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Il concetto di verità della Coscienza che ha la ragione in potenza: la verità assoluta

Sezione B Svolgimento della prova fenomenologica

3. Seconda figura: la Coscienza Osservatrice

4.1 Il concetto di verità della Coscienza che ha la ragione in potenza: la verità assoluta

Il concetto di pensare come determinazione entro un sistema di riferimento confuta il quinto principio della gnoseologia del naturalismo cognitivo. La conoscenza non è un'operazione di sussunzione, bensì di determinazione. Questa determinazione, inoltre, ha mostrato di essere sintetica e non analitica. Si è infatti visto che conoscere significa determinare qualcosa tramite concetti, ma il concetto consiste nell'unificazione tramite delle regole che mostrano come procedere nell'unificazione di universalità e particolarità, facendo derivare la seconda dalla prima e dimostrando così un'unità effettiva. Se ciò è vero, il principio dell'unità è un principio sintetico che dapprima produce la propria molteplicità, poi la riunisce e soltanto dopo diviene possibile un sensato giudizio analitico251. Procedere all'inverso significa procedere

arbitrariamente, perché se non c'è un principio di unificazione e quindi anche di partizione interno all'unità, da essa si potrà trarre qualsiasi partizione indifferentemente. Il caso delle conoscenze sensibili ottenute analiticamente dall'impressione sensibile qui non è applicabile: non si tratta di interpretare qualcosa di dato, ma di costituirlo in un modo tale che le nostre condizioni di intelligibilità possano sensatamente essere riferite alla realtà. Il procedere analitico ha un ruolo

250 La ragione qui è in potenza perché essa non ha ancora sviluppato i suoi contenuti, sa soltanto che deve svilupparli, cosa che sarà esemplificata nel secondo capitolo.

251 Cfr. Kant, KrV, B103, p.203:<<[...] è pur sempre la sintesi quella che propriamente raccoglie gli elementi per la conoscenza e li unifica in un certo contenuto. Essa è dunque la prima cosa cui dobbiamo prestare attenzione, se vogliamo giudicare quale sia la prima origine della nostra conoscenza>>.

nella scienza, ovvero quello di verificare l'identità analitica (quella che abbiamo definito nel sottoparagrafo 1.3) necessaria per ogni giudizio di sussunzione, ma la sussunzione non è il principio della scienza, bensì una possibilità – importante – che viene aperta solo dopo che i principi scientifici hanno operato. Di conseguenza, al quarto principio del naturalismo cognitivo va aggiunta anche una capacità sintetica sia empirica sia pura a priori.

I pensieri fattizi per uso scientifico, inoltre, non sono più arbitrari, ma derivanti da principi. Tra questi principi, alcuni sono empirici, cioè quelli riguardanti il criterio di determinazione reciproca dal lato del fenomeno, mentre altri sono assolutamente a priori e puri, come vedremo nel capitolo secondo.

È chiaro poi che non tutte le nostre conoscenze derivano dai sensi, bensì le conoscenze più profonde, quelle in cui si può parlare di verità e non di mera constatazione, ci vengono dall'atto di determinare a priori ciò che la sensibilità ci mostra. Poiché la nostra comprensione dei fenomeni naturali è tanto maggiore quanto più si riescono a concettualizzare i termini elementari dell'esperienza, si può affermare che la verità è il concetto e il concetto è l'idealità del reale, pertanto non ha più senso obbiettare che apprendiamo dalle cose: la nuova forma di conoscenza consiste nel trovare la ragione nelle cose, ma è la realtà della ragione che apprendiamo, non l'esistenza sensibile252; non il dato di fatto, bensì le sue cause253, le

quali si mostrano come razionali in sé. Rispetto alla dimostrazione della conseguenza 1B, che è ora venuta a cadere, sono state confutate le premesse (P1) e (P2), perché ci

252 In modo intuitivo, è questo il motivo per cui non concordo sulle critiche che Hegel rivolge a Kant e per cui mi sembra che la posizione kantiana, pur essendo più cauta, sia comunque in grado di rendere conto delle nostre conoscenze e di fondare una validità assoluta per la scienza.

si è resi conto che la nostra conoscenza è fondata su relazioni pure e a priori, capaci di riferirsi all'esperienza tramite operazioni sintetiche, così che si è dovuto ammettere anche che (non-P3), lasciando indeterminata la questione dell'innatismo, esistono

concetti (non più categorie) che non sono né derivabili né decidibili in base alla certezza sensibile e che non sono mere associazioni arbitrarie, quindi non tutte le nostre conoscenze derivano dai sensi.

Venendo meno la conseguenza 1B, deve essere abbandonato anche ciò che ne dipendeva:

• (non-1C): un pensiero avventizio contiene una certezza del reale fintanto che può essere ricondotto alla corrispondente impressione sensibile, ma certezza e verità non sono più equivalenti, pertanto una vera certezza del reale è contenuta nelle nostre percezioni nella misura in cui conosciamo le cause del suo contenuto e ciò, per quanto spiegato, avviene nel concetto;

• (non-1E): se pensare ed essere sono lo stesso, allora non solo c'è necessità nella nostra conoscenza, ma addirittura si può affermare che <<ciò la cui connessione con il reale è determinata secondo le condizioni universali dell'esperienza è (esiste) in modo necessario>>254;

• (non-1C; non-1E → non-1A): il concetto di verità espresso da 1A è risultato contraddittorio. In esso si pretendeva di togliere l'autonomia della realtà e nel contempo di ridurre la conoscenza a un passivo accoglierla, nel senso di conseguirne una rappresentazione umana ma oggettiva, di cui non si

254 Kant, KrV, B266, p.415. Le <<condizioni universali>> di cui parla Kant sono le condizioni trascendentali dell'esperienza possibile in generale. Nel presente testo, per accordare la dicitura, basta inderle come le condizioni espresse dalle leggi tratte dall'esperienza; poiché queste leggi sono poste come oggettivamente determinanti, risulta che tutto nel mondo accade in modo

possedeva alcun concetto autentico e neppure una giustificazione del suo riferimento alle cose. Il naturalista cognitivo, come ogni empirista, attendeva di trovare l'oggettività della propria conoscenza come qualcosa di già compiuto, ma non guidato da alcun principio necessario. Inoltre, la conseguenza 1A fondava la dicotomia tra “verbal truth” e “real truth”, la quale si è rivelata una separazione originaria che non poteva conciliarsi e, soprattutto, in disaccordo con l'esperienza della scienza;

• (non-1Fa): la filosofia è ora risultata essere ciò che avevamo suggerito nella conclusione dell'introduzione: la scienza della consapevolezza delle relazioni di pensiero, sia in quanto determinano un contenuto (da questo di vista la filosofia è la scienza della comprensione profonda di un contenuto) sia in quanto fanno parte di un sistema del pensiero (da questo punto di vista la filosofia è critica e produzione del pensiero puro ed è, per quanto detto, fondamentale per l'intero sapere).

Al termine di questo percorso, la verità è nel concetto e il concetto è posto dal soggetto nelle cose: la verità è in sé, nel pensiero che è e che si struttura e permane presso di sé anche quando si volge agli oggetti, ed è per sé, nel senso che la coscienza sa un concetto di verità in perfetta adeguatezza con la realtà che produce, così che il soggetto, anziché essere il termine medio di pensiero e realtà come due lati separati, è il movimento stesso del pensare la verità, il quale raccoglie i tre momenti del rapporto conoscitivo in un'unità di momenti effettivamente tali e paritari. La coscienza si sa come verità assoluta e fa esperienza della necessità sia del sapere sia della natura.