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La cittadinanza del regno donata dal Crocifisso

4. Cittadini ed eredi l’alleanza radicata nella storia e in continuo rin-

7.2. La cittadinanza del regno donata dal Crocifisso

Nel racconto della crocifissione il tema della regalità di Gesù è molto sottolineato dagli evangelisti, in particolare da Luca e Giovanni.

Dall’alto della croce – suo trono – Gesù dona la salvezza, perdona i suoi nemici, attira tutti a sé. È un re che esercita la sua libertà nel ser-vire, il suo potere nel salvare e la sua grandezza nell’amare fino alla fine. Il suo regno «non è di questo mondo» e «non è di quaggiù»

(Gv 18,36). La sua regalità è riconoscibile da chi si sottomette al ma-gistero della sua verità, entrando nella relazione discepolare di ascol-to e di sequela; «...chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce»

(18,37).

Nel racconto di Giovanni, alla crocifissione di Gesù, Pilato fece scrivere un cartello sulla croce. L’iscrizione «Gesù di Nazaret, il re dei giudei» era in tre lingue: ebraico, greco e latino. Erano le lingue usate nel contesto d’allora: l’ebraico – la lingua originale d’Israele, il latino – la lingua dell’impero dominante, il greco – quella della cultura più dif-fusa (cf Gv 19,19-20). Esse rappresentavano anche i diversi ambiti di vita: religioso, culturale e politico-sociale del tempo di Gesù. La cro-ce, l’evento della regalità di Gesù, è transculturale, il messaggio della croce dev’essere scritto in molte lingue, proclamato secondo la mas-sima estensione e in termini il più universale possibile. Tutti i popoli, tutte le culture, uomini e donne di qualsiasi lingua e di qualsiasi con-testo di vita, devono aver la possibilità di accedere a questa rivelazione della regalità universale. Gesù è re di tutti, la cittadinanza nel suo re-gno è offerta a tutti.

La regalità di Cristo crocifisso è manifestata in Luca soprattutto nel perdono – «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34), e nel dono della salvezza – «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso» (23,43). Più degli altri evangelisti Luca si sofferma a descrivere la reazione dei presenti sulla scena, cioè i diversi modi di “contemplare” il Crocifisso. «Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: “Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto”. Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”. [...] Uno dei malfattori appesi alla croce lo in-sultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!”» (23,25-39). Questi scherni e derisioni richiamano le tre tentazioni nel deserto all’inizio della vita pubblica di Gesù: «Se sei Figlio di Dio...» (4,3-23).

Ora le “tentazioni” si ripresentano in forma radicalizzata. Ora non si tratta di dubbi sull’identità di Gesù, ma di constatazione del suo in-successo. La salvezza che il Figlio di Dio è venuto a portare sembra non avere alcuna rilevanza, né religiosa, né politica, né personale. Ge-sù appeso sulla croce è religiosamente un maledetto, politicamente un

impotente e personalmente un fallito. Con la crocifissione tutto sem-bra finito.

Da questo sfondo oscuro emerge la domanda del «buon ladrone»:

«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (23,39). Egli è l’unico che chiama Gesù per nome, senza ulteriore specificazione. Ha scoperto il volto, il nome, la persona. Gesù è ciò che indica il suo no-me: «Dio salva» ed il peccatore si rivolge a lui in quanto tale. La ri-chiesta «ricordati di me» attraversa tutta la Bibbia, soprattutto nei Sal-mi e nelle preghiere. L’uomo ha paura di essere dimenticato da Dio mentre spesso e volentieri si dimentica di Dio. Ma Dio non è smemo-rato come l’uomo: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se que-ste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15). Gesù, il Figlio crocifisso, è il ricordo presso il Padre di ogni fi-glio perduto. Ha voluto morire appeso sulla croce tra due malfattori, perché nessuno, nemmeno i più lontani da Dio, potessero sentirsi ab-bandonati. Dio è ormai nel punto più lontano da Dio, per essere vici-no a tutti. Dio è entrato nel territorio dei peccatori, luogo dove vici-non c’è Dio, ha riempito con la sua presenza lo spazio della sua assenza.

Chiedendo d’essere ricordato da Gesù nel suo regno, il peccatore pentito fa una confessione di fede in Gesù, re e Signore. Diverso dagli altri, egli riconosce che la regalità di Gesù non è costruita sul potere, ma sull’amore; e sa che nessuno può vantarsi dei diritti di cittadinanza in questo regno, vi si può entrare soltanto affidandosi a lui.

E Gesù, senza burocrazia, senza formulari, interrogatori, attese, gli concede immediatamente la cittadinanza: «In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso». L’avverbio «oggi» è carico di significato per Lu-ca. Alla nascita di Gesù l’angelo annuncia ai pastori: «Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (2,11). Luca non parla di un «oggi» di calendario, vuol piuttosto sottolineare che con la nascita di Gesù, il Salvatore, la salvezza è ormai reale, presente e concreta, a portata di cuore di quanti vogliono accoglierla. Per que-sto ogni incontro con Gesù sarà un’occasione di grazia. Il vecchio Si-meone lo riconoscerà benedicendo il Signore perché gli ha concesso di «vedere la salvezza» con i propri occhi (2,30). Gesù stesso dirà nel suo primo discorso nella sinagoga di Nazaret, dopo aver letto le pro-fezie di Isaia: «Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (4,21) e a Zaccheo: «oggi la salvezza è venuta in questa casa» (19,9). Sulla croce Gesù garantisce l’oggi della salvezza a colui che gli si rivolge con sincerità, e sottolinea il «con me». Egli è

l’Emmanuele, il Dio con noi, cammina con noi sulla terra e sarà lui ad accoglierci nel suo regno, dopo averci preparato un posto (cf Gv 14,2-3).

Adamo e Eva venivano cacciati fuori dal paradiso a causa della lo-ro disubbidienza e perdevano la cittadinanza nel giardino di Eden.

Ora Gesù dona una nuova cittadinanza a chi si converte a lui con cuo-re sincero; la nuova cittadinanza è molto più che il diritto di soggiorno in Eden, ma l’essere con lui nel suo regno.