivante probabilmente da una base già sincopata *leprem) e la forma lievore, di origine settentrionale15. I due tipi sono variamente attestati nel Corpus F:
Conv. papa Clemente, 1308 (?): lievri (1 occorrenza) p. 10;
Zucchero, Santà, 1310: lepre (1 occ.) p. 181, lievre (6 occ.) p. 91, p. 110 (2 occ.), p. 145 (3 occ.);
Ricette di Ruberto Bernardi, 1364: lievore (1 occ.) p. 32).
Nei volgari autografi occorre invece il solo tipo lepre (in Tes, lepre 47r 27; in
Dec, lepri 32c 40).
15
b. Latinismo vs esito diretto
Nei volgari autografi la forma luogo, con dittongo e sonorizzazione, si oppone al latinismo loco (mentre al plurale si trova sempre luoghi, con un totale di 53 occorrenze: Tes 8, TeC 5, TrT 6, Rub 1, Arg 1, TrC 4, Dec 28). Nella
Tabella 6.3.b si trovano i dati relativi alla diffusione delle due forme. Tabella 6.3.b - Occorrenze di loco e luogo
Tes TeC TrT Rub Arg TrC Dec
loco 48 - - - 6 - 3
luogo 31 37 18 9 1 11 175
La tabella mostra la predilezione nei testi in versi per il latinismo, opposto alla forma volgare usata in prosa. Si consideri anche che lunica occorrenza in prosa di Tes, nella dedica, ha la forma luogo (luogo 2v 18) e che in Dec occor- rono nei versi delle ballate solo le tre occorrenze di loco (loco 72d 38, 96d 7 e 81d 34 corretto in luogo da mano successiva), mentre altrove si ha sempre luogo.
È interessante notare che le percentuali del latinismo aumentano se si escludono dai conti le forme contenute in espressioni fraseologiche e locuzioni di uso comune; per queste Boccaccio usa sempre luogo, con leccezione di unoc- correnza in Tes («ogni altro pensier dato avea loco», Limentani 1964, p. 338; ms.
dato avea locho 34r 18) e di una in Arg («lascia Beatrice, ed in loco di lei / Ber-
nardo con lo sguardo il guida avante», Guerri 1918, p. 225; ms. etinloco dilei 124r 140). Nella Tabella 6.3.b.bis sono espressi i dati relativi allalternanza loco /
luogo escluse le occorrenze relative ai sintagmi avere luogo avere spazio, es-
serci, avere la possibilità di esserci; dare luogo lasciare spazio, far iniziare;
essere luogo essere possibile, essere opportuno, essere necessario; far luogo
lasciare spazio; trovare luogo avere spazio; in luogo di qsa, qno, in sostitu- zione di, in qualità di (qsa, qno).
Tabella 6.3.b.bis - Occorrenze di loco e luogo (escluse fraseologie)
Tes TeC TrT Rub Arg TrC Dec
loco 47 - - - 5 - 3
luogo 21 35 13 8 - 4 132
Si noti che limitando in questo modo i contesti le occorrenze di loco raggiungono il 100% negli Argomenti, mentre nel Teseida passano dal 60,76% al 69,12%.
Si può concludere che il latinismo loco è percepito da Boccaccio come un tratto linguistico di pregio, adatto principalmente alla lingua in versi.
c. Alternanza morfologica ereditata dal latino
In corrispondenza dellattuale italiano fuori, il latino disponeva di due forme distinte: foras e foris.
Le due forme erano originariamente un accusativo e un locativo plurali, derivati dallo stesso tema *for- (connesso con fores, -ium porta). La norma pre- vedeva luso avverbiale, con senso di moto per foras e di stato per foris; in realtà si diffonde assai presso luso preposizionale, con foras seguito da genitivo e foris da accusativo, e le due forme si trovano confuse nella funzione già in iscrizioni del I secolo a.C.16.
Paul Aebischer, che si è occupato della diffusione delle due forme nei documenti latini medievali di area italiana e nei primi testi volgari, ha descritto una situazione di totale fusione delle due funzioni, con una distribuzione delle due forme su base geografica. I suoi sondaggi mostrano luso indifferente, per stato e per moto, delle forme derivare da foras a sud di Roma e di quelle derivate da foris a nord. Analizzando più in particolare la distribuzione delle due forme, Aebischer nota che nella Toscana occidentale, principalmente nelle carte lucchesi ma con attestazioni significative anche per Pisa e Pistoia, prevale luso di foras, in contrasto con il dominio assoluto di foris del resto della Toscana17. Gli spogli di Castellani mostrano come tale distribuzione delle forme arrivi con pochi cam- biamenti fino al XIV secolo: a Pisa fuora prevale su fuore (comunque ben rap- presentato); fuore è però la forma normale a Lucca, oltre che a Volterra, San Gimignano, Siena e a Colle Val dElsa (dove è presente anche fuori); fuori è la forma caratteristica fiorentina, presente anche a Pistoia e a Prato18.
16
Cfr. DEI, s.v. fuori, e Aebischer 1965, p. 1. 17
Cfr. Aebischer 1965, pp. 2-3. Lo studio di Aebischer considera prevalentemente forme latine, e prevalentemente dellVIII e IX secolo. Nonostante lintento di occuparsi «de lenveloppe exté- rieure, de la guenille», Aebischer non cita mai né forme dittongate né il fenomeno stesso del dit- tongamento spontaneo.
18
Cfr. Castellani 1952, p. 41 e Castellani 2000, p. 318, p. 350, p. 359. Lesito regolare toscano di foris è fore (ma cfr. Manni 1979, p. 168 n.: «Etimologicamente fuora deriva da FORASe fuori
daFOR S (quanto a fuore, attestato in vari dialetti toscani [[...]], esso può venire sia da FORAS
che da FOR S)»); per fuori Rohlfs ipotizza uno sviluppo analogico della -i finale sul modello di altri avverbi (cfr. Rohlfs 1966, § 142; per lipotesi dello sviluppo di -i finale analogico, anziché fonetico, Rohlfs fa riferimento a DOvidio 1911, pp. 83-91) ma sembra sufficiente chiamare in causa, con Castellani, «la nota tendenza secondo la quale e atona passa ad i» (cfr. Castellani 1952, pp. 121-128, in part. p. 127; Castellani formula questa affermazione in relazione al pas- saggio in fiorentino da ogne a ogni; la distribuzione in Toscana delle forme ogni, ogne, ogna
Nei volgari autografi Boccaccio sfrutta molte fra le forme disponibili:
fora, fore, fuori (fori) e la variante apocopata fuor (for). Tutte le forme, e nel
corso di tutta la produzione, sono usate indifferentemente con funzione avver- biale e preposizionale. I contesti mostrano però una forte connotazione stilistica. I dati sono presentati in Tabella 6.3.c; nella tabella confluiscono tutte le occor- renze delle forme considerate, sia quelle di avverbi che quelle di preposizioni, sia quelle con indicazioni di stato che quelle con indicazioni di moto, sia le preposi- zioni di significato esclusivo (i tipi fuori che qsa, fuori di qsa) attestate per tutti i tipi morfologici. Si trovano in tabella anche due occorrenze di composti,
infora e infori, computate rispettivamente sotto fora e fori. Tabella 6.3.c - Occorrenze di fora, fore, fuori
Tes TeC TrT Rub Arg TrC Dec
fora 3 - - - 1 - - fore 10 - - - 2 7 - - - - fori fuori 8 20 8 - - 1 106 1 - - - - for fuor 36 - - 2 6 2 40
Osservando i dati di Tabella 6.3.c, si nota che:
fora è usato solo in versi, si presenta come un tratto dalla forte connota-
zione stilistica ed è da considerarsi latinismo;
fore è usato solo in versi (anche le 2 occorrenze attestate in Dec si trovano
nelle ballate), è percepito dallautore come tratto poetico (e in quanto tale non presenta dittongamento);
fuori (e fuor), le uniche forme usate nelle opere in prosa, sono le più diffuse
in tutta la produzione e hanno un parallelo poetico nelle forme senza dit- tongo fori (e for), che si trovano usate solo in versi.
Insieme a questa essenziale analisi della distribuzione delle forme nei vol- gari autografi, i dati sui lemmi fuori e fuora permettono due ulteriori riflessioni, di carattere più generale.
La prima riflessione riguarda la notevole varietà duso nel Teseida, in cui sono presenti tutte le possibili realizzazioni dellattuale fuori.
La seconda riflessione riguarda luso prevalente di fuor rispetto a for, anche nelle opere in versi. Si è già citato il fenomeno descritto da Alessandra Corradino in base al quale gli elementi grafico-fonetici che alterano i confini
presenta in effetti molte analogie con quella di fuori, fuore, fuora, ma nei volgari autografi è attestato il solo ogni).
della parola sembrano attenuare, nella percezione di Boccaccio, la connessione con il modello latino, limitando la disponibilità di tratti etimologici (e di grafie di pregio, come si era notato nel corso dei capitoli precedenti)19. Anche in questo caso lapocope sembra limitare il mantenimento della vocale semplice di deriva- zione diretta latina, portando lautore a privilegiare lutilizzo delle forme con il dittongo.