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LA RESPONSABILITÀ SCIISTICA

II.1.5. Responsabilità civile del gestore dell’area sciabile

II.1.5.2. Incidenti in fase di discesa: fra schemi di responsabilità extracontrattuale e configurabilità del contratto di skipass

Una volta condotto, in sicurezza, a monte dagli impianti di risalita lo sciatore si accinge ad intraprendere la discesa e proprio in questa fase oltre a correre il rischio di scontrarsi con altri sciatori potrebbe cadere, da solo, per un innumerevole serie fattori come la collisione con manufatti artificiali o naturali presenti ai bordi o lungo il tracciato ovvero per la presenza di anomali dislivelli o di lastre di ghiaccio. In ogni caso bisognerà chiedersi se dell’accaduto debba ritenersi responsabile il medesimo sciatore, per imprudenza o imperizia, ovvero il gestore per aver omesso di adottare precauzioni idonee ad evitare il danno in concreto verificatosi. Sin d’ora pare opportuno segnalare che la casistica è talmente variegata nelle dinamiche e nelle soluzioni adottate che mal si presta ad essere imbrigliata in ulteriori sottocategorie.

287 E si prosegue “Nella specie la condotta della società non si è uniformata al parametro

che integra regola cautelare generale, atteso che risulta provato che gli addetti siti a monte ed a valle della sciovia non erano in grado di svolgere alcun controllo (né visivo, né di altro genere) sulla zona in cui è avvenuto l’incidente ed erano, pertanto impossibilitati ad assumere i relativi provvedimenti protettivi”.

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La giurisprudenza ha approcciato il tema degli incidenti in fase di discesa in maniera piuttosto mutevole e senza mostrare un atteggiamento unitario. A questa mancanza di omogeneità non è poi stato d’aiuto l’intervento legislativo in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali.

La legge n. 363/2003 è infatti intervenuta ponendo in capo al gestore dell’area sciabile attrezzata una serie di obblighi, richiamati in maniera onnicomprensiva dall’art. 3, ove si prevede un generale obbligo di garantire agli utenti che la pratica delle attività ricreative invernali sia svolta in condizioni di sicurezza, salvaguardando gli stessi da ostacoli presenti lungo le piste, mediante l’utilizzo di adeguate protezioni passive e segnalazioni delle situazioni di pericolo. Tuttavia l’art. 4 rubricato “responsabilità civile dei gestori”, in cui si dispone che i gli stessi sono “civilmente responsabili della regolarità e della sicurezza dell’esercizio delle piste (…) utilizza una formula talmente generica da non poter costituire un sicuro indice sul quale fondare l’esclusiva applicabilità dell’art. 2043 c.c. ed anzi “l’estrema genericità dell’espressione induce a ritenere che il legislatore abbia inteso demandare alla sensibilità del giudice la possibilità di ricorrere secondo le circostanze del caso concreto ad ulteriori schemi di responsabilità”288.

Fino alla fine degli anni Ottanta era prevalso un orientamento che considerava l’utilizzo della pista da discesa come un’attività autonoma rispetto alle attività dell’esercente il servizio funiviario, che faceva ricadere sullo sciatore qualsiasi danno si fosse verificato in tale fase sulla base della considerazione che il soggetto praticava liberamente un’attività di cui accettava implicitamente tutti i rischi289.

Questa impostazione ha però iniziato a vacillare con il potenziamento dei mezzi di risalita e con il riconoscimento, oggi anche sotto il profilo normativo, degli stessi mezzi come idonei a rendere fruibile la discesa e non più come fini a sé stessi.

288 CAMPIONE, La responsabilità dei gestori e degli utenti delle aree destinate alla pratica degli sport

invernali, cit.

289 GIUDICEANDREA, La responsabilità civile e penale del gestore di impianti di risalita, cit.,

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La giurisprudenza ha così cominciato a prendere in considerazione le istanze degli sciatori danneggiati imputando al gestore degli impianti o al concessionario delle piste, la cui coincidenza soggettiva non era scontata come oggi alla luce della definizione unitaria fornita dalla legge n. 363/2003, una responsabilità ex art. 2043 c.c..

I giudici per addebitare la responsabilità ai gestori spesso ricorrevano a schemi elaborati in altri settori, come ad esempio quello della circolazione stradale, ritenendo i gestori responsabili ex art. 2043 c.c. in presenza di un “insidia” o di un “trabocchetto”290.

All’orientamento che concede allo sciatore danneggiato in fase di discesa unicamente l’azione extracontrattuale ex art. 2043 c.c.291, con la necessità

per questi di fornire rigorosa prova del danno, del nesso di causalità e della colpa del danneggiante, si affiancano altri filoni giurisprudenziali.

Uno di questi orientamenti è piuttosto recente e riconosce in capo al gestore dell’area sciabile attrezzata, in determinate situazioni, una responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c.292. Questa impostazione

sembra essere supportata e giustificata considerati i molteplici obblighi posti in capo ai gestori dalla legge n. 363/2003, che pare proprio qualificare il gestore dell’area sciabile alla stregua di un custode del tracciato293.

290 In dottrina propendono per l’esclusiva applicabilità dell’art. 2043 c.c. SPAGNOLI

CATALANO T. Responsabilità del gestore degli impianti, in Danno e Resp., 2000, 910; SILINGARDI G., RIGUZZI M. e GRAGNOLI E. , Responsabilità degli operatori turistici, in

Riv. giur. circolazione, 1988, 88; CAVANI R., Contratto di trasporto a fune e gestioni di piste da sci: profili di responsabilità contrattuale ed aquiliana per danni da incidente sciatorio, nota a Trib.

Modena, 12 novembre 1990, in Dir. trasporti, 1992, II, 587; CHINÈ., Con la neve alta così: di

sci, impianti di risalita e responsabilità civile, cit., 588.

291 Cass. civ. Sez. III, 15 febbraio 2001, n. 2216, in Foro It. Rep., 2001, n. 13, Cass. civ. Sez.

III, 12 maggio 2000, n. 6113, in Foro It. Rep., 2000, n. 334. In questa pronuncia oltre a confermare l’esclusione della responsabilità del gestore per l’incidente occorso alla sciatrice ha affermato l’inapplicabilità dell’art. 2050 c.c. al gestore di un impianto sciistico poiché un’attività può ritenersi pericolosa, agli effetti dell’art. 2050 c.c., soltanto quando è espressamente qualificata tale dalla legge, ovvero quando la potenzialità lesiva costituisce uno dei suoi naturali attributi od integri una connotazione propria dei mezzi utilizzati per esercitarla, e la gestione di un impianto non integrerebbe tali requisiti.

292 Cass. civ. Sez. III, 10 febbraio 2005, n. 2706, in Foro It. Rep., 2005, n. 457, Cass. civ.

Sez. III, 18 gennaio 2006, n, 832, in Foro It. Rep., 2006, n. 468. Cass. civ. Sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2563, Mass. Giur. It., 2007, 170.

293 Il legislatore, preso atto dello stretto rapporto di funzionalità corrente tra impianto di

risalita e pista di discesa ha previsto in capo al gestore un complesso di obblighi inerenti allo svolgimento della pratica delle attività ricreative invernali in condizioni di massima

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Già prima dell’entrata in vigore della legge comunque, dottrina e giurisprudenza sostenevano la responsabilità dei gestori ex art. 2051 c.c. fondandola spesso sul principio cuius commoda eius est incommoda, in virtù del quale “chi si avvantaggia della pista (per vendere i biglietti dell’impianto di risalita) è tenuto a sopportare gli oneri da essa derivanti” 294.

L’applicabilità dell’art. 2051 c.c. al gestore ha come presupposto una concezione della figura del custode assai generica: è infatti sufficiente che

sicurezza. Il gestore è tenuto a provvedere alla messa in sicurezza delle piste secondo quanto previsto dalle Regioni ed a proteggere gli utenti dagli eventuali ostacoli presenti lungo i tracciati mediante la predisposizione di idonee protezioni e di un’adeguata segnaletica (art. 3, 1° comma). In secondo luogo deve assicurare il soccorso e il trasporto degli infortunati lungo le piste in luoghi accessibili dai più vicini centri di ricovero (art. 3, 2° comma), inoltre vi è l’obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle aree sciabili (art. 7, 1° comma) e di segnalare le eventuali cattive condizioni di fondo dei tracciati. Eventuali pericoli oggettivi dipendenti dallo stato del fondo o altri pericoli atipici devono infine essere rimossi oppure deve essere interdetto l’accesso alla pista (art. 7, 2° comma), che può comunque essere chiusa in caso di pericolo o inagibilità. CAMPIONE R.,op. cit.

294 FANTICINI, La prevenzione degli infortuni nelle stazioni sciistiche, , in La tutela della salute

nelle attività motorie e sportive: la prevenzione degli infortuni (a cura di BOTTARI), Rimini, 2004,

175 ss.. In giurisprudenza si vedano in tal senso: Tribunale di Trento, 1 luglio 1999, il gestore di impianti sciistici è ritenuto responsabile in via extracontrattuale quale custode della pista di discesa per il danno subito da uno sciatore che percorrendo una pista nera, dopo aver perso il controllo degli sci, scivolava a terra per poi cadere, infortunandosi, in una buca ai margini della pista. La buca era stata segnalata, ma il gestore che doveva ritenere la possibile caduta di un utente su piste di particolare difficoltà evento prevedibile era comunque responsabile per aver omesso di rimuovere tempestivamente l’insidia rappresentata dalla buca. (Il quantum risarcitorio viene diminuito di un 10% poiché in questa misura il fatto dannoso era attribuibile al comportamento imprudente del danneggiato per essersi avventurato in una pista nera senza disporre di adeguate capacità); Tribunale di Trento, 9 novembre 2000, in cui si è condannato il gestore degli impianti sciistici, in applicazione dell'art. 2051 c.c., al risarcimento dei danni subiti da uno sciatore che era caduto a causa della presenza sulla pista di un accumulo di neve fresca non presegnalato e prodotto da un vicino cannone sparaneve, anch’esso non presegnalato. In qualità di custode della pista il gestore è responsabile per i danni subiti dallo sciatore caduto indipendentemente dalla dimostrazione che lo sciatore danneggiato fosse stato in condizione di avvistare il pericolo e di prevederne le conseguenze; Tribunale di Trento, Sez. distaccata di Tione, 29 ottobre 2002, anche se si afferma che il gestore risponde ex art. 2051 c.c. dei danni subiti dagli sciatori in fase di discesa; nel caso di specie si è ritenuto non assolto l’onere probatorio da parte dell’attore, che lamentava di essere caduto a causa della presenza di alcune cunette lungo il tracciato, di provare la pericolosità intrinseca della pista e della esistenza di un adeguato nesso causale con l’infortunio riportato in quanto si trattava di una situazione normale ed abituale per una pista da sci, oltre che chiaramente visibile ed avvertibile, si escludeva che la mera presenza di cunette o dossi integrasse il requisito della pericolosità; App. Trento, 12 marzo 2002, in IZZO, FERRARI, La responsabilità sciistica: banca dati, cit., posto che il gestore degli impianti sciistici risponde a titolo di custode dei danni subiti dallo sciatore per la presenza di un insidia sulla pista di discesa, è necessario che sussista un rapporto eziologico tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, mentre esclude ogni responsabilità del gestore, come nel caso di specie, l’attribuzione causale dell’intero evento dannoso al comportamento colposo del danneggiato che aveva tenuto un’eccessiva velocità ed era caduto a causa di una tavoletta coperta dal manto nevoso e collocata in prossimità del corridoio d’ingresso all’impianto di risalita.

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l’amministratore dell’area sciabile eserciti sulla pista un effettivo potere materiale, ravvisabile anche ove egli non sia proprietario del terreno sul quale si snoda il tracciato.

La responsabilità ex art. 2051 c.c. si fonda sull’accertamento dell’esistenza di un potere di governo della cosa scomponibile in tre elementi: potere di controllare la cosa, potere di controllare la situazione di pericolo creatasi e potere di escludere qualsiasi terzo dall’ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno295.

Il custode risponderà dei danni prodotti dalla cosa non tanto perché ha omesso di tenere un comportamento diligente, ma per la particolare posizione assunta nei riguardi della cosa danneggiante su cui esercita il potere.

Quanto alla cosa produttiva del danno si ritiene ormai superata la diatriba giurisprudenziale sulla distinzione fra cosa inerte e cosa potenzialmente pericolosa, perché dotata di dinamismo intrinseco, requisito della fattispecie ritenuto essenziale in passato. Oggi infatti la norma è pacificamente applicabile ad una cosa, in sé anche inerte, non autonomamente pericolosa, ma solo indirettamente in virtù dell’intervento di un fattore esterno296.

Pertanto anche la pista da sci, “cosa” di per sé priva di un proprio dinamismo dannoso, può trasformarsi in cosa produttiva di danno combinandosi con delle costruzioni artificiali (steccati, cannoni spara neve, piloni) o con delle particolarità morfologiche (rocce, dirupi), ovvero associata ad una condotta commissiva o più spesso omissiva (mancata adozione di una misura preventiva) del custode/gestore.

Affinché si possa applicare al caso concreto questa norma è necessario che l’attore provi in giudizio che tra attività di custodia della cosa ed evento dannoso sussiste un nesso di causalità, in virtù del quale si possa affermare

295 PENUTI C., La prova liberatoria a carico del custode ex art. 2051 cod. civ., nota a Cass. civ.

Sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2563, in Nuova Giur. Civ., 2007, 11, 1269.

296 È sufficiente che i danni derivino dall’insorgenza nella cosa, anche inerte, “di un

processo dannoso ricollegabile all’attività umana o altro (…)”. Cass. civ. Sez. III., 30 marzo 1999, in Foro It. Rep., 326.

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che il danno si è prodotto come naturale conseguenza della condizione di pericolosità della stessa.

L’art. 2051 c.c. è interpretato dalla Cassazione come un’ipotesi di responsabilità oggettiva in quanto perché possa configurarsi sarà sufficiente la mera dimostrazione attorea del nesso di causalità, a nulla rilevando la condotta del custode che sarà ritenuto responsabile per il fatto di non aver controllato i rischi inerenti alla cosa297.

L’unica possibilità offerta al gestore, per non incorrere in un addebito di responsabilità ex art. 2051 c.c., risiede nel provare l’esistenza di un caso fortuito inteso come elemento esterno, dotato dei caratteri di oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità. L’elemento fortuito può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato che siano in grado di interrompere il nesso eziologico fra cosa in custodia ed evento dannoso. I requisiti del fortuito “esoneratore” dovranno quindi essere : autonomia, imprevedibilità, inevitabilità ed idoneità a produrre l’evento dannoso escludendo fattori causali concorrenti : “quando il fatto esterno, sia esso naturale o riconducibile al fatto di un terzo o dello stesso danneggiato, è dotato di un autonomo impulso causale e si pone come causa unica del danno, la cosa degrada a mera occasione dell’infortunio ed il nesso di

297 Alcune sentenze che riconoscono la natura oggettiva della responsabilità da cose in

custodia: Cass. civ. Sez. III, 6 luglio 2006, n. 15383, in Mass. Giust. civ., 2006; Cass. civ. Sez. III, 26 luglio 2005, n. 15613, in Mass. Giust. civ., 2005; Cass. civ. Sez. III, 11 gennaio 2005, n. 2051, in Contratti, 5, 1101; Cass. civ. Sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2430, in Dir. e

giust., 2004, 18, 117; Cass. civ. Sez. III, 20 maggio 2003, n. 12219, in Fori It., 2004, 1, 511;

Cass. civ. Sez. III, 15 gennaio 2003, n. 472, in Mass. Foro It., 2003; Cass. civ. Sez. III, 20 luglio 2002, n. 10641, in Danno e resp., 2002, 1201; Cass. Sez. Un, 11 novembre 1991, n. 12019, in Giur. it, 1992, 1, 2218. In dottrina considerano la responsabilità da cose in custodia come ipotesi di responsabilità oggettiva ALPA-BESSONE, La responsabilità civile, II, Utet, 1987, 2 ss.; TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961; RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Giuffrè, 1967; MONATERI, La responsabilità

civile, in SACCO, op. cit.; FRANZONI, La responsabilità oggettiva, I, Il danno da cose e da animali, Cedam, 1998, cap. 5; ALPA, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile, (a cura

di ALPA), IV, Giuffrè, 1999, 691; GALGANO, Diritto Privato, Cedam, 2004, 378. Si segnalano delle voci critiche in dottrina nei riguardi di una visione oggettiva della responsabilità ex art. 2051 c.c.., ritenendo più conforme al dettato normativo una interpretazione soggettiva basata su di una presunzione di colpa: BIANCA, La

responsabilità, Giuffrè, 2000, p. 718; SALVI, La responsabilità civile, in Trattato Iudica-Zatti,

Giuffrè, 1998; CORSARO, voce “Responsabilità da cose”, nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., XVII, Utet, 1998, p. 103 ss.; GERI, La responsabilità civile da cose in custodia, animali

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causalità intercorre non più tra la cosa ed il danno, bensì tra il fattore esterno e l’evento”298.

Una volta chiariti i presupposti di operatività della norma si possono prendere in considerazione alcune significative pronunce che l’hanno in concreto applicata ai gestori delle aree sciabili attrezzate.

Una sciatrice era caduta su una pista da sci procurandosi lesioni personali a causa della presenza, ai margini della stessa, di un palo di legno posto a sostegno della recinzione. Citava dunque in giudizio la società autrice della palificazione e la società che gestiva la pista per il risarcimento dei danni; l’attrice ravvisava tra la pista (cosa in custodia) delimitata dal palo e l’evento lesivo un rapporto di causa-effetto. In primo e secondo grado veniva però esclusa la condotta colposa delle convenute al processo di causazione del danno considerando l’imperizia della vittima come unica causa dell’evento.

La danneggiata faceva ricorso in Cassazione e vedeva accolti i suoi motivi299.

La Corte cassava la sentenza di merito per non aver adeguatamente valutato che anche in una pista di lieve pendenza e dal semplice tracciato, fornita di una buona visibilità, l’esistenza di una recinzione sostenuta da paletti in legno non imbottiti può costituire, considerato lo stato dei luoghi e l’utilizzo della pista anche da parte di sciatori inesperti, un pericolo idoneo a provocare le lesioni dello sciatore. Nessun rilievo esimente è stato dunque accordato alla circostanza che il palo fosse ben visibile e facilmente evitabile semplicemente sciando al centro della pista e non in prossimità della rete in quanto non integra gli estremi del fortuito un evento non eccezionale come la caduta di uno sciatore su una pista di

298 PENUTI , La prova liberatoria a carico del custode ex art. 2051 cod. civ., cit.

299 Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 2005, n.2706, in Danno e Responsabilità, 2005, 837 con

nota di CALABRESE M., La (doppia) natura della responsabilità del gestore di una pista da sci. “In una pista da sci frequentata da utenti dei più diversi livelli di capacità tecniche sono prevedibili la perdita dell’equilibrio e i movimenti incontrollati che ne derivano, sicché, ai fini della configurabilità di una responsabilità per custodia del gestore dell’impianto di risalita, essendo tutti gli ostacoli che vi siano posti astrattamente pericolosi, va verificata in concreto l’esclusione della pericolosità, in base sia alle caratteristiche degli stessi sia del materiale adoperato”. La Suprema Corte riconosce inoltre che “la Società funiviaria assume l’obbligo accessorio di mantenimento della pista in condizioni di utilizzabilità senza pericoli da parte degli utenti che dell’impianto si sono serviti durante la risalita”.

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discesa. La Cassazione sposa dunque l’orientamento che considera l’art. 2051 c.c. una ipotesi di responsabilità oggettiva, affermando che “la valutazione del comportamento del custode è estranea al paradigma normativo di cui all’art. 2051 c.c., il quale non lega la responsabilità del custode ad una presunzione di colpa dello stesso, ma al rischio per i danni che non dipendono dal fortuito”.

Nella sentenza viene inoltre formulato un principio di diritto, utile alla corte di merito nella valutazione relativa alla scelta del gestore di delimitare la pista con una rete ancorata a pali di legno “nella scelta sulla convenienza della costruzione di un ostacolo artificiale in una pista di sci e sulle caratteristiche di tale ostacolo, l’autore dell’opera ha il dovere di considerare, con la necessaria diligenza e competenza tecnica, le condizioni ambientali ed i fattori naturali che caratterizzano la realtà fisica sulla quale incide il suo comportamento e di verificare così la pericolosità dell’ostacolo anche alla stregua della predetta realtà”300.

Anche la giurisprudenza di merito offre alcuni esempi di adesione a tale filone giurisprudenziale301. Uno sciatore, nell’affrontare una curva

sinistrorsa, aveva perso il controllo degli sci ed uscendo di pista era andato a collidere contro alcuni alberi situati al lato della pista. Lo sciatore