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I decreti luogotenenziali del 1944-45

LA METAMORFOSI TELEOLOGICA DELLE MISURE DI PREVENZIONE

3. I decreti luogotenenziali del 1944-45

Come vedremo nelle pagine che seguono, tuttavia, non sarà così facile per l’ordinamento italiano liberarsi di queste inquietanti “scorie” ereditate da un oscuro passato. La verità è che, forse, non ce ne siamo ancora liberati del tutto.

3. I decreti luogotenenziali del 1944-45.

Come abbiamo visto, durante il fascismo gli strumenti preventivi di polizia – in ragione dell’evanescenza dei loro presupposti applicativi, combinata ad una serie di effetti gravemente incapacitanti – trovano negli oppositori politici il loro bersaglio privilegiato. Caduto il regime, anche il nuovo governo provvisorio decide di ricorrere all’utilizzo della prevenzione poliziesca. Così, in nome dell’emergenza e dello stato di eccezione, lo Stato italiano “ripaga con la stessa moneta” gli appartenenti alle gerarchie fasciste e comunque tutti coloro che hanno prestato il loro sostegno alla dittatura, estendendo nei loro confronti le “illiberali” e “antidemocratiche” misure di polizia.

Il primo provvedimento indirizzato a colpire i c.d. collaborazionisti è il d.lgs.luog. 27 luglio 1944, n. 159, con il quale vengono introdotte due distinte misure patrimoniali76.

Una forma di confisca “senza condanna” è prevista dall’art. 9, il quale attribuisce all’autorità giudiziaria il potere di disporre – «senza pregiudizio dell’azione penale» – l’ablazione totale dei beni nei confronti dei cittadini che abbiano «tradito la patria ponendosi spontaneamente ed attivamente al servizio degli invasori tedeschi»77.

Inoltre, al titolo III del d.lgs. citato, è introdotto l’istituto dell’avocazione dei

profitti di regime, con il quale – «indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale per

i fatti costituenti reato» – è possibile colpire tutti i «profitti derivati dalla partecipazione

76 Cfr. A. M. MAUGERI,Le moderne sanzioni patrimoniali, cit., p. 34 ss.; G. VASSALLI, La confisca dei

beni: storia recente e profili dommatici, Padova, 1951, p. 7 ss.

77 Cfr. T. FORTUNIO, Legislazione definitiva sulle sanzioni contro il fascismo: delitti fascisti, epurazione,

avocazione: commento, dottrina, giurisprudenza, Roma, 1946, p. 69. Secondo l’A., il requisito del

“tradimento della patria” doveva essere inteso in senso restrittivo: pur non essendo necessario, infatti, un rapporto di dipendenza dall’invasore tedesco, era comunque richiesta un’attività continuativa, accompagnata da un contenuto ideologicamente apprezzabile per la causa del tradimento. La condotta del traditore doveva poi essere “spontanea” ed “attiva”: con il primo termine si intendeva limitare il raggio applicativo della confisca soltanto a quei soggetti che avessero prestato il loro servizio spontaneamente e non sulla base di ordini; con il secondo termine, sembravano doversi escludere le condotte collaborazioniste di tipo meramente omissivo.

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o adesione al regime fascista», nonché tutti i beni esistenti nel patrimonio del debitore «l’acquisto dei quali sia particolarmente dovuto a profitti di regime»78.

Sempre sul piano patrimoniale, infine, rimane in ogni caso ferma l’utilizzabilità della particolare ipotesi di confisca senza condanna prevista dal t.u. di pubblica sicurezza [supra, 2.4.] la quale, “svestita della camicia nera”, continua a trovare applicazione proprio nei confronti dei fascisti, attraverso un vero e proprio capovolgimento del concetto di condotta antinazionale79.

Al di là di questi primi “esperimenti” di misure patrimoniali slegate dal processo e dalla condanna penale – i quali restano profondamente connessi alle contingenze politico-istituzionali del tempo – l’attenzione del legislatore rimane concentrata sulle misure personali di polizia, sul modello di quelle previste nel t.u. n. 773/1931.

Anzitutto, con il d.lgs.luog. 10 dicembre 1944, n. 419 la disciplina delle anzidette misure viene ripulita dei tratti più marcatamente illiberali.

In particolare, il d.lgs.luog. n. 419/1944 opera le seguenti modifiche: elimina dalla disciplina dell’ammonizione e del confino di polizia i riferimenti agli interessi politici nazionali; ridefinisce la composizione della commissione provinciale competente ad applicare le due misure; ricalibra, in senso maggiormente garantistico, il procedimento applicativo davanti alla medesima commissione, ammettendo la possibilità di una difesa tecnica del prevenuto.

Inoltre, con il successivo d.lgs.luog. 26 aprile 1945, n. 149 viene introdotta una serie di sanzioni «a carico di fascisti politicamente pericolosi»80.

In particolare, all’art. 1 vengono alternativamente previste, per una durata non superiore a dieci anni, la sospensione dai diritti elettorali attivi e passivi, l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o la privazione dei diritti politici per tutti coloro che «per motivi fascisti o avvalendosi della situazione politica creata dal fascismo abbiano compiuto fatti di particolare gravità che, pur non integrando gli estremi di reato, siano contrari a norme di rettitudine o di probità politica»81.

78 Conviene qui ricordare che l’avocazione non fu mai definita, dalla dottrina dell’epoca, come confisca; essa veniva piuttosto qualificata come “imposta speciale”. Sul punto v. D. A. FOLIGNO, Confisca dei beni

e avocazione dei profitti di regime, Milano, 1945, p. 15.

79 D. A. FOLIGNO, Confisca dei beni e avocazione dei profitti di regime, cit., p. 5.

80 Così recita la rubrica del d.lgs.luog. n. 149/1945.

81 L’art. 1, co. 1, d.lgs.luog. n. 149/1945 recitava: «Chi, per motivi fascisti o avvalendosi della situazione politica creata dal fascismo, abbia compiuto fatti di particolare gravità che, pur non integrando gli estremi

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Inoltre, l’art. 3 estende l’applicazione delle misure di sicurezza della colonia agricola o della casa di lavoro, ovvero della misura del confino di polizia, a tutte le persone che «nel passato periodo politico abbiano tenuto una condotta inspirata ai metodi e al malcostume del fascismo o che continuino in tale condotta in modo da risultare nell’uno o nell’altro caso pericolose all’esercizio delle libertà democratiche». Le medesime misure possono trovare applicazione anche nei confronti di coloro i quali abbiano commesso «atti diretti a favorire il risorgere, sotto qualsiasi forma e denominazione, del disciolto partito fascista od esaltarne pubblicamente con qualsiasi manifestazione scritta o verbale le persone, gli istituti e le ideologie», anche al di fuori dei casi costituenti reato.

Anche dopo il fascismo, quindi, il ricorso a strumenti “parapenali” per scopi politici – sia pure per un limitato arco temporale82 – non è affatto disdegnato dai governi guidati da Badoglio, Bonomi e Parri.

Come nel passato, la formulazione delle fattispecie soggettive in termini del tutto vaghi e generici (basti pensare all’indefinito concetto di “rettitudine e probità politica”) attribuisce un’ampia discrezionalità alle commissioni chiamate ad applicare le misure preventive. Merita, tuttavia, di essere segnalato lo sforzo del legislatore di affrancarsi da modelli di pericolosità basati su voci, sospetti o “notorietà”: in effetti, le figure soggettive delineate dal d.lgs.luog. n. 149/1945 risultano costruite intorno ad un fatto o ad un comportamento i quali, per un verso, offrono una base un po’ meno precaria per il giudizio prognostico di pericolosità condotto dalla commissione e, per altro verso, consentono al proposto di predisporre una sia pur minima difesa.

Come si avrà modo di verificare tra poco [infra, 5.], il legislatore del 1956, nel riformulare le fattispecie di prevenzione, non proseguirà sul sentiero – peraltro ancora molto incerto e irto di ostacoli – tracciato dal succitato decreto luogotenenziale, ma si adagerà in larga misura sulle figure di pericolosità contemplate dagli ultimi t.u. di

di reato, siano contrari a norme di rettitudine o di probità politica, è soggetto alla sospensione dai diritti elettorali, attivi e passivi, per una durata non superiore a dieci anni, o all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, ovvero alla privazione dei diritti politici, per una durata non superiore ai dieci anni». Come specificato dall’art. 2 del medesimo decreto, tali provvedimenti erano adottati da una commissione provinciale composta da un magistrato e da due giudici popolari estratti a sorte da appositi «elenchi di cittadini di condotta morale o politica illibata» (così l’art. 4 d.lgs.luog. n. 159/1944, richiamato dalla anzidetta norma).

82 Le misure contenute nel d.lgs.luog. n. 149/1945 trovarono applicazione, in virtù di una serie di proroghe, solamente fino al 30 giugno 1948.

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pubblica sicurezza, tornando così ad attribuire rilievo ad alcuni concetti impalpabili come la “notorietà”, le “manifestazioni”, la “proclività a delinquere”.

Prima, però, di affrontare questo specifico punto, conviene soffermare l’attenzione sui lavori dell’assemblea costituente, per verificare se e in quale misura i suoi componenti affrontarono il tema della prevenzione ante (o praeter) delictum.