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La Battaglia d’Algeri

Nel documento Corso di laurea in Scienze storiche (pagine 38-44)

Nel febbraio 1956 Marcel Pellenc, all’interno del suo rapporto sull’Algeria scriveva: «quali che siano i suoi aspetti di politica attuali, il problema dell’Algeria è in fondo essenzialmente un problema di miseria. Nove milioni di abitanti, di cui otto milioni di musulmani; cinque milioni tra loro hanno meno di venti anni; solo un ventesimo di questa popolazione musulmana ha ricevuto nelle rare scuole un rudimento d’istruzione; e l’aumento demografico procede al ritmo di 250.000 nascite per anno, tali sono i dati demografici. […] Un milione di altri francesi di cui le risorse sono inferiori del 20%, in media, rispetto ai loro compatrioti della metropoli, e su otto milioni di musulmani, ve ne sono cinque che vivono nell’inquietudine del domani un’esistenza miserabile, con una rendita media di 20.0000 franchi per anno. […]

Venti milioni di ettari appena di terra coltivabile su una distesa di 200 milioni, tra i quali, nonostante le dicerie, solo 600.000 sono occupati da vigne, e obbligano incessantemente a disputare questo suolo troppo raro con il deserto […] E dal punto di vista industriale, l’assenza presso che totale di risorse minerarie e di combustibile minerale. […]

Brevemente, l’Algeria è grande come trentacinque dipartimenti francesi, ciò rende l’idea della difficoltà della sua organizzazione economica e amministrativa, come anche di mantenimento dell’ordine e di sicurezza; è popolata come diciannove dipartimenti e ricca come quattro, ciò che mostra la grandezza dello sforzo economico e finanziario che è necessario da realizzare. È il nodo del problema. […] Tuttavia la comparazione dei dati economici e finanziari con gli imperativi politici, strategici, o semplicemente umani alla quale la Francia non può sottrarsi, permette di definire gli elementi essenziali di un piano d’azione.

È in prima persona che la Francia non può considerare un allentamento qualsiasi dei legami con l’Algeria. Oltre che una politica di solidarietà nazionale ci è vietato di abbandonare un milione di francesi, consentire ad un’amputazione di questo territorio condurrebbe a rinunciare al nostro rango di grande potenza56

Dunque dopo due anni dallo scoppio delle prime sollevazioni il mondo francese sosteneva ancora l’idea che il problema algerino fosse solo una questione economica e politica come in Tunisia o in Marocco, per questo Mollet s’impegnò nella realizzazione, nella primavera di quell’anno, in un vasto piano di aiuto per l’Algérie française:

55 A. Horne, Storia della guerra d’Algeria, p. 152-153.

«la soluzione del problema algerino: questa si situa sui piani economico, sociale e politico. Il governo è deciso a fare uno sforzo considerevole per sviluppare l’economia algerina e alzare il livello della popolazione. Egli condurrà una lotta contro la miseria. […] Contemporaneamente il governo intende sviluppare sia la democrazia politica che la democrazia sociale. […] Queste misure non possono evidentemente bastare a rinnovare l’economia algerina. Un programma massiccio di progresso mobilizzerà tutte le risorse naturali del paese. Sarà completato per un piano d’industrializzazione. Quest’ultimo implica un immenso sforzo finanziario da parte della metropoli, sforzo che sarà la miglior testimonianza della volontà della presenza francese57

Tuttavia queste operazioni non bastarono ad appianare i contrasti con il FLN che continuò a progettare attacchi e attentati contro la componente europea.

Nella primavera l’organizzazione aveva cominciato a far esplodere bombe in café, bar, birrerie, facendole piazzare da ragazze che non erano soggette a perquisizione. Il 9 maggio furono attaccati 46 villaggi: «Lo sforzo dei ribelli è stato particolarmente attivo nelle zone attorno a Bougie, a Djidjelli e a Mila, ma la loro offensiva sarà saldata da una sconfitta totale. La situazione è stata, tuttavia, in certi luoghi e in alcuni momenti particolarmente pericolosa, ed è stato solamente grazie al coraggio e al dinamismo delle forze dell’ordine che numerosi centri hanno potuto essere smantellati58.»; inoltre, a seguito dell’assassinio di due parà vi era stata una rappresaglia in un bagno turco, che aveva ucciso 80 musulmani.

Il 9 giugno, inoltre, venne fatta esplodere una bomba in una sala da ballo, che causò 9 morti e 85 feriti e a cui seguì una violenta azione di vendetta contro gli indigénes59.

In seguito alla decisione di Robert Lacoste, subentrato a Cartroux in qualità di ministro residente, di non graziare due guerriglieri del FLN, furono abbattuti 49 civili e si decretò che per ogni effellenista ucciso sarebbero stati giustiziati cento francesi60; dichiarazioni che lo spinsero ad aumentare gli effettivi militari a 400.000 uomini61.

Nell’autunno la situazione era ancora critica infatti Pierre Laffonte sul quotidiano l’Echo

d’Alger scriveva: «L’operazione contro M. Lacoste è in pieno svolgimento. Ci si sforza di

provare ad ogni costo che la situazione è peggiorata e che l’enorme sforzo della Francia non è servito e non servirà a nulla. Nel momento in cui i militari sono unanimi nel riconoscere che i

57 An., La déclaration de M. Gyu Mollet sur l’Algérie, “Le Monde”, 17 febbraio 1956, p. 2.

58 An., Action concertéé des rebelles qui attaquent quarante-six villages ou postes militaires, “Le Monde”, 11 maggio 1956, p.4.

59 A. Horne, Storia della guerra d’Algeria, p. 228.

60 Ibidem, p. 199-201.

61 R. Gauthier, Points forts et points faibles de la situation militaire en Algérie, “Le Monde”, 26 settembre 1956, p. 4

ribelli donano dei segni di grande attività, ci si prende gioco di M. Lacoste perché si ostina a dire ai suoi colleghi di «tener duro», di «non mollare62».»

Sin dal suo insediamento Lacoste aveva cercato di attuare manovre a favore della popolazione musulmana approvando la nazionalizzazione delle industrie, l’accelerazione della ridistribuzione delle terre locate dal governo e offrendo loro il 50% dei posti pubblici vacanti, tuttavia le rappresaglie contro la popolazione francese non erano diminuite, e la morte del sindaco di Boufarik e presidente dell’interfederazione dei sindaci d’Algeria, Amédée Froger il 28 dicembre, attivo portavoce dei coloni europei, rappresentò l’atto finale del mito francese delle “operazioni di contenimento dell’ordine”63.

«L’annuncio della morte di M. Froger -che si è diffuso molto velocemente ad Algeri- ha causato una grande commozione nella popolazione europea, di cui era una delle figure più importanti. Dal suo ingresso nella vita pubblica, trent’anni fa, M. Froger incarnava, per molto, la presenza francese in Algeria, ciò che gli aveva permesso di accedere rapidamente a delle funzioni importanti64. »

Le Monde sottolineò come l’attentato segnasse un nouveau tournement nelle azioni del FLN:

«L’inquietudine sollevata dall’assassinio d’Amédée Froger, lo si immagina, è notevole in tutto il territorio. Il ruolo così importante della vittima, la cui famiglia è installata in Algeria da più di centovent’anni, dona un senso molto chiaro al crimine perpetrato dagli assassini. Non è per caso, ma a causa del ruolo politico che giocava dall’inizio dell’anno, che il presidente della Federazione dei sindaci d’Algeria è stato designato e abbattuto. La provocazione è indirizzata alla comunità francese, e in particolar modo ai suoi elementi più risoluti e più tentati di rispondere all’assassinio con la violenza. Così si troverebbero minacciate le ultime possibilità di cooperazione franco-musulmana, alla vigilia della dichiarazione della dichiarazione del governo e dei dibattiti in seno all’ONU65. » La battaglia d’Algeri aveva avuto inizio.

Gillo Pontecorvo con magistrale realismo ci trascina in quei giorni di orrore: linciaggi, esplosioni, scioperi e repressione; i quartieri mussulmani di Algeri vennero delimitati col filo spinato e illuminati giorno e notte con grandi proiettori66.

62 Ibidem, p. 4.

63 A. Horne, Storia della guerra d’Algeria, p. 202-203.

64 An., M. Amédée Froger président de l’interfédération des maires assassiné en plein centre d’Alger, “Le Monde”, 29 dicembre 1956, p. 1

65 An., Des mesures exceptionnelles de sécurité entourent les obsèques de M. Froger, “Le Monde”, 30 dicembre 1956, p. 1.

66 Con una serie di decreti, nella primavera del 1956, l’Algeria era già stata, divisa in tre zone: zona di pacificazione, zona di operazioni e zona vietata, in ciascuna delle quali si sarebbe mosso un corpo d’armata specifico. Nelle zone di operazioni l’obiettivo era l’“annientamento” dei ribelli mentre nella zona di

Lacoste decise di affidare le operazioni di “pacificazione” a Jacques Massu, comandante della decima divisione paracadutisti.

La comparsa dei parà come soggetto agente negli événemets d’Algeria implicò il pieno riconoscimento della sfida che il FLN aveva lanciato e che sarebbe terminata in una sola possibile risoluzione: la sconfitta di una delle due parti, o, usando le parole di Lacoste, la vittoria al contendente che sarebbe resistito un quarto d’ora in più dell’avversario67.

Gli uomini di Massu avrebbero dovuto aiutare la polizia nella gestione della sicurezza della città che sarebbe stata divisa in una serie di quadrati, ciascuno dipendente da un comando di reggimento tramite il sistema del “quadrillage”.

Appena Massu ottenne il controllo della città ordinò retate e arresti sommari senza rispettare nessuna formalità giudiziaria mentre Yves Godard, ufficiale dei parà, strutturava i centres

d’interrogation per ottenere le informazioni necessarie a tracciare il suo “organigramma”,

ossia uno scheletro di piramide in cui venivano inseriti via via nomi nuovi, e decapitare così il FLN68.

Venne creato inoltre il Dispositif de protection urbaine (DPU), che divise la città in sezioni, sottosezioni e isolati, per facilitare il rilevamento di ogni attività equivoca. Si catturavano i sospettati di notte, in maniera che i complici nominati durante gli interrogatori fossero arrestati il giorno dopo, prima che potessero essere informati.

L’utilizzo di questi metodi non convenzionali, attuati per riuscire a estorcere informazione dagli effellenisti catturati, fece sorgere attorno ai parà la fama di crudeli torturatori. A tale proposito il tenente colonnello Mathieu nel film “La battaglia di Algeri” affermava che «l’interrogatorio diventa metodo se conduce sempre a un’informazione, l’umanità non porta che al ridicolo e all’impotenza», parole poco dissimili dall’espressione «La cosa essenziale sono le informazioni69» pronunciata da Godard.

Venne istituito anche il Détachement Opérationnel de Protection (DOP) composto, secondo Massu, da “specialisti nell’interrogatorio di sospetti restii a parlare70”, i quali per ottenere le informazioni fissavano elettrodi a varie parti del corpo, come ben descrive Henry Alleg nel suo libro “La Question”:

pacificazione era prevista la “protezione” delle popolazioni europee e mussulmane, per questo in questi luoghi l’esercito sopperì alle carenze amministrative.

67 B. Stora, La guerra d’Algeria, p. 38.

68 A. Horne, Storia della guerra d’Algeria, p. 205-206.

69 Ibidem, p. 215.

«Ja…, sempre sorridendo, mi agitò dinanzi agli occhi le pinze cui erano fissati gli elettrodi. Piccole pinze di acciaio brillante, lunghe e dentellate. Pinze «coccodrilli», dicono gli operai delle linee telefoniche che le adoperano. Me ne fissò una al lobo dell’orecchio destro, l’altra al dito della mano destra.

Improvvisamente sobbalzai e urlai a squarciagola. Cha… mi aveva cacciato in corpo la prima scarica elettrica. Vicino all’orecchio era scoccata una scintilla. Sentii il cuore balzarmi nel petto. Mi torcevo urlando e mi irrigidivo sino a fermarmi, mentre le scosse trasmesse da Cha…, magnete in mano, si succedevano senza soste. […] Bruscamente, sentii come il morso selvaggio di una belva che mi strappase la carne brano a brano. Con lo stesso sorriso, sopra di me, Ja… aveva applicato la pinza al sesso. Le scosse mi giungevano così forti che i lacci coi quali mi avevano legato le caviglie si staccarono. Ci fu una breve interruzione per rimettere le cose a posto. Poi continuarono.

Dopo un po’, il tenente prese il posto di Ja… Aveva sguarnito un filo della pinza e me lo faceva scorrere sul petto. Ero tutto sconvolto da scosse nervose sempre più violente, e la seduta non accennava a finire. Mi avevano asperso d’acqua per aumentare l’intensità della corrente e, tra una scossa e l’altra, avevo il tempo di tremare di freddo. Intorno a me, seduti sui loro zaini, Cha… e amici scolavano bottiglie di birra. Mordevo il bavaglio per tentar di attenuare il crampo che mi straziava da capo a piedi, ma invano71

Parallelamente al lavoro di spionaggio le unità francesi si mossero per “vuotare lo stagno dall’acqua in cui si muoveva il pesce” attraverso la creazione dei regroupement, cioè villaggi cintati in cui venivano inseriti i contadini per cercare di isolare quelle comunità “esposte” e impedire al FLN di trovare rifugio e rifornimenti.

Tutte queste attività diedero i loro frutti facendo scendere gli attentati dai 112 di gennaio ai 39 di febbraio fino ai 29 di marzo, dati che sarebbero potuti essere considerati come una vittoria per la politica francese ma che non bastarono a convincere l’opinione pubblica afflitta da gravi problemi economici72. Dopo 16 mesi di governo, il più lungo della Quarta Repubblica, il 21 maggio 1957 Mollet cadde73.

Il 1° giugno 1957 Maurice Bourgès-Maunoury, l’ex ministro della difesa, divenne il nuovo presidente. Egli seguì le orme del suo predecessore e mantenne Lacoste al proprio posto, invitandolo a completare al più presto il progetto della sua loi-cadre che mirava a raggiungere

71 H. Alleg, La Tortura, Einaudi, Torino, 1958, p. 34-35.

72 Durante i primi mesi del ’57 il debito nazionale era divenuto di tre volte superiore a quello del ’55, si imposero così tasse sulla benzina e sulle tariffe postali.

73 Mollet aveva contribuito militarmente alla spedizione contro il canale di Suez, nell’intenzione di rovesciare Nasser, il maggior sostenitore della rivoluzione algerina. La disfatta militare che ne seguì e che fece salire il morale del FLN alle stelle spinse Mollet ad eliminare dalla scena politica alcuni leader, tra i quali Ben Bella, che il 22 ottobre venne catturato, in flagrante violazione del diritto internazionale, mentre viaggiava su di un aereo D.C.3 dal Cairo per recarsi a Tunisi. Tutte queste sue attività al limite della legalità facilitarono la caduta del governo.

la pacificazione tramite una soluzione politica mista tra federalismo e separazione: si trattava di suddividere l’Algeria in diversi territori autonomi con ruolo elettorale unico, ciascuno dei quali responsabile verso un’assemblea nazionale elettiva sottoposta alla sovranità francese74. Si sarebbe così istituito il collegio unico che avrebbe posto termine alla disuguaglianza di voto presente nel sistema attuale, risalente al 1947, in cui il voto di un francese valeva per sette musulmani75. Il progetto, tuttavia, venne velocemente respinto sia dai francesi d’Algeria che dall’Assemblée Nationale provocando la caduta del governo tre mesi dopo l’investitura76. Il 5 novembre Félix Gaillard, ministro delle finanze del suo predecessore, divenne presidente77.

Nel frattempo ad Algeri dopo la cattura di Yacef Saadi, uno dei leader del FNL, avvenuta il 24 settembre, si era posta la parola fine alla Battaglia d’Algeria e l’esercito poté dedicarsi alle operazioni al confine con la Tunisia. Per evitare il transito illegale di armi tra i due paesi Massu aveva progettato la creazione della linea Morice, una linea di trecento chilometri al confine fatta di filo spinato e reti elettrificate, illuminata giorno e notte da potenti riflettori e difesa da mine, batterie di cannoni, 80.000 uomini, unità meccanizzate e blindate.

Fare breccia in questa nuova “linea Maginot” fu l’obiettivo del FLN nell’inverno tra il ’57 ed il ’58: durante tutto il periodo vi fu un duello costante tra le due parti, fino all’aprile del ‘58 quando l’ANL decise di attuare un attacco su tutta la linea. La battaglia durò quasi una settimana.

Gli arabi riuscirono a sfondare la linea, ma oltrepassatala si trovarono il blocco delle unità francesi elitrasportate in massa nel luogo dello scontro. La battaglia di Souk-Ahras, la cittadina che fu l’epicentro dell’attacco, segnò una disfatta per il FLN e determinò anche la fine di ogni tentativo di superare quella barriera. Nonostante l’elevato numero di perdite da ambo le parti e l’impossibilità di bloccare definitivamente il rifornimento illegale d’armi con la Tunisia, per i francesi fu una vittoria militare di alto livello.

Mai come ora l’esercito si era trovato in questa posizione di forza: oltre all’appoggio morale dato dalle vittorie nella Battaglia d’Algeri e lungo la linea Morice, egli era lentamente subentrato al potere civile, operando dapprima in simbiosi con questo e lentamente

74 A. Horne, Storia della guerra d’Algeria, p. 163-165.

75 B. Stora, La guerra d’Algeria, p. 31-58.

76 La loi-cadre, che fece precipitare la popolarità di Lacoste, minacciava, secondo i pieds noirs, l’integrità del territorio algerino, prevedendo la suddivisione in 8 territori dotati di autogoverno, con un’assemblea rappresentativa la maggioranza razziale del territorio. Essi non concepivano, inoltre, una legislatura controllata dai mussulmani.

sostituendolo nei compiti e nelle funzioni. La sua ascesa era cominciata con il richiamo dei riservisti sotto il governo Mollet ed era enormemente incrementata con il trasferimento dei poteri civili a Massu durante la guerra civile, decisione che segnò il punto di non ritorno78. All’opposto per il FLN si aprì un periodo di crisi segnato dall’aumento delle diserzioni e dalla disaffezione popolare. Consapevole che il successo di un progetto dipende strettamente dai mezzi finanziari di cui dispongono i suoi organizzatori, il movimento nazionalista algerino decise di concentrare i propri sforzi sullo sviluppo e la moltiplicazione degli introiti finanziari; a tale proposito spostò la ricerca di appoggio politico e di fondi nella metropoli. Creati i punti di appoggio nell’esagono riuscì ad organizzare anche una rete di rappresaglia mirante a vendicare i civili musulmani periti in Algeria: la distruzione dei vagoni della metropolitana e delle stazioni d’autobus divenne il miglior strumento per ostacolare la vita nella metropoli senza creare vittime e alienarsi il favore internazionale79.

Nonostante questi piccoli successi fino al ’58 il bilancio per il FLN non poté di certo dirsi positivo; tuttavia anche la repubblica francese, che aveva dimostrato la sua forza militare sul campo di battaglia, stava cominciando a soffrire delle debolezze del sistema democratico instaurato con la Quarta Repubblica, come dimostrò la caduta del governo Gaillard il 15 aprile 1958, il quinto dallo scoppio degli événéments algériens, che fu sostituito un mese dopo da Pierre Pflimlin.

Nel documento Corso di laurea in Scienze storiche (pagine 38-44)