LA DISCIPLINA VIGENTE IN MATERIA DI MISURE DI PREVENZIONE. PROFILI SOSTANZIALI
1. Ambito soggettivo di applicazione delle misure di prevenzione: alcune premesse di carattere generale
Nel capitolo precedente abbiamo ripercorso la lunga storia delle misure di prevenzione nell’ordinamento italiano, cercando di mettere in luce le tappe fondamentali di quella che ci sembra una delle principali tendenze evolutive del sistema ante delictum, e cioè la sua progressiva trasformazione da coacervo di mezzi di controllo e profilassi della marginalità sociale in strumento di contrasto (anche) della criminalità lucrogenetica.
130
Proprio da questo angolo visuale, nelle pagine che seguono analizzeremo la disciplina contenuta oggi nel d.lgs. n. 159/2011, operando una selezione imposta dall’oggetto della presente indagine: ci limiteremo a rapidi cenni sulle questioni che non presentano una specifica attinenza al tema indagato, per concentrarci, invece, sui profili di maggiore interesse relativi alla (nuova) prevenzione della criminalità lucrogenetica.
In via preliminare, cominciamo con il fornire una panoramica dei destinatari del diritto preventivo1. Il codice antimafia presenta un ricco ed eterogeneo catalogo di destinatari, suddiviso negli artt. 1, 4, 16, 18, 34 e 34-bis, il quale costituisce il risultato di un’incessante stratificazione normativa tesa ad allargare sempre più lo spettro di applicazione soggettiva delle misure in questione e che parte della dottrina ha descritto – con un’immagine indubbiamente suggestiva ma che, come vedremo tra poco, perde qualcosa in termini di precisione – come un sistema «a cerchi concentrici»2.
Il primo “cerchio” di destinatari è previsto dall’art. 1 cod. ant., dove vengono delineate le tre fattispecie di pericolosità c.d. generica rispetto alle quali possono trovare applicazione le misure di prevenzione questorili dell’avviso orale e del foglio di via
obbligatorio. Le anzidette categorie soggettive comprendono:
‒ coloro che devono ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi [infra, 2.1.];
1 Per un’analisi di tutte le fattispecie di pericolosità contemplate dal codice antimafia, tra i molti, cfr.: A. BALSAMO, V.D’AGOSTINO, I soggetti destinatari, in F. Fiorentin (a cura di), Misure di prevenzione
personali e patrimoniali, Torino, 2018, p. 545; A.M.MAUGERI, I destinatari delle misure di prevenzione
tra irrazionali scelte criminogene e il principio di proporzione, cit., p. 37; Fr.MAZZACUVA, Le persone
pericolose e le classi pericolose, in S. Furfaro (a cura di), Misure di prevenzione, Torino, 2013, p. 93. 2 Utilizza l’immagine dei “cerchi concentrici” A. BALSAMO, Codice antimafia, cit., p. 62, dove l’A., invero considerando i soli artt. 1, 4 e 16 cod. ant. e valorizzando i rinvii interni tra le citate disposizioni, evidenzia come «l’ambito dei destinatari delle misure patrimoniali include quello delle misure personali applicate in sede giudiziaria, che a sua volta ricomprende quello delle misure personali disposte in sede amministrativa». In realtà, come si dirà tra poco, tale descrizione non convince fino in fondo, dal momento che, da un lato, omette di considerare l’applicabilità della confisca di prevenzione anche agli eredi del proposto, i quali non devono a loro volta essere necessariamente inquadrati in una delle categorie soggettive di cui all’art. 16; e, dall’altro lato, trascura il fatto che le misure dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34 cod. ant. e del controllo giudiziario ex art. 34-bis cod. ant. hanno un ambito soggettivo di applicazione affatto diverso, presupponendo proprio la non applicabilità di una misura di prevenzione patrimoniale. Inoltre, anche la “coerenza interna” dei rimandi contenuti negli artt. 4 e 16 è stata in parte scardinata dalla recente pronuncia della Corte costituzionale n. 24/2019, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1, lett. a), cod. ant., nella parte in cui viene richiamato dagli artt. 4 e 16 come presupposto per l’applicazione della sorveglianza speciale e della confisca.
131
‒ coloro che per la condotta e il tenore di vita deve ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose [infra, 2.2.];
‒ coloro che per il loro comportamento deve ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’art. 2 cod. ant., nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica [infra, 2.3.].
Il successivo “cerchio” è rappresentato dall’art. 4 cod. ant., il quale contiene l’elencazione dei soggetti cui può essere applicata dal tribunale la sorveglianza speciale
di pubblica sicurezza. Accanto ai pericolosi generici di cui all’art. 1, lett. b) e c),
richiamati dalla lett. c) dell’art. 4 cod. ant.3, il citato art. 4 prevede plurime fattispecie di pericolosità c.d. qualificata4:
‒ due fattispecie di pericolosità correlate alla criminalità organizzata, comprensive degli indiziati di appartenere alle associazioni di tipo mafioso [art. 4, lett. a), cod. ant.], nonché degli indiziati di uno dei delitti rientranti nella competenza della direzione distrettuale antimafia secondo il disposto dell’art. 51, co. 3-bis, c.p.p.5, del delitto di cui all’art.
512-bis c.p. e di quello previsto dall’art. 418 c.p. [art. 4, lett. b), cod. ant.; v. infra, 3.1.];
3 In verità, nella sua originaria formulazione l’art. 4, lett. c), cod. ant. rinviava genericamente all’art. 1 e, dunque, includeva anche i soggetti abitualmente dediti a traffici delittuosi di cui alla lett. a). Tuttavia, con sent. n. 24/2019, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4, lett. c), cod. ant., nella parte in cui richiama l’art. 1, lett. a), cod. ant. quale presupposto soggettivo per l’applicazione della sorveglianza speciale [supra, cap. I, 14.3.; infra, 2.1.3.]. A seguito di tale declaratoria di incostituzionalità, la categoria soggettiva degli abitualmente dediti a traffici delittuosi deve quindi considerarsi espunta dal catalogo soggettivo previsto dall’art. 4 cod. ant.
4 Nel commentare l’elenco di cui all’art. 4 cod. ant., T. PADOVANI, Misure di sicurezza e misure di
prevenzione, cit., p. 262 ss., osserva provocatoriamente che «c’è sempre del metodo nella follia». Ciò
perché, se ad un primo sguardo si nota «un grande sforzo di precisazione, di attenzione minuziosa se non ossessiva ai riferimenti normativi citati», ad una lettura più ragionata «appare evidente come si sia in presenza di una cifra normativa fortemente orientata verso la criminalità organizzata», oltreché «a reati di carattere politico oppure reati che turbano quel che veniva definito “l’ordre dans la rue”». Con tali osservazioni critiche l’A. vuole rimarcare le similitudini dell’attuale sistema preventivo con i moduli ottocenteschi, e deplora la scarsa attenzione dedicata dal legislatore a tutte quelle manifestazioni criminali (come la bancarotta, l’aggiotaggio, ecc.) che «incidono sul tessuto sociale in forma più penetrante ma meno vistosa».
5 Ai sensi dell’art. 51, co. 3-bis, c.p.p., sono riservati alla competenza della direzione distrettuale antimafia «i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto e settimo comma, 416, realizzato allo scopo di commettere taluno dei delitti di cui all’articolo 12, commi 3 e 3-ter, del testo unico delle disposizioni
132
‒ cinque fattispecie di pericolosità connesse ad attività di tipo sovversivo e terroristico [art. 4, lett. d), e), f), g), h), cod. ant.]6;
‒ una fattispecie di pericolosità legata a comportamenti violenti posti in essere in occasione dello svolgimento di manifestazioni sportive [art. 4, lett. i), cod. ant.]7;
‒ una fattispecie di pericolosità costruita attorno ad alcuni reati in danno della pubblica amministrazione, e comprensiva tanto degli indiziati del delitto di cui all’art. 640-bis c.p., quanto degli indiziati del reato associativo di cui all’art. 416 c.p., finalizzato alla commissione di taluno dei delitti previsti dagli artt. 314, co. 1, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis c.p. [art. 4, lett. i-bis), cod. ant.; v.
infra, 3.2.];
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, 416, realizzato allo scopo di commettere i delitti previsti dagli articoli 473 e 474, 600, 601, 602, 416-bis, 416-ter, 452-quaterdecies e 630 del codice penale», «i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo», nonché «i delitti previsti dall’articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dall’articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43».
6 Nello specifico, le fattispecie di pericolosità terroristica comprendono: gli indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51, co. 3-quater, c.p.p., e coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I del titolo VI del libro II del codice penale o dagli artt. 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 c.p., nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un’organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all’art. 270-sexies c.p.; coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della l. 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente; coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell’art. 1 l. n. 645/1952, in particolare con l’esaltazione o la pratica della violenza; coloro che, fuori dai precedenti casi, siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella l. 2 ottobre 1967, n. 895, e negli artt. 8 ss. l. 14 ottobre 1974, n. 497, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie con finalità di sovvertire l’ordinamento dello Stato o con finalità di terrorismo anche internazionale; gli istigatori, i mandanti e i finanziatori dei reati appena sopra indicati.
7 In particolare, la fattispecie di pericolosità sportiva si rivolge alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all’art. 6 l. 13 dicembre 1989, n. 401, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l’incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive.
133
‒ una fattispecie di pericolosità relativa agli indiziati dei delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori di cui agli artt. 5728 e 612-bis c.p. [art. 4, lett. i-ter), cod. ant.].
Il terzo e ultimo “cerchio” è disegnato dall’art. 16 cod. ant., che individua i destinatari delle misure di prevenzione patrimoniali (rectius, della confisca di
prevenzione): si tratta dei medesimi soggetti elencati nell’art. 4, cui viene aggiunta
un’ulteriore categoria soggettiva, comprensiva delle «persone fisiche o giuridiche segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali».
Come già accennato, gli artt. 1, 4 e 16 cod. ant. non esauriscono il novero dei destinatari delle misure di prevenzione.
In primo luogo, non bisogna dimenticare che la confisca di prevenzione può colpire, ai sensi dell’art. 18 cod. ant., anche i successori universali o particolari del soggetto defunto nei cui confronti avrebbe potuto essere disposta la misura ablatoria.
In secondo luogo, va ricordato che le misure di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche (art. 34 cod. ant.) e del controllo giudiziario delle aziende (art. 34-bis cod. ant.) presuppongono – oltre all’assoggettamento dell’attività economica all’intimidazione mafiosa ovvero all’utilizzo della medesima al fine di agevolare determinati soggetti specificamente richiamati dalle disposizioni de
quibus – proprio la non applicabilità della confisca di prevenzione, e ciò
indifferentemente per la mancata integrazione dei requisiti richiesti dall’art. 24 cod. ant. per l’ablazione patrimoniale, ovvero per la non riconducibilità del proposto a nessuna delle categorie soggettive appena sopra sinteticamente richiamate [infra, 5.2.]. Ecco, allora, che le misure da ultimo citate dilatano ulteriormente l’ambito soggettivo di applicazione del diritto preventivo, giacché esse possono colpire proposti non inquadrabili in nessuna delle categorie di pericolosità richiamate dall’art. 16 cod. ant.
8 L’art. 572 c.p. è stato inserito all’interno dell’art. 4, lett. i-ter), cod. ant. dalla l. 19 luglio 2019, n. 69, c.d. “codice rosso”.
134
Infine, la logica dei cerchi concentrici interna agli artt. 1, 4 e 16 cod. ant. è stata in parte scardinata dalla già più volte citata sentenza n. 24/2019, con la quale la Corte costituzionale ha escluso che la fattispecie di pericolosità generica di cui all’art. 1, lett. a), cod. ant. possa costituire un valido presupposto per l’applicazione della sorveglianza speciale e della confisca, potendo essa tutt’al più continuare a costituire la base soggettiva per l’applicazione delle misure questorili [supra, cap. I, 14.3.; infra, 2.1.3.].
Rinviando ai paragrafi successivi un’analisi più approfondita delle fattispecie di pericolosità, ci limitiamo qui a svolgere tre considerazioni. Anzitutto, emerge in maniera chiara come, dal 1956 ad oggi, il legislatore abbia definitivamente abbandonato l’idea di utilizzare il sistema di prevenzione per aggredire le manifestazioni di antisocialità anche se non scaturenti nella commissione di un reato. In altri termini, perché un soggetto finisca nel circuito preventivo, non bastano più meri comportamenti lato sensu “devianti”, ma occorre che il suo passato sia “macchiato” da un numero più o meno elevato di condotte delittuose ovvero che vi siano elementi per ritenere che egli abbia realizzato, o stia per realizzare, uno dei reati specificamente indicati nelle fattispecie soggettive9.
Inoltre, ad uno sguardo d’insieme del catalogo soggettivo appena esposto, sembra possibile distinguere due diversi modelli nell’individuazione dei destinatari della prevenzione10.
Il primo modello, con il quale vengono tratteggiati i pericolosi c.d. generici, dà preminente rilievo ai trascorsi criminali del prevenuto, e prende in considerazione classi di reati da prevenire. Detto altrimenti, in questi casi l’intervento preventivo personale si giustifica sulla base della massima esperienziale secondo cui un soggetto che ha già ripetutamente delinquito potrebbe ragionevolmente tenere analoghe condotte anche in futuro, sulla falsariga di quanto già avviene in materia di misure di sicurezza; mentre quello patrimoniale trova il suo fondamento nell’obiettivo di sottrarre al prevenuto gli arricchimenti accumulati nel tempo attraverso le condotte illecite.
9 Sottolineano questa tendenza, tra gli altri: C. DI CASOLA, Dalla marginalità sociale alla
macro-criminalità, cit., p. 74; G.FIANDACA, voce Misure di prevenzione (profili sostanziali), cit., p. 115; E. GALLO, voce Misure di prevenzione, cit., p. 6; R. GUERRINI,L. MAZZA, S. RIONDATO, Le misure di
prevenzione, cit., p. 64.
10 Cfr. F.SIRACUSANO, I destinatari della prevenzione personale per “fatti di mafia”, in Arch. pen., 2018, n. 2, p. 7, il quale evidenzia che gli «artt. 1 e 4 del d.lgs. n. 159/2011 prevedono due differenti tipi di fattispecie indiziarie: alla genericità delle ipotesi criminose richiamate per la pericolosità “generica” si contrappongono, per la pericolosità “qualificata”, solo alcune determinate fattispecie delittuose».
135
Il secondo modello, che viene invece utilizzato per costruire le categorie di pericolosità c.d. qualificata, seleziona fattispecie delittuose “in atto” rispetto alle quali l’autorità giudiziaria dispone di meri indizi: in altri termini, per l’integrazione di questa tipologia di fattispecie è indifferente che il reato di cui è indiziato il proposto sia il primo e il solo nella sua vita, ovvero sia solo l’ultimo di una lunga serie di manifestazioni criminose. Si può dire con un certo margine di approssimazione che qui la prevenzione non opera “ad ampio raggio” – così come avviene nel primo modello – ma viene attivata per contenere specifiche manifestazioni criminali già in corso di realizzazione (associazione di tipo mafioso, trasferimento fraudolento di valori, truffa aggravata ai danni dello Stato, atti persecutori, ecc.). Con l’adozione di un simile modello, il legislatore intende assicurare, sul piano personale, una risposta più celere e agile rispetto a quella offerta dal processo penale, in relazione a fenomeni criminali reputati di grave allarme sociale; mentre la misura ablatoria continua a giustificarsi laddove sia possibile individuare un illecito approvvigionamento di ricchezze.
Infine, va anticipato che (quasi) tutte le fattispecie di pericolosità si caratterizzano per uno standard probatorio medio-basso, il che rappresenta, secondo un’autorevole opinione dottrinale, «il vizio strutturale» del diritto preventivo11. In questa prospettiva è stato osservato che, a fronte della «intollerabile evanescenza» delle categorie dei destinatari delle misure ante delictum, diventa vano ogni sforzo volto ad accrescere le garanzie processuali, con la conseguenza che la procedura di prevenzione rischia di essere trascinata «al di sotto della soglia della giurisdizionalità»12.
Fedeli alla linea di indagine sopra enunciata, nei paragrafi che seguono non approfondiremo tutte le categorie soggettive appena sopra enumerate, ma prenderemo in considerazione soltanto quelle attraverso le quali possono essere attratti nell’orbita della prevenzione gli autori di crimini economici. Il nostro lavoro si limiterà, dunque, allo
11 F. CAPRIOLI, Fatto e misure di prevenzione, in Aa. Vv., Misure patrimoniali nel sistema penale, Milano, 2016, p. 61.
12 Ibidem. Nelle righe che precedono la riportata citazione, l’A. si dice d’accordo rispetto alla necessità di arricchire il corredo garantistico del processo di prevenzione. E però mette in guardia dal rischio di un possibile fraintendimento: «Se il risultato conoscitivo che si persegue rimane qualitativamente modesto, anche la portata garantistica di quei fondamentali diritti dell’individuo si attenua fino a svanire. Se la difesa è costretta a colpire bersagli nebulosi e incorporei come il sospetto (sia pure “oggettivamente suffragato”) di commissione di un reato, o come l’indizio di generica “contiguità funzionale” agli interessi dell’associazione mafiosa, non fa molta differenza disporre di un’arma ad altissima precisione come il giusto processo penale o della rudimentale clava rappresentata dall’attuale procedura di prevenzione».
136
studio delle fattispecie di pericolosità c.d. generica, nonché delle due fattispecie di pericolosità c.d. qualificata di cui alle lett. b) e i-bis) dell’art. 4 cod. ant., mentre trascurerà di analizzare tutte le altre.