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Porsi del concetto di verità: l'epistemologia normativa è la fisiologia dell'analisi dell'esperienza

Sezione B Svolgimento della prova fenomenologica

2. Prima figura: la Coscienza Empirista

2.1 Porsi del concetto di verità: l'epistemologia normativa è la fisiologia dell'analisi dell'esperienza

La legge, poiché è un prodotto della rete neurale, è parte della mediazione della corporeità e consiste in una sistematica sussunzione dell'esperienza in una rete di definizioni astratte, la quale si pone ora come il contenuto determinato della mediazione della corporeità. In che modo e perché essa è una conoscenza che deriva interamente dai sensi è già stato esaminato: è sufficiente assumere che ogni linguaggio simbolico sia composto da pensieri fattizi come li abbiamo trattati e che la rete neurale sottesa rispetti quanto spiegato nella dimostrazione della conseguenza 1B. Ciò che deve essere considerato è che la coscienza continua a sostenere che la “verbal truth” e la “real truth” hanno validità epistemologiche scisse. La legge deve riflettere questa dicotomia, perché attinge tanto all'una quanto all'altra fonte di verità. La coscienza naturalista affermava di sapere che ogni nostra conoscenza deriva dai sensi, ma che si aveva una conoscenza in atto solo con la categorizzazione dei dati

che ci provengono da essi; adesso, invece, la coscienza ha compreso che ogni conoscenza è effettiva solo in quanto è determinazione di rapporti. L'arbitrarietà e l'astrattezza delle categorie, infatti, derivavano dal fatto che non c'era alcun nesso oggettivo a fondamento sia dell'oggetto in quanto “das Zusammengefaßtsein” sia dell'uso tassonomico delle categorie. La verità, nel suo concetto o in sé, è divenuta da generica considerazione insiemistica a ricerca delle cause, ma la coscienza si relaziona in base a dei presupposti a questo concetto di verità.

Il momento analitico della formulazione della legge consiste nel fatto che la rete neurale riesca a evidenziare gli aspetti del fenomeno effettivamente in relazione: essa deve frugare nell'esperienza per trovare le relazioni alla base delle definizioni astratte di primo grado e superiori. La coscienza naturalista ritiene inutili chiacchiere le ipotesi basate sulla “verbal truth”, poiché si tratta di considerazioni di per sé indifferenti alle cose, così si dispone ad accogliere semplicemente, senza immischiarsi nel confronto tra le osservazioni che fa. A causa di tale atteggiamento, la coscienza ritiene che il miglioramento delle osservazioni che fa sia una questione di ripetute esperienze passive, in cui disvela progressivamente una verità con cui non ha nessun rapporto attivo. Di conseguenza, essa ribadisce che non c'è sintesi nella scienza, ma soltanto una scala di sussunzioni che conduce alla sussunzione del divenire nella legge, la quale è ottenuta da considerazioni pragmaticamente preferibili in vista dell'attingere a questa verità oggettuale (gegenständlich). Non sono necessarie né la rete concettuale in se stessa, né l'applicazione di quest'ultima alla realtà esterna e neppure la considerazione delle cose come universale (tale considerazione è il modo in cui noi attingiamo alla realtà in sé, ma non ne fa parte),

quindi non c'è alcuna necessità nel mondo esterno e dunque non può essercene nella nostra conoscenza. La conoscenza delle cause, in forza di queste considerazioni, per la coscienza si frammenta in due lati: da un lato il linguaggio simbolico con le sue semantica e sintassi, dall'altro il mondo esterno filtrato dalla sensazione. I due lati sono mediati nella legge dai vari momenti in cui essa viene riferita alla sensibilità: i concetti delle unità fondamentali, le definizioni astratte di primo grado e le osservazioni di controllo. Questa frammentazione avviene perché la legge è un'imposizione estrinseca nella misura in cui il linguaggio simbolico221 è elaborato a

priori anziché essere tratto dalle cose stesse; in altre parole, linguaggio ed essere sono del tutto indifferenti tra loro, pertanto, la sussunzione del divenire nella legge è una mera identità formale, in cui si ripropone lo stesso salto che si era presentato tra universale e particolare. Per noi, ciò è accaduto perché la realtà non è divenuta in sé la legge e la legge non è in sé la realtà; per la coscienza, che non si interessa alla critica dei concetti in quanto tali, questa differenza è un accadimento in cui essa non ha avuto parte alcuna: ha soltanto fatto esperienza della natura del suo conoscere e questo divario ne fa parte, ma conta di poter trovare nella propria natura il modo di superare l'ostacolo.

Prima di volgersi a cercare la soluzione, la coscienza riorganizza la propria consapevolezza di sé. Adesso il suo nuovo oggetto è il mondo delle leggi, riguardo al quale è consapevole sia che la verità è la determinazione delle cause, sia di star conseguendo il contenuto di tale verità tramite un linguaggio simbolico che necessita di una deduzione del suo riferimento alla realtà, sia che il vero si dà esclusivamente

221 Si noti che ogni linguaggio categorizzante, nel senso in cui è stata fin qui intesa la categoria, è condannato a essere soltanto simbolico.

nella considerazione della realtà materiale ed efficiente della coscienza. In base a queste considerazioni, la coscienza naturalista pone il concetto del vero per se (stessa): il contenuto vero è nell'oggettività, ma la mia natura lo ammanta con un sistema di categorie che contiene varie determinazioni a priori di rapporti; affinché questi possano valere come condizioni di esistenza, ho bisogno di una fisiologia dell'analisi dell'esperienza per conoscere le condizioni di validità sotto cui le categorie con cui non posso fare a meno di tradurre l'esperienza possono riferirsi effettivamente all'oggettualità ed essere coordinate in una legge. Secondo questo concetto di verità, la coscienza si struttura come segue:

• il vero in sé e per sé resta la realtà esterna;

• la mediazione della corporeità rimuove l'essere per sé della realtà esterna, ma mantiene fermo il contenuto della realtà in sé. Ciò è garantito soprattutto dall'atto di misurare, quindi anche dalla definizione delle misure fondamentali;

• le misure fondamentali, come tutto ciò che fa parte della forma della legge, è parte di un linguaggio che non è la cosa stessa, quindi esso in quanto forma è posto come inessenziale alla verità in sé e per sé;

• il rapporto che la legge come intero esprime, il quale è il contenuto e l'andamento della forza, è posto come essenziale;

• la fisiologia della produzione del momento analitico e di quello sussuntivo della traduzione nella legge della realtà esterna è posta come epistemologia normativa, i cui compiti sono (I) certificare la validità delle categorie, (II) certificare la corretta comprensione della legge, ovvero deve essere in grado

di dimostrare la partizione della legge fornendo la garanzia del corretto riferimento alla realtà222, (III) produrre un canone del corretto uso legislativo

delle categorie.

Poiché la coscienza naturalista giudica che il vero in sé e per sé cade interamente nella realtà esterna e che essa può accedervi tramite la considerazione del conoscere che consiste nell'osservazione dell'oggettualità del conoscere, la coscienza naturalista si sa come Coscienza Empirista.

Adesso la Coscienza Empirista, da noi chiamata a giudicare della propria verità, dovrà controllare che la prima forma della legge sia effettivamente inessenziale come dice e, se le cose stanno così, in che modo la legge ha un contenuto essenziale spiegandolo non per concetti, ma soltanto tramite la considerazione fisiologica. Prima di proseguire, si noti che la figura del vero, l'io che considera i propri contenuti, il quale era sopravvissuto alla precedente rimozione perché era comunque l'apparenza del vero nella certezza sensibile immediata e in ciò che di essa sopravvive nella sua trasposizione nell'universale, subisce una nuova e definitiva rimozione. A essere qui esaminata, infatti, non è più né la parvenza del vero né il prodursi di essa, bensì la possibilità della nuova apprensione della realtà esterna di porsi come oggettivamente determinante e questo problema è posto in dipendenza della fisiologia del pensiero della legge, la quale è un processo che sta alle spalle dell'io e della coscienza, quindi essi sono abbandonati come inessenziali e la loro considerazione non compare più in questa fenomenologia.

222 Per esempio, la fisiologia, nel caso della legge di gravitazione universale, dovrebbe garantirne indirettamente la partizione in F= {G*[(m1*m2)/r2]} assicurando il riferimento all'esperienza

dell'atto di misurare e delle definizioni astratte di “massa”, “raggio” e della costante di gravitazione universale.