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In alcune mariegole, tra le quali l’esemplare conservato alla Cini12, si sono conservati degli inventari dei beni delle scuole; simili inventari dovevano venire redatti ogniqualvolta il gastaldo vecchio passava in consegna la scuola alla nuova banca. Queste liste sono utili per capire che tipo di necessità avessero le confraternite nella loro vita di tutti i giorni. Si nota che tutti gli oggetti sono di uso liturgico cultuale, necessari soprattutto allo svolgimento delle funzioni religiose e delle processioni. Stando a quanto appare dagli inventari erano questi i beni più preziosi (a parte gli immobili), per il resto la scuola non necessitava di molto, tuttalpiù qualche cassa dove custodire arnesi e scritture13.

Uno dei primi oggetti a comparire nel quotidiano di tutte le scuole è lampada da tenere presso l’altare. In questo caso è il capitolo 9 a prescrivere che la scuola deve possedere una lampada nella chiesa dei frati Minori che deve ardere notte e giorno per le anime dei confratelli defunti e per la stessa confraternita. «Quella del sistema confraternale si configurava come una devozione “tangibile”, fatta di oggetti e di ritualità»14 che si basava anche sull’esposizione di materiali di culto, soprattutto durante le processioni. Tali processioni infatti rappresentavano per queste confraternite, le cui attività erano per la gran parte rivolte all’interno, non solo un rilevante momento di devozione, ma anche un’occasione per uscire allo scoperto e fare sfoggio di sé, con candele e drappi preziosi, al di fuori dell’ambiente ristretto della scuola, proponendosi nel modo migliore alla comunità15.

Nel terzo capitolo si stabilisce che la confraternita deve possedere un gonfalone con le immagini della Vergine Maria col bambino al centro e san Marco e san Francesco ai lati e il segno della Misericordia. Cosa si intenda con quest’ultimo non è facile da capire. Non è facile intendere se tale “segno” dovesse apparire dipinto sul gonfalone in aggiunta alle altre immagini o se si facesse riferimento a un ulteriore oggetto da portare in processione, un segnale distintivo della scuola, una sorta di insegna astile. Ad ogni modo si osserva, unendo questa richiesta a quella di portare il “segno della Misericordia” sopra la cappa, come fin dagli albori fosse molto spiccato il desiderio di auto identificazione della confraternita.

Non si comprende chiaramente se con la definizione data al primo capitolo, in cui si dice che tutti sono tenuti ad avere e portare il «signum Sancte Misericordie in quo sit signum beati Francisci tenentis crucem in manu16», si intendesse descrivere una sovrapposizione di due soggetti o se il segno della scuola in sé

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Mariegola Cini, 3vb.

10 Sbriziolo L., Per la storia (…) Le scuole dei battuti, cit., p. 731. 11 Cfr. Vio G., Le Scuole Piccole, cit., p. 8.

12 Il primo inventario conservato degli oggetti posseduti dalla scuola si trova nella mariegola Cini, è datato 4 dicembre

1418. FGC, inv. 2503, cc. 40-41r.

13 Cfr. Ortalli F., Per salute delle anime, cit., p. 175. 14

Ibidem, p. 60.

15

Ibidem, p. 49.

86 consistesse nell’immagine di San Francesco con la croce in mano. Però c’è un dato che porta a sostenere quest’ultima ipotesi. Spostandosi nel Cinquecento si rintraccia a Venezia la presenza di diverse insegne, affisse sui muri di proprietà immobiliari perlopiù, la cui pertinenza è riferita alla scuola di Santa Maria dei mercanti. Le immagini scolpite su queste targhe sono evocative di un passato lontano. L’emblema della scuola che vi viene rappresentato è costituito dall’associazione di una chirofania e di una croce astile17. Si tratta di un simbolo un po’ inconsueto rispetto a quelli delle altre scuole che in genere richiamano le iniziali del Santo (San Rocco, Valverde), o simboli a lui attribuiti (il pastorale per San Giovanni Evangelista, il leone per San Marco), o ancora immagini stilizzate non figurative (Carità). Sono portata a credere che in quella che è divenuta una chirofania affiancata dalla croce sia da rinvenire la memoria dell’immagine falsata di san Francesco tenente la croce in mano.

Nel quarto capitolo si stabilisce che la scuola debba avere una croce adatta per la processione; nel capitolo 8 si dice che deve possedere inoltre un drappo, due vesti di lino e candele a sufficienza per i fratelli con una rispettiva cassella per riporle. Tutti strumenti necessari per lo svolgimento di processioni e di riti funebri. Sono interessanti le statistiche elaborate in via d’ipotesi da Mackenney e riprese da F. Ortalli18 a proposito dei bilanci di spesa all’interno delle scuole devozionali veneziane19. Se ne ricava che l’acquisto di olio per l’illuminazione dell’altare della scuola e, soprattutto, di cera per le candele doveva rappresentare una grossa parte delle uscite delle varie confraternite. La luce delle candele effettivamente, anche in questo sodalizio sembra accompagnare ogni singola manifestazione devozionale.

Il capitolo 42 ha un dettato un po’ equivoco. L’allora gastaldo Leonardo Speziale sostiene parlando ai confratelli radunati in capitolo l’esistenza di una disposizione della mariegola in cui veniva stabilito che gastaldo e degani dovessero “ricevere” uno a uno tutti i beni della scuola, intendendo con ciò arnesi e altri beni. Non è chiaro innanzitutto a quale capitolo precedente il gastaldo facesse riferimento. Forse la soluzione sta nel fatto che le ultime tre carte del manoscritto A oggi appaiono tagliate. Magari un simile capitolo vi era effettivamente scritto. In quest’ipotesi si potrebbe pensare che si scelse di non copiarlo nel nuovo codice perché i provvedimenti presi in seguito lo avevano reso pleonastico. Nella stessa data infatti si istituisce l’uso di registrare su un quaderno entrate, uscite e tutti i beni posseduti dalla scuola, ogni anno, per facilitare il passaggio di consegne tra una banca e l’altra (cap. 43). Il verbo “recipere” avrebbe allora senso di “ricevere dalla baca precedente”.

È cosa nota che ogni scuola era solita custodire gelosamente i suoi oggetti. A tal proposito si fa osservare che nella mariegola volgare si dedicherà persino un capitolo al divieto «de non imprestar le cose de la scola» il quale recita « […] ch’el no se possi prestar li arnesi dela schuola a nisun se prima miser lo gastoldo no meterà la parte ala bancha e che la sia prexa almen de balote diexe; e chi a questo ordene contra farà sia messo fuora de la schuola nostra per anni cinque. E questo sie fato per conservar le robe de la schuola de madona santa Maria de la Misericordia»20.

17

Rizzi A., Scultura esterna a Venezia: corpus delle sculture erratiche all’aperto di Venezia e della sua laguna, Venezia 1987, p. 117, p. 337, p. 360, p. 213.

18 Conclusioni statistiche che possono essere assunte come indicative anche per le scuole del tardo Medioevo. Ortalli

F., Per salute delle anime, cit., pp. 152-154.

19

Il 22% della spesa annuale della scuola dell’arte degli orafi della quale R. Mackenney ha analizzato un libro contabile degli anni 1540-1553, era dato dall’acquisto di olio per l’illuminazione dell’altare e di cera per le candele che sempre illuminavano le messe e le processioni di questa come di ogni altra scuola. Mackenney R., Tradesmen and Traders: the

world of the guilds in Venice and Europe: c.1250-c.1650, London 1987, p. 171, tab. 5.1.

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