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Santa Maria Domenica Mazzarello modello da imitare (Omelia

4. Cittadini ed eredi l’alleanza radicata nella storia e in continuo rin-

7.2. Santa Maria Domenica Mazzarello modello da imitare (Omelia

Abbiamo visto in questi giorni, percorrendo parte della prima let-tera ai Corinti, come Paolo conosce bene i vari problemi della

comu-nità cristiana: il bene e il male, le luci e le ombre. Nel brano su cui ri-flettiamo egli affronta il problema delle divisioni interne alla comuni-tà. Egli afferma con forza che l’unità della comunità di fede va trovata in Cristo: solo lui è il centro della vita comunitaria e non i responsabili di turno o «i forti» tra il gruppo. La vera sapienza, quella di Dio, si manifesta nel mistero della croce, che all’uomo appare come stoltezza e disprezzo. Per spiegare questo dualismo «sapienza-stoltezza» del progetto di Dio, Paolo ricorre all’esempio dei membri della comunità:

essa è formata da persone semplici e umili, sia di condizione sociale sia di livello culturale. Nessuno, dunque, può dirsi grande o maestro degli altri.

Eppure Dio ha scelto questi semplici fratelli alla fede cristiana, aprendo per loro un cammino di salvezza e di speranza. Cristo, infatti, predilige i poveri, i piccoli, i deboli ai potenti e ricchi secondo la vi-sione del mondo. Questa è la logica di Dio. Questa è stata anche la strada percorsa da Gesù. Nessuno, dunque, si deve vantare: «Chi si vanta si vanti nel Signore» (v. 31), perché tutto è dono gratuito, tutto è grazia da parte di Dio.

Nel vangelo di Luca, il tema visto dall’apostolo Paolo, ora si svi-luppa. Gesù contempla il piano del Padre e commosso per le meravi-glie che il Padre ha operato nella missione apostolica dei discepoli, esulta nella gioia e nella lode: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» (v. 21). Il mistero di amore di Dio si apre solo ai piccoli, ai poveri, ai semplici, a coloro che hanno il cuore puro e umile e sanno accogliere ogni cosa come dono gratuito. E Gesù vuole che i suoi discepoli siano tra questi «piccoli» e gioisce per loro perché possono «vedere» e «udire» le meraviglie operate dal Padre per mezzo loro.

Quello che poi segue al testo evangelico è una piccola scena in cui entra in gioco un dotto, un maestro della legge, un sapiente che vuole mettere alla prova Gesù: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» (v. 25). Gesù lo rimanda alla Scrittura, a ciò che è scritto e da tutti risaputo. Ma per Gesù non basta sapere quanto afferma il dottore della legge, bisogna «fare» e «vivere» la Parola. Non basta parlare di amore, ma bisogna amare il prossimo e lasciarsi amare; non basta parlare di servizio, ma bisogna servire di vero cuore e senza pre-tendere il contraccambio. Nel dottore della legge manca la sapienza e la docilità dei piccoli.

Attualizziamo ora la Parola per la nostra vita cristiana e salesiana.

La nostra vocazione, sappiamo bene, è una risposta ad una «guida» da seguire: Gesù e il suo vangelo; ad una «meta» da raggiungere: la santi-tà; ad un «modello» da imitare: Don Bosco e Maria Domenica. Per es-sere autentici evangelizzatori e missionari tra i giovani alla fede, come i discepoli del Signore, bisogna capire che evangelizzare è un servizio gratuito, che va fatto con umiltà e solo da coloro che si sentono «pic-coli», cioè senza la pretesa di nessuna ricompensa. E qui possiamo pensare all’umiltà di Main tra le sue sorelle a Mornese e a Nizza. Con l’apostolo Paolo Maria Domenica potrebbe dire: «Mi sono fatto tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno» (1 Cor 22,9). Bisogna capi-re che la Parola annunciata si deve identificacapi-re con la persona del-l’annunciatore, cioè il vangelo va testimoniato con la vita; per evange-lizzare bisogna farsi servi, poveri, confidando solo in Dio; tutti consa-crati a lui per condividere la vita di coloro a cui si porta la «lieta no-vella». Gesù non ha chiesto ai suoi discepoli di insegnare con autorità o di fare miracoli, ma ha voluto che essi avessero un cuore come il suo: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Es-sere umili, sull’esempio di Gesù, esige spogliamento, perdita di noi stessi, rinuncia al potere, al successo e alla gloria. È ai piccoli che il Padre ama rivelare la bellezza del suo regno.

Guardando al pianeta-giovani e alla nostra missione salesiana tra di loro, non possiamo pensare che Cristo sia conosciuto da tutti e che l’incontro vitale con lui, attraverso l’azione pastorale delle nostre co-munità salesiane, appartenga alla normale esperienza del mondo gio-vanile. A Milano il risultato del «Sinodo dei giovani» ha messo in luce chiaramente che tanti giovani più che rifiutare Dio rifiutano il modo di vivere il cristianesimo da parte dei cristiani adulti. A volte, anche nelle nostre opere il buio e le difficoltà hanno preso il sopravvento sulla luce del vangelo. «Se la città è al buio, è segno che c’è un guasto alla centrale! E l’unica strada per ridare la luce è quella di andare là dove il guasto si è prodotto»: così affermava, anni fa, il vescovo emeri-to di Novara, Mons. Aldo Del Monte. Un’indicazione preziosa e at-tualissima. Occorre, dunque, tornare alla centrale, a ciò che è essen-ziale nell’annuncio cristiano e ripartire dalla parola di Dio e tornare alle radici cristiane, all’annuncio del kerygma.

Chiediamoci umilmente: tra le troppe parole umane dei nostri do-cumenti e nel frastuono delle nostre troppe iniziative, c’è ancora spa-zio per riscoprire la sacra Scrittura, il gusto dell’ascolto della Parola e del dialogo amoroso con Dio? O non c’è il rischio concreto che alla parola di Dio sostituiamo le nostre parole? Nelle nostre scuole e

ora-tori, nei nostri gruppi e movimenti giovanili circolano ancora troppi documenti e sembrano mancare le fonti vere, anzi, la fonte per eccel-lenza dell’educazione alla fede: la Bibbia. La parola di Dio non deve essere seppellita sotto il cumulo delle abitudini, dei poteri, dei socio-logismi, che abbassano il livello della testimonianza e, naturalmente dell’annuncio; ma essa deve essere resa viva da una comunità salesiana davvero evangelica e chiamata alla profezia.

Questo è seguire l’esempio di Gesù servo, umile e docile, che si è fatto uomo per annunciare a tutti la salvezza. Diceva con saggezza A.

Von Speyr: «La santità non consiste nel fatto che l’uomo dà tutto se stesso, ma nel fatto che il Signore prende tutto, in un certo senso an-che a dispetto di colui an-che egli ha scelto». L’importante è sentirsi servi inutili, anche quando abbiamo fatto tutto il nostro dovere (cf Lc 17,10).

Signore Gesù, sull’esempio di Santa Maria Domenica, insegnaci ad amare te sopra ogni cosa e come spendere la vita per il prossimo. Facci comprendere come servire te nella gioia e con mani innocenti e cuore puro: che servire te è seguirti, che salire con te sulla croce è regnare, che portare il peso degli altri e farsi servi dei fratelli è legge per noi. Conce-dici, come Maria Domenica, di fare della nostra vita un servizio di amo-re verso tutti.

8. ABITARE IL DOLORE

8.1. Riscoprire il Crocifisso (Celebrazione delle Lodi dell’Esaltazione