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L’inquadramento del proposto in una delle fattispecie di pericolosità

LA DISCIPLINA VIGENTE IN MATERIA DI MISURE DI PREVENZIONE. PROFILI SOSTANZIALI

4. L’inquadramento del proposto in una delle fattispecie di pericolosità

Il primo passo per l’applicazione di una misura di prevenzione consiste, come già anticipato, nell’inquadramento del proposto in una delle fattispecie di pericolosità di cui agli artt. 1 e 4 cod. ant. Ciò significa che «il giudizio di prevenzione, lungi dal consistere in una mera valutazione di pericolosità soggettiva (la parte prognostica del giudizio) si alimenta in primis dall’apprezzamento di “fatti” storicamente apprezzabili e costituenti a loro volta “indicatori” della possibilità di iscrivere il soggetto proposto in una delle categorie criminologiche previste dalla legge»109.

La suddetta fase, di tipo eminentemente diagnostico, è dunque deputata alla verifica della riconducibilità del proposto ad una delle fattispecie sintomatiche di pericolosità, attività che permette di individuare le situazioni-tipo in presenza delle quali il giudice deve procedere all’accertamento vero e proprio della pericolosità110. Come affermato dai giudici di legittimità, la pericolosità, concetto centrale e imprescindibile di

108 A. BALSAMO, V.D’AGOSTINO, I soggetti destinatari, cit., p. 580. Perviene alla medesima lettura “minimalista” anche V.MAIELLO,La corruzione nel prisma della prevenzione ante delictum, cit., p. 5. 109 C. cass., sez. I, 11 febbraio (dep. 5 giugno) 2014, n. 23641, Mondini, in CED Cassazione. In termini simili, C. cass., sez. I, 1° febbraio (dep. 31 maggio) 2018, n. 24707, Oliveri, in CED Cassazione, dove si sottolinea che «il giudizio di prevenzione (…) è strutturato come giudizio “cognitivo” teso a ricostruire, preliminarmente, talune condotte poste in essere dal soggetto ‘attenzionato’, in virtù del fatto che la formulazione di un giudizio prognostico rivolto al futuro (il giudizio di pericolosità attuale) è affrancata da un inaccettabile soggettivismo (che contrasterebbe con la natura giurisdizionale del procedimento) se ed in quanto trae origine da un previa operazione di tipo ricostruttivo, del tutto analoga a quella che si realizza – in sede penale – lì dove si ricostruisce il rapporto tra fatto concreto e fattispecie astratta».

110 Cfr. T. PADOVANI, La pericolosità sociale sotto il profilo giuridico, in F. Ferracuti (a cura di), Trattato

di criminologia, medicina criminologica e psichiatria forense, XIII, Milano, 1990, p. 313, il quale osserva

che la «accentuata propensione a riaffermare il primato di valutazioni puramente legali nelle fattispecie sintomatiche di pericolosità deve considerarsi positiva, in rapporto alla funzione di limite implicitamente assegnata agli elementi indizianti reali; cioè in rapporto al fatto che essi servono a circoscrivere le situazioni-tipo in presenza delle quali il giudice deve poi procedere all’ulteriore accertamento della pericolosità in concreto».

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tutto il sistema di prevenzione, rischia di «essere fuorviante lì dove tale nozione venga intesa in senso del tutto generico, senza tener conto della selezione normativa delle specifiche “categorie” di pericolosità»: in effetti, le indicazioni legislative devono ritenersi «“tipizzanti” e determinano la esclusione dal settore in esame di quelle condotte che pur potendo inquadrarsi come manifestazione di pericolosità soggettiva risultino estranee al “perimetro descrittivo”» di cui agli artt. 1 e 4 cod. ant.111. Addirittura, secondo una successiva pronuncia, «la descrizione della ‘categoria criminologica’ di cui agli artt. 1 e 4 del d.lgs. n.159 del 2011 ha il medesimo “valore” che nel sistema penale è assegnato alla norma incriminatrice, ossia esprime la ‘previa’ selezione e connotazione, con fonte primaria, dei parametri fattuali rilevanti, siano gli stessi rappresentati da una condotta specifica (le ipotesi di ‘indizio di commissione’ di un particolare reato, con pericolosità qualificata) o da un ‘fascio di condotte’ (le ipotesi di pericolosità generica)»112.

Nonostante questo parallelismo tra fattispecie preventiva e norma incriminatrice, la stessa giurisprudenza di legittimità ha sempre escluso l’operatività, all’interno del processo di prevenzione, del principio di correlazione tra imputazione e sentenza proprio del rito penale113: è dunque possibile – a patto che gli elementi posti a fondamento della decisione siano stati acquisiti nel contraddittorio con l’interessato – che il soggetto proposto per l’applicazione di una misura di prevenzione sulla base del previo inquadramento in una data categoria soggettiva sia poi effettivamente destinatario della misura stessa, ma sul presupposto del suo inquadramento in un’altra fattispecie di pericolosità114.

111 C. cass., sez. I, 24 marzo (dep. 17 luglio) 2015, n. 31029, Scagliarini, in CED Cassazione.

112 C. cass., sez. I, 15 giugno 2017 (dep. 9 gennaio 2018), n. 349, Bosco, in CED Cassazione.

113 Sul principio di correlazione tra imputazione e sentenza, cfr.: F. CORDERO, Procedura penale, VIII ed., Milano, 2006, pp. 954-5; P. TONINI, Manuale di procedura penale, XIX ed., Milano, 2018, p. 770; G. CARUTI, Il giudizio ordinario, in Aa.Vv., Procedura penale, Torino, 2018, p. 648.

114 Il problema si è posto soprattutto in relazione ai casi in cui è stata esclusa la riconducibilità del proposto alla fattispecie di pericolosità mafiosa, ma è stata comunque ritenuta sussistente una (o più di una) fattispecie di pericolosità generica. Cfr.: C. cass., sez. I, 5 febbraio (dep. 22 febbraio) 2019, n. 8038, Manauro, in CED Cassazione; C. cass., sez. VI, 15 giugno (dep. 21 settembre) 2017, n. 43446, Cristodaro, in CED Cassazione; C. cass., sez. I, 18 maggio (dep. 15 settembre) 2017, n. 42238, Mancuso, in CED

Cassazione; C. cass., sez. I, 8 aprile (dep. 12 luglio) 2013, n. 29966, Costa, in CED Cassazione; C. cass.,

sez. I, 25 febbraio (dep. 16 marzo) 2009, n. 11494, Corica, in CED Cassazione; C. cass., sez. II, 6 marzo (dep. 10 luglio) 2008, n. 28638, Bardellino, in CED Cassazione; C. cass., sez. V, 12 gennaio (dep. 25 gennaio) 1999, n. 38, Galasso, in CED Cassazione; C. cass., sez. I, 5 ottobre 1998 (dep. 12 gennaio 1999), n. 4775, De Filippis, in CED Cassazione; C. cass., sez. VI, 6 gennaio (dep. 26 marzo) 1998, n. 274,

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Tornando alla fase constatativa del giudizio di pericolosità, abbiamo già visto come la Cassazione abbia intrapreso da qualche anno un percorso volto «a chiarire, circoscrivere, fissare paletti – in breve: a “tassativizzare” in via interpretativa – le locuzioni che compaiono nel testo degli artt. 1 e 4» fino a trasformare tali disposizioni «in vere e proprie fattispecie di pericolosità»115 [supra, cap. I, 14.2.; supra, 2.1.2., 2.2.1.]. L’operazione di tassativizzazione avviata dalla giurisprudenza di legittimità non si è tuttavia limitata alla specificazione dei contenuti delle fattispecie soggettive di cui agli artt. 1 e 4, ma si è estesa fino alla formulazione di alcune regole di massima che il giudice della prevenzione deve seguire nel condurre il giudizio diagnostico116.

Per comprendere appieno il significato di tale percorso, è forse opportuno ricordare che tradizionalmente il processo di prevenzione vanta una piena autonomia, normativamente sancita all’art. 29 cod. ant., rispetto al processo penale117. L’autonomia di cui al citato articolo non è stata riduttivamente intesa dalla giurisprudenza come mera assenza di pregiudizialità del rito penale rispetto al procedimento preventivo, ma è stata interpretata come potere del giudice della prevenzione di utilizzare elementi probatori e indiziari tratti da procedimenti penali ancora in corso o già conclusi, e di valutarli in maniera del tutto indipendente dalle conclusioni cui il giudice penale è eventualmente pervenuto118.

Albanese, in CED Cassazione; C. cass., sez. I, 23 febbraio (dep. 16 marzo) 1994, n. 950, Russo, in CED

Cassazione; C. cass., sez. I, 18 gennaio (dep. 8 marzo) 1994, n. 252, Di Nardo, in CED Cassazione. 115 F. BASILE, Tassatività delle norme ricognitive della pericolosità nelle misure di prevenzione, cit., p. 8.

116 Il riferimento è alla già citata “tassatività processuale”. Si rinvia alla nota 68 del presente capitolo.

117 Si rinvia alla nota 67 del presente capitolo per le indicazioni bibliografiche essenziali.

118 Si tratta di un orientamento costante. Cfr.: C. cass., sez. V, 15 marzo (dep. 20 aprile) 2018, n. 17946, Buggea, in CED Cassazione; C. cass., sez. II, 19 gennaio (dep. 15 marzo) 2018, n. 11846, Carnovale, cit.; C. cass., 13 luglio (dep. 21 luglio) 2017, n. 36216, Schiraldi, in CED Cassazione; C. cass., sez. II, 30 aprile (dep. 19 giugno) 2013, n. 26774, Chianese, in CED Cassazione; C. cass., sez. VI, 8 gennaio (dep. 30 gennaio) 2013, n. 4668, Parmigiano, in CED Cassazione; C. cass., sez. V, 25 settembre (dep. 19 ottobre) 2009, n. 40490, Gerotti, in CED Cassazione; C. cass., sez. I, 6 novembre (dep. 23 dicembre) 2008, n. 47764, Mendicino, in CED Cassazione; C. cass., sez. I, 17 gennaio (dep. 12 febbraio) 2008, n. 6613, Carvelli, in

CED Cassazione; C. cass., sez. I, 15 ottobre (dep. 11 novembre) 2003, n. 43046, Andronico, in CED Cassazione; C. cass., sez. V, 31 marzo (dep. 27 aprile) 2000, n. 1968, Mannone, in CED Cassazione; C.

cass., sez. I, 16 aprile (dep. 4 luglio), n. 2142, Castellano, in CED Cassazione; C. cass., sez. I, 20 novembre 1997 (dep. 28 gennaio 1998), n. 6521, Perreca, in CED Cassazione; C. cass., sez. VI, 7 aprile (dep. 20 maggio) 1997, n. 1503, Crimi, in CED Cassazione; C. cass., sez. VI, 19 marzo (dep. 2 maggio) 1997, n. 1171, Commisso, in CED Cassazione; C. cass., sez. II, 19 dicembre 1996 (dep. 10 gennaio 1997), n. 5231, Di Muro, in CED Cassazione; C. cass., sez. un., 3 luglio (dep. 17 luglio) 1996, Simonelli, in CED

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Ebbene, pur senza negare o ridimensionare la regola dell’autonomia del processo di prevenzione, la giurisprudenza più recente ha escluso che possano assumere rilievo, ai fini della riconducibilità ad una delle categorie di pericolosità c.d. generica, le sentenze di assoluzione, posto che le fattispecie di cui all’art. 1, lett. b) e c), cod. ant. richiedono la constatazione di ricorrenti attività delittuose119; per contro, è «consentito al giudice della prevenzione valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale che non abbiano dato luogo a sentenza di condanna, in presenza di sentenze di proscioglimento per intervenuta prescrizione (limite esterno alla punibilità del fatto) “lì dove il fatto risulti delineato con sufficiente chiarezza o sia comunque ricavabile in via autonoma dagli atti”»120.

Lo stesso ragionamento non è stato per il momento esteso alle fattispecie indiziarie di cui all’art. 4 cod. ant., e in particolare alla categoria degli indiziati di appartenenza ad un’associazione di tipo mafioso: per tali destinatari deve ritenersi ancora valido l’insegnamento delle sezioni unite Simonelli, secondo cui «alla mancanza anche assoluta di prove o di gravi indizi di colpevolezza richiesti dalla legge per giungere ad un’affermazione di responsabilità in sede penale non corrisponde affatto un’analoga valenza in tema di “procedimento di prevenzione”, nel quale gli indizi di affiliazione ad un “clan mafioso” e la indimostrata liceità dell’appartenenza dei beni possono essere desunti anche dagli stessi fatti storici in ordine ai quali è stata esclusa la configurabilità di illiceità penale ovvero da altri acquisiti o autonomamente desunti nel giudizio di prevenzione»121. In assenza di pronunce in senso contrario, riteniamo che il principio

119 C. cass., sez. II, 19 gennaio (dep. 15 marzo) 2018, n. 11846, Carnovale, in CED Cassazione; C. cass., sez. I, 24 marzo (dep. 17 luglio) 2015, n. 31029, Scagliarini, in CED Cassazione.

120 Così C. cass., sez. II, 19 gennaio (dep. 15 marzo) 2018, n. 11846, Carnovale, in CED Cassazione, la quale richiama a sua volta la sentenza Scagliarini del 2015. In termini più ampi, secondo C. cass., sez. VI, 21 settembre (dep. 21 novembre) 2017, n. 53003, D’Alessandro, in CED Cassazione, non si può «prescindere dal pregresso accertamento in sede penale – ancorché non definito da una sentenza di condanna ma in ipotesi mediante applicazione di amnistia, indulto, causa di non punibilità derivante da collaborazione volontaria di cui all’art. 5-quater della l. n. 227 del 1990, prescrizione, etc. – dell’avvenuta commissione di fatti integranti delitti».

121 Così C. cass., sez. un., 3 luglio (dep. 17 luglio) 1996, Simonelli, in CED Cassazione, § 8. Successivamente, in senso conforme: C. cass., sez. I, 7 gennaio (dep. 18 febbraio) 2016, n. 6636, Pandico, in CED Cassazione; C. cass., sez. VI, 18 settembre (dep. 4 dicembre) 2014, n. 50946, Catalano, in CED

Cassazione; C. cass., sez. II, 6 dicembre 2005 (dep. 13 aprile 2006), n. 13544, Bocellari, in CED Cassazione; C. cass., sez. II, 28 febbraio (dep. 16 maggio) 2001, n. 20108, Nicoletti, in CED Cassazione;

C. cass., sez. II, 9 maggio (dep. 18 settembre) 2000, n. 2542, Coraglia, in CED Cassazione; C. cass., sez. V, 18 settembre (23 ottobre) 1997, n. 3858, Iovine, in CED Cassazione.

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appena riportato sia da considerarsi esteso anche alle fattispecie indiziarie di pericolosità di cui all’art. 4, lett. b) e i-bis), cod. ant.122.

5. I soggetti destinatari delle misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla