LA METAMORFOSI TELEOLOGICA DELLE MISURE DI PREVENZIONE
14. L’affare De Tommaso
Il 2017 è un anno cruciale per il diritto della prevenzione non soltanto perché, con la riforma operata dalla l. n. 161/2017, il codice antimafia viene sensibilmente modificato sotto molteplici aspetti; ma anche perché, nel febbraio dello stesso anno, una sentenza della grande camera della Corte europea sferra «un duro colpo»331 al sistema di prevenzione italiano, dichiarando la violazione dell’art. 2 Prot. 4 CEDU da parte della disciplina italiana delle misure di prevenzione, laddove essa consente l’applicazione di misure personali fondate sulle fattispecie di pericolosità generica di cui all’art. 1, lett. a) e b), cod. ant., in quanto tali fattispecie sarebbero non sufficientemente precise e
331 F. VIGANÒ, La Corte di Strasburgo assesta un duro colpo alla disciplina italiana delle misure di
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determinate332. Il potenziale impatto della pronuncia di Strasburgo è stato subito colto da un’attenta dottrina, la quale ha osservato come le affermazioni ivi contenute, per il loro carattere generale, siano idonee a sollevare «serissimi interrogativi sul futuro di tali misure di prevenzione nel nostro ordinamento, nonché su quello delle misure di prevenzione patrimoniali fondate sulle medesime fattispecie di pericolosità»333.
Nelle pagine che seguono, cercheremo di ripercorrere brevemente le diverse tappe del c.d. affare De Tommaso, riservandoci comunque di ritornare in maniera più approfondita su alcuni aspetti della vicenda laddove tratteremo gli istituti direttamente e indirettamente coinvolti nel giudizio di incompatibilità convenzionale [infra, cap. II, 2.].
14.1. La sentenza De Tommaso c. Italia: la Corte EDU scuote dalle fondamenta il sistema di prevenzione italiano.
Come appena accennato, con la sentenza 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, la Corte di Strasburgo censura la disciplina italiana in materia di misure di prevenzione, reputando lo standard qualitativo della legge nazionale insufficiente a soddisfare il principio di legalità convenzionale, sub specie precisione e determinatezza, così come, invece, richiesto dall’art. 2 Prot. 4 CEDU in materia di libertà di circolazione334.
Si tratta di una pronuncia che assume un particolare rilievo non solo in ragione delle rilevanti considerazioni in diritto svolte dai giudici europei, ma anche perché si tratta
332 C. edu, grande camera, sent. 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, in https://hudoc.echr.coe.int.
333 F. VIGANÒ, La Corte di Strasburgo assesta un duro colpo alla disciplina italiana delle misure di
prevenzione personali, cit., p. 370.
334 Oltre al già citato commento di F. VIGANÒ, si vedano anche: G. BIONDI, Misure di prevenzione e CEDU, in Cass. pen., 2017, n. 5, p. 2072; M. CERASE, De Tommaso: una clava di cartapesta, in Cass. pen., 2018, n. 7-8, p. 2670; S.FINOCCHIARO, Le misure di prevenzione italiane sul banco degli imputati a Strasburgo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017, p. 881; F.P.LASALVIA,Il sasso nello stagno: luci “europee” e ombre “nazionali” su una sentenza “storica”? Appunti di Cedu De Tommaso c. Italia, in Arch. pen., 2017, n. 1;
V.MAIELLO, De Tommaso c. Italia e la cattiva coscienza delle misure di prevenzione, in Dir. pen. proc., 2017, p. 1039; A. M. MAUGERI, Misure di prevenzione e fattispecie a pericolosità generica: la Corte
europea condanna l’Italia per la mancanza di qualità della “legge”, ma una rondine non fa primavera, in Dir. pen. cont., fasc. 3/2017, p. 15; Fr. MAZZACUVA, La prevenzione sostenibile, cit., p. 1017; F.MENDITTO,
La sentenza De Tommaso c. Italia: verso la piena modernizzazione e la compatibilità convenzionale del sistema della prevenzione, in Dir. pen. cont., fasc. 4/2017, p. 127; E. RIZZATO, Misure di prevenzione e
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del primo caso, dopo la vicenda Guzzardi335, in cui la Corte europea riconosce un’incompatibilità del diritto italiano della prevenzione con i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione non solo nella sua concreta applicazione336, bensì anche nella sua astratta formulazione337.
Il caso sottoposto all’attenzione della grande camera era il seguente: nel 2008 il Tribunale di Bari, dopo aver inquadrato il proposto nelle categorie di pericolosità generica
335 Nella sent. 6 gennaio 1980, Guzzardi c. Italia, in https://hudoc.echr.coe.int, la Corte europea si era occupata del caso relativo ad un soggetto imputato per gravi reati di mafia e di traffico di stupefacenti il quale, scaduti i termini massimi di custodia cautelare, era stato sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno presso l’isola dell’Asinara. In quell’occasione la Corte, dopo aver ricordato che la differenza tra privazione e semplice restrizione della libertà personale, rispettivamente tutelate dagli artt. 5 CEDU e 2 Prot. 4 CEDU, si risolve in molti casi in una questione di intensità dell’incidenza su tale diritto fondamentale (§ 93), ha escluso che la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno di per sè rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 5 CEDU (§ 94). Tuttavia, in considerazione delle peculiari caratteristiche dell’isola dell’Asinara e delle condizioni di permanenza dei sorvegliati speciali, nel caso di specie la Corte ha ravvisato un’interferenza con la disciplina convenzionale in materia di libertà personale (§ 95). Non incontrando tale interferenza nessun fondamento nelle ipotesi di cui alle lett. a)-f), la Corte ha concluso per la violazione dell’art. 5 CEDU. Tale pronuncia, sebbene fortemente legata alle peculiarità del caso concreto, ha tuttavia segnato la fine del confino di memoria fascista. Infatti, con la l. n. 327/1988 il legislatore ha provveduto a riformare l’art. 3 l. n. 1423/1956, stabilendo che l’obbligo di soggiorno può essere imposto solamente nel comune di residenza o di dimora abituale.
336 Dopo il caso Guzzardi, la Corte europea ha per lungo tempo assunto un atteggiamento di estrema cautela nel valutare la compatibilità convenzionale delle misure di prevenzione italiane. A parte, infatti, la censura relativa alla mancanza di una udienza pubblica nella sent. 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c. Italia, la Corte di Strasburgo ha sempre salvato la disciplina di prevenzione personale e patrimoniale italiana, attribuendo particolare rilievo al fatto che tali misure sono destinate a combattere il grave fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso. Con riferimento alle misure personali, nella sent. 6 aprile 2000,
Labita c. Italia la grande camera di Strasburgo, pur riconoscendo nel caso specifico una violazione dell’art.
2 Prot. 4 CEDU, ha affermato in termini generali che «it is legitimate for preventive measures, including
special supervision, to be taken against persons suspected of being members of the Mafia, even prior to conviction, as they are intended to prevent crimes being committed» (§ 195). Similmente, nella sent. 22
febbraio 1994, Raimondo c. Italia, la Corte ha sottolineato che la confisca «costituisce un’arma efficace e necessaria per combattere il flagello» della mafia e che essa «appare dunque proporzionata all’obiettivo perseguito, tanto più che essa non comporta in realtà alcuna restrizione ulteriore rispetto al sequestro» (§ 30). Le considerazioni appena riportate hanno poi trovato conferma nella successiva giurisprudenza di Strasburgo. Tutte le sentenze menzionate in questa nota sono reperibili sul sito https://hudoc.echr.coe.int.
337 Si veda F.VIGANÒ, La Corte di Strasburgo assesta un duro colpo alla disciplina italiana delle misure
di prevenzione personali, cit., p. 376, laddove rimarca la particolare importanza della pronuncia De Tommaso, «perché pronunciata – in prima e unica istanza – dalla Grande Camera, cui il caso era stato
devoluto proprio in considerazione della speciale importanza dei principi di diritto in gioco. La Grande Camera – e ne sono ben consapevoli tutti i giudici, anche i cinque concorrenti che cercano invece di riportare l’attenzione sulle specificità del caso concreto – ha qui giudicato non tanto sulle violazioni commesse dai giudici del Tribunale di Bari nei confronti del signor de Tommaso, quanto sulla legislazione italiana in materia di misure di prevenzione, sotto il profilo della sua compatibilità con gli standard convenzionali».
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di cui all’art. 1, nn. 1 e 2, l. n. 1423/1956 e aver positivamente riscontrato la sua pericolosità per la pubblica sicurezza, aveva disposto l’applicazione della misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza ai sensi dell’allora vigente art. 3 della medesima legge. In sede di impugnazione, però, la Corte d’appello aveva revocato la misura per mancanza di pericolosità sociale al momento dell’adozione del decreto, evidenziando in particolare che il provvedimento di primo grado si era basato su annotazioni di polizia riguardanti un omonimo del prevenuto. A seguito di tali vicende giudiziarie il soggetto aveva adito la Corte europea, lamentando la violazione degli artt. 5, 6 e 13 CEDU nonché dell’art. 2 Prot. 4 CEDU con riferimento al periodo in cui egli era stato sottoposto alla sorveglianza speciale. Va peraltro osservato che la sorveglianza speciale si era protratta per diversi mesi, e ciò in ragione del lungo periodo di tempo intercorso tra la data di proposizione dell’appello e quella della decisione.
Per quanto specificamente attiene alla violazione della libertà personale338, la Corte dichiara inammissibile la doglianza relativa all’art. 5 CEDU e conferma il proprio consolidato orientamento secondo il quale la misura di prevenzione della sorveglianza speciale rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 2 Prot. 4 CEDU, che tutela l’individuo contro le limitazioni della libertà di movimento339.
Individuata la cornice normativa di riferimento, la Corte – dopo aver ricordato che il principio della riserva di legge previsto dall’art. 2 Prot. 4 CEDU non si limita a richiedere l’esistenza di una “base legale” ma implica anche un determinato “standard qualitativo” della medesima legge, comprensivo dei requisiti di “accessibilità” e
338 Per quanto attiene alle doglianze relative all’art. 6 CEDU, ci limitiamo qui a ricordare che la Corte ha ritenuto fondato il ricorso limitatamente alla mancanza di una pubblica udienza, mentre ha escluso che il procedimento di prevenzione cui è stato sottoposto il sig. De Tommaso non abbia rispettato i requisiti del “fair trial”. Cfr. C. edu, grande camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, cit., §§ 128-185.
339 Cfr. C. edu, grande camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, cit., §§ 82-92, dove la Corte ammette che nel caso Guzzardi era stata riconosciuta una violazione dell’art. 5 CEDU in ragione delle particolarissime modalità di esecuzione della misura della sorveglianza speciale, le quali erano in tutto e per tutto assimilabili ad uno stato detentivo. Nella giurisprudenza successiva, tuttavia, la Corte di Strasburgo ha sempre ricondotto la sorveglianza speciale nell’alveo dell’art. 2 Prot. 4 CEDU. Nel caso relativo al sig. De Tommaso, sovrapponibile a quelli esaminati in passato, la Corte reputa che non vi siano «sufficiently relevant grounds for changing this approach, especially as it appears that in the present case,
having regard to the effects of the applicant’s special supervision and the manner of its implementation, there were no restrictions on his freedom to leave home during the day and he was able to have a social life and maintain relations with the outside world».
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“prevedibilità”340 – giudica incompatibile con la Convenzione, in quanto scarsamente precisa e, dunque, non sufficientemente prevedibile, la l. n. 1423/1956 con riferimento a due particolari profili:
‒ in primo luogo, la Corte giudica scarsamente determinate le fattispecie di pericolosità di cui all’art. 1, n. 1 e 2, l. n. 1423/1956 [oggi art. 1, lett. a) e b), cod. ant.] in quanto non indicano le specifiche condotte che debbono essere assunte come base del giudizio di pericolosità e, di conseguenza, non offrono una adeguata protezione rispetto alle possibili arbitrarie ingerenze dell’autorità giudiziaria341: sebbene, infatti, già a far data dal 1980 la Corte costituzionale italiana avesse imposto di fondare l’applicazione delle misure di prevenzione su fatti concreti e non su meri sospetti342, i giudici europei constatano che, successivamente a tale presa di posizione, «neither the Act nor the Constitutional Court
have clearly identified the “factual evidence” or the specific types of behaviour which must be taken into consideration in order to assess the danger to society posed by the individual and which may give rise to preventive measures»343;
‒ in secondo luogo, la Corte censura alcune delle prescrizioni accessorie alla sorveglianza speciale – precisamente, quelle di «vivere onestamente e di rispettare le leggi» e di «non dare ragione di sospetto»344 – in quanto esse sono formulate «in very
general terms» e il loro contenuto è «extremely vague and indeterminate»345. I giudici
340 Cfr. C. edu, grande camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, cit., § 106-109. In particolare, la Corte ricorda che, secondo la propria giurisprudenza consolidata, «a norm cannot be regarded as a “law”
unless it is formulated with sufficient precision to enable citizens to regulate their conduct» e che «a rule is “foreseeable” when it affords a measure of protection against arbitrary interferences by the public authorities», fermo restando ovviamente che « [t]he level of precision required of domestic legislation – which cannot in any case provide for every eventuality – depends to a considerable degree on the content of the law in question, the field it is designed to cover and the number and status of those to whom it is addressed».
341 C. edu, grande camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, cit., § 118.
342 Il riferimento è a C. cost., sent. 16-22 dicembre 1980, n.177, cit. V. supra, 9.1.
343 C. edu, grande camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, cit., § 117. Nel caso di specie la Corte evidenzia che il tribunale di Bari ha applicato la sorveglianza speciale al ricorrente facendo riferimento a tendenze criminali “attive”, senza tuttavia individuare alcun comportamento o attività criminale. In altre parole, «the court based its reasoning on the assumption of “criminal tendencies”, a criterion that the
Constitutional Court had already considered insufficient – in its judgment no. 177 of 1980 – to define a category of individuals to whom preventive measures could be applied» (§ 118).
344 La prescrizione «non dare ragione di sospetto» è stata poi soppressa con l’emanazione del codice antimafia.
345 C. edu, grande camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, cit., § 119. Nei successivi paragrafi (§§120-122), la Corte argomenta che al medesimo giudizio negativo si sarebbe pervenuti anche se i fatti sottoposti alla sua attenzione fossero occorsi dopo la pronuncia della Corte costituzionale italiana del 7-23
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europei manifestano inoltre “preoccupazione” rispetto alla prescrizione relativa al divieto di partecipare a pubbliche riunioni, dal momento che la legge non specifica i limiti spaziali e temporali della compressione di tale libertà fondamentale, lasciando in questo modo al giudice una discrezionalità pressoché totale346.
Per tali ragioni, la Corte EDU conclude per l’insufficiente prevedibilità della l. n. 1423/1956, dal momento che essa è formulata «in vague and excessively broad terms» e che «[n]either the individuals to whom preventive measures were applicable (section 1
of the 1956 Act) nor the content of certain of these measures (sections 3 and 5 of the 1956 Act) were defined by law with sufficient precision and clarity»347.
Sebbene le affermazioni contenute nella sentenza De Tommaso siano di indubbia importanza – in ragione della particolare autorevolezza della sede in cui sono state pronunciate e delle ripercussioni sull’ordinamento interno che ciascuna pronuncia della grande camera di Strasburgo può produrre348 e che, in questo caso, ha effettivamente prodotto [infra, 14.3.] – non si può certo dire che esse rappresentino “un fulmine a ciel sereno” per il diritto della prevenzione italiano. Come si ricorderà, infatti, in tempi non sospetti la più attenta dottrina aveva mosso le medesime critiche alle fattispecie di pericolosità così come delineate dalla l. n. 327/1988 [supra, 9.2.1.] e, prima ancora, alle prescrizioni che accedono alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza [supra, 5.]. Il valore aggiunto della pronuncia della grande camera può allora essere riconosciuto nell’aver riportato al centro del dibattito dottrinale e giurisprudenziale un tema – quello della compatibilità costituzionale e convenzionale delle misure di prevenzione – che ormai aveva perso vivacità, stretto tra le nette prese di posizione contro il sistema ante
luglio 2010, n. 282, nella quale era stata esclusa una incompatibilità con la Costituzione delle prescrizioni in commento attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata. La Corte EDU, infatti, non è convinta che la pronuncia n. 282/2010 abbia portato un contributo decisivo in termini di maggiore precisione delle prescrizioni prese in considerazione. Inoltre, secondo i giudici di Strasburgo, la sentenza della Corte costituzionale non elimina l’ampio margine di discrezionalità concesso al giudice nell’imporre ulteriori prescrizioni al sorvegliato, qualora reputate necessarie nel caso concreto.
346 C. edu, grande camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, cit., § 123.
347 C. edu, grande camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia, cit., §§ 124-125.
348 F. VIGANÒ, La Corte di Strasburgo assesta un duro colpo alla disciplina italiana delle misure di
prevenzione personali, cit., p. 377, il quale giudica la pronuncia in commento come un «punto fermo» con
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delictum nel suo complesso da parte di certa dottrina349 e un atteggiamento complessivamente “conservatore” della giurisprudenza costituzionale350.
14.2. Le reazioni della giurisprudenza di merito e di legittimità alla sentenza De
Tommaso. L’interpretazione “tassativizzante”.
La dottrina saluta da subito con favore la pronuncia della grande camera, che viene vista come un’importante occasione per provare a vincere le resistenze per lungo tempo opposte dalla Corte costituzionale ad un serio vaglio dei (numerosi) profili di incompatibilità costituzionale della disciplina della prevenzione351, o addirittura come l’occasione per una modernizzazione dell’intero sistema ante delictum352.
349 Cfr., tra gli altri, L. FILIPPI, M. F. CORTESI, Il codice delle misure di prevenzione, cit., p. 12.; A.MANNA,
Il diritto delle misure di prevenzione, in S. Furfaro (a cura di), Misure di prevenzione, Torino, 2013, p. 3;
A.MANNA,F.P.LASALVIA, Le pene senza delitto: sull’inaccettabile “truffa delle etichette”, in Arch. pen., 2017, n. 1; L.MAZZA,Le misure di prevenzione: un passato nebuloso, un futuro senza prospettive, in Riv. pol., 1992, p. 385.
350 Dopo la più volte citata sent. n. 177/1980, infatti, la Corte costituzionale ha nuovamente assunto un atteggiamento complessivamente “conservatore”, incidendo solo su aspetti tutto sommato marginali del sistema preventivo e, per il resto, salvando l’impianto complessivo delle misure di prevenzione. Solo in tre casi, infatti, la Corte ha accolto le questioni dinanzi a lei sollevate dai giudici a quibus. In particolare, con sent. 24 novembre-7 dicembre 1994, n. 419, in Giur. cost., 1994, p. 3702, con commento di P.V. MOLINARI, Alcune riflessioni sul soggiorno cautelare riscritto in gran parte dalla corte costituzionale, in
Cass. pen., 1995, n. 3, p. 517, è stato dichiarato incostituzionale il soggiorno cautelare previsto dall’art. 25-quater d.l. n. 306/1992 per violazione della riserva di giurisdizione di cui all’art. 13 Cost. Con sent. 8-12
marzo 2010, n. 93, in Giur. cost., 2010, p. 1053, annotata da R. CONTI, Corte costituzionale e CEDU:
qualcosa di nuovo all’orizzonte?, in Corr. giur., 2010, n. 5, p. 624, e da P. CORVI, Il problema della
pubblicità nel procedimento di prevenzione e nei riti camerali alla luce delle ultime pronunce giurisprudenziali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2011, p. 969, sono stati dichiarati incostituzionali gli artt. 4 l.
n. 1423/1956 e 2-ter l. n. 575/1965, per violazione dell’art. 117 Cost. in relazione all’art. 6 par. 1 CEDU, nella parte in cui non prevedevano che l’udienza potesse svolgersi, su richiesta dell’interessato, in forma pubblica. Infine, con sent. 2-6 dicembre 2013, n. 291, in Giur. cost., 2013, p. 4648, con note di M. FORMICA, L’estensione alle misure di prevenzione personali di una “ragionevole” norma prevista per le
misure di sicurezza, in Giur. cost., 2013, n. 6, p. 4669, e di F. FIORENTIN, Lo scarto temporale tra delibera
ed esecuzione impone al giudice una nuova indagine d’ufficio, in Guida dir., 2014, n. 2, p. 58, è stato
dichiarato incostituzionale l’art. 12 l. n. 1423/1956 (oggi art. 15 cod. ant.), per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevedeva una nuova valutazione della pericolosità del soggetto in caso di sospensione dell’esecuzione della misura di prevenzione a causa dello stato di detenzione.
351 F. VIGANÒ, La Corte di Strasburgo assesta un duro colpo alla disciplina italiana delle misure di
prevenzione personali, cit., p. 377.
352 A. M. MAUGERI, Misure di prevenzione e fattispecie a pericolosità generica, cit., p. 15; F.MENDITTO,
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La giurisprudenza di merito, invece, cerca inizialmente di resistere alla pressione provocata dalla sentenza De Tommaso, trincerandosi dietro l’argomento – non condiviso dalla migliore dottrina353 – secondo il quale l’orientamento espresso dalla grande camera di Strasburgo non potrebbe dirsi ancora “consolidato” alla luce della nota pronuncia n. 49/2015 della Corte costituzionale354.
Contestualmente, la giurisprudenza di legittimità prosegue e approfondisce un’operazione, invero già cominciata almeno in parte prima della sentenza De Tommaso – e che la stessa Corte EDU non ha potuto tenere in debito conto, dal momento che l’udienza si è tenuta nel maggio 2015 –, volta ad una “tassativizzazione” in via interpretativa delle norme del diritto della prevenzione maggiormente stridenti con il principio di legalità355. Riservandoci di ritornare più approfonditamente sul punto quando tratteremo le disposizioni interessate dall’anzidetta attività ermeneutica [infra, cap. II, 2.1.2. e 2.2.1.], ci basti qui ricordare che la “tassativizzazione” ha interessato sia le fattispecie di pericolosità356, sia le prescrizioni accessorie alla sorveglianza speciale e la
353 Sostengono che la sentenza De Tommaso costituisca un orientamento consolidato secondo