La matricola femminile del manoscritto A, come la prima lista maschile qui contenuta e per le stesse ragioni dette sopra, può essere ritenuta coeva alla prima fase di stesura dello statuto, precedente dunque al 1271. Si tratta di una lista molto più breve rispetto a quelle degli iscritti di sesso maschile contando solo poco più di cinquanta nomi. Anche questa prima lista femminile non è esente da raschiature e cambi di mano, ciò nonostante appare meno sciupata delle matricole maschili presenti nello stesso codice.
In questo caso la lista successiva, con la quale è possibile operare un confronto, si trova nel manoscritto B dove ha mantenuto una posizione all’interno del corpo statutario. Si osserva che tutti i nomi individuabili, ad eccezione di uno soltanto, sono stati riportati. Una decina di nomi invece erano stati raschiati e resi illeggibili già in A, ciò significa che questa lista era stata tenuta aggiornata. Dei nominativi delle cinquantaquattro donne iscritte che si leggono nella prima lista, cinquantatre ricompaiono nella lista all’interno della copia della mariegola eseguita nel 1294. Si osserva però una differenza: nella seconda redazione in otto casi su diciannove non è stata riportata la specificazione “moglie di” (uxor), seguita dal nome del marito. È plausibile che nel tempo intercorso tra le due redazioni i mariti di queste donne fossero defunti, per quanto sia insolito non trovare queste donne connotate espressamente come vedove. La lista femminile, probabilmente in ragione della sua brevità, non è stata strutturata secondo un principio ordinatore. In generale ad ogni nome viene fatto seguire il cognome, oppure la specificazione del legame
13 Pozza M., Marco Polo Milion, cit., p. 285. 14 ASV, ScgSGE, reg. 3.
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Pamato L., Le scuole dei battuti, cit., p. 117 e note 120, 121, ivi.
16 Sulla figura del maestro Corbacino si veda Ortalli G., Scuole e maestri tra Medioevo e Rinascimento: il caso
veneziano, Bologna 1996, pp. 45-48.
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Ma compariva già nella lista precedente (1289).
105 matrimoniale (laddove le vedove invece mantengono solo il cognome del marito), o di altra parentela con confratelli della scuola, e della parrocchia di provenienza. L. Guzzetti e A. Ziemann hanno analizzato la situazione delle donne iscritte alle confraternite veneziane e hanno preso in considerazione le liste di questa scuola19. Si è riscontrato che ben ventinove di loro potrebbero appartenere a famiglie nobili, e che sono relativamente poche quelle che appaiono relazionate a uomini membri della confraternita. Si è inoltre confermato il dato della mobilità nel territorio veneziano per la quale, seppure in misura inferiore rispetto agli uomini, si distinguono anche le donne.
Dopo la sua trascrizione nel manoscritto B si percepisce chiaramente che questa lista è rimasta bloccata. Non sono state più apportate correzioni, né addizioni. Questo fa ritenere che la scuola avesse cessato di ammettere le donne. Alle donne già iscritte fu probabilmente concesso di rimanere nei ranghi del sodalizio escludendo soltanto i nuovi ingressi. La matricola, smettendo di essere un testo vivo, divenne il documento ufficiale di un’esperienza ormai conclusa.
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Conclusione
Lo statuto in sé non è una fonte eloquente. È un testo precipuamente prescrittivo, presenta pochi contenuti all’infuori delle indicazioni strettamente necessarie alla gestione del gruppo associativo. È sotto alcuni aspetti carente. Dal punto di vista storico offre poche coordinate: non vi compaiono riferimenti alle origini, agli eventi che hanno preceduto la fondazione (e che sono con essa in stretta relazione) né all’identità dei fondatori. La storia cittadina inoltre, non sembra in alcun modo toccare la vita del sodalizio. Anche dal punto di vista della storia della religiosità laica non vengono offerti molti spunti. Al di là dell’imposizione di obblighi associativi di partecipazione alle funzioni liturgiche, ai funerali dei confratelli e alle processioni dei giorni ordinati vi si ritrovano poche nozioni: sono pochi gli ammaestramenti morali, limitati perlopiù all’invito a vivere in pace con i confratelli e a provvedere caritatevolmente ai poveri e agli infermi. La mariegola poi non è corredata da testi edificanti. Manca anche del proemio tipico delle mariegole veneziane in cui si ammoniscono i peccatori invitandoli a vivere volgendo lo sguardo al fine ultimo, al momento in cui saranno giudicati per le loro opere1.
Tuttavia inserito in un quadro di riferimenti ricostruibili tramite altre fonti e nel confronto con la vita confraternale cittadina nel suo complesso, assume tutto un altro rilievo. Se lo studio di una scuola in sé sembrerebbe aver poco da raccontare riallacciati i fili con il contesto diventa un argomento ricchissimo di diramazioni in ogni direzione, verso gli ambiti dell’organizzazione della società, del sistema di governo veneziano, della storia della chiesa veneziana, della storia della mentalità religiosa più in generale, della storia del genere femminile.
La mariegola nella versione trasmessa dai due codici latini esaminati presenta un testo particolarmente asciutto se confrontata con le mariegole più antiche delle altre scuole di battuti. In particolare si presenta più meccanica nello sciorinare obblighi confraternali e penalità connesse, senza nulla (o quasi) concedere a suggestioni spirituali. L’assenza del prologo di cui si è detto e l’aspetto elementare del primo nucleo di regole depongono a favore della sua presunta antichità, o meglio della sua formulazione in tempi vicini alla data del 1261. Come è emerso dall’analisi, vi fu probabilmente un codice anteriore a questi (o perlomeno le regole erano state fissate all’interno della comunità in qualche modo) dal momento che il manoscritto A si presenta come la ripresa di uno statuto che godeva già di considerazione, almeno così sembra suggerire il fatto che le prime addizioni vi vengono rispettosamente segnalate.
C’è da dire che pur trattandosi di una mariegola allo stato embrionale rispetto a quelle delle altre scuole dei battuti, è affascinante perché concerne anni movimentati, gli anni delle prime evoluzioni e della ricerca di un assestamento, cose meno percepite generalmente nelle redazioni trecentesche perché gli equilibri vi appaiono più stabilizzati2. Sarebbe interessante cercare di individuare i modelli da cui deriva questo testo e capire come mai non compaiono gli usi veneziani nelle datazioni, seguire insomma la pista delle derivazioni testuali, operazione probabilmente utile anche per afferrare meglio come il movimento dei battuti venne a mettere radici a Venezia.
La scuola in sé, meriterebbe ulteriore studio in particolare per i rimandi che contiene. Sarebbe interessante per esempio capire qualcosa di più sulla natura della domus Misericordiae alla quale il sodalizio rivolgeva le proprie attenzioni e sulla fine di questo ente documentato solo nelle mariegole della scuola dei Frari e in alcuni testamenti veneziani. Sarebbe inoltre stimolante studiare la scuola anche dal punto di vista della confraternita dei frati che la ospitavano, proseguire con ricerche di documenti nel fondo di Santa Maria
1
Cfr. Ortalli F., Per salute delle anime, cit., pp. 46-47.
107 Gloriosa da dove pare che finora non siano stranamente emerse notizie dei battuti di Santa Maria e San Francesco3.
La mariegola Cini rappresenta un esemplare che merita attenzioni sotto più punti di vista. Purtroppo le si è potuto dedicare poco spazio. Sarebbe bello riflettere sulla ricomposizione dello statuto nel passaggio alla versione volgare, vengono infatti apportate modifiche notevoli alla struttura dei capitoli e i contenuti vengono arricchiti. Si aggiungono inoltre le registrazioni di lasciti testamentari alla scuola e un inventario a cui si è solo accennato. C’è modo, in generale, ponendo a confronto le numerose mariegole conservate per questo sodalizio di individuare le tappe della sua evoluzione.
Un altro aspetto da indagare che non competeva questa ricerca è la fortuna di questa scuola nei secoli successivi, soprattutto in seguito alla sua unione con San Cristoforo dei mercanti. Si è parlato dell’ambizione che traspare nella mariegola cinquecentesca dove la scuola si definiva non inferiore alle altre scuole grandi. Nel corso del Settecento la scuola chiese formalmente al Consiglio dei Dieci di essere posta sotto la sua protezione. La richiesta fu rifiutata la prima volta (16 settembre 1729) con cinque votazioni negative4. Venne invece accolta nel 1772 (22 gennaio) ma i Procuratori di Comun rivendicarono la propria giurisdizione sul sodalizio e la delibera dei Dieci venne subito revocata (21 febbraio 1772). Fino alla fine pare che a questa scuola sia stato negato l’accesso al più alto livello5.
Un ultimo motivo, per dedicare ulteriore attenzione a questa scuola, e sul quale si è insistito nella trattazione, è la mancanza di riconoscibilità e visibilità del sodalizio a causa della cattiva collocazione dei documenti che lo riguardano. Davvero varrebbe la pena di operare una revisione, in particolare dei documenti sparsi nelle buste della scuola di San Cristoforo6, e di riportare tutti i documenti assieme ai registri delle mariegole all’interno di un’unità archivistica coerente.
3
Né Gatti né Vio segnalano documenti da questo fondo. Rispettivamente in Gatti I., Santa Maria Gloriosa dei Frari, cit., e Vio G., Le Scuole Piccole, cit.
4
Vio G., Le Scuole Piccole, cit., p. 529.
5
Ivi.
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