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LA RESPONSABILITÀ NELL’ALPINISMO E NELLE ALTRE ATTIVITÀ SPORTIVO-RICREATIVE

II.2.1. L’accompagnamento in montagna: fra figure riconosciute ex lege , CAI e spirito solidaristico

Il fenomeno dell’accompagnamento in montagna, alpinistico o escursionistico, viene da più parti letto come regola di prudenza e come strumento di limitazione dei rischi connaturati alla frequentazione dell’ambiente montano.

Prima di procedere ad un’analisi dettagliata in relazione alle diverse figure di accompagnatori, a cui l’utenza può ricorrere, pare opportuno, in questa sede preliminare, fornire una generale definizione di accompagnamento; definizione che si rivelerà utile anche per le considerazioni relative ai profili di responsabilità che verranno svolte nei successivi paragrafi.

L’accompagnamento si può definire come un’attività umana mediante la quale un soggetto (accompagnatore), professionalmente, per spirito associazionistico, per amicizia o per cortesia, si unisce ad una o più persone (accompagnati) assumendosi, espressamente o tacitamente, la responsabilità di offrire loro collaborazione e protezione in misura proporzionale alle differenze di capacità e conoscenze (da lui possedute in rapporto a quelle degli accompagnati), con la finalità di rendere possibile o favorire le attività escursionistiche o alpinistiche. All’accompagnatore in virtù della sua posizione compete un potere direttivo da cui deriva la consequenziale subordinazione degli accompagnati; questi ultimi infatti hanno il dovere di seguire le regole comportamentali impartite dal dominus della gita.

Gli accompagnati mediante il ricorso all’accompagnatore vedranno così limitato il rischio normalmente assunto nell’esercizio delle attività

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alpinistiche, ma l’estensione di tale limitazione, lungi dall’essere fissa, varia in relazione al grado di affidamento riposto nell’accompagnatore e ciò, come meglio vedremo, si determina con riguardo a diversi fattori come ad esempio la qualifica dell’accompagnatore ed il grado di capacità possedute dell’accompagnato392.

La guida alpina costituisce la figura di accompagnatore a cui tradizionalmente ci si affida nelle escursioni alpinistiche in quanto riconosciuta quale soggetto in grado di garantire una corretta frequentazione dell’ambiente montano. Le guide infatti in funzione del raggiungimento di elevati livelli di sicurezza trasmettono agli accompagnati conoscenze tecniche, parametri di comportamento ed orientamento, sensibilizzando gli stessi ai profondi valori insiti nell’ambiente montano. Per quasi mezzo secolo l’attività della guida alpina è stata ricompresa nella categoria dei maestri girovaghi, disciplinata dal T.U. delle leggi di Pubblica sicurezza393. L’esercizio di tali professioni, fra cui rientrava anche quella di

maestro di sci, era subordinato al rilascio di una licenza da parte del questore.

La crescente diffusione delle attività alpinistiche ed escursionistiche connessa al bisogno, per i neofiti delle discipline, di contare su figure altamente qualificate ha condotto, alla fine degli anni Ottanta, il legislatore nazionale ad intervenire organicamente in materia.

La legge quadro n. 6 del 6 gennaio 1989, “Ordinamento della professione di guida alpina”, ha così inserito l’attività della guida alpina nell’ambito

392 TORTI V., La responsabilità nell’accompagnamento in montagna, Milano, 1994, 21.

393 Art. 123 del R.D. n. 773/1931 (modificato dalla legge n. 1051 del 1 dicembre 1971)

“per l’esercizio del mestiere di guida o portatore alpino o per l’abilitazione all’insegnamento dello sci è necessario ottenere la licenza dal questore. La concessione della licenza è subordinata all’accertamento della capacità tecnica del richiedente”. Si ricorda inoltre che la Legge quadro per il Turismo n. 217 del 17 maggio 1983 aveva annoverato tra le “attività professionali” legate al turismo quelle di guida alpina, di aspirante guida alpina e di guida speleologica, all’art.11 di tale legge infatti si prevedeva “è guida alpina chi, per professione, accompagna singole persone o gruppi di persone in scalate o gite in alta montagna. È aspirante guida alpina o portatore alpino chi, per professione, accompagna singole persone o gruppi di persone in ascensioni di difficoltà non superiore al terzo grado; in ascensioni superiori può fungere da capo cordata solo se assieme a guida alpina. È guida speleologica chi, per professione, accompagna persone singole o gruppi di persone nella esplorazione di grotte e cavità naturali”.

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delle professioni “protette” (esercitabili solo da soggetti abilitati ed iscritti all’albo) codificando espressamente le attività riservate a queste figure. L’intento di questa normativa è stato quello di introdurre una disciplina pubblicistica in grado di tutelare tali figure professionali mediante un doveroso riconoscimento giuridico sì da garantire al meglio il livello qualitativo degli esercenti la professione e l’affidamento degli utenti394.

L’art. 1 precisa che la “legge stabilisce i principi fondamentali per la legislazione regionale in materia di ordinamento della professione di guida alpina” conferendo in tal modo alle Regioni la facoltà di dar vita ad un intensa attività di attuazione395.

La legge n. 6/1989 oltre alla figura della guida alpina, che articola nei due gradi di “aspirante guida” e “guida alpina- maestro di alpinismo”396,

riconosce le figure di “accompagnatore di media montagna”, di “guida vulcanologica” e di “guida speleologica”.

Dal testo emerge in modo puntuale che è guida alpina “chi svolge professionalmente, anche in modo non esclusivo e non continuativo, le seguenti attività: accompagnamento di persone in ascensioni sia su roccia che su ghiaccio o in montagna; accompagnamento di persone in ascensioni sci-alpinistiche o in escursioni sciistiche; insegnamento delle tecniche alpinistiche e sci-alpinistiche, con esclusione delle tecniche sciistiche su piste di discesa e di fondo naturalistiche”397. L’aspirante guida

può svolgere analoghe attività, ma “ con esclusione delle ascensioni di maggior impegno”398.

394 Corte Cost., 3 luglio 1989, n.372, in G.U., 12 luglio 1989, 1ma serie speciale, n.28. 395 A titolo esemplificativo si ricordano : la L.R. Marche, n. 4, 23 gennaio 1996,

“Disciplina delle attività professionali nei settori del Turismo e del Tempo Libero” (artt. 34 e ss); L.R. Lombardia, n. 10, 6 dicembre 2004, “Promozione e tutela delle discipline sportive della montagna, in attuazione della legge regionale 8 ottobre 2002, n. 26 «Norme per lo sviluppo dello sport e delle professioni sportive in Lombardia»”(artt. 1, 18-35); L.R. Veneto, n. 2, 3 gennaio 2005 “Legge - quadro per la professione di maestro di sci e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di guida alpina”; L.P. Trento, n. 20, 23 agosto 1993, “Ordinamento della professione di guida alpina, di accompagnatore di territorio e di maestro di sci nella provincia di Trento”.

396 Art. 3 legge n.6/1989.

397 Art. 2 comma 1, legge n.6/1989. 398 Art. 3 comma 2, legge n.6/1989.

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L’accompagnatore di media montagna costituisce una novità assoluta e la legge individua nelle Regioni i soggetti deputati all’eventuale previsione, formazione ed abilitazione di tali figure professionali399.

L’accompagnatore di media montagna in genere svolge “in una zona o regione determinata le attività di accompagnamento di cui al comma 1 art. 2” (attività normalmente riservate alla guida alpina) “con l’esclusione delle zone rocciose, dei ghiacciai, dei terreni innevati e di quelli che richiedono comunque, per la progressione, l’uso di corda, picozza e ramponi”400. Alla

luce del richiamo testuale contenuto nella norma dovrebbe ritenersi ammessa anche la facoltà didattica, oltre a quella di accompagnamento, nei limiti della “media montagna”401. L’esercizio dell’attività di

accompagnatore di media montagna, nelle Regioni ove tale figura sia stata prevista, è poi subordinato all’iscrizione in apposito elenco speciale alla cui tenuta provvede il Collegio regionale delle guide402.

399 Art. 21 comma primo, legge n.6/1989. Si ricorda ad esempio la L.P. Trento n. 20, 23

agosto 1993, che all’ art. 16-bis prevede la figura dell’accompagnatore di territorio definendolo come “chi chi svolge per professione, e limitatamente al territorio provinciale, anche in modo non esclusivo e non continuativo, le seguenti attività: accompagnamento di persone in escursioni in ambiente montano, attraverso sentieri e zone di particolare pregio naturalistico, fornendo elementi conoscitivi e informazioni riguardanti i luoghi attraversati; accompagnamento di persone in visita ad ambienti o strutture espositive di carattere naturalistico ed etnologico”. E prosegue, al comma secondo, ponendo come limite per l’attività di tale figura i 1.800 metri di quota “con esclusione dei terreni innevati e di quelli che comportano difficoltà richiedenti l’uso di tecniche e materiali alpinistici, quali ad esempio corda, piccozza e ramponi”, ma in deroga a tale limite si prevede che “il servizio provinciale competente in materia di turismo individua, su proposta degli accompagnatori di territorio e sentito il parere motivato del collegio provinciale delle guide alpine, i percorsi su cui l’accompagnatore di territorio può svolgere l’attività di accompagnamento in escursioni, in deroga a quanto previsto al comma 2; i percorsi così individuati sono iscritti in un apposito elenco approvato con determinazione del dirigente del servizio provinciale competente in materia di turismo”. Si segnalano anche la L. R. Lombardia n. 10, 6 dicembre 2004, che prevede accanto a quella della guida alpina la figura dell’accompagnatore di media montagna (artt. 1, 18, 33); la L.R. Marche, n. 4, 23 gennaio 1996 che disciplina la figura dell’accompagnatore di media montagna (artt. 39, 39-bis e 40).

400 Art. 21 comma secondo.

401 TORTI, La responsabilità nell’accompagnamento in montagna, op. cit., 26.

402 In base all’art. 22 della legge quadro nazionale, recante “Elenco speciale degli

accompagnatori di media montagna”, si precisa che “l’iscrizione abilita all’esercizio della professione limitatamente al territorio della regione”, ma “l’’accompagnatore di media montagna può iscriversi negli elenchi di più regioni che prevedono tale figura, previo conseguimento della relativa abilitazione tecnica (…). L’abilitazione tecnica si consegue mediante la frequenza di appositi corsi teorico – pratici organizzati, d’intesa con la regione, dai collegi regionali delle guide, e mediante il superamento dei relativi esami, volti ad accertare l’idoneità tecnica e la conoscenza delle zone in cui sarà esercitata l’attività. Sono ammessi ai corsi coloro che abbiano l’età minima di 18 anni. Programmi e modalità

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Le altre due figure previste dalla legge non pongono particolari questioni interpretative e si ricorda che per la guida vulcanologica valgono dei limiti di operatività definiti in base ad un criterio territoriale, come, si è osservato, in relazione all’accompagnatore di media montagna403. La guida

speleologica è invece chi per professione accompagna persone singole o gruppi di persone nelle esplorazioni di grotte e cavità naturali404.

Dalla legge quadro si ricava che l’esercizio stabile di attività di guida alpina è subordinato all’iscrizione all’albo405, ma il requisito della stabilità si ritiene

soddisfatto anche se si tratta di attività non continuativa o esclusiva e dunque anche se, come spesso accade, essa è saltuaria o stagionale. Per acquisire l’abilitazione tecnica necessaria per l’iscrizione all’albo è prevista la frequenza di appositi corsi teorico-pratici ed il successivo superamento dei relativi esami406.

per lo svolgimento dei corsi e degli esami sono stabiliti, d’intesa con la regione, dal collegio regionale delle guide (…)”.

403 L’art. 23 dedicato alle guide vulcanologiche prevede “l’attività di accompagnamento a

titolo professionale di persone in ascensioni o escursioni su vulcani è riservata esclusivamente alle guide alpine - maestri di alpinismo ed agli aspiranti guida (…) quando preveda percorsi in zone rocciose, ghiacciai, terreni innevati, o richieda comunque, per la progressione, l’uso di corda, picozza e ramponi. In ogni altro caso detta attività può essere svolta dalle guide vulcanologiche formate o abilitate secondo le norme dettate dalle leggi regionali”.

404 Art. 26 legge n.6/1989.

405 L’art. 4 dedicato all’albo professionale delle guide alpine al comma primo prevede che

“l’esercizio stabile della professione di guida alpina (…) è subordinato all’iscrizione in appositi albi professionali, articolati per regione e tenuti, sotto la vigilanza della Regione dal rispettivo Collegio regionale ex art. 13”. L’art. 5 specifica gli ulteriori requisiti necessari all’iscrizione all’albo “abilitazione tecnica, cittadinanza italiana o di altro Stato appartenente alla Comunità economica europea; età minima di 21 anni per le guide alpine – maestri di alpinismo, di 18 anni per gli aspiranti guida; idoneità psico – fisica attestata da certificato rilasciato dalla unità sanitaria locale del comune di residenza; possesso del diploma si scuola media inferiore; non avere subito condanne penali che comportino l’interdizione dai pubblici uffici e per le quali non sia stata applicata la sospensione condizionale della pena, salvo avere ottenuto la riabilitazione; residenza o domicilio o stabile recapito in un comune della regione”.

406 Art. 7 specifica inoltre che “i corsi sono organizzati su base regionale, sotto la vigilanza

della regione, dal rispettivo collegio regionale delle guide. Ciascun collegio regionale può altresì affidare l’organizzazione dei corsi al collegio nazionale delle guide, di cui all’articolo 15, ovvero al collegio regionale delle guide di un’altra regione. (…) I corsi sono organizzati almeno ogni due anni. Le commissioni esaminatrici sono nominate, dal direttivo del collegio delle guide che ha organizzato il corso e sono composte di esperti delle materie insegnate nei corsi e di guide alpine – maestri di alpinismo in possesso del diploma di istruttore (…). Esse sono presiedute da una guida alpina – maestro di alpinismo designata dal collegio nazionale delle guide. Un componente è nominato dal Ministro del turismo e dello spettacolo nell’ambito di una terna di nomi designati dalla presidenza del Club alpino italiano. I programmi dei corsi e i criteri per le prove di esame sono definiti dal direttivo del collegio nazionale delle guide e approvati dal Ministro del

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L’art 8 inoltre prevede che l’iscrizione negli albi abbia un’efficacia di tre anni salva la rinnovabilità previo accertamento dell’ idoneità psico–fisica e l’adempimento degli obblighi di aggiornamento professionale 407.

L’esercizio di tale professione senza aver conseguito l’abilitazione integra la fattispecie delittuosa di esercizio abusivo della professione (art. 348 c.p. ed art. 18 legge n. 6/1989), mentre la mancata iscrizione all’albo rende il rapporto contrattuale di lavoro nullo e non dà luogo a compenso (art. 2231 c.c.). L’esercizio professionale comporta altresì l’aggiornamento e la specializzazione tecnica408, l’uso di tariffe professionali e la soggezione alla

normativa disciplinare409.

Dal quadro emergente dalla legge si può inferire che il principale oggetto dell’attività svolta dalle guide alpine risiede nell’accompagnamento professionale di persone e nell’insegnamento di tecniche alpinistiche. La norma sottolinea che tali attività sono svolte “professionalmente” e ciò sta ad indicare che la finalità delle stesse risiede nella realizzazione di un guadagno o un lucro; si tratta dunque di attività a titolo presumibilmente oneroso. Di conseguenza è possibile qualificare la relazione fra guida alpina e clienti come un contratto d’opera intellettuale, disciplinato agli artt. 2229 e ss. del c.c..

La legge quadro però non si arresta a quanto fin ora esposto. In virtù dell’importanza rivestite dal CAI in ambito alpinistico e nella diffusione dei valori dell’ambiente montano conserva a questo organismo la facoltà di organizzare scuole e corsi di addestramento per attività alpinistiche, sci

turismo e dello spettacolo. Le funzioni di istruttore tecnico nei corsi sono affidate esclusivamente a guide alpine – maestri di alpinismo che abbiano che abbiano conseguito il diploma di istruttore di guida alpina – maestro di alpinismo, rilasciato a seguito della frequenza di appositi corsi”.

407 Art. 9 dedicato all’aggiornamento professionale prevede che “le guide alpine – maestri

di alpinismo e gli aspiranti guida sono tenuti a frequentare, almeno ogni tre anni, un apposito corso di aggiornamento organizzato dal collegio regionale delle guide della regione nel cui albo essi sono iscritti”

408 L’art. 10 è dedicato alle specializzazioni vi fa rientrare “arrampicata sportiva in roccia o

ghiaccio; speleologia; altre specializzazioni eventualmente definite dal direttivo del collegio nazionale delle guide”.

409 L’art. 12 in materia di tariffe professionali prevede che siano “stabilite dalla

competente autorità della regione, sentito il direttivo del collegio regionale delle guide, nel rispetto della tariffa minima giornaliera fissata dal collegio nazionale delle guide, ed approvata dal Ministro del turismo e dello spettacolo”. L’art. 17 si interessa alla specifica materia delle sanzioni disciplinari e dei ricorsi.

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alpinistiche, escursionistiche, speleologiche, naturalistiche e per la formazione dei relativi istruttori, purché “a carattere non professionale”410. Nel complesso si tratta delle stesse attività che la legge attribuisce alla competenza delle guide alpine, ma al CAI sono consentite solo in quanto gratuite e dunque solo ove trovino la propria giustificazione in fini associazionistici, di amicizia o di cortesia411.

Quanto concesso al CAI dalla legge n.6/1989 si configura come una palese deroga al regime di professione protetta della guida alpina412. Le

medesime attività alpinistiche sono dunque svolte da soggetti inseriti in un ordinamento professionale e da soggetti che ne sono estranei ai quali è richiesta, quale elemento essenziale, la gratuità della prestazione.

Si è così venuto a creare un sistema “parallelo” rispetto a quello regolato mediante l’istituzione dell’ordine professionale delle guide alpine la cui finalità sarebbe stata “quella di regolarizzare particolari attività di rilevanza tecnica e generale a tutela degli utenti”413.

A prescindere dalle considerazioni circa la legittimità costituzionale di questa scelta, che esulano dai precisi scopi dell’indagine che stiamo svolgendo, oggi chiunque decida di svolgere escursioni in montagna può rivolgersi oltre alle guide alpine anche agli accompagnatori non professionali.

410 L’art. 20 prevede infatti “ il Club alpino italiano, ai sensi delle lettere d) e e)

dell’articolo 2 della legge 26 gennaio 1963, n. 91, come sostituito dall’articolo 2 della legge 24 dicembre 1985, n. 776, conserva la facoltà di organizzare scuole e corsi di addestramento a carattere non professionale per le attività alpinistiche, sci – alpinistiche, escursionistiche, speleologiche, naturalistiche e per la formazione dei relativi istruttori. Gli istruttori del C.A.I. svolgono la loro opera a carattere non professionale e non possono ricevere retribuzioni. Le attività degli istruttori e delle scuole del C.A.I. sono disciplinate dai regolamenti del Club alpino italiano. Al di fuori di quanto previsto dalla presente legge, le altre attività didattiche per le finalità di cui al comma 1 non possono essere denominate “scuole di alpinismo” o “di sci – alpinismo” e i relativi istruttori non possono ricevere compensi a nessun titolo”. CARRERI ricorda che chi presta la propria attività a favore del CAI come istruttore non può essere qualificato come un lavoratore dipendente, in quanto non sussiste alcun vincolo di subordinazione organica con l’ente, e dunque altro non è che un libero professionista. CARRERI C., Responsabilità civile e penale

dell’istruttore nelle scuole del CAI (Club Alpino Italiano, in Giurisprudenza di merito, 1999, I, 154.

411 TORTI, La responsabilità nell’accompagnamento in montagna,op. cit., 29.

412 CARRERI C., Una professione non protetta. Brevi note a margine dell’attività di guida alpina, in

Giurisprudenza di merito , 2000, 1308.

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Dal momento che la pratica alpinistica comporta il possesso di un bagaglio tecnico di non poco conto anche il CAI, nell’ambito dell’autonomia concessagli dalla legge n.6/1989, ha previsto una serie di corsi ed esami, volti a far acquisire e ad accertare il possesso di determinate conoscenze e competenze, per abilitare, mediante l’attribuzione delle relative qualifiche, alle attività di accompagnamento e di didattica “non professionale”. La garanzia per la sicurezza dell’utenza vista la serietà di questa associazione non sembra in ultima analisi compromessa.

Nell’ambito della categoria degli “accompagnatori non professionali” è poi possibile operare un ulteriore distinzione fondata sulla sussistenza o meno di un attestazione di possesso di conoscenze e capacità; si può infatti distinguere fra accompagnatori non professionali qualificati e non qualificati.

Alla prima sottocategoria (accompagnatori non professionali qualificati) appartengono gli istruttori del CAI, l’accompagnatore di escursionismo del CAI e l’accompagnatore di escursionismo giovanile del CAI414; nell’ambito

degli accompagnatori non professionali non qualificati rientrano invece: l’organizzatore o coordinatore di ambito associazionistico, l’accompagnatore occasionale per amicizia o cortesia, il compagno di cordata o escursione415.

Il possesso di una qualifica ha una diretta e, come meglio si vedrà, di non poco momento conseguenza nell’ambito della responsabilità: in quanto coloro che ricorrono ad un soggetto munito di una qualsivoglia attestazione, attribuita con la frequenza di appositi corsi ed in seguito al superamento di determinati esami, pur in assenza di remunerazione e professionalità, fanno affidamento sulle sue presunte capacità e pertanto questo soggetto potrà essere civilmente responsabile degli eventuali eventi