Sezione B Svolgimento della prova fenomenologica
6. Massimizzazione della validità dei risultati raggiunt
L'inizio della prova fenomenologica dipende dalle tesi di Paul Churchland, ma essa è progettata per rivolgersi a tutto il naturalismo cognitivo. In questo paragrafo mi propongo di mostrare perché. Si tenga presente che questo paragrafo ripercorre soltanto i punti principali della prova fenomenologica e non può sostituirvisi.
Il naturalismo cognitivo è intrinsecamente eliminativista: se la verità del conoscere deve essere posta nell'oggettualità di esso, è necessario che sia quest'ultima a definire il mentale dal punto di vista gnoseologico e non viceversa, altrimenti il naturalista
cederà l'essenza della sua tesi, contraddicendosi. Egli può ammettere il mentale in quanto tale, come fa Churchland, ma soltanto come qualcosa da spiegare e come realtà dileguante, che rimandi intrinsecamente ad altro.
Dato lo stato attuale delle ricerche, per fondare la derivazione di un'epistemologia normativa dalla fisiologia o si generalizzano le strutture descritte dalla fisiologia, come fa Churchland, oppure si motiva tale possibilità a priori, basandosi sull'affermazione del monismo integrale, ma questa strada è già stata preclusa dagli argomenti dell'introduzione, in cui abbiamo visto che la replica dei naturalisti di ribadire l'identità tra concetto e causazione efficiente sottende una confusione: la funzione non è la sua causa efficiente tronca; in altre parole, se in natura la materia produce il pensiero, si deve dimostrare che il pensiero è accessorio rispetto al conoscere. Da quanto spiegato fin qui, consegue che qualunque naturalista è vincolato ai seguenti punti:
1. la certezza sensibile, l'esperienza immediata, deve essere ridescritta fisiologicamente;
2. le modalità operative fisiologiche della sensazione devono essere estese a tutto l'uso conoscitivo del mentale;
3. a causa del secondo punto, il naturalista cognitivo deve ritenere possibile derivare dalla sensazione gli universali della percezione, inoltre deve presupporre che tra di essi ci siano le categorie di relazione necessarie e sufficienti a produrre la nostra scienza e i suoi criteri;
di ammettere una ragion d'essere del mentale tale da consentirgli di determinarla come una realtà effettiva ma dileguante.
Il naturalista cognitivo è vincolato ad accettare anche tutti i punti della “Tavola”. Infatti, le operazioni delle reti neurali artificiali così come quelle dei meccanismi fisiologici della sensazione (sono questi due i modelli di mentale di riferimento dei naturalisti) sono un'elaborazione che trasforma senza aggiungere, ma quando si adottano operazioni di questo tipo per la conoscenza, è inevitabile cadere nell'empirismo gnoseologico: sebbene le regole della trasformazione non appartengano alla sensibilità, i contenuti positivi dell'output ne sono interamente tratti, quindi qualsiasi trasformazione o è supportata dalla certezza (quindi non c'è alcuna trasformazione) o è un'associazione empirica, ma Hume ha giustamente fatto notare che nell'esperienza non si dà in generale alcun nesso più forte dell'associazione come somiglianza e contiguità spaziale o temporale e dell'abitudine cui viene ridotta la causalità257. Ne risulta che il naturalista cognitivo deve accettare il
primo principio della gnoseologia del naturalismo cognitivo e tutte le sue conseguenze. In tal caso, sono soddisfatte le condizioni necessarie e sufficienti affinché sia la teoria di Churchland sia il naturalismo cognitivo in generale siano sussumibili nella prova fenomenologica.
Il naturalista potrebbe però ritenere di non dover accettare né la definizione di conoscenza data da Churchland né gli esiti scettico-pragmatici del suo pensiero, di cui Churchland si fa carico esplicitamente, difendendoli al punto di proporre una
257 È per questa ragione che Kant coglie pienamente il punto della questione ogni volta che si interroga sui giudizi sintetici a priori e a posteriori e li distingue dai giudizi analitici: è all'interno di questa domanda che si può indagare il genere di operazioni trasformanti che la mente opera nell'atto di conoscere.
revisione della comprensione dell'impresa scientifica in base a essi.
Approfondiamo questo punto nel testo dell'autore A neurocomputational perspective.
The structure of science and the nature of mind. Secondo Churchland, a causa
dell'inesistenza di un canone per il teorizzare che garantisca un effettivo progresso258,
unita all'impossibilità di fare osservazioni prive di teoria259, non è possibile misurare
la verità di una teoria in base al suo successo empirico260. Come si legge in nota, il
problema del riferimento al successo empirico è espresso nei termini della dicotomia “observable”/“unobservable”; questa divisione è pertinente all'impossibilità di giudicare in base al successo empirico perché, secondo Churchland, il problema è che non siamo in grado di distinguere i due insiemi, con la conseguenza che non possiamo stabilire che cosa deve essere spiegato sul piano empirico e quindi non possiamo stabilire la verità in base a esso come facciamo.
Churchland spiega che tutti siamo disposti ad ammettere e occuparci del problema di Hume dell'inferenza dal caso precedente al caso successivo concependolo nei termini dell'inferenza dall'osservato al non ancora osservato, ma non ci rendiamo conto che il problema dell'inosservabile non è diverso e addizionale rispetto a questo261: bisogna
258 Paul Churchland, A neurocomputational perspective. The structure of science and the nature of
mind, p.140, Cambridge (Massachusetts), The MIT Press, 1989:<<so many past theories, rightly
judged excellent at the time, have since proved to be false. And their current successors, though even more better founded, seem but the next step in a probably endless and not obviously convergent journey>>. Inoltre, ibidem:<<Human reason is a hierarchy of heuristic for seeking, recognizing, storing and exploiting information. But those heuristic were invented at random, and they were selected for within a very narrow evolutionary environment, cosmologically speaking>>.
259 Ivi, p.141:<<we tend to forget that, at any stage of our history, the ontology presupposed by our observational judgments remains essentially speculative and wholly revisible, however entrenched and familiar it might have become>>.
260 Ibidem:<<Accordingly, since the skeptical considerations adduced above are indifferent to the distinction between what is and what is not observable, they provide no reason for resisting a commitment to unobservable ontologies while allowing a commitment to what we take to be observable ontologies. The latter appears no better than the former>>.
infatti considerare che l'insieme di ciò che non è ancora stato osservato si interseca con l'insieme di ciò che non è osservabile per il fatto che esistono fenomeni in linea di principio inosservabili a causa della loro incompatibilità con le proporzioni spazio- temporali del nostro apparato sensitivo, quindi per poter disporre di una precisa concezione dell'explanandum empirico verso cui tendere si dovrebbe poter fornire una distinzione tra ciò che è osservabile dall'umanità ma non è ancora stato fattualmente osservato e ciò che non è affatto osservabile dall'umanità. Questa distinzione, secondo Churchland, non è mai fondabile adeguatamente, quindi, qualora come van Fraassen262 – l'autore che Churchland critica in queste pagine – si
rifiuti la necessità di ammettere valori epistemologici (per esempio la semplicità) per rendere commensurabili le conferme empiriche delle teorie, non c'è modo di affermare che una teoria è migliore di un'altra riferendosi ai suoi successi empirici, perché il totale di ciò che deve essere spiegato nonché il suo contenuto determinato è sconosciuto e indeterminabile a priori263.
Da quanto detto, Churchland conclude che la funzione dei valori epistemologici è guidarci nel concepire quali sono i fatti empirici di fronte a noi allo scopo di assicurarci il raggiungimento di fini pragmatici, cioè l'assegnazione di una risposta corretta a un problema performativo di concordanza con i fatti. La verità, quindi, è una questione di accordo tra ciò che la teoria ammette come possibile e i fatti osservabili, la cui interazione con la teoria è definita entro una metateoria che consiste nel definire caratteristiche pragmatiche della teoria in cui la verità è indagata. Ciò che interpreto come “raggiungimento di fini pragmatici”, nel testo di
262 Bas van Fraassen, filosofo ed epistemologo americano. 263 Cfr. ivi, pp.141-145.
Churchland, è il brano seguente:<<[...] we must also choose between competing models of conceiving what the empirical facts before us are, it is clear that the epistemic choise between these global alternatives cannot be made comparing the extent to wich they are to some common touchstone, “the empirical facts”. In such a case, the choice must be made on the comparative global virtues of the two global alternatives T1-plus-the-observational-evidence-therein-constructed versus T2-plus-
the-observational-evidence-therein-constructed>> (corsivo nel testo)264. Qui
Churchland sta suggerendo di valutare le teorie in base alla quantità di osservazioni che possono produrre in quanto sono prodotte, anziché in base alle conferme trovate in quanto sono trovate. Ciò si accorda con quanto Churchland intende salvare della posizione di van Fraassen: una versione costruttivista della scienza, in cui lo scopo non è scoprire verità riguardanti ciò che non è osservabile, bensì la costruzione di modelli adeguati ai fenomeni265. Che il modellismo proposto da Churchland vada
inteso in senso pragmatico è esplicitamente ribadito poche righe più avanti:<<if we are to reconsider truth as the aim or product of cognitive activity, I think we must reconsider its applicability right across the board, not just in some arbitrarily and idiosincrasically segregated domain of “unobservables”. That is, if we are to move away from the more naive formulations of scientific realism, we should move in the direction of pragmatism rather than in the direction of a positivistic instrumentalism>>266. Il pragmatismo di Churchland, tuttavia, è eminentemente
naturalista: non solo lo scopo della funzione conoscitiva della mente è funzionale
264 Ivi, p.146.
265 Cfr. ivi, p.149:<<He (van Fraassen) says:”I use the adjective 'constructive' to indicate my view that scientific activity is one of construction rather than discovery: construction of models that must be adequate to the phenomena, and not discovery of truth concerning the unobservable”>>. 266 Ivi, pp.149-150.
soprattutto, se non esclusivamente, a regolare il comportamento del vivente rispetto al suo ambiente, dunque al conseguimento di tecniche, ma inoltre ciò che andrebbe compreso sotto il titolo di “costruttivismo” è il progressivo costruirsi dei legami sinaptici prima ancora che dei concetti in sé e per sé267. Secondo Churchland, infatti,
una parte di ciò in cui la nostra introspezione ci inganna è che le nostre attività cognitive siano intrinsecamente linguistiche268.
Ricapitolando, alla luce di questi passi, sembra che Churchland ritenga che la scienza vada inquadrata in una comprensione costruttivista dei concetti che impiega, il cui valore e scopo non consistono nella verità, bensì nell'espansione dell'orizzonte pragmatico del soggetto conseguito tramite un'attività di formalizzazione finalizzata alla tecnica. In questi termini, un concetto pragmatico del conoscere ci sembrerà plausibile, e tale è, infatti, il concetto di conoscenza che Churchland pone in The
engine of reason, the seat of soul. Emerge inoltre che l'atto conoscitivo è identico a
una sussunzione anch'essa dal carattere pragmatico: conta primariamente l'accordo con i fatti. Le conseguenze epistemologiche di questo punto di vista sono che soggetto e oggetto sono posti su due piani non comunicanti (infatti, è impossibile stabilire un criterio più forte del pragmatismo in seguito a una critica della conoscenza) e che la verità risiede interamente nell'oggetto (infatti, a noi non resta che produrre conoscenze funzionali a qualche scopo soggettivo). Inoltre, adesso che si è più precisamente delineata l'origine pragmatica della definizione di conoscenza
267 Ivi, p.150.
268 Cfr. ibidem. La prova fenomenologica, riguardo a questo punto, argomenta che è necessario concedere almeno che sono le determinazioni del concetto quelle che vengono impiegate per la determinazione della realtà esterna e che esse sono tutto ciò che sappiamo e che dà un senso a eventuali proposizioni di identità per la loro riduzione fisiologica, pertanto la loro computazione linguistica è essenziale alla conoscenza.
di Churchland, è importante sottolineare che attributo e proprietà sono alternativi anche per questo motivo: poiché nel primo caso si ha soltanto un problema di corrispondenza, ci si può accontentare di una posizione pragmatica269; ma se si parla
di proprietà filosoficamente, poiché si tratta di un problema di derivazione, ciò che conta è la verità del processo, perché sto cercando di comprendere il risultato in quanto risultato, dunque devo determinarne gli antecedenti necessari e sufficienti. Ne risulta che soltanto la conoscenza intesa come assegnazione di attributi può dar luogo a un concetto pragmatico o performativo di essa, cioè che prescinde dalla verità o, se si preferisce, intende la verità come adeguamento (corrispondenza) alla certezza sensibile. Di conseguenza, Churchland vede nella scienza non un'impresa volta alla comprensione, ma un sistema complesso di assegnazione di attributi in vista della formalizzazione di una tecnica. In questo contesto, l'epistemologia di Churchland consiste in una disciplina naturalizzata e algoritmicamente normativa270. Una teoria271
è <<[...] we might venture, not a large collection or a long list of stored symbolic items. Rather, it is a specific point in that individual synaptic weight space. It is a configuration of connection weights, a configuration that partitions the system's activation-vector space(s) into useful divisions and subdivisions relative to the inputs typically fed the system, “Useful” here means “tends to minimize the error messages”>>272. Ne consegue che l'epistemologia naturalizzata di Churchland
consiste nel fissare gli algoritmi delle condizioni di riconoscimento della risposta
269 Se l'interesse è solo quello di assegnare un attributo, è sufficiente che qui ed ora, di fronte a me, le cose siano andate come ci si aspettava, indifferentemente dalle ragioni che mi hanno condotto a tale aspettativa.
270 Cfr. Paul Churchland, A neurocomputational perspective, pp.251-253.
271 Il discorso è riferito a una teoria del mondo in generale, ma non vedo ragioni nel testo per distinguerla da teorie più specifiche.