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Riduzione del dittongo dopo occlusiva + r

6 Dittongamento spontaneo

6.4 Riduzione del dittongo dopo occlusiva + r

Se si escludono le occorrenze di forme non dittongate dovute a scelte stili- stiche nei testi in versi, quelle dei verbi levare, negare, porre e composti e

rispondere, e le forme di derivazione dotta o semidotta trattate sopra (§ 6.3),

restano pochissime attestazioni di forme senza dittongo: in tutta la produzione volgare autografa se ne individuano 13 (2 occorrenze in TeC, 1 occ. in TrT, 1 in

Rub, 2 in TrC e 7 in Dec)20. Si tratta delle forme:

Tes (L) core 17rd 10; TeC (L) homo 134r 20n; TrT (T) rota 7v 15; TrC (C1) moversi 6v 39; prova 11r 31; Arg (C2) trova 42r 38; Dec (B) foco 95a 33; petro 21a 39; prego 83b 51; 19 Cfr. Corradino 1994, pp. 71-74 e supra §§ 5.3 e 5.5. 20

Sono certamente latine le tre occorrenze della forma nova nel Trattatello toledano (4v 34, 20v 23, 24r 26), che ricorrono nelle citazioni del titolo dell’opera dantesca Vita Nova. Negli anni cui risale la copia di T era consueto per Boccaccio l’uso del latino nei titoli e nelle didascalie; nel Trattatello chigiano l’opera dantesca sarà citata col titolo Vita Nuova (3r 11, 9v 18, 11v 5-6), in linea con la scelta di citare i titoli in volgare che Boccaccio aveva compiuto nel frattempo (cfr. Gorni 1995, pp. 219-222).

prova 109d 1; rimovere 45b 9/10; ritrova 19d 37, 28a 38.

La maggior parte delle forme elencate derivano la vocale semplice dal modello latino; alla base della scelta del latinismo si possono però immaginare motivi diversi. Per le attestazioni delle Chiose al Teseida (core e omo), avrà forse operato una forma di attrazione del testo poetico con cui le chiose condividono la pagina21. Nel caso di foco, messo in bocca alla truffatrice siciliana della novella di Salabaetto (VIII.10), l’uso di una forma non dittongata, che potrebbe essere latinismo o sicilianismo poetico, è conducibile all’intento di caratterizzare la lin- gua del personaggio. Meno significativo è immaginare una spiegazione fonetica per l’antroponimo Petro, che si contrappone a 86 occorrenze di Pietro (TrT 1 occ., Rub 2, Arg 1, Dec 82; fra le occorrenze di Dec nessuna fa riferimento alla stessa persona per cui è usata la forma Petro)22. Per quanto riguarda rota si può notare che il lemma non compare mai con il dittongo nei volgari autografi, men- tre è attestato due volte, in versi, nella forma rote (Tes 1 occ., Arg 1). Le forme

moversi e rimovere si contrappongono invece a 46 occorrenze rizotoniche ditton-

gate di muovere e composti (così distribuite: TeC 3 occ., TrT 8, ChT 1, Rub 2,

Arg 1, TrC 4, Dec 27), ma si affiancano alle occorrenze del Teseida, in cui il

lemma presenta sempre forme senza dittongo23.

La cosa più significativa del piccolo gruppo di occorrenze segnalate sono le 6 forme con riduzione del dittongo dopo occlusiva + r: prego, prova (2 occ.),

ritrova (2 occ.), trova. Si tratta di un fenomeno che, se pur ancora inconsueto per

la generazione di Boccaccio, comincia a penetrare nel fiorentino, da cui poi pas- serà alla lingua nazionale, proprio in questi decenni del XIV secolo24. Queste occorrenze fotografano realmente il momento dell’ingresso di questo fenomeno nella lingua scritta: la forma prova in TrC corrisponde a una forma dittongata nel

21

Se pure omo è forma presente in fiorentino, entrata nell’uso per influsso della varietà aretina o più probabilmente pisana, fa la sua comparsa in testi più tardi (cfr. Castellani 1993, pp. 170- 174).

22 Non sembra significativo il fatto che Petro e Pedro siano le forme consuete nei documenti pistoiesi (cfr. Manni 1990, p. 37).

23

Cfr. supra § 6.2. 24

Cfr. Manni 1979, pp. 120-122 e Manni 2003, pp. 273, 279, 333. Manni osserva che «le gene- razioni nate nella seconda metà del Trecento usano ancora di norma il tipo col dittongo, ma le forme monottongate che pure si infiltrano nei loro testi rivelano che il nuovo tipo si sta lenta- mente ma tenacemente diffondendo nell’uso fiorentino» (Manni 1979, p. 122). Si segnalano inoltre sporadiche attestazioni di forme non dittongate nel Corpus F: Cronica fior., XIII ex.: prove s.f. p. 141; Paolino Pieri, Cronica, 1305 c.: prego s.m. pp. 3, 4, 6, 51, 52, 60, 65, 67, 70, trovo p. 2; Stat. fior., 1334: breve p. 221, p. 336; brevi p. 366; preghi s.m. p. 251; Stat. fior., 1335: prove s.f. p. 36; Metaura volg., XIV m.: breve p. 215; prova p. 183, p. 287; prova s.f. p. 285; riprova p. 215; Doc. fior., 1358-59: trovase p. 125; trovo p. 119.

passo corrispondente in TrT (pruova 23v 15)25; l’accettazione delle forme con dittongo ridotto nella lingua scritta da parte di Boccaccio si colloca quindi nei dieci anni circa di distanza intercorsi fra la copia di T e quella di C1.

È da notare che fra i 6 casi di riduzione del dittongo dopo occlusiva + r individuati, 5 riguardano il dittongo uo e uno solo il dittongo ie. Lo scarto nella modalità di comparsa del fenomeno per i due dittonghi è inoltre più ampio di quanto indica questo dato, perché la presenza di forme con ie dopo occlusiva + r è circa doppia rispetto a quelle con uo; ad esempio, nel Decameron si hanno 170 occorrenze di forme con occlusiva + r + ie (lemmi: brieve e brievemente 54 occ.;

Pontriemoli 1 occ.; pregare e priego 109 occ.; triegua 2 occ.; tremare e triemito

4 occ.) contro 85 con occlusiva + r + uo (lemmi: Ambruogio, Ambruogia e dimi- nutivi 34 occ.; pruova e provare 21 occ.; trovare e composti 30 occ.). A Firenze, nel periodo di penetrazione del fenomeno, si dimostra invece più vitale la ridu- zione di ie rispetto a quella di uo, secondo la modalità diffusa a Siena e Pistoia (mentre nei dialetti occidentali e nelle varietà di Volterra e San Gimignano lo svi- luppo era stato precedente ed esteso ad entrambi i dittonghi)26. Il fenomeno della riduzione del dittongo dopo occlusiva + r, pur essendo comune agli scriventi fio- rentini del tempo, segue nei volgari autografi di Boccaccio una modalità pecu- liare.

Si noti, in conclusione, che fra le occorrenze prive di dittongo considerate mancano casi di riduzione del dittongo dopo palatale; l’analisi dei dati conferma ed integra quanto osservato da Stussi a proposito della lingua del Decameron27.