4. Cittadini ed eredi l’alleanza radicata nella storia e in continuo rin-
6.2. Parola di Dio e rinascita spirituale (Celebrazione dei Vespri: 1
In questa breve esortazione, indirizzata a tutti i membri della co-munità cristiana, l’apostolo Pietro riassume il suo pensiero, riprenden-do alcuni temi già esposti nel suo scritto: parola di Dio e rinascita spi-rituale, fraternità, armonia di cuori, perdono esteso ai nemici. Tutti sono chiamati da Dio in Cristo; tutti sono destinati a possedere la stes-sa eredità. Non si può, quindi, rispondere al male con il male. Il cri-stiano, infatti, non percorre il suo cammino di fede da solo e non deve considerarsi isolato dagli altri; al contrario, egli risponde al male «be-nedicendo» (v. 8), ed essendo in viaggio con gli altri fratelli, accompa-gna, aiuta e sostiene chiunque è bisognoso per introdurlo ad «avere in eredità la benedizione» (v. 9).
Questo pensiero è valido, soprattutto, per noi persone consacrate al servizio dei giovani. L’anima della nostra missione educativa è il
«Da mihi animas cetera tolle», è il farci dono totale e generoso verso i giovani e i poveri (Cost. 6), per cooperare alla loro piena vita in Cristo.
Ciò avviene comunicando la nostra conoscenza sapienziale di Dio.
Egli che è l’Amore assoluto, ci sceglie, ci chiama alla conoscenza di lui, ci invita a vivere nella sua amicizia e ad ascoltarlo. Egli comunica con noi attraverso la sua Parola. Pietro dirà in questa lettera: siamo «stati generati non da seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna» (1 Pt 1,23). Egli parla al nostro cuore e ci dona lo Spirito di sapienza. Sta a noi raccogliere il dono della parola di Dio, ascoltare la voce dello Spirito e donarlo a sua volta agli altri. Non
di-mentichiamolo mai: noi portiamo la Parola agli altri, specie ai giovani, se siamo «portati dalla Parola», se cioè la parola di Dio abita in noi.
Permettete, allora, che questa sera richiami quattro atteggiamenti, che i Padri della Chiesa consideravano fondamentali per vivere la pa-rola di Dio nello Spirito e nutrire così la nostra vita spirituale. Sì, la Parola è potente ed efficace, ha in sé un’energia, perché è realtà «viva e operante» (Eb 4,12), che ha il potere di «salvare la vita» (Gc 1,21).
6.2.1. La Parola si ricerca ogni giorno
Noi entriamo nella Parola, poco a poco, dopo un’attenta ricerca quotidiana. La parola di Dio è come il terreno dell’aratura: quanto più viene rivoltato e lavorato, tanto più dona il suo frutto spirituale. Il ci-bo spirituale deve essere quotidiano come quello per il corpo. Affer-mava Gregorio Magno: «Nella sacra Scrittura oggi possiamo com-prendere quanto ieri ignoravamo, così pure domani afferriamo quello che oggi non sappiamo; perciò con l’aiuto della grazia divina dobbia-mo nutrirci di questo cibo quotidiano». Solo allora si crea tra noi e la Parola una comunione misteriosa e intima, uno scambio ininterrotto di confidenze. Non è l’incontro fugace e occasionale con una persona che mi può rivelare le ricchezze della sua statura morale. È necessario il colloquio assiduo, prolungato e confidente che mi introduce nel se-greto della sua vita interiore. Così è della parola di Dio. Recita il Con-cilio: «Il Santo Sinodo esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, so-prattutto i religiosi, ad apprendere “la sublime scienza di Gesù Cri-sto” (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L’igno-ranza delle Scritture, infatti, è igno“L’igno-ranza di Cristo”» (DV 25).
Questo legame intimo tra lo spirito della Scrittura e il nostro spiri-to, fatto di paziente, perseverante e amorosa insistenza, fa sì che la pa-rola di Dio diventi esperienza di vita. Giovanni Paolo II nell’Esorta-zione apostolica Vita consecrata scrive: «La parola di Dio è la prima sorgente di ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta il rapporto perso-nale con il Dio vivente e con la sua volontà salvifica e santificante»
(n. 94).
6.2.2. La Parola si penetra nell’ascolto
L’elemento fondamentale di ogni spiritualità biblica è l’ascolto (cf Dt 6,3ss). Si vive la vita nello Spirito in proporzione alla capacità di
fa-re spazio alla Parola, di far nascefa-re il Verbo di Dio nel cuofa-re dell’uo-mo. Non siamo noi che possiamo penetrare la parola di Dio, ma solo questa può conquistarci e convertirci facendoci scoprire i suoi segreti e il silenzio di Dio. La conoscenza della Scrittura, quindi, è opera di un carisma ecclesiale, che è posto non nelle mani degli esegeti, ma dei credenti aperti allo Spirito. Diceva Simone Weil: «Chi è capace non solo di gridare ma anche di ascoltare, intende la risposta. Questa ri-sposta è il silenzio. È il silenzio eterno. Chi è capace non solo di ascol-tare, ma anche di amare, intende questo silenzio come la parola di Dio. Le creature parlano con dei suoni. La parola di Dio è silenzio. La segreta parola d’amore di Dio non può essere altro che silenzio. Cristo è il silenzio di Dio. Come non c’è albero simile alla croce, così non c’è un’armonia come il silenzio di Dio».
Dall’ascolto, dunque, nasce in noi la risposta che è conversione e apertura a Dio. Solo, allora, noi fatti discepoli possiamo gustare «la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro» (Eb 6,4-5). La stessa santità non è pensabile senza un rinnovato ascolto della parola di Dio. «In particolare – scrive il Papa – è necessario che l’ascolto del-la Parodel-la diventi un incontro vitale… che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta, plasma l’esistenza» (NMI 39).
6.2.3. La Parola «si mangia» nella Chiesa
La conoscenza spirituale della Scrittura si esercita e si giustifica nella Chiesa, che è il corpo di Cristo, la «convocatio fidelium», il luo-go dove abita lo Spirito. Quello che rende autentico l’ascolto è l’esi-stenza di una comunità, in cui si diventa responsabili e si cerca di vi-vere il fine ultimo di tutta la Scrittura: «Perché essi siano una cosa so-la» (Gv 17,11). La comunità è l’ambiente in cui nasce e si fortifica la parola di Dio, il luogo dove essa si diffonde. E, a sua volta, la Parola accolta, costruisce la comunità, la converte al vangelo e la educa alla fede.
«La Parola – dice Gregorio Magno – è un pane da mangiarsi nella casa, giacché nella santa Chiesa ci nutriamo della parola divina», senza mai imitare coloro che sfruttano la Scrittura e mangiano la scorza sen-za scoprire il midollo delle sacre pagine che è la carità. Così la parola cresce e ci illumina quando viene condivisa tra fratelli e sorelle della comunità.
6.2.4. La Parola si vive nella fede e nell’obbedienza
Per penetrare la luce della Parola e viverla occorre, infine, un at-teggiamento di fede e di obbedienza (cf Rm 4). La Scrittura è la «let-tera d’amore» che lo Spirito santo ha scritto all’umanità. È solo la fede nella Parola che ci permette di cogliere i vari significati del testo e ci rende capaci di interpretarli. Inoltre, il legame vitale tra Parola e vita lo possiamo raggiungere solo in un clima di apertura e di obbedienza interiore a Dio. La Bibbia è il libro della nostra vita; esso non solo va letto, capito, ma soprattutto accolto e compiuto. La parola è Spirito e vita, che attende un cuore avido per incarnarsi. Essa è qualcosa che contiene in sé la vita, anzi è qualcuno, è Cristo. «La parola di Dio è l’alimento per la vita, per la preghiera e per il cammino quotidiano, il principio di unificazione della comunità nell’unità di pensiero, l’ispi-razione per il costante rinnovamento e per la creatività apostolica»
(CIVCeSVA, Ripartire da Cristo, n. 24).
Il Signore ci conceda, come educatori dei giovani alla fede, di esse-re «ascoltatori» della Parola, «curvati» dalla Parola e «abitati» dalla Parola per diventare luce e testimoni della gioventù di oggi.
7. ABITARE LA TERRA
7.1. La vita religiosa è rinuncia non sacrificio (Celebrazione delle