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Gli accordi di Evian

Nel documento Corso di laurea in Scienze storiche (pagine 59-65)

Alcuni tentativi di concludere i negoziati erano già iniziati nel maggio del 1961 e per dimostrare la propria volontà di arrivare velocemente alla soluzione del drame algérien, il giorno in cui iniziarono i colloqui per il cessate il fuoco, il 20 maggio, Parigi annunciò il rilascio di seimila prigionieri del FLN.

Il primo grave scoglio delle trattative fu il Sahara. Inizialmente i francesi consapevoli che l’FNL era debolissimo in quella regione dietro ordine di de Gaulle, avevano dichiarato che quello del Sahara era un problema indipendente dall’Algeria, ma la delegazione algerina aveva ribattuto che la regione era parte integrante dell’Algeria e quindi il principio di autodeterminazione doveva essere applicato allo stesso modo che nel nord. Successivamente, puntualizzando la situazione dichiararono che sarebbero stati disposti a prendere in esame l’eventualità di uno sfruttamento congiunto delle ampie risorse naturali del sottosuolo.

128 P. Henissart, OAS L’ultimo anno dell’Algeria francese, p. 195-197.

Altro ostacolo alla pacificazione furono i diritti della minoranza europea ed anche in questo caso le possibilità d’intesa furono pressoché nulle. I francesi avevano chiesto il riconoscimento formale degli interessi speciali degli europei in Algeria; dal canto loro i delegati dell’FLN aveva affermato che era loro intenzione non fare alcuna discriminazione tra mussulmani e francesi, i quali avrebbero goduto degli stessi diritti e degli stessi doveri. Le discussioni si erano trascinate per più di tre settimane condotte per i francesi dal ministro degli affari algerini Louis Joxe, e per gli algerini dal vicepresidente del GPRA Belkacem Krim ma non riuscirono poiché Parigi, ritenendo di aver vinto sul piano militare era pronta ad attendere fino al momento in cui gli algerini avrebbero ceduto, all’opposto il FNL, dopo anni di attesa, accettava la prospettiva di un ulteriore rinvio nella convinzione di ottenere l’indipendenza alle proprie condizioni. Il fallimento degli accordi rallegrò Jacques Susini130. Nell’autunno del ’61 de Gaulle decise di porre termine alla questione del Sahara affermando che la separazione di quella regione tra due stati sarebbe stata una costruzione artificiosa al quale bisognava rinunciare, per riuscire a sbarazzarsi del problema algerino. Era necessario trovare un accordo immediato, prima del crollo totale dell’ordine civile, a cui anelava l’OAS. Venne allora deciso di intavolare nuove trattative per il mese di febbraio131.

Alla vigilia dell’apertura dei negoziati l’OAS cominciò ad aumentare esponenzialmente le proprie azioni terroristiche, ma a causa della violenza dei suoi atti e dei suoi metodi prevaricatori riuscì solamente a istigare contro di se l’astio non solo della metropoli e dei gollisti, ma degli stessi pieds-noirs132.

Il 7 marzo 1962 ad Évian, sulla riva meridionale del lago di Ginevra si cominciò a discutere di pacificazione e il 19 marzo si sarebbe arrivati ad un accordo dichiarando il cessate il fuoco. Nonostante il raggiungimento di un compromesso tra il governo francese ed il GPRA, l’opinione pubblica era consapevole che il processo di pacificazione era solo all’inizio, infatti all’indomani della firma degli accordi i giornali scrissero:

«non si può ignorare: il cessate il fuoco non è la pace. E non è neppure la condizione preambolo, porta dritta per la quale sarà necessario passare. […] Una tappa è stata superata, che avrebbe dovuto esserlo prima, ma che avrebbe potuto anche non esserlo mai senza la volontà del capo dello stato e l’instancabile lavoro apportatogli dai ministri. […] É necessario, inoltre, che cessino evidenti

130 P. Henissart, OAS L’ultimo anno dell’Algeria francese, p. 155-157.

131 A. Horne, Storia della guerra d’Algeria, p. 571-582.

132 Algeri aveva cominciato a mantenere una media di trenta, quaranta uccisioni al giorno, senza contare i ferimenti; il 1° marzo 1961, ad Orano, durante il ramadan, esplosero due obici collocati in due automobili uccidendo 23 mussulmani e ferendone trentadue.

complicità. Alcuni «avventurieri criminali» potrebbero sempre, qui o là, con molta audacia, e un po’ di fortuna, danneggiare o addirittura ridicolizzare le forze dell’ordine133

Sirius sempre tra le pagine di Le Monde aggiunse: «ognuno sa che il cessate il fuoco non è la pace, che l’Algeria non è uscita dalle difficoltà, e che l’inquietudine dei giorni a venire ha ancora la meglio sulla soddisfazione data dal successo della negoziazione134

Mentre Renée Pleven, ex presidente del consiglio affermò: «l’accordo su il cessate il fuoco non è ancora la pace, ma ne è la prima condizione. Affinché dia i frutti attesi, i francesi metropolitani devono fare un grande sforzo di comprensione e di generosità nei confronti dei nostri compatrioti di tutte le origini che vogliono rimanere in Algeria135

Delle 93 pagine degli accordi di Evian integrate da una serie interminabile di capitoli, titoli e postille, l’opinione pubblica metropolitana si interessò essenzialmente a un passaggio: «è proclamato il cessate il fuoco. Il 19 marzo alle ore 12 si interromperanno le operazioni militari e la lotta armata sull’insieme del territorio algerino136», mentre nelle roccheforti pieds-noirs quella proclamazione venne accolta con attonita incredulità.

Le 93 pagine di accordi si aprivano con i particolari del cessate il fuoco, inclusi quelli relativi all’immediato rilascio dei prigionieri, seguiva poi una déclaration général di riconoscimento della piena sovranità dell’Algeria, nella sua integrità territoriale, in accordo con il principio di autodeterminazione sancito con il referendum dell’8 gennaio 1961. All’inizio della

déclaration si riconosceva il diritto dei cittadini francesi a godere, in regime di uguaglianza,

della protezione e dei privilegi accordati a tutti gli algerini per un periodo transitorio di tre anni.

Coloro che restavano sul suolo algerino avrebbero conservato il loro statuto personale, come se si fosse trovato in qualsiasi altro stato straniero. Coloro che invece avessero scelto per la nazionalità algerina avrebbero conservato l’attuale stato fino alla promulgazione in Algeria di un codice civile alla cui redazione sarebbero stati associati. Finché questa nuova legislazione

133 Sirius, Au de la de la guerre, “Le Monde”, 20 marzo 1962, p. 1

134 P. Herreman, La délégation F.L.N a obtenu le renforcement des pouvoirs de l’exécutive provisoire, “Le Monde”, 20 marzo 1962, p. 2.

135 Cit, in Les réactions de l’opinion française, “Le monde”, 20 marzo 1962, p. 8

136 R. Belin, Lorsq’une République chasse l’autre,(1958-1962) Souvenir d’un témoin, Éditions Michalon, Paris, 1999, p. 239-240.

non fosse stata annunciata essi avrebbero goduto delle garanzie predisposte negli accordi d’Évian137.

La questione dei pieds-noirs era stata dunque regolata.

Nel rispetto della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino ai francesi furono lasciate tutte le libertà legate alla professione e all’insegnamento della religione cristiana; avrebbero goduto della libertà di associazione ma solo in corporazioni già esistenti, perché non ne avrebbero potuto creare di proprie, e solo nel caso che queste fossero sindacati, gruppi di difesa professionale o organizzazioni per la difesa degli interesse economici138. Gli accordi precisavano che i gli europei presenti in Algeria avrebbero beneficiato del diritto di lasciare l’Algeria a loro piacimento, in tal caso avrebbero però dovuto liquidare i beni immobiliari e trasferire il capitale proveniente da queste operazioni in progetti di sviluppo per l’Algeria. Numerosi articoli prevedevano, a tal proposito, la possibilità di espropri e requisizioni da parte dello stato per poter procedere alla promozione della riforma agraria, anche se il governo francese era riuscito ad imporre che nel caso ciò si fosse verificato, sarebbe stata prevista un’indennità economica coperta in parte dalla stessa Francia139.

Per quanto riguarda i diritti civili non sarebbe stata concessa loro la doppia cittadinanza e coloro che non avessero avuto l’intenzione di accettare la cittadinanza algerina, decidendo di restare, non avrebbero potuto né votare né farsi votare e se avessero desiderato assolvere i loro diritti sarebbero stati costretti a recarsi in Francia. Si eliminò così il doppio collegio obbligando i francesi ad interessarsi alla gestione degli affari algerini perché ciò che l’Algeria desiderava non era potersi vendicare, schiacciando la minoranza francese, ma liberare la maggioranza algerina dal giogo del colonialismo140.

Gli accordi affermavano a tale proposito: «essi avranno una giusta e autentica partecipazione agli affari pubblici. Nelle assemblee la loro rappresentanza dovrà corrispondere alla loro effettiva importanza. Nei diversi trami delle funzioni pubbliche, sarà assicurata loro una partecipazione equa.

137 S. Moureaux Les accords d’Évian et l’avenir de la révolution algérienne, François Maspero, Paris, 1962, p. 46-55.

138 Ibidem, p. 80-84.

139 Ibidem, p. 80-84.

La loro partecipazione alla vita municipale ad Algeri e a Orano sarà oggetto di particolari disposizioni 141

Il capitolo relativo alla “soluzione dei problemi militari” dava alla Francia dodici mesi di tempo per ridurre le proprie forze armate a 80.000 uomini mentre la base di Mers-el-Kabir sarebbe stata affittata alla Francia per un periodo di quindici anni; le era inoltre garantito l’uso di altre installazioni militari da essa giudicate “necessarie”142.

Il capitolo “Cooperazione economica e finanziaria” impegnava invece la Francia a fornire per tre anni aiuti di un “livello equivalente a quello dei programmi in atto”,ossia del multimilionario piano di Costantina, dato che l’Algeria sarebbe rimasta nell’area del franco143. Infatti:

«le relazioni tra i due stati saranno fondate nel rispetto mutuale della loro indipendenza, sulla reciprocità dei vantaggi e degli interessi di entrambe le parti. L’Algeria garantisce gli interessi della Francia e i diritti acquisiti dagli europei algerini, sia fisici che morali. In contropartita, la Francia accorderà all’Algeria la sua assistenza tecnica e culturale e apporterà al suo sviluppo economico e sociale un aiuto economico privilegiato144

Per quanto riguardava i diritti sul petrolio del Sahara un complicato accordo garantiva alle compagnie petrolifere francesi concessioni di sfruttamento delle basi già operanti e la possibilità di stipulare trattati di favore in materia di nuove esplorazioni e di sviluppo per un periodo di sei anni.

Gli accordi si chiudevano con una pia “dichiarazione di principi” di questo tenore: «Le controversie che eventualmente nasceranno, saranno risolte da Francia e Algeria in maniera pacifica145». Ciò significava che, in caso di inosservanza delle norme da parte algerina le forze francesi in situ non sarebbero potute intervenire.

Dinanzi al rifiuto del compromesso algerino la Francia si era definitivamente piegata alla volontà del GPRA146.

Gli algerini giubilarono mentre i francesi provarono solamente una sensazione di sollievo più che gioia. «Di gioia, non provammo manco l’ombra,» scrisse Simone de Beauvoir, «poiché la

141 An., L’indépendance de l’Algérie en coopération avec la France répond aux intérêts de deux pays, “Le Monde”, 20 marzo 1962, p. 3.

142 S. Moureaux, Les accords d’Evian et l’avenir de la révolution algérienne, p. 95-120.

143 Ibidem, p. 125-145.

144 An., L’indépendance de l’Algérie en coopération avec la France répond aux intérêts de deux pays, “Le Monde, 20 marzo”, 1962, p.3.

145 Cit. in A. Horne, Storia della guerra d’Algeria, p. 582.

vittoria degli algerini non cancellava di per sé i sette anni di atrocità francesi improvvisamente portate alla luce del giorno…147

Il generale Massu tacciò gli accordi di tradimento nei confronti degli amministratori musulmani e degli harkis rimasti fedeli alla Francia e lo stesso consiglio di stato mise in discussione la validità degli accordi, dichiarando incostituzionale il referendum che di lì a poco li avrebbe ratificati 148.

Il Rassemblement National des Français Rapatriés reagì alla notizia affermando: «bisogna dire di no a un accordo fittizio, sapendo che Évian è Francoforte, Sedan e Montoire assieme» e aggiunse «speriamo che il popolo francese, chiamato a esprimersi legalmente nei confronti della questione dell’autodeterminazione, scelga la soluzione più francese, in maniera tale che sia per la patria sia per il mondo libero, l’Algeria, essendo francese, lo resti per sempre149

147 Ibidem, p. 587.

148 A. Horne, Storia della guerra d’Algeria, p. 587-589.

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Nel documento Corso di laurea in Scienze storiche (pagine 59-65)