LA DISCIPLINA VIGENTE IN MATERIA DI MISURE DI PREVENZIONE. PROFILI SOSTANZIALI
3. Le fattispecie di pericolosità c.d. qualificata
Le categorie di cui alle lett. b) e i-bis) dell’art. 4 cod. ant. – al pari delle categorie di cui alle lett. a), d), i) e i-ter), le quali, però, non saranno oggetto di approfondimento per i motivi predetti – sono strutturate come fattispecie indiziarie: affinché un soggetto sia inquadrato in una di tali fattispecie, sono necessari indizi della commissione di uno (o più) dei reati contemplati75.
Gli interpreti si sono a lungo interrogati in merito alla natura degli indizi richiesti dalle anzidette fattispecie di pericolosità. Una parte della dottrina ha addirittura sostenuto che gli “indizi di prevenzione” avrebbero «un diverso spessore probatorio» rispetto agli indizi di reità: essi sarebbero dunque qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ammessi nel rito penale, collocandosi ad un «grado inferiore» rispetto a questi ultimi. Con un’argomentazione non proprio cristallina, la stessa dottrina ha precisato che la «asserita inferiorità della inferenza probatoria degli elementi indiziari» delle fattispecie preventive «non deve, però, indurre ad equivoche interpretazioni, che giustifichino 75 Con il termine “indizio” si fa solitamente riferimento a quel ragionamento che da un fatto provato (c.d. circostanza indiziante) ricava l’esistenza di un ulteriore fatto da provare: cfr., per tutti, P. TONINI, Manuale
di procedura penale, cit., p. 232. A tal proposito, ci sembra illuminante G. UBERTIS, Fatto e valore nel
sistema probatorio penale, Milano, 1979, p. 115, il quale osserva che «[l]a distinzione tra prova in senso
stretto (tanto critica quanto rappresentativa) ed indizio (o presunzione semplice) concerne la modalità
logica della conclusione successiva all’inferenza fondata sull’elemento di prova». È questo, secondo l’A.,
«il fondamentale elemento distintivo tra prova in senso stretto ed indizio»: «[a]mbedue vengono impiegati per la verifica di un enunciato fattuale integrativo del thema probandum, ma soltanto nella prima il passaggio dall’elemento al risultato di prova è univocamente determinato».
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l’arbitraria introduzione del mero sospetto»; al contrario, essa dovrebbe «riguardare il suo significato rappresentativo e non le modalità del suo accertamento o il suo riferimento di fatto»76.
Un simile sforzo di distinzione degli indizi di prevenzione dagli indizi di reità è stato fatto anche da chi ha creduto di poter individuare una «zona grigia intermedia di circostanze di fatto, oggettive e controllabili, che, incapaci di provare di per se stesse la commissione di un delitto, sono però sufficienti a fondare ragionevolmente le opinioni concernenti» le fattispecie preventive77. In quest’ottica, «ove la base probatoria poggi su elementi integranti veri e propri indizi, non sussiste alcun ostacolo a prescegliere la strada del normale processo penale», mentre «la scelta giudiziale del procedimento preventivo si impone, o almeno si giustifica, quando il materiale probatorio disponibile consti di indizi suscettibili di ulteriore approfondimento»78.
Altri, infine, hanno osservato che nelle fattispecie di tipo indiziario «la linea di demarcazione» tra l’intervento penale e quello amministrativo/preventivo si riduce, in fondo, al «diverso livello di prova raggiunto» circa la responsabilità penale del soggetto79. Per quanto siano apprezzabili gli sforzi di razionalizzazione compiuti dai commentatori, le anzidette opinioni non persuadono per tre ordini di ragioni. Anzitutto, ci riesce difficile concepire in termini oppositivi i concetti di “sospetto” e di “indizio”, posto che il primo descrive un’azione umana, mentre il secondo rimanda ad un dato oggettivo su cui quell’azione umana solitamente si appoggia in assenza di vere e proprie prove: a nostro avviso, “sospetto” e “indizio” non si escludono a vicenda, ma si
completano80. In subordine, anche ammettendo che tali due concetti possano essere 76 Ci riferiamo alla tesi di A. BARGI, L’accertamento della pericolosità nelle misure di prevenzione. Profili
sistematici e rapporti con il processo penale, Napoli, 1988, pp. 72-75. 77 E. GALLO, voce Misure di prevenzione, cit., p. 7.
78 G.FIANDACA, voce Misure di prevenzione (profili sostanziali), cit., p. 121.
79 G. TESSITORE,Spunti di riflessione sui rapporti tra processo penale e procedimento di prevenzione nella nuova legge antimafia, in Foro it., 1984, V, c. 252.
80 Anche i dizionari della lingua italiana non aiutano a trovare una chiara linea di demarcazione, ma anzi dimostrano come il sospetto “si nutra” di indizi. Secondo il Vocabolario Treccani, “sospetto” significa «dubbio, più o meno fondato, nei riguardi di persone e del loro comportamento, in merito a cose, fatti e circostanze» ovvero «dubbio, presunzione che una persona sia responsabile di un delitto o di una grave colpa, o che un fatto, un comportamento rivesta carattere di reato o comunque di colpevolezza». L’“indizio” è, invece, ogni «segno, cosa astratta o concreta che con la sua presenza può indicare l’esistenza di un’altra; fatto certo che lascia prevedere o dedurre con qualche fondatezza un altro fatto non ancora avvenuto o non conosciuto direttamente». Com’è evidente, i due concetti non si escludono, ma si integrano
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contrapposti l’uno all’altro, appare arduo comprendere quale sia la reale differenza tra “sospetto” e “indizio”; condividiamo cioè la posizione di quell’autorevole dottrina – di cui abbiamo già dato conto quando abbiamo illustrato le fattispecie di pericolosità c.d. generica – che reputa i due concetti sovrapponibili in modo pressoché integrale81. In ulteriore subordine, concedendo che i due concetti possano essere tenuti distinti sul piano
astratto – attribuendo, cioè, al “sospetto” un minor grado di persuasività, dovuto ad una
meno marcata capacità esplicativa rispetto al fatto che deve essere provato – fatichiamo ad immaginare in concreto un dato che sia “meno di un indizio e più di un sospetto”, posto che già l’indizio costituisce un dato di partenza ancora equivoco e “grezzo”82.
Un dato sembra certo: il riferimento agli “indiziati”, non ulteriormente aggettivato, lascia intendere che siano sufficienti anche meri indizi83. E, in effetti, la giurisprudenza ha costantemente ripetuto che, in materia di prevenzione, la prova indiziaria non deve presentare i requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 192 c.p.p.84. Insomma, come è stato icasticamente osservato da autorevole dottrina, «deve trattarsi di indizi su un fatto che sia certo, ma sulla cui consistenza probatoria non possiamo dire in effetti nulla»85.
“sospettare”: secondo il dizionario, tale è l’azione di «ritenere una persona responsabile di un reato o di altra grave mancanza, in base non a prove ma a indizî più o meno fondati» (corsivo aggiunto). Con tali osservazioni vogliamo semplicemente dimostrare come la contrapposizione tra sospetto e indizio è
fuorviante e inidonea a individuare una differenza qualitativa sul piano della persuasività degli elementi considerati.
81 Ci riferiamo alla tesi di G. Ubertis [supra, 2.], ed in particolare al brano riportato alla nota 18.
82 In tal senso, A. MANGIONE, La misura di prevenzione patrimoniale, cit., p. 164, il quale, con riferimento alle sopra accennate teorie, non nasconde «notevoli perplessità». Condivisibilmente l’A. osserva che «[s]e le teorie giuridiche vanno valutate anche in funzione della loro praticabilità, appare sin troppo evidente come questa proprietà, nelle ipotesi interpretative esposte, sia difficilmente riscontrabile»; in effetti, prosegue l’A., «incentrare la distinzione sull’unicità o sull’intrinseca contraddittorietà dell’indizio di prevenzione, equivale a fornire un criterio all’atto pratico vago e sfuggente oltre che facilmente manipolabile».
83 Cfr. V. CONTRAFATTO, La sfera soggettiva di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali, in A. Balsamo, V. Contrafatto, G. Nicastro (a cura di), Le misure patrimoniali contro la criminalità
organizzata, Milano, 2010, p. 64.
84 Cfr., ex multis, C. cass., sez. V, 15 marzo (dep. 20 aprile) 2018, n. 17946, Buggea, in CED Cassazione; C. cass., sez. V, 17 dicembre 2015 (dep. 18 gennaio 2016), n. 1831, Mannina, in CED Cassazione; C. cass., sez. V, 12 novembre (dep. 11 dicembre) 2013, n. 49853, L., in CED Cassazione; C. cass., sez. II, 30 aprile (dep. 19 giugno) 2013, n. 26774, Chianese, in CED Cassazione.
85 T. PADOVANI, Misure di sicurezza e misure di prevenzione, cit., p. 269, il quale prosegue: «Possono essere non gravi, possono anche non essere precisi. Non possono essere discordanti in modo tale che essi siano smentiti da altri indizi, perché non si potrebbe più parlare di indizi, però potrebbero anche non essere concordanti. L’indizio potrebbe anche essere revocato in dubbio da altri in un quadro indiziario di per sé
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A noi sembra, per concludere, che non vi sia nessuna differenza di tipo contenutistico – né quantitativa né, tantomeno, qualitativa – tra gli indizi di prevenzione e gli indizi di reità: l’“indizio” rimane identico tanto nel processo penale quanto nel processo di prevenzione.
L’unica vera differenza pare piuttosto questa. Nel processo penale i meri indizi bastano soltanto per iscrivere la notizia di reato nel registro e avviare le indagini, mentre occorrono gravi indizi di colpevolezza per applicare una misura cautelare ed è necessario che la colpevolezza sia provata oltre il ragionevole dubbio per giungere ad una condanna. Al contrario, nel sistema di prevenzione l’indizio è, al contempo, sufficiente per avviare il procedimento e per applicare la misura personale, ove all’inquadramento in una fattispecie di pericolosità si abbini il giudizio di pericolosità in senso stretto86. Non si può allora non concordare con Nuvolone quando, in apertura del noto convegno di Alghero, osservava recisamente che il giudice, «[n]on potendo condannare, applica la cosiddetta misura di prevenzione»87.
3.1. In particolare, la fattispecie di cui all’art. 4, lett. b), cod. ant.
La fattispecie di cui all’art. 4, lett. b), cod. ant. estende l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51, co. 3-bis, c.p.p.88 ovvero dei delitti di cui agli artt. 418 e 512-bis c.p.89.
non ben definito. Anche un quadro così fatto risulterebbe sufficiente per la giurisprudenza ai fini dell’applicazione della misura personale».
86 Come osserva V. MAIELLO, Profili sostanziali: le misure di prevenzione personali, in F. Basile (a cura di), Le misure di prevenzione dopo il c.d. codice antimafia. Aspetti sostanziali e aspetti processuali, in Giur.
it., 2015, n. 6, p. 1524, mentre le fattispecie di pericolosità c.d. generica «hanno attirato gli strali di quanti
vi hanno scorto gli archetipi di concezioni eticizzanti, espressive di una colpevolezza per scelte di vita strumentale alla censura di tipologie di autori», le fattispecie indiziarie «corrono il rischio di accreditarsi quali surrogati di una giustizia penale che non riesce a condannare per mancanza delle prove di reità, così trasformandosi in espediente di aggiramento della garanzia del nulla poena sine probatione».
87 P. NUVOLONE, Relazione introduttiva, cit., p. 23.
88 Cfr. nota 3 del presente capitolo.
89 Critica rispetto alla scelta del legislatore del 2009 di includere il (solo) art. 12-quinquies d.l. n. 306/1992 (oggi art. 512-bis c.p.) A. M. MAUGERI, I destinatari delle misure di prevenzione tra irrazionali scelte
criminogene e il principio di proporzione, cit., p. 81. In particolare, l’A. reputa «assurdo» l’aver incluso nel
catalogo della fattispecie indiziante in parola il solo reato di trasferimento fraudolento di valori, e non anche i più gravi delitti di cui agli artt. 648, 648-bis, 648-ter, rispetto ai quali l’art. 512-bis si pone come fattispecie residuale: in effetti, in ragione di tale scelta legislativa, «sono destinatari delle misure di prevenzione, in quanto considerati soggetti a pericolosità qualificata coloro che realizzeranno tale fattispecie residuale di
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Tradizionalmente trattata en pendant con la fattispecie di pericolosità mafiosa di cui all’art. 4, lett. a), cod. ant. in ragione della competenza distrettuale dei reati indicati nel catalogo di cui all’art. 51, co. 3-bis, c.p.p.90, la categoria soggettiva in parola non è, in realtà, necessariamente collegata al fenomeno mafioso, potendo la gran parte dei reati elencati nel predetto articolo essere commessi anche al di fuori di contesti di criminalità organizzata.
Ai fini della nostra ricerca, l’art. 4, lett. b), cod. ant. può assumere rilievo in relazione ai soggetti indiziati dei seguenti reati:
‒ associazione per delinquere (art. 416 c.p.), finalizzata alla commissione del delitto di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli o disegni (art. 473 c.p.) e/o del delitto di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.);
‒ attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.); ‒ trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.);
agevolazione delle fattispecie di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, mentre coloro che sono indiziati della consumazione dei delitti in questione non rientrano nella previsione dell’art. 1 l. 575/65 in quanto non espressamente indicati, né oggi nell’art. 4 del d.lgs. n. 159/2011, né sono ricompresi tra le fattispecie previste dall’art. 51 c. 3 bis c.p.p., e, allora, potranno essere considerati destinatari delle misure di prevenzione solo in quanto comunque rientranti nella categoria dei soggetti a pericolosità generica dell’art. 19 l. 152/75 (dediti a traffici delittuosi) e oggi dall’art. 1 del codice delle misure di prevenzione, richiamato dall’art. 4, a sua volta richiamato dall’art. 16 (i destinatari delle misure patrimoniali)».
90 Cfr., tra gli altri, F. FIORENTIN, Le misure di prevenzione personali, cit., p. 70 ss.; F.MENDITTO, Le
misure di prevenzione personali e patrimoniali (2019), cit., p. 73; F.SIRACUSANO, I destinatari della
prevenzione personale per “fatti di mafia”, cit., p. 19, il quale intravede nell’inserimento, ad opera della l.
n. 161/2017, del reato di assistenza agli associati (art. 418 c.p.) – accanto ai reati di cui agli artt. 416-bis, 416-ter c.p. e a tutti i delitti commessi con metodo mafioso o al fine di agevolare un’associazione di tipo mafioso, già richiamati dall’art. 51, co. 3-bis, c.p.p. – la possibilità di far rientrare in via interpretativa sotto la lett. b) le condotte mafiose “tipizzate” nel codice penale, mentre nella lett. a) «esclusivamente quelle forme di appartenenza all’associazione mafiosa sprovviste di una specifica ed apposita tipizzazione legislativa, riconducibili a quei contributi forniti all’associazione mafiosa da parte di chi non è organicamente inserito in essa o la cui “vicinanza” al sodalizio si sia manifestata attraverso condotte non integranti specifiche ipotesi di reato o circostanziali rientranti nella “contiguità tipizzata”». In senso contrario, si può forse notare che l’art. 51, co. 3-bis, c.p.p. si limita a radicare la competenza presso la procura distrettuale in relazione ad alcuni reati particolarmente gravi, i quali non sono però necessariamente legati all’attività di associazioni mafiose: se è vero, infatti, che originariamente la norma in parola si rivolgeva esclusivamente a “fatti di mafia”, nel corso degli anni il catalogo di reati in essa contenuto è andato viepiù espandendosi, con un progressivo sbiadimento della sua logica inziale. In definitiva, ci sembra che da tale norma non sia possibile trarre indicazioni precise ed univoche rispetto all’interpretazione e al coordinamento delle fattispecie di pericolosità di cui alle lett. a) e b) dell’art. 4 cod. ant.
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‒ associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43).
3.2. In particolare, la fattispecie di cui all’art. 4, lett. i-bis), cod. ant.
L’ultima fattispecie che viene in rilievo ai fini della nostra ricerca è quella di cui all’art. 4, lett. i-bis), cod. ant., la quale, lo ricordiamo, è stata recentemente introdotta con l. n. 161/2017 [supra, cap. I, 13.2.]. Ai sensi di tale disposizione, la sorveglianza speciale (e la confisca) può trovare applicazione nei confronti dei «soggetti indiziati del delitto di cui all’articolo 640-bis o del delitto di cui all’articolo 416 del codice penale, finalizzato alla commissione di taluni dei delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis del medesimo codice».
Già durante l’iter di approvazione della legge di riforma, la categoria soggettiva in parola aveva suscitato più di una perplessità tra i commentatori: per un verso, infatti, si era evidenziato che i delitti contro la pubblica amministrazione – e, più in generale, la gran parte dei reati economici – potevano essere già ricondotti alle fattispecie di pericolosità generica91; e, per altro verso, si era denunciata l’assenza di un’adeguata base criminologica che consentisse di giustificare l’intervento preventivo personale e patrimoniale rispetto a reati così diversi dai fenomeni mafioso e terroristico sulla base di semplici indizi92. Anche la procura nazionale antimafia aveva giudicato “inopportuna” e non «in linea con la natura del procedimento di prevenzione»93 la scelta di introdurre una fattispecie di pericolosità qualificata in relazione ad una serie di reati contro la pubblica amministrazione: a fronte di una prassi giurisprudenziale che aveva già allargato le maglie del diritto preventivo fino ad includervi i “colletti bianchi pericolosi”, una tale opzione riformistica avrebbe infatti potuto «legittimare la tesi della esclusione dall’applicazione del sistema della prevenzione per tutte le altre tipologie di delitto, pur se riconducibili a
91 F. BRIZZI,Prospettive di riforma per: le misure di prevenzione, cit., p. 3 ss.; M.PELISSERO, I destinatari
della prevenzione praeter delictum, cit., p. 452.
92 M.PELISSERO, I destinatari della prevenzione praeter delictum, cit., p. 465.
93 F. ROBERTI, M. V. DE SIMONE, Osservazioni a margine dei lavori del senato sull’iter di approvazione
dell’A.S. n. 2134 recante modifiche al codice delle leggi antimafia. La posizione della procura nazionale,
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soggetti che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi o che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose (come ad esempio, l’evasore fiscale abituale – il truffatore abituale – il ricettatore abituale)»94.
Già dal giorno successivo all’entrata in vigore della riforma, i commentatori non hanno risparmiato critiche alla fattispecie de qua, sia sotto il profilo della sua formulazione, sia sotto quello della sua portata operativa95.
Per quanto attiene l’inserimento della nuova categoria soggettiva dell’“indiziato del reato di cui all’art. 640-bis c.p.”, è stato osservato che, sebbene anche in questo caso l’obiettivo originario fosse quello di fornire un nuovo ed efficace strumento di contrasto alla criminalità organizzata96, la fattispecie di pericolosità in parola finisce per avere una portata molto più ampia nella misura in cui essa non seleziona un ventaglio di ipotesi riconducibili alla nuova lett. i-bis)97 e, dunque, risulta idonea a trasformare in potenziali destinatari di misure di prevenzione personali e patrimoniali tutti gli indiziati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, a prescindere da collegamenti con il fenomeno mafioso98.
94 Ibidem.
95 L’unica voce fuori dal coro è quella di P. PERRONE, La legge n. 161/2017 e le sue modifiche al d.lgs. n.
159/2011 in tema di applicazione di misure di prevenzione agli indiziati di reati contro la pubblica amministrazione. Un invito alla magistratura: adelante con juicio, in Quest. giust., 11 dicembre 2017. 96 M. FINESCHI, I soggetti destinatari, in A. Giarda, F. Giunta, G. Varraso (a cura di), Dai decreti attuativi
della legge “Orlando” alle novelle di fine legislatura, Milano, 2018, p. 305, il quale evidenzia che «come
è emerso nel corso dei lavori parlamentari, il bersaglio privilegiato è rappresentato dalla mafia dei terreni, che nel tempo ha sostituito la più vetusta e tradizionale mafia dei pascoli». In tal senso «si spiegano tanto l’aggravio di pena prevista all’art. 640 bis c.p. nel minimo e nel massimo da due a sette anni (v. art. 30 comma 1 l. n. 161/2017), quanto la previsione dell’obbligo dell’informazione antimafia in caso di concessione di terreni agricoli demaniali che ricadono nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune nonché su tutti i terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei (v. art. 91 comma 1 bis d.lgs. n. 159/2011, introdotto dall’art. 28 l. n. 161/2017)». Nello stesso senso C.VISCONTI,G. TONA, Nuove pericolosità e nuove misure di prevenzione: percorsi contorti e prospettive aperte nella
riforma del codice antimafia, in www.legislazionepenale.eu, 14 febbraio 2018, p. 15, i quali sottolineano come «[l]a truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche è in realtà un reato sempre più ricorrente nelle indagini in materia di criminalità organizzata e spesso le indagini evidenziano modalità sistematiche di realizzazione di tali condotte».
97 Cfr. C.VISCONTI, Codice antimafia: luci ed ombre della riforma, in Dir. pen. proc., 2018, p. 148, il quale ha definito come «svista da dilettanti allo sbaraglio» la decisione di non ancorare la fattispecie di pericolosità in questione (quantomeno) al requisito dell’associazione comune, diversamente da quanto previsto per i reati contro la pubblica amministrazione inclusi nella medesima lett. i-bis).
98 F.MENDITTO, Le misure di prevenzione e la confisca allargata (l. 17 ottobre 2017, n. 161), in vigore dal
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A fronte di un margine applicativo così indiscriminatamente ampio, è stata denunciata la sostanziale inadeguatezza dell’anzidetta categoria di destinatari sulla base dell’argomento che, per un verso, «l’episodio isolato di truffa aggravata non sembra esprimere quel grado di pericolosità sociale che deve costituire il substrato imprescindibile di ogni misura di prevenzione» e che, per altro verso, «sarebbe sufficiente richiamarsi alle ipotesi di pericolosità generica di cui all’art. 1 codice antimafia ovvero all’ipotesi di pericolosità qualificata prevista dall’art. 4 lett. a d.lgs. n. 159/2011» qualora l’episodio si inserisca in un contesto criminale (mafioso o non) stabile e articolato99. Tanto è vero che il richiamo all’art. 640-bis c.p. è stato qualificato da una parte della dottrina come «in prospettiva politica una norma simbolica, in prospettiva giuridica un refuso tecnico, in prospettiva pratica una disposizione inutile»100.
Tuttavia, è soprattutto rispetto alla fattispecie degli “indiziati del reato di cui all’art. 416 c.p. finalizzato alla commissione di alcuni gravi reati contro la pubblica amministrazione” che i commentatori hanno mostrato le maggiori perplessità. In