Sezione B Svolgimento della prova fenomenologica
5. L'abbandono della naturalità teoretica dal lato del soggetto
5.1 Primo argomento: della necessità della coscienza
La tesi del naturalismo cognitivo è che la realtà del pensiero, che consiste nella causazione efficiente descritta dalla fisiologia, sia identica al pensare concettuale e, dato che questo è risultato identico al sapere, anche che descrivere fisiologicamente un certo atto di sapere e il suo risultato sia identico al sapere essi stessi nel concetto. Si consideri quanto è precedentemente risultato. Il pensare, in cui il sapere consiste, è l'elaborazione da parte di un sistema di riferimento concettuale, entro il quale e nella forma del quale viene determinato ciò che può esservi espresso per poi essere conosciuto secondo le regole della logica e delle relazioni stabilite dai concetti. Tale determinazione e la conoscenza conseguente sono il fine di ogni sistema di riferimento e l'essenza della loro definizione. Due sistemi di riferimento, dunque, possono essere identici solo nel senso di essere “sostituibili”, ma per essere sostituibili è necessario che determinino la stessa cosa, seppure in modo differente, con risultati intercambiabili.
La condizione appena fissata per l'equivalenza dei sistemi di riferimento consente di porre la seguente domanda: “la determinazione della realtà esterna risultante dalla descrizione della causalità efficiente del pensare è la stessa cosa della determinazione della realtà esterna per concetti, che mostrano di essere la causa formale della conoscenza?”. Con ciò, più precisamente, si intende: “il sistema di riferimento prodotto dall'illustrazione della causa efficiente del pensare può trascrivere perfettamente il sistema di riferimento prodotto dal dispiegamento logico della
causalità formale dei concetti?”.
Il naturalista cognitivo ritiene che basti concordare che l'esistenza del pensiero consiste unicamente in una realtà naturale (monismo integrale) per essere costretti a rispondere affermativamente. Chi abbraccia questa tesi mostra di non capire la differenza tra la domanda da cui siamo partiti e la domanda ora determinata, pur formulandole entrambe: la prima è “è possibile spiegare l'esistenza naturale del pensiero tramite la sola causalità efficiente?”, mentre la seconda è “è possibile pensare secondo la sola causalità efficiente del pensare?”.
Abbiamo già concordato e ulteriormente argomentato la necessità di ammettere il monismo integrale, ma per quanto segue bisogna rispondere negativamente alla seconda domanda. Supponiamo di avere completamente dimostrato le definizioni di identità tra pensiero concettuale e causazione efficiente del pensiero. In tal caso, si può scrivere per ogni ragionamento la formula corrispondente, che si può ragionevolmente congetturare essere una reazione elettrochimica di cui si conosce la localizzazione. Quella reazione in sé determina la realtà cerebrale, per noi essa determina anche la realtà esterna. Questa differenza tra ciò che essa è in sé e ciò che essa è per noi è data da quanto segue: la realtà del cervello non è la realtà esterna, quindi la prima non può determinare la seconda senza un termine medio, che noi adesso sappiamo essere il concetto; ne risulta che, mentre la reazione chimica del pensiero in esame illustra il prodursi della determinazione della realtà esterna, è il concetto ciò che ancora la determina. Il concetto in quanto determina la realtà esterna, però, non è il contenuto in sé di quella reazione chimica, la quale riguarda invece gli stati della materia cerebrale. Noi però, possediamo le leggi dell'identità tra
il concetto e quella reazione, quindi siamo in grado di osservare in essa il concetto. È proprio per questo che il concetto si afferma nuovamente: il problema è di nuovo quello che aveva costretto il monismo ad ammettere la coscienza in quanto tale come effetto reale in sé e per sé, cioè che a meno di incorrere in un “explanatory gap” la causazione efficiente deve culminare nel concetto in quanto tale, altrimenti la stessa legge di identità diviene insensata. Se si ammette il concetto in quanto tale come risultato reale in sé e per sé e poiché la prova fenomenologica ha mostrato che forma e contenuto nel concetto sono uno per essenza nell'atto di conoscere, per cui si deve concordare anche che è in base al concetto che si determina la realtà esterna, allora è la causa efficiente che va tolta nel conoscere, non il concetto. Infatti, dal punto di vista del conoscere la causazione efficiente senza la consapevolezza del concetto è muta255, ma il concetto determina in sé e per sé la realtà esterna, mostrando di essere
autosufficiente per questo scopo, quindi l'esistenza naturale del conoscere è indifferente al conoscere stesso256. Ne risulta nuovamente che una parte importante
dell'impresa della conoscenza è lo sforzo di migliorare dialetticamente i miei concetti per pensare sempre più oggettivamente – ma sempre in conformità alle condizioni di intelligibilità umane – la realtà esterna.
Questa argomentazione, supportata dalla prova fenomenologica, mi sembra avere sufficientemente dimostrato che:
1. è necessario ammettere la coscienza fenomenica, in quanto è sede dei concetti, i quali sono essenziali per la conoscenza umana;
2. l'epistemologia non è una scienza naturalizzabile, perché la descrizione della
255 In questo senso: non possiamo trovare nella reazione chimica del pensiero la determinazione della realtà esterna senza trovarvi il concetto in quanto tale.
causalità efficiente non coglie il concetto, il quale nell'atto conoscitivo è in sé e per sé.
5.2 Schema del primo argomento
Tesi: si può pensare la realtà esterna pensando una formulazione naturalizzata del concetto
Premessa maggiore: due sistemi di riferimento (il concetto in quanto tale e il
concetto naturalizzato) possono essere equivalenti se e solo se determinano in maniera intercambiabile sebbene diversa il medesimo oggetto;
Premessa minore: il concetto naturalizzato non determina neppure lo stesso oggetto
del concetto non naturalizzato, non perché non siano la stessa cosa, ma perché la descrizione della causazione efficiente del concetto determina la realtà esterna solo in quanto è concetto;
Conclusione: il concetto naturalizzato e il concetto in sé e per sé non sono due
sistemi di riferimento intercambiabili, perché il primo non determina la realtà esterna. La tesi va quindi negata.