Sezione B Svolgimento della prova fenomenologica
1. L'inizio: la coscienza naturalista che si sa come coscienza di categorie
1.4 L'indifferenza dell'universale insiemistico rispetto alle sue condizioni e il bisogno di un fondamento per l'unificazione delle caratteristiche
La coscienza naturalista, in quanto soggetto conoscente, non può essere appagata dall'uso tassonomico delle categorie fattizie per i seguenti motivi:
1. il concetto di verità del naturalista cognitivo valorizza il riferimento alla concretezza del mondo esterno, ma l'uso tassonomico delle categorie fattizie è estrinseco rispetto alle cose e parte di una forma soggettiva;
2. i pensieri avventizi trapassati in categorie fattizie non riguardano più l'oggetto immediatamente, perché essi sono universali, come “il bianco”, “il sapido” o “il cubico”; pertanto, la coscienza naturalista deve recuperare il riferimento delle categorie agli enti concreti.
Esaminiamo noi il perché di questa situazione concettualmente in vece della coscienza naturalista, prima di riprendere a considerare la sua prospettiva, così ci sarà più chiaro sia il problema sia perché la coscienza per risolverlo imbocca una strada che si rivelerà fallimentare. La coscienza naturalista ha esperito che la corporeità ordina la certezza sensibile nei pensieri dei generi e delle specie, prodotti dalle operazioni analitiche, sussuntive e astraenti, così che non ha più a che fare con il Questo, ma con gli universali degli enti (un sale, un albero, una casa), di cui il Questo è un particolare. A causa di questo mutamento di considerazione, che la coscienza naturalista esperisce come un mutamento del suo pensiero in cui essa si è imbattuta senza avervi parte attiva, la coscienza naturalista vede sprofondare il sapere a cui si era elevata nell'irrealtà, subendo una contraddizione interna. Dopo aver esperito che la propria conoscenza deriva dai sensi, dopo averla studiata nella
sua causazione efficiente, dopo essere giunta alla verità che la mediazione della corporeità consiste nelle categorie fondamentali e fattizie, la coscienza naturalista si ritrova a dover affermare un rapporto inesistente nella certezza sensibile pur avendo tratto da essa il suo contenuto, in cui dovrebbe poterlo rintracciare. Invece, la ridefinizione del Questo come universale che raccoglie universali, formando un percorso definitorio, non riesce a conservare la singolarità, di cui in ultima analisi è fatto il reale per la coscienza naturalista. Un sale è bianco, sapido e cubico, ma, oltre al fatto che ci sono molte altre cose bianche, sapide e cubiche, è risultato soltanto il lato per cui una cosa è bianca, sapida e cubica per me, ma non in se stessa, così l'universale in quanto è “das Zusammengefaßtsein” resta chiuso nella soggettività, mentre l'unità non si dispiega per come è realmente; di conseguenza, mentre penso l'oggetto in realtà penso soltanto la mia opinione soggettiva in forma categoriale, la quale non è la forma delle cose. Per la coscienza naturalista è necessario che la mediazione della corporeità gli fornisca come dati, cioè come un fatto empirico, l'unità dell'oggetto e dei suoi attributi, in modo tale che dalla prima derivino i secondi, così che essa riconosca una differenza tra gli attributi tale da poter orientare sia la composizione sia l'uso tassonomico delle categorie. In altre parole, la coscienza dovrebbe concepire il suo bisogno come il bisogno di ritrovare la conoscenza che essa produce attivamente nelle cose in se stesse, in modo tale che il suo sapere sarebbe posto in esse e non soltanto in se stessa.
Per la coscienza naturalista, il problema a cui deve trovare una soluzione è conciliare la conoscenza per categorie, che non può essere abbandonata in quanto è stata trovata studiando la mediazione della corporeità nella sua verità, con l'indifferenza
dell'oggetto rispetto ai suoi attributi, ma si attende di trovare questo sapere nella realtà in sé e di attingervi mediatamente tramite le operazioni possibili attraverso la rete neurale, cioè un uso categorico alternativo a quello esperito fin qui. La coscienza naturalista rinuncia alla composizione arbitraria delle categorie e si volge alla realtà esterna in cerca di un principio per il loro uso, il quale, per quanto si è detto, deve consistere nella mediazione dell'uno rispetto agli attributi. Questo principio è posto nella realtà esterna, la quale è considerata in base a un'ontologia totalmente materialista, pertanto, il principio cercato deve essere lo svolgimento della causazione efficiente del passaggio dall'unità alle molteplici caratteristiche che consiste in un mutamento reale dell'unità stessa, cioè l'attività spontanea che gli appartiene per natura e che produce la manifestazione delle molteplici caratteristiche. L'oggetto è ora pensato come in possesso di un'attività come proprietà oggettiva (singolare, perché la cosa è una per natura, dunque ha un'unica natura, cioè un'unica attività): chiameremo “la forza” la proprietà oggettiva dell'ente.
La forza, di per sé, è un correlato generale, che la rete neurale deve elaborare meglio ora che l'ha individuata come quello che sta cercando. La rete neurale deve ora cercare tra le categorie che ha prodotto a partire dall'esperienza il modo di determinare la forza mantenendo il riferimento alla realtà esterna e in modo tale da riempire il vuoto tra universale e particolare. Per adempiere a questo fine, la coscienza naturalista ha bisogno da un lato di (1) categorie che possano portarla a cogliere la particolarità dei molteplici attributi, dall'altro di (2) un metodo che le consenta di certificare l'andamento della forza nella propria esperienza.
naturalista abbia già elaborato la nostra scienza naturale e analizziamone la comprensione che ne ha.
L'atto di misurare inteso come segue è il miglior modo di rispondere alla prima esigenza della coscienza naturalista: scegliere un linguaggio simbolico capace di restituire in una caratteristica tanto la determinazione (uno specifico attributo) quanto la determinatezza singolare215 di questa determinazione in una forma omogenea (per
esempio, il numero di volte di un'unità di misura definita), così da agevolare la caratterizzazione delle sue occorrenze. Il linguaggio simbolico deve permettere la possibilità di misurare non perché essa è fine a se stessa, ma perché essa permette di trasferire in una forma soggettiva la certezza sensibile senza perdita di oggettività: la misura, infatti, è interamente determinata non dal misurante, ma dal misurato, eccetto che per la definizione dell'unità di misura, ma essa cambia soltanto la forma, non il contenuto della misura. Il linguaggio simbolico in cui si definiscono le unità di misura deve permettere di metterle in relazione in vista di formulare quelle che chiameremo “definizioni categorizzanti astratte”: le definizioni di relazioni tra i vari aspetti della certezza sensibile oggetto della misura216. Alle definizioni categorizzanti
astratte è richiesto soltanto di essere coerenti e di instaurare soltanto relazioni accertabili nell'esperienza, cioè di non mettere in correlazione misure che non variano simultaneamente secondo una qualche proporzione. Una volta che le definizioni categorizzanti astratte sono accertate come valide, possono essere combinate tra loro per formare definizioni categorizzanti astratte di livello
215 La “determinatezza singolare” è la qualità in un'occorrenza accidentale. Essa è ormai “determinatezza” perché è supposto il rapporto determinante tra l'unità e i suoi membri, la quale deve poter essere ritrovata anche nell'accidentalità. Ancora per la supposizione di questo rapporto, l'attributo è divenuto “determinazione”.
superiore217. Per questo motivo, il linguaggio simbolico in cui si formalizza deve
avere una base omogenea218. La coscienza naturalista pensa di avere tratto da varie
ricombinazioni delle caratteristiche dei sensi il contenuto delle proprie definizioni; inoltre, comprende come delle categorie tanto le definizioni delle unità di misura quanto le definizioni categorizzanti astratte: esse sono le catene di condizioni che definiscono dei rapporti o tra caratteristiche o tra rapporti. Queste nuove categorie e il linguaggio simbolico in cui sono definite, per la coscienza naturalista, sono un prodotto delle proprie operazioni, che sta in opposizione alla realtà in sé, poiché non si tratta di un linguaggio tratto dalle cose, bensì un prodotto di nessi che la coscienza naturalista sa come arbitrari, eccetto che in quanto dipendono dal principio di non- contraddizione219.
Ne risulta che le definizioni categorizzanti astratte hanno formalizzato il cambiamento effetto della forza in un linguaggio fatto di nessi necessari autonomi rispetto all'oggettualità, derivanti dalle definizioni degli elementi indicanti, dalla sintassi del linguaggio stesso e dai rapporti in esso istituiti. Tramite questi nessi, si possono dedurre sul piano puramente categoriale o soggettivo le condizioni di possibilità dei rapporti trovati, ma poiché questi rapporti sono dipendenze riscontrate nella certezza sensibile allora le condizioni di possibilità trovate sono condizioni di
217 Per esempio, l'accellerazione: m/s/s → m/s2. Si tratta infatti del rapporto tra la velocità e il tempo.
218 Per esempio i numeri naturali e l'aritmetica.
219 È per questo motivo che le definizioni categorizzanti sono “astratte”: la coscienza naturalista non ritiene di aver attivato pensieri oggettivamente determinanti nel loro comporle o, nella migliore delle ipotesi, ritiene di averle trovate; caso quest'ultimo che non si applica mai al linguaggio simbolico in se stesso (il numero, per esempio, è un pensiero fattizio completamente astratto e, in quanto tale, arbitrario e fittizio). Cfr. Hegel, PhG, pp.238-241:<<Nella legge del movimento, per esempio, è necessario che il movimento si divida in spazio e tempo o in distanza e velocità. Essendo solo il rapporto di quei momenti, il movimento è qui l'universale diviso in se stesso. Le sue parti, tuttavia – tempo e spazio, distanza e velocità –, non esprimono affatto in se stesse questa origine da un termine unico, ma sono reciprocamente indifferenti: lo spazio viene rappresentato come se potesse essere senza il tempo, il tempo senza lo spazio, e la distanza perlomeno senza la velocità>>.
esistenza oggettive. Queste condizioni possono essere riferite a ciò che si ritiene la componente fondamentale degli enti (ciò che è uno in sé e per sé): in tal caso, si ha il pensiero della legge, intesa come la descrizione nella forma di un rapporto dell'andamento di un cambiamento. La forza è divenuta la proprietà oggettiva delle parti fondamentali, le quali sono il soggetto di un rapporto sillogistico che conclude nella certezza sensibile e ha come termine medio il rapporto espresso nella legge. In questo modo è soddisfatto anche il bisogno che l'andamento della forza possa essere certificato nella certezza sensibile: dalle condizioni di esistenza trovate si possono dedurre tutti i casi particolari, non solo quelli che si è esaminato nel momento della scoperta, pertanto, nelle anticipazioni dell'osservazione elaborate in base al rapporto che è stato osservato si possono trovare le conferme di avere correttamente categorizzato la realtà esterna.
Si può notare che la legge risponde perfettamente alle esigenze della coscienza naturalista:
1. la legge garantisce l'oggettività del rapporto tra universale e particolare illustrando l'andamento della causazione dalle parti fondamentali fino alla certezza sensibile dell'oggetto, così da riparare al divario tra il Questo e l'oggetto universale: il sale universale è necessariamente cubico, perché ho accertato la legge di formazione dei suoi cristalli, ma anche Questo mostra il medesimo fondamento del suo essere cubico, pertanto non può che essere un sale singolare (Questo sale, che sta qui ed ora di fronte a me);
2. esistono leggi per tutti gli attributi, i quali adesso sono determinazioni o proprietà particolari determinate. Tra le proprietà particolari, alcune
riguardano l'interazione delle parti fondamentali, altre l'azione di queste parti con le parti fondamentali di aggregati diversi, e tutte le leggi sono accomunate dal fatto di assegnare delle proprietà all'oggetto, consistenti rispettivamente nelle sue determinatezze e nel suo comportamento. Ne risulta che l'uso tassonomico delle categorie non è più soggettivo: per esempio, i sali sono tali perché sono bianchi, sapidi e cubici a causa del fatto che sono tali per tali e tali altre leggi, non perché ogni Questo interpellato mostra nella certezza sensibile immediata di essere bianco, sapido e cubico.
Con l'introduzione della legge, la coscienza naturalista cambia radicalmente prospettiva e si prepara il sorgere della prima figura determinata della nostra prova fenomenologica: la Coscienza Empirista, la coscienza che ha il pensiero astratto (formale) della legge.
La coscienza naturalista aveva il generico atteggiamento di voler tradurre la propria esistenza in considerazioni fisiologiche, in base a cui giudicarne il contenuto e la validità, ma non avendo fatto ancora esperienza della propria conoscenza, non aveva alcun pensiero determinato di essa e non poteva, di conseguenza, avere un pensiero preciso degli scopi della fisiologia in quanto epistemologia normativa220. La verità
della coscienza adesso è la comprensione, l'uso e la critica della funzione categorizzante della legge, mentre prima era la critica dell'uso tassonomico delle categorie, il quale in realtà era la tautologia di sapere che la rete neurale conosce facendo uso di categorie, le quali sono tassonomiche per definizione. Di
220 Questo è un altro punto su cui non mi sembra che il naturalismo cognitivo sia rigoroso. Che cosa sia un'epistemologia normativa, se per esempio sia il compito di una critica della conoscenza o di un canone della conoscenza, i naturalisti cognitivi lo traggono dal concetto, dalla logica delle proposizioni e dalla critica del linguaggio, ma non si preoccupano di dimostrare che, nonostante la loro esplicita desautorazione del pensiero appercepito, queste fonti di conoscenza possono comunque essere assunte come guida.
conseguenza, la coscienza riconosce come contenuto vero il contenuto della legge, in base a cui definisce le proprietà delle parti fondamentali come effetti della forza. È interessante notare che le parti fondamentali possono anche non essere esperite direttamente, ma solo far parte delle condizioni di esistenza dedotte dalla legge. Il nuovo modo di conoscere deve essere declinato in conformità alla “Tavola”: adesso che è sorto il vero metodo del conoscere, lo si deve valutare in base ai principi gnoseologici del naturalismo cognitivo, così da poter capire più precisamente in che cosa deve consistere l'epistemologia normativa naturalizzata.