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Passaggio alla prova fenomenologica

Sezione A Naturalizzazione dell'oggetto

3. Passaggio alla prova fenomenologica

Per ricostruire il modello di mentale cui il naturalista dovrebbe assentire procedendo

research>>, 62 (1999), pp.261-265.

172 Nijhawan, Khurana, Space and time in perception and action, p.105, Cambridge (UK), Cambridge University Press, 2010.

173 Ibidem. 174 Ivi, p.106.

il più possibile ordinatamente, ritengo sia opportuno cominciare la nostra deduzione dalle fonti della conoscenza ammissibili per il naturalista.

La prima e più evidente fonte è il mondo esterno: siamo in grado di riprodurre in un pensiero appercepito tutto ciò che può essere rilevato dai nostri sensi, a seconda dell'acutezza e del grado della loro sensibilità. Possiamo chiamare ciò che si genera all'incontro tra la nostra corporeità e il mondo esterno “impressione sensibile”, mentre il pensiero appercepito che deriva dall'impressione sensibile, genericamente, “pensiero avventizio”175. Nel passaggio dall'impressione sensibile al pensiero

avventizio il naturalista cognitivo pone il meccanismo della corporeità, il cui operare chiamo “mediazione della corporeità”, poiché il corpo svolge la funzione di termine medio tra l'impressione sensibile e il pensiero avventizio. Adesso dobbiamo chiederci in cosa l'impressione sensibile si distingue dal corrispondente pensiero avventizio; tale domanda equivale a chiedersi cos'è e in che modo avviene la mediazione dell'impressione sensibile da parte della corporeità.

Abbiamo visto che il passaggio dall'impressione sensibile al pensiero avventizio corrispondente si attua tramite un processo dapprima analitico, poi associativo; di conseguenza, ogni pensiero avventizio è un'unità analitica. È il contenuto esplicito dell'unità analitica176 ciò che differenzia l'impressione dal pensiero avventizio.

L'impressione sensibile, pur essendo un intero completo, per il sistema nervoso è muta, nel senso che, essendo assolutamente semplice o assolutamente indifferenziata, che dir si voglia, non contiene in forma esplicita alcuna informazione177.

175 L'aggettivo “avventizio” fu usato per la prima volta da Descartes nella sua opera Meditazioni

metafisiche, per sottolineare il carattere accidentale e l'origine esterna al soggetto di questo genere

di pensieri.

176 Leggi: il contenuto esplicitato che è posto a principio dell'unità, la quale è ottenuta analiticamente. Cfr. la conclusione del sottoparagrafo 2.1.

L'impressione deve essere analizzata, cioè scomposta nelle sue caratteristiche intrinseche178, come infatti accade per opera di varie stazioni di analisi in serie e in

parallelo. Una delle fonti di conoscenza che il naturalista cognitivo ammetterà, in quanto sono parte della corporeità, è costituita dai meccanismi analitici del sistema nervoso. Da ciò consegue un principio fondamentale per la gnoseologia del naturalista cognitivo: una caratteristica intrinseca, facente parte di un'impressione sensibile179, può essere oggetto di conoscenza in generale se e solo se esiste un

meccanismo analitico del sistema nervoso capace di estrarla. Da ciò consegue che un pensiero avventizio è composto da tutte e sole le caratteristiche intrinseche che il sistema nervoso è in grado di processare. A sua volta, da ciò conseguono tre corollari:

• quando si tratta di pensieri avventizi, la mente umana non ha facoltà di conoscere più di quanto può trovare analiticamente nell'impressione iniziale; • un pensiero avventizio contiene una certezza del reale esclusivamente perché

e fintanto che può essere ricondotto alla corrispondente impressione sensibile tramite il processo analitico di cui è il risultato;

• riguardo al grado di conoscenza che abbiamo caratterizzato come “certezza sensibile”180 la fisiologia può costituirsi come un'epistemologia normativa: da

essa si possono ricavare in linea di principio le condizioni sotto cui un

caratteristiche geometriche: l'avere quattro lati uguali, quattro angoli uguali di 90°, etc. Tuttavia, gli angoli e i lati nell'impressione sono un continuo, pertanto non ci sono né angoli né lati, ma soltanto una distribuzione, la quale non ha a che fare con il concetto di quadrato, il quale prevede una discriminazione dei lati, del loro orientamento e degli angoli che formano.

178 Cfr. il già citato articolo: H.G. Barrow, J.M. Tennenbaum, Recovering intrinsic scene

characteristics from images, in Hanson & Riseman, Computer Vision Systems, pp. 3-26 (passim), New York, Academic Press,1978.

179 L'impressione sensibile è composta esclusivamente da caratteristiche intrinseche. L'impressione è un'unità semplice, per cui ciò che la costituisce è immediatamente ciò che la caratterizza in quanto attributo; pertanto, ogni suo attributo è una parte di ciò che è materialmente.

pensiero avventizio è un'effettiva certezza del reale. Se infatti la certezza sensibile è la pura e semplice constatazione del mondo esterno e se tale constatazione avviene tramite un pensiero avventizio, la fisiologia in quanto ne studia la produzione corretta o anomala è una scienza adeguata a tale scopo.

Fin qui abbiamo parlato del momento analitico dell'impressione che conduce al pensiero avventizio; adesso dobbiamo determinare il momento di unificazione. La questione della ricostruzione di una rappresentazione unitaria dalle computazioni separate delle varie caratteristiche è oggetto degli studi sul così detto “binding problem”. Si tratta di un ambito di studi molto ampio, ma mostrerò che, per i nostri scopi, sono sufficienti poche assunzioni, ricavabili da quanto abbiamo già spiegato. Poiché è risultato che un pensiero avventizio è composto da tutte e sole le caratteristiche che il sistema nervoso è in grado di processare e che tutte le caratteristiche ricavabili da un'impressione sensibile sono intrinseche, anche l'unità del pensiero avventizio, che siamo in grado di distinguere, deve essere una caratteristica intrinseca ed esplicitamente processata. Nelle pagine precedenti abbiamo visto che il sistema nervoso verifica varie caratteristiche e indizi per organizzare i dati della percezione; se ne ricava che l'unità è ricomposta a partire da caratteristiche indiziarie ricavate per analisi, dunque l'unità non è un dato né immediato né originario per il nostro sistema nervoso ed è un risultato conseguito analiticamente, come volevasi dimostrare.

Si può notare che non c'è alcuna necessità nell'unità del pensiero avventizio, né tra l'intero e le sue parti né tra le parti stesse: noi non percepiamo secondo la categoria

modale del pensiero della “necessità” l'unità in esame, ma soltanto come una certezza, ovvero un dato di fatto trovato. Ciò significa che il principio di unificazione operante è un principio insiemistico che dà luogo a un'associazione per giustapposizione: un pensiero avventizio, di per sé, è soltanto una raccolta.

Queste considerazioni possono essere estese anche a pensieri avventizi di accadimenti. Quando si ha il pensiero avventizio di un accadimento, infatti, la totalità del mutamento è data alla certezza sensibile, soltanto che è data in modo diacronico anziché sincronico, pertanto la percezione dinamica può risultare da una procedura di analisi delle impressioni come quella che il sistema nervoso si è mostrato in grado di operare. Che la percezione del movimento e probabilmente di ogni mutamento in generale sia il risultato di una procedura analitica e indiziaria è suggerito da vari fenomeni di illusione di movimento, di cui almeno due sono noti: l'illusione del movimento continuo data dallo scorrere di disegni leggermente diversi che riproducono una divisione per fotogrammi del movimento e l'illusione del movimento per fotogrammi data dalla luce intermittente.

L'estensione ai pensieri avventizi di accadimenti ci rivela che Hume aveva raggiunto alcune conclusioni corrette o, come è più utile sottolineare per i nostri scopi, il naturalismo cognitivo ha alcuni principi gnoseologici in comune con la dottrina di Hume. Il naturalismo cognitivo ammetterà con Hume che non si può trovare nell'esperienza, intesa come certezza sensibile, una fondazione per la conoscenza più forte dell'associazione, con la differenza che per Hume si trattava dell'effetto di un principio psicologico (l'abitudine), mentre il naturalismo cognitivo ritiene che si tratti del risultato di una configurazione psicofisica. Contro Hume invece il naturalista

cognitivo ammetterà forme di conoscenza più forti della certezza sensibile; la domanda che dobbiamo porci adesso è in che modo il naturalista cognitivo intenda garantirle, dal momento che egli afferma un naturalismo semantico181.

L'autore riconducibile al naturalismo cognitivo che tratta questo punto nel modo più appropriato mi sembra Paul Churchland, nel suo The engine of Reason, the seat of

Soul. Chalmers, Damasio e Dennett, infatti, si occupano di determinare gli attributi

della mente e come naturalizzarli, piuttosto che il suo funzionamento, di conseguenza non è possibile dedurre da questi autori una teoria dell'intelligenza e della conoscenza naturalizzate. Searle, invece, si è occupato soprattutto dell'uso pratico della ragione, ma è un ambito di studi che richiede dimostrazioni diverse dalla nostra, anche perché non c'è accordo sui fatti.

Nel libro di Churchland leggiamo:<<[...] as we have seen, for a neural network to have knowledge of any particular domain is for it to have acquired an expertise in discriminating some important and recurring set of features within that domain, and to have acquired some expertise in responding to them in some systematic way. This requires in turn the development of a suitable configuration of synaptic connection weights, one that partitions the network's neuronal activation space into a useful set of categories. Once these categories are in place, the network can be said to have a general or background comprehension of the domain at issue. And once it begins to activate those categories on appropriate occasions, it can be said to have an appropriate knowledge of the domain's unfolding activities>> (corsivo nel testo)182.

La tesi di Churchland è quindi che la conoscenza è l'operazione di sussunzione entro

181 Vedi Nannini, Naturalismo cognitivo, p.87.

182 Paul Churchland, The engine of Reason, the seat of Soul, pp.319-320, Cambridge (Massachusetts), The MIT press, 1995.

categorie, consistenti nella sensibilità della rete neurale a specifiche caratteristiche, la cui attivazione è condizione necessaria e sufficiente per la determinazione secondo regole “logico-naturali” di un pattern che culmina nella risposta corretta a un problema della conoscenza, la quale è dunque sempre un problema di riconoscimento o, se si preferisce, di un uso pragmaticamente preferibile di categorie naturali. Si possono fare alcune osservazioni sul testo per dimostrare che questa è l'interpretazione corretta.

Churchland mette in equivalenza concetto, categoria e caratteristica o caratteristiche fondamentali per la sussunzione, così che la conoscenza derivante non è altro che una scala di problemi di sussunzione di diversa estensione. Infatti, a p.50, dove si parla del riconoscimento dei volti, gli indizi necessari all'assolvimento di tale compito sono definiti <<rudimentary concepts>>, di contro all'uso di <<frameworks of concepts>> a p.83, dove non solo il termine “concepts” è scomposto nei termini <<categories and subcategories>>, mostrando di intendere i concetti come indici di catalogazione, ma è da notare anche che essi costituiscono un “framework” senza differenziarsi qualitativamente dai “rudimentary concepts” dell'occorrenza precedente. Da ciò si evince che, secondo Churchland, è un concetto tanto una caratteristica-condizione quanto il pensiero avventizio di un oggetto complesso, come la mina sottomarina che deve essere distinta dalle rocce nell'esempio cui si riferisce la seconda occorrenza, e che i due casi sono distinti soltanto dalla quantità e dall'ordine delle informazioni-condizione processate dalla rete neurale e accomunati dal fatto che non è in corso altro che una procedura di sussunzione183.

183 Per rafforzare la conclusione, cfr. anche ivi, p.90, in cui i concetti e le categorie sono esplicitamente posti in equivalenza e si spiega che il <<conceptual framework>> è la causa necessaria e sufficiente (nonché puramente efficiente) delle prestazioni della rete neurale.

Quanto osservato fin qui consente di concludere che, per Churchland, tutti i problemi percettivi sono problemi di sussunzione di estensione variabile, ma non ancora che tali sono anche i problemi concettuali della scienza. Tuttavia, è Churchland a estendere sino a questi ultimi la sua teoria184. L'introduzione dell'argomentazione è

costituita da una rilettura di Kuhn tesa a sottolineare come gli sforzi collettivi della comunità scientifica sono guidati da paradigmi che possono essere assimilati, come le teorie scientifiche prodotte, a concetti categorizzanti, distinti dal senso comune per <<comparative novelty>>, <<ambition>>, <<the institutional procedures that work to keep it honest>> ed <<extraordinary pragmatic power>>; di conseguenza <<the science is completely continuos with the common sense>>185. Churchland specifica

inoltre che la creatività scientifica consiste nel trovare categorizzazioni più fruttuose – ovvero nel trovare raccolte di condizioni soddisfatte – diverse dal solito nelle cose186. Infine, Churchland toglie alla coscienza qualsiasi ruolo essenziale nel

ragionamento. Quando ragioniamo su questioni astratte o teoriche operiamo con dei simboli, ma secondo l'autore la semantica di essi è riducibile (leggi: in identità) all'insieme delle caratteristiche-condizione che devono essere rilevate affinché quel simbolo abbia un contenuto: in altre parole, se il significato è la descrizione del simbolo, allora esso è il dispiegamento del pattern delle condizioni, dato che esse sono i tratti distintivi e il contenuto del simbolo. Ne consegue che non è necessario alcun accesso fenomenico per la produzione della semantica implicita nel ragionare187.

184 Vedi ivi, pp.271-286. 185 Ivi, p.277.

186 Ivi, p.278.

Con ciò è sufficientemente dimostrato che abbiamo interpretato correttamente il testo di partenza. Adesso dobbiamo chiederci se quella di Churchland è l'unica opzione o se è una fra le altre e, se ce ne sono, determinare quali sono e qual è quella che consegue necessariamente da quanto abbiamo studiato sul naturalismo cognitivo e sulla mediazione della corporeità.

In primo luogo, come ho già fatto notare, la proposta di Churchland è l'unica data dagli autori del naturalismo cognitivo che si preoccupa di congetturare le operazioni cognitive superiori dal funzionamento delle reti neurali e, in secondo luogo, il suo libro mostra di procedere in modo coerente. In terzo luogo, la proposta di Churchland rispetta le caratteristiche del naturalismo cognitivo determinato nell'introduzione e anche il naturalismo cognitivo come è caratterizzato da Nannini188. Per queste

ragioni, assumo che il modello dell'attività di pensare proposto da Churchland sia l'unico possibile, ma per i miei scopi è sufficiente anche solo che sia l'unico che il naturalismo cognitivo è riuscito a fornire esplicitamente.

Se le cose stanno così, possiamo estendere i principi ricavati all'inizio del paragrafo alle operazioni cognitive superiori. Le procedure di “condizione→riconoscimento del soddisfacimento o non-soddisfacimento di una condizione→output” poste da Churchland a fondamento del conoscere sono equivalenti al funzionamento dei meccanismi anatomici di analisi incontrati studiando la visione, specialmente quelli corticali189. Infatti, anche il sistema visivo funziona, secondo quanto abbiamo

studiato, per sensibilità – che è allo stesso tempo definizione190 – a specifiche

188 Nannini, Naturalismo cognitivo, pp.60-62; 79; 82-83. 189 Vedi sottoparagrafo 2.5.

190 Il sistema nervoso diventa sensibile a una data caratteristica dopo averne isolato gli indizi nell'impressione sensibile e quella caratteristica è effettivamente computata nell'impressione soltanto dopo che il sistema nervoso ha selezionato le caratteristiche in base a cui riconoscerla, le quali, dunque, la definiscono.

caratteristiche dello stimolo per la codifica esplicita di una proprietà intrinseca della rappresentazione, codifica che è alla base della risposta in output costituita dalla vista fenomenica e dalla capacità di discriminare tale caratteristica.

L'estensione delle deduzioni relative al pensiero avventizio sono sistematizzate nella seguente tavola della gnoseologia del naturalismo cognitivo.