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In un capitolo del 1271, ad appena un decennio dalla fondazione, il gastaldo della scuola ed i suoi degani denunciarono un precoce e progressivo declino che appariva, stando a quanto riferisce la mariegola, come una diretta conseguenza della scarsa devozione e partecipazione dei confratelli. Per far fronte alla situazione il capitolo si pronunciò con un provvedimento che limitava la disciplina alla volontà dei singoli lasciandone decadere l’obbligatorietà.

Le flagellazioni, scelte in origine come pratica devozionale connotante, erano ormai sentite come troppo onerose. Si introdusse la clausola liberatoria stabilendo che al posto di queste si potevano compiere delle opere equivalenti sul piano del beneficio spirituale. Le alternative proposte furono la recita di orazioni, o l’elargizione di elemosine per l’anima dei defunti della scuola. La scuola in breve si riprese, evidentemente la nuova rotta impressa al sodalizio era servita allo scopo di sanare la crisi. Il sollievo fu grande stando alle cifre che registrano l’affluenza alla scuola: nel 1290 si rese necessario fissare un tetto alle iscrizioni e fu stabilito di accogliere un massimo di 320 iscritti, nel 1294 però si dovette intervenire di nuovo alzando la soglia a 350 iscritti36.

L’abbandono della disciplina avvenne in ben due scuole, come si è accennato anche la scuola di San Teodoro entro il terzo decennio del Trecento stabilì di modificare il suo carattere. Quali fattori determinarono il successo raccolto dalla maggior parte dei sodalizi dei battuti e quali, invece, spinsero questi istituti addirittura verso un repentino declino e poi verso l’abbandono dell’autoflagellazione, lasciata in favore di altre pratiche devozionali? Si trattò di fattori di ordine interno o piuttosto di influenze esterne? Pamato risponde a questa domanda affermando che «risposte adeguate e convincenti possono venire, se mai esistono, solo muovendosi entro gli ampi confini della storia confraternale, significa cioè andando a vedere le relazioni, i legami che si instauravano tra le confraternite e la città e fra le confraternite e la chiesa locale [e che] solo a patto di seguire questo percorso è forse possibile cogliere i motivi della straordinaria presa di alcune associazioni devote di battuti e mettere a fuoco il repentino fallimento di quelle che andarono invece orientandosi verso forme alternative di devozione37».

L’abbandono della disciplina nelle due scuole di Santa Maria ai Frari e di San Teodoro e avvenne in momenti diversi, così come diversi sembrano essere stati i motivi che indussero i confratelli a mutare le loro pratiche devozionali. Se si esclude infatti l’abbandono della disciplina, avvenuto comunque in tempi differenti, non emergono altri elementi che rinviino ad un andamento in qualche modo parallelo nella storia dei due sodalizi.

La disciplina poteva aver costituito un fattore di crisi? Contro questa ipotesi parla il successo riscosso dalla maggioranza delle altre scuole disciplinarie le quali proseguirono nella loro ascesa tanto che nel corso del secolo successivo il Consiglio dei Dieci fissò dei limiti invero molto alti al numero degli iscritti. La questione

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Citazione tratta da Vio G., Le Scuole Piccole, cit., p. 629.

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Cfr. capp. 40-41 nella trascrizione.

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38 si presenta indubbiamente complessa. Nemmeno si può dire, a quanto pare, che nella scuola dei Frari la pratica penitenziale fosse impartita in modulazioni più severe rispetto alle altre scuole. Dagli statuti a disposizione traspare una prassi piuttosto simile: in tutte le scuole le flagellazioni venivano richieste oltre che per l’accompagnamento dei defunti, solo in alcune determinate occasioni.

Per quanto manchino indicazioni precise sulla effettiva pratica della disciplina, sappiamo che nelle scuole che continuarono ad essere “di battuti”, nei momenti prestabiliti per la flagellazione c’era sempre chi cercava di sottrarsi. Così si deduce dai capitoli dove si ricordava di punire i fratelli che durante le processioni cercavano di rimanere nel chiostro per evitarle o dove si raccomandava che le processioni si svolgessero senza murmuracione38. Le scuole di Santa Maria e San Francesco e di San Teodoro finirono, in fondo, con il denunciare il bisogno diffuso di rifarsi a moduli devozionali più tradizionali, da esprimere attraverso l’aiuto reciproco e l’assistenza funeraria. Il fervore e l’entusiasmo iniziali dovettero col tempo attenuarsi; ma non sono chiari i motivi che impressero, e limitarono, la svolta formale in senso moderato alle due sole scuole. Per la confraternita dei Frari si può pensare che un qualche ruolo sia stato giocato dalla vicinanza dei Minori, ma non è facile cogliere il senso di quel ruolo39; né si riesce a comprendere quale stimolo abbia invece agito nei confronti del sodalizio di San Teodoro.

Eppure le scuole dei battuti possedevano uno speciale potere di attrarre sia un gran numero di membri sia una proliferazione di lasciti40. E il fatto che la disciplina avesse fatto emergere queste scuole sulle altre rimase una consapevolezza all’interno delle stesse confraternite stando a un documento riportato da Sbriziolo41. Si tratta di una richiesta che la scuola di San Marco presentò al Consiglio dei Dieci il 3 luglio del

1440, per apporre una variazione al suo statuto. Richiamandosi alle norme vigenti nelle tre scuole sorelle, si cercava di fissare in sei punti di demerito il massimo della penalità, raggiunto il quale l’inadempiente sarebbe stato espulso dalla scuola. Ma quel che interessa sta nella puntualizzazione: tali punti (che venivano conferiti in caso di negligenza nello svolgere i propri doveri o per le assenze ai riti confraternali) si precisava: «se intenda de corpi [= confratelli morti da seppellire] e de procession»: cose, queste, ormai «puocho aprexiade»; anche se «dele principal caxon che le dite scuole fosse principiade e augmentade, si è che ai corpi e ale precision, ordinade per la nostra Signoria, tuti i fradeli che possa debia vegnir a far le suo divotion e discipline42». Quell’«augmentade» è da riferirsi naturalmente al numero degli iscritti.

Io propenderei a dare all’abbandono della disciplina nella scuola dei Frari una spiegazione connessa allo status dei membri di questa scuola. Dal momento che si è constatato un carattere particolarmente elitario delle scuole dei mercanti, che tendevano ad ammettere iscritti rispondenti a criteri di buona fama e quindi benestanti (fatto confermato dalle norme elaborate nella scuola di San Nicolò per impedire l’ammissione di soci esenti onorari, cioè esenti in virtù della loro ricchezza), è lecito credere che il gruppo di soci della scuola dei Frari si collocasse a un livello economico e culturale elevato e che per questo tali soci fossero meno inclini, rispetto alla media dei devoti presenti altrove, a svolgere pratiche eccessivamente mortificanti. Come si è visto anche nelle altre scuole di battuti nel corso del tempo si giunse ad una scrematura e le processioni di flagellanti rimasero triste appannaggio dei più poveri e degli ultimi arrivati mente i ricchi si ricavarono posizioni di privilegio. In una scuola tendenzialmente uniforme dal punto di vista dell’estrazione sociale veniva a mancare probabilmente quel substrato di povera gente che si rivelò fondamentale per il mantenimento della disciplina nelle altre scuole.

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Cfr. Pamato L., Le scuole dei battuti, cit., p. 97.

39 Osservazione ripresa da Pamato; ivi. 40

Pullan B., Natura e carattere delle scuole, cit., p. 10.

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Sbriziolo L., Per la storia (…) Le scuole dei battuti, cit., nota 3, p. 725-26.

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