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La certezza sensibile come fonte di categorie

Sezione B Svolgimento della prova fenomenologica

1. L'inizio: la coscienza naturalista che si sa come coscienza di categorie

1.3 La certezza sensibile come fonte di categorie

Sul piano della certezza sensibile nella figura della verità, i pensieri avventizi che sono immediatamente l'oggetto universale derivano dall'analisi che meramente frammenta la certezza sensibile e sono perciò altrettanto semplici di essa dal punto di vista conoscitivo, quindi restano una materia di constatazione, qualcosa che può essere solo indicato e che costituisce un nuovo Questo: l'attributo212. Come è

accaduto al primo Questo, anche l'attributo diviene un contenuto analitico a partire dal suo presentarsi come contenuto semplice quando la coscienza naturalista lo rimuove dalla figura del vero. Si noti inoltre che, per la coscienza, questa rimozione è un passaggio importante: essa si propone di trarre dalla sensibilità le basi della conoscenza, quindi deve necessariamente oltrepassare secondo principi la semplicità della certezza sensibile.

I centri di analisi che operano la mediazione della corporeità non apprendono passivamente la realtà esterna dall'impressione sensibile. Essi raccolgono varie conformazioni dello stimolo, cui sono sensibili, per usarli come indizi per codificare una caratteristica intrinseca, ovvero per reagire alla sua presenza, la quale però è qualcosa di per sé unicamente rispetto alla nostra conformazione; anzi, più in generale essa è interamente per noi. Per esempio, la realtà fisiologica dei margini di

211 Cfr. il Corollario1Ab della “Tavola”.

212 Anticipo al lettore che l'attributo si oppone alla “proprietà”, perché opposte sono le specie di universalità (rispettivamente insiemistica e filosofica) che vi soggiacciono.

contrasto, ovvero i contorni, appartiene non all'oggetto, bensì al nostro sistema visivo: al di fuori del riferimento alla nostra sensibilità, non ha senso dire che gli oggetti finiti hanno dei contorni; semplicemente, essi occupano uno spazio tridimensionale.

Ci troviamo nella situazione che Hegel attribuisce al soggetto percepente:<<ora, nella percezione fanno la loro comparsa anche diverse proprietà che sembrano essere proprietà della cosa; la cosa, però, è uno, e siamo consapevoli che questa diversità, per cui la cosa cesserebbe di essere uno, cade in realtà dentro di noi. Di fatto, dunque, questa cosa è bianca solo ai nostri occhi, ed è anche sapida solo alla nostra lingua, ed è anche cubica solo al nostro tatto, etc. La totale diversità di questi aspetti non la prendiamo dalla cosa, ma da noi stessi; è rispetto a noi stessi – per esempio dai nostri occhi completamente distinti dalla nostra lingua - che tali aspetti cadono l'uno fuori dall'altro. In questo modo, siamo noi il medium universale (allgemeine Medium) in cui tali momenti si separano e sono per sé>>213 (corsivo nel testo).

Questo chiarimento non è fine a se stesso, ma funzionale a notare due cose:

1. le molteplici proprietà sono giustapposte (sono congiunte infatti da un “anche”) e irrelate;

2. il problema che voglio porre qui non è il fatto che diversi tipi di sensazione possano essere riuniti in una sola rappresentazione214, bensì che l'esperienza

fisiologizzata che la coscienza sta facendo qui la mette di fronte al problema che un'unità che essa conosce soltanto attraverso le molteplici caratteristiche della percezione non è nessuna di queste e allo stesso tempo è ciascuna e la

213 Hegel, PhG, pp.196-197.

214 Credo si possa ormai affermare che questo è un problema che deve attendere la sua soluzione dal progresso delle neuroscienze.

totalità di esse, fatto da cui essa non può che concludere che ci deve essere una connessione tra questa unità e i suoi attributi.

Esaminiamo, con la coscienza naturalista, che cosa è ciascuno dei pensieri avventizi in cui si è frantumata la certezza sensibile sul piano della realtà della verità. Noi abbiamo studiato un caso particolare di questi pensieri avventizi per esempio quando abbiamo considerato il campo recettivo e l'organizzazione in colonne di orientamento delle cellule della corteccia V1 e abbiamo ribadito la risposta al nostro interrogativo con Churchland nel paragrafo 3 della sezione A. Abbiamo visto che ciascuno di questi attributi intrinseci consiste in un tracciato sinaptico che si attiva in presenza di specifiche conformazioni dello stimolo, composto di numerose tappe che si combinano procedendo per attivazioni condizionate del tipo “se … allora”. Ne risulta che ciascuna caratteristica intrinseca è in realtà un tracciato di condizioni, le quali costituiscono la realtà e la comprensione di ogni caratteristica intrinseca e il fondamento della possibilità di riconoscerla e concepirla. Se le cose stanno così, è facile notare che le caratteristiche intrinseche sono definite autonomamente e indipendentemente dalla singolarità in cui si presentano, cioè da ciascuna cosa per sé nel momento in cui si presenta. Il naturalista cognitivo non ha bisogno di una concessione più forte del Corollario1Ab per sostenere in modo cogente che la rete neurale umana può isolare il tracciato definitorio e considerarne separatamente le tappe per elaborare il pensiero avventizio di una caratteristica intrinseca presa per sé in un insieme tassonomico fattizio, ovvero in un insieme composto dalle condizioni che devono essere soddisfatte affinché qualcosa possa essere raccolto nell'unità insiemistica delle cose accomunate dalla categoria. Si noti che anche l'insieme

tassonomico fattizio è un'unità analitica, quindi a essa si estendono tutte le considerazioni fatte in proposito. Inoltre, essa funge da categoria, intesa come indice di raccolta di oggetti che mostrano una comunanza di attributi.

L'insieme tassonomico fattizio è un primo grado di astrazione che consente una diversa considerazione della certezza sensibile. L'uso degli insiemi tassonomici fattizi combinati tra loro in modo analogo alla creazione delle categorie fondamentali, cioè per aggiunta all'elenco delle condizioni definitorie, produce il pensiero dei generi e delle specie naturali, producendo una tassonomia tramite pensieri fattizi. Con ciò la certezza sensibile è superata e si passa alla considerazione delle occorrenze della percezione tramite l'uso tassonomico delle categorie.

La coscienza naturalista, come avevano teorizzato gli empiristi classici, dopo essersi formata il pensiero in quanto categoria delle caratteristiche intrinseche naturali e degli enti caratterizzati da specifici aggregati di categorie, si formerà i pensieri delle definizioni empiriche di relazione, cioè quelle categorie che definiscono le relazioni che il soggetto conoscente impiega per organizzare la propria percezione: la sostanzialità, la qualità, la quantità, la relazione stessa etc etc. Infine, combinando opportunamente sia le categorie empiriche sia le categorie empiriche di relazione sia le categorie derivanti da queste (per esempio il numero, il cerchio, le quattro operazioni fondamentali dell'aritmetica e simili), la coscienza naturalizzata si sarà procurata numerosi strumenti per riconsiderare l'abbondante materiale che la sensibilità gli fornisce.

Dobbiamo soffermarci, prima di concludere, sulle categorie di identità e diversità, perché, come risulterà nel paragrafo successivo, sono alla base di ogni operazione

della rete neurale, poiché è impossibile sussumere o analizzare senza passare per le categorie di identità e diversità. Ci sono due motivi per cui non è necessario determinare l'intero sistema delle categorie della coscienza naturalista:

1. per avere finito la prova fenomenologica, so per certo che l'errore della coscienza naturalista non riguarda una categoria in particolare, ma l'intera struttura del suo conoscere e per dimostrarlo non è necessario determinarne interamente il contenuto particolare;

2. l'esame dialettico in corso riguarda l'origine empirica o non empirica dei nostri mezzi epistemici e la possibilità di una soluzione ai nostri problemi epistemologici, non la pluralità delle conoscenze particolari; pertanto, per noi è sufficiente considerare la conseguenza 1B e ciò che da essa deriva.

Per la coscienza naturalista, l'identità è il pensiero avventizio dell'unità analitica presa per sé in quanto unità, mentre la diversità è l'identità in un altro che non ha corrispondenze con le identità di enti ulteriori per numero.

Abbiamo visto che l'unità analitica si comporta come un insieme: ciò significa che essa è il passaggio immediato tra i due momenti dell'insieme in quanto uno e intero e l'elenco dei suoi membri. Se per il pensiero avventizio vale che l'intero è l'elenco delle sue parti, allora la relazione di identità, che deve valere primariamente per ciascuna cosa con se stessa, è l'immediata unità tra il pensiero avventizio come intero e le condizioni che lo definiscono, predicata della medesima cosa che la manifesta. La diversità, invece, è questa immediata unità attribuita a un altro, perché l'elenco delle condizioni non è soddisfatto, ma questo oggetto esibisce un elenco ulteriore che lo caratterizza come unità.

1.4 L'indifferenza dell'universale insiemistico rispetto alle sue condizioni