Inseriamo nella trattazione di questo capitolo le parti del testo che indicano l’esistenza di vincoli, o semplicemente di rapporti, tra la confraternita e l’istituzione statale, le gerarchie ecclesiastiche e i frati Minori del convento di Santa Maria Gloriosa.
La seconda parte del capitolo 28 è particolarmente interessante. Si tratta evidentemente di una aggiunta posteriore, inserita in questo luogo del testo per una questione di opportunità, ben si lega infatti all’esordio del capitolo che impone il rispetto dello statuto. Vi si dice che ogni cosa ordinata all’interno della scuola è stabilita e sancita in modo tale per cui se se in un secondo momento una disposizione fosse riconosciuta essere contro l’onore del doge o di Venezia essa perderà ogni valore e dovrà essere considerata decaduta e che questo principio dovrà guidare ogni provvedimento successivo. Si è detto dell’interesse particolare che assume questo paragrafo in relazione a sviluppi successivi. Il medesimo contenuto si trova infatti enunciato nella mariegola in volgare all’inizio del codice, immediatamente dopo il prologo. Evidentemente la nuova collocazione del capitolo riflette la preoccupazione degli organi di governo che erano nel frattempo intervenuti regolamentando la formazione e il funzionamento delle scuole affinché non potessero rappresentare una minaccia per la sicurezza dello Stato.
Per quanto riguarda i rapporti con le gerarchie ecclesiastiche, ai capitoli 34, 35 e 36 troviamo riportate le trascrizioni di tre epistole indirizzate alla confraternita da parte di alcune autorità religiose. La prima, datata Genova 1261, viene inviata dal ministro generale dei frati Minori, frate Bonaventura da Bagnoregio57, il quale concede alla scuola la partecipazione ai benefici spirituali generati all’interno dell’Ordine. La seconda è inviata dall’arcivescovo di Zara Lorenzo Periandro58 il quale concede quaranta giorni di indulgenza dei giorni prescritti per pene gravi e la quarta parte dei giorni prescritti per pene lievi. È datata in Venezia nel palazzo patriarcale, nel giorno 4 maggio 1263, alla presenza verosimilmente di tre rappresentanti della scuola: « Iordano pellipario, Nicolao Bugari, Martino callegario59». Il motivo per cui l’arcivescovo di Zara
57 San Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274), fu il settimo successore di san Francesco come Ministro generale dei
frati Minori tra il 1257 e il 1274. Cfr. Gatti I., Santa Maria Gloriosa dei Frari, cit., p. 9.
58
Individuato da De Sandre, cfr. De Sandre Gasparini G., La pietà laicale, cit., p. 949.
97 dedichi le sue attenzioni a questa confraternita non è chiaro. Dal 1155 l’arcivescovado zaratino, contro la tradizione della immediata soggezione dei metropoliti al Papa, era stato sottoposto alla primazia del patriarca di Grado60, il quale risiedeva a San Silvestro dall’inizio del XII secolo. Questo legame può spiegare forse il motivo per cui il Periandro si trovasse nel palazzo patriarcale veneziano ma non di più.
Queste attestazioni, soprattutto la prima se vogliamo credere in una trascrizione fedele (solo per la seconda infatti si è rinvenuto l’originale), potrebbero essere utili per provare che la scuola è stata realmente istituzionalizzata molto presto. In altre parole attestano che l’anno 1261 riportato all’interno dello statuto, a cui si fa risalire la fondazione del sodalizio è credibile, e che non si tratta di una data immessa a posteriori per vantare origini simbolicamente prossime al verificarsi del movimento dei flagellanti61.
La terza epistola è inviata dal vescovo di Castello Bartolomeo Querini62 al gastaldo, ai degani e agli altri fratelli della scuola. Datata 21 marzo 1284, è simile alla precedente nelle argomentazioni, seguono evidentemente un modello comune di lettera di indulgenza. Vengono concessi quaranta giorni a chi abbia partecipato alla messa della metà del mese, quaranta giorni a chi avesse donato una somma in beneficenza in occasione dei tre pasti comuni, uno coi frati e due con i poveri della Misericordia, dieci giorni a chi avesse visitato un confratello infermo, venti giorni a chi avesse partecipato ai funerali dei confratelli. Sembra dunque trattarsi di incentivi alla partecipazione agli impegni devozionali e alle altre attività proposte dalla scuola.
Quello delle indulgenze (oltre a quello delle reliquie) è in generale uno dei motivi per cui la vita delle scuole si intreccia con particolare evidenza con le istituzioni della Chiesa. In tempi successivi si riscontra in quasi tutti gli statuti una corsa alle indulgenze che si acquistavano con alcune determinate opere di pietà prescritte dall’autorità ecclesiastica63. Una terza lettera di indulgenza si trova tra i documenti della scuola ma non è stata trascritta nella mariegola. Questa fu scritta dal vescovo di Castello Thomas Franco in data 24 giugno 1263, fu composta quindi poco dopo l’epistola del vescovo di Zara64. Non si comprende il motivo per cui non si ritenne opportuno trascriverla nella mariegola insieme alle altre.
Per quanto riguarda gli accordi con i frati le cose inizialmente vennero impostate con semplicità. Nel capitolo 16 viene istituito un pasto comunitario indetto dalla scuola una volta all’anno presso la chiesa dei frati Minori a cui tutti i confratelli sono tenuti a partecipare assieme ai frati. Preso il convento, si dice, si trova l’arca della confraternita, e questa specificazione sembra essere un’implicita spiegazione della condivisione del pasto con i frati. Al gastaldo e ai degani spettava la scelta del giorno opportuno. Nel primo nucleo di regole i frati compaiono soltanto in questo capitolo. Probabilmente in un primo tempo allo svolgimento di questo evento venivano affidate le relazioni con i frati. Durante il banchetto si riuscivano a stabilire accordi bene accetti da entrambe le parti e non si rendeva necessario fissarli per iscritto.
Su un piano pratico la scuola aveva bisogno dell’aiuto dei religiosi; infatti rimaneva anzitutto un’associazione di natura religiosa e la sua vita ruotava attorno a tutta una serie di funzioni e liturgie per cui l’operato degli ecclesiastici era indispensabile65. Il rapporto intercorrente tra la chiesa ospitante da un lato e la confraternita dall’altro tornava utile ad entrambe le parti: i frati ricevevano sostegno ed entrate
60
Cfr. Rando D., Una Chiesa di frontiera: le istituzioni ecclesiastiche veneziane nei secoli VI-XII, Bologna 1994, p. 182.
61 Pamato constatava come «per uno solo di questi sodalizi, la Carità, fosse possibile confermare la data riportata negli
statuti grazie all’esistenza di alcuni documenti che ritraggono la scuola quasi ai suoi esordi, impegnata a stipulare accordi con i canonici portuensi del monastero della carità». Pamato L., Le scuole dei battuti, cit., p. 65.
62Epistola originale in ASV, ScpS, b. 408. Bartolomeo Querini fu eletto vescovo di castello il 5 aprile 1274. È noto il
testamento di Bartolomeo Querini, del 15 febbraio 1291, pubblicato da Arbitrio, aspetti della società veneziana, doc. 11, p. 83-109. Cfr. Rigon A., I vescovi veneziani nella svolta pastorale dei secoli XII e XIII, in La Chiesa di Venezia nei
secoli XI-XIII, a cura di Franco Tonon, Venezia 1988, pp. 41-45.
63
Cadel A. M., Il sentimento della morte nelle scuole piccole veneziane, in «Ateneo Veneto», 183 (1996), p. 116.
64
Cfr. nota 55.
98 supplementari dai versamenti effettuati dalla scuola che, a sua volta, grazie al legame istituito, poteva celebrare senza difficoltà tutte le funzioni richieste dalla mariegola.
In un momento successivo al 1284, stando alla collocazione dei capitoli all’interno della mariegola, vennero emesse delle norme più precise per regolamentare il rapporto con i frati. Il capitolo 37 ordina che ogni anno nel giorno della festa di san Francesco gastaldo e degani invitino la confraternita al pranzo in Santa Maria dei frati Minori. Non vengono forniti ulteriori dettagli, potrebbe trattarsi nuovamente del pasto organizzato dalla scuola per gratitudine nei confronti dei frati con la differenza che questa volta viene data disposizione affinché l’evento sia organizzato in una ricorrenza precisa. Potrebbe anche viceversa trattarsi di un pasto offerto dai frati alla comunità, dal momento che si celebra la festa del fondatore dell’Ordine. In questo caso si possono solo fare supposizioni.
Nel capitolo 38 si ordina che i soldi assegnati a gastaldo o degani per la sepoltura di ciascun fratello siano conferiti ai frati Minori. Ovunque il confratello sia seppellito, il guardiano del convento provvederà a raccomandare l’anima del defunto ai suoi frati; e se esso avesse chiesto di essere seppellito presso Santa Maria dei Frari il guardiano farà messa solenne cantata e chiederà ai frati di pregare Dio nelle loro messe per la sua anima.
Il capitolo 39 riprende un argomento toccato più volte: cosa fare se un confratello cadesse in stato di infermità. Gastaldo e degani, oltre ad adempiere i loro doveri connessi alla circostanza, sono tenuti ad avvertire il guardiano del convento o un suo vicario affinché esso, di persona o attraverso un suo vicario o un suo frate, possa provvedere a una visita consolatoria e possa raccomandare l’infermo ai suoi frati affinché preghino per lui.