4. Cittadini ed eredi l’alleanza radicata nella storia e in continuo rin-
3.2. Riqualificare la nostra vita spirituale. La vocazione all’amore
Sostiamo subito sul messaggio della parola di Dio, che la liturgia odierna ci offre, per poi applicarlo alla nostra vita di persone consa-crate al servizio dei giovani.
La prima lettera ai Corinzi, che ci accompagnerà nella liturgia di questa settimana, ci presenta una serie di problemi scottanti, che sono presenti nella comunità cristiana. A questa l’apostolo offre indicazioni pastorali e risposte precise. Il brano di oggi riguarda un caso di immo-ralità, che affligge i cristiani di Corinto. Paolo nella sua riflessione, più che soffermarsi su divieti autoritari e rimproveri paternalistici, richia-ma i membri della comunità all’impegno di una vita pura, andando al cuore della fede cristiana, cioè al mistero pasquale di Cristo. Questo evento centrale della vita di Gesù caratterizza sempre la vita del cri-stiano e di ogni autentica comunità di fede: «Togliete via il lievito vec-chio per essere pasta nuova» (v. 7).
L’immagine da intepretare sottolinea il binomio «vecchio» - «nuo-vo», con il quale Paolo vuole scuotere non solo una certa pigrizia spi-rituale di alcuni membri della comunità, ma soprattutto un’adesione statica e nostalgica di vita di alcuni fratelli legati ad un passato vissuto da pagani, che è stato definitivamente superato con la venuta di Cri-sto. La comunità di Corinto corre il rischio di rimanere ferma su
vec-chie posizioni, perdendo il passo nel cammino inaugurato dalla venuta di Gesù. Paolo, allora, offre alla comunità la motivazione pasquale:
«Cristo, infatti, nostra pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa…» (vv. 7-8). La comunità cristiana deve vivere la sua fede pa-squale in gioiosa novità di vita; deve far festa superando ogni riferi-mento al passato, perché ormai ha in Cristo la sua piena realizzazione.
Gesù risorto offre alla comunità la forza dell’amore, perché l’offerta della sua vita, donata per la salvezza dell’umanità, deve rinnovare an-che la vita di ogni credente, an-che va liberata dall’egoismo e dal peccato.
Il vangelo di Luca approfondisce questa riflessione, ponendoci da-vanti l’episodio di un uomo paralitico, guarito dall’intervento tauma-turgico di Gesù. La guarigione dell’uomo scatena la reazione dei suoi nemici, perché viene fatta in giorno di sabato. L’episodio evangelico ci dà un insegnamento sul sabato e, quindi, sull’autenticità del culto.
Per Gesù è comprensibile la sacralità del sabato, che egli osserva come ogni buon discepolo di Mosé, ma ancora di più egli rispetta l’uomo e la sua dignità, l’uomo e la sua sofferenza. Gesù con la sua parola, rivolta a forma di domanda agli scribi e ai farisei: «in giorno di sabato è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o per-derla?» (v. 9), afferma una norma chiara di azione per i suoi discepoli:
un culto che dimentica l’impegno per la giustizia e per l’amore è vuo-to e senza senso. Il servizio del prossimo, che si trova in grave necessi-tà, deve avere la priorità anche per i suoi discepoli. Lo scopo della legge di Dio, come ogni comandamento, è quello di indicare la volon-tà di Dio, la via della vita e non quello di proibire un’azione rivolta a salvare la vita dell’uomo. Chi pensa diversamente ha chiuso il proprio cuore all’amore di Dio, come fecero gli scribi e i farisei che si spinsero fino ad accusare Gesù e a metterlo in croce.
Tentiamo ora di applicare la parola di Gesù alla nostra vita spiri-tuale di persone consacrate per vivere con più slancio una spiritualità autentica, fondata sulla legge dell’amore e sulla fedeltà al carisma sale-siano, che ci spinge a compiere il bene e salvare la nostra vita e quella dei nostri giovani. Nel documento Vita consecrata il Papa afferma: «La vita spirituale, intesa come vita in Cristo, vita secondo lo Spirito, si configura come un itinerario di crescente fedeltà, in cui la persona consacrata è guidata dallo Spirito e da lui configurata a Cristo, in pie-na comunione di amore e di servizio nella Chiesa» (n. 93). Per la per-sona consacrata la vita cristiana è un itinerario di percorrere, una stra-da, cioè, che ci permette di passare da una fede superficiale («fede in-fantile») e di consuetudine («fede di pratica») ad una fede adulta,
ca-pace di impegnare l’intera esistenza a servizio del Signore e degli altri.
Giovanni Paolo II diceva ancora: «Nella situazione in cui vive oggi il cristiano consacrato, occorre soprattutto il passaggio da una fede di consuetudine, pur apprezzabile, a una fede che sia scelta personale, il-luminata, convinta, testimoniante. È il tempo della nuova evangelizza-zione…Solo l’effettiva riscoperta di Cristo, quale solida roccia su cui costruire la vita e l’intera società, permette ai credenti di non temere difficoltà e ostacoli di ogni tipo» (ai Vescovi lombardi in visita ad li-mina nel 1991).
Viene spontaneo, allora, chiedersi: come aprire il cuore a Cristo per poter passare da una fede superficiale ad un’esistenza religiosa convinta e matura? Come togliere via il lievito vecchio per essere pa-sta nuova? La rispopa-sta è una sola: è necessario che la sequela di Gesù nella vita consacrata sia una vera riscoperta del volto di Cristo, attra-verso un cammino personale e convinto di santità, lo stesso cammino percorso dall’apostolo Paolo, da Don Bosco e da Maria Domenica (cf NMI 29-41).
Una grande sfida attende la nostra spiritualità salesiana: fondare l’identità della vita consacrata nell’esperienza di Gesù Cristo, «l’unico assoluto che dà senso alla nostra vita e ci invita a vivere una spirituali-tà incarnata nella realspirituali-tà». Si tratta, dunque, di avere in noi gli «stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, …il quale spogliò se stesso…
umiliò se stesso obbedendo fino alla morte» (cf Fil 2,5-11); si tratta di riappropriarsi del vero cammino di fede, che abbiamo professato so-lennemente con la nostra consacrazione religiosa; si tratta, in definiti-va, di dare una risposta sincera e personale alla questione di fondo, che riguarda il senso della nostra vita di persone consacrate. E tutto ciò non per «sentito dire», bensì per «vederlo con i propri occhi» e così «cercare Gesù per Gesù».
La vita consacrata ha una pienezza, che è data dalla sua vocazione:
una vocazione a vivere l’amore. Ricordiamolo: nella vita cristiana l’u-nico fine è l’amore. Tutte le altre cose sono «strumenti» e «mezzi», che possono cambiare, che non sono definitivi. Nell’esperienza cristia-na, come nella vita religiosa, tutto è subordinato alla ricerca dell’amo-re, alla crescita dell’amodell’amo-re, al primato dell’amore. Per questo l’apo-stolo Paolo prega: «il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza» (Ef 3,14-19). La vo-cazione della consacrata è l’amore e la comunità religiosa diventa un
grande esercizio di amore. Le vostre Costituzioni recitano: «In un continuo tendere all’amore nell’ottimismo salesiano, la FMA sia atten-ta a correggere in sé atteggiamenti e comporatten-tamenti», per costruire l’unione fraterna (Cost 53). Se la vita consacrata non tende all’amore, non ha nessun significato cristiano: rischia cioè di diventare un grup-po, un’aggregazione qualsiasi. Ecco perché ci deve essere nella vita spirituale della persona religiosa il primato della pienezza dell’amore.
«Riqualificare» la nostra vita spirituale salesiana, allora, significa essere uniti a Cristo per dare frutti di santità e di pace, significa mori-re e risorgemori-re con lui, diventamori-re cmori-reatumori-re nuove, liberate dal peccato. È sempre la legge del seme che muore: per questo è importante che im-pariamo a leggere la nostra vita in chiave di fede e di amore. Don Bo-sco diceva: «Quando in una comunità regna questo amore fraterno, e tutti si amano a vicenda, e ognuno gode del bene dell’altro, come se fosse un bene proprio, allora quella casa diventa un Paradiso» (Cost., appendice, p. 239).
A noi riqualificare la nostra vita spirituale nella riscoperta della centralità di Cristo, ponendo al centro della vita l’Eucaristia e la pa-rola di Dio, con un progetto coerente e personale di vita spirituale da riscrivere da ciascuno di noi, per vivere la vocazione come primato dell’amore sul modello di Don Bosco e Santa Maria Domenica Maz-zarello.
Signore, desideriamo agire con coraggio secondo la nuova legge del-l’amore, come tu hai agito. Vorremmo avere la tua sicurezza sostenuta dal tuo amore liberante e vorremmo scuoterci come la comunità di Co-rinto, perché al lievito vecchio possiamo sostituire azzimi nuovi di since-rità e di vesince-rità. Signore, liberaci dalla cecità che a volte ci assale e conce-dici di essere solleciti nel promuovere la responsabilità degli altri con ge-sti di amore e di fiducia.
4. ABITARE L’ALLEANZA
4.1. Riqualificare la nostra vita spirituale. Rinnovare l’alleanza