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Il Conte Alberto Blanc e la vertenza contro la Banca Imperiale Ottomana Con il decreto di Mouharrem e la creazione del Consiglio di Amministrazione del

CAPITOLO II L’Italia nel consiglio del debito (1881-1903).

1. Il Conte Alberto Blanc e la vertenza contro la Banca Imperiale Ottomana Con il decreto di Mouharrem e la creazione del Consiglio di Amministrazione del

Debito Pubblico ottomano (CADPO), si apre una nuova fase nella gestione delle finanze pubbliche ottomane. Dal 1863 al 1881 il debito generale fu, infatti, amministrato dalla Banca Imperiale Ottomana325. Gli altri prestiti ammortizzabili per sorteggio erano amministrati rispettivamente dai singoli contraenti, i quali creavano piccole amministrazioni speciali, con lo scopo di gestire ogni singolo prestito. Ad ogni scadenza semestrale il governo ottomano somministrava i fondi necessari per il servizio degli interessi e dell’ammortamento ad ogni amministratore, il quale ne restava responsabile verso i portatori di titoli. Questa situazione resse fino al default del 1875-76. Con la creazione del consiglio del Debito, le cose cambiarono grazie alla proposta avanzata dal delegato italiano Francesco Mancardi.

Nello specifico il Mancardi propose che fosse la Banca Imperiale Ottomana ad assumersi il servizio di tutti gli altri prestiti, così da centralizzare sotto un unico rappresentante la gestione degli stessi. Le cose cambiarono nel 1886 quando la Sublime

325 Nello stesso anno l’impero ottomano abbandonò ufficialmente il sistema monetario bimetallico per accettare esclusivamente il gold standard. Anche se tale provvedimento, specialmente fuori da centri abitati rimase solo sulla carta, questo sta a simboleggiare l’ormai integrazione di Costantinopoli nel mercato mondiale, in M. şükrü Hanioğlu Op. Cit., p. 137.

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Porta, che doveva contrattare un nuovo prestito, chiese al consiglio del Debito se ne avesse voluto assumere l’amministrazione326. La maggioranza del consiglio però espresse un voto contrario a questa possibilità, a differenza, appunto, del delegato italiano il quale:

“[…] pensò di appoggiare la proposta governativa e dimostrò come il consiglio non si era costituito come semplice ufficio di stralcio per liquidare le vecchie perdite; ma si era inaugurato come Amministrazione del Debito Pubblico ottomano che in tale qualità era stato riconosciuto all’interno e all’estero, e che quindi, in uno Stato non potendo esservi due amministrazioni di Debito Pubblico, esso doveva assumersi il servizio di ogni nuovo prestito del governo imperiale [e così] il consiglio persuaso dalla regolarità della cosa, si accordò alle idee del delegato italiano, e si mostrò soddisfatto ad assumere l’amministrazione del nuovo prestito che era in progetto”327.

Il consiglio del debito appoggiò la proposta italiana, assumendosi di fatto la garanzia e la gestione dei prestiti richiesti dalla Sublime Porta. Tale compito non fece indubbiamente che aumentare il prestigio del consiglio internazionale. Per di più, con tale servizio, il consiglio del Debito avrebbe avuto la facoltà, non trascurabile, di influenzare più da vicino, e con beneficio della potenza rappresentante, l’impiego dei prestiti concessi grazie all’intercedere del consiglio a vantaggio degli interessi che ogni delegato rappresentava. In altre parole, con questa decisione anche l’Italia sarebbe venuta a sapere più da vicino quali fossero gli interessi materiali che si sarebbero nascosti dietro un prestito negoziato dal CADPO, magari ottenendo anche qualche concessione per la propria industria.

Tornando alla gestione del debito, tutti i prestiti vennero raccolti dal consiglio, togliendo così parte della loro amministrazione alla Banca Imperiale Ottomana, la quale continuava a conservare la gestione dei proventi del prestito – mentre il consiglio del Debito ne aveva l’amministrazione e la riscossione -. A questo proposito, tra la fine di settembre e i primi giorni dell’ottobre 1888, ci furono accese discussioni all’interno del

326 ASDMAE, Serie Politica “A” (da qui in avanti SPA), busta 125 fasc. 2, da Blanc a Crispi, n° 71, Terapia 6 agosto 1887. In merito al progetto di prestito presentato dal Sultano, la Sublime Porta chiedeva 11.000.000 lire turche non accettando nessuna garanzie che potesse essere il reddito delle dogane, ultimo sostegno finanziario dell’impero ad eccezione delle entrate provenienti da qualche vilayet – o quantomeno quantificabili – e dalla tassa sulle pecore.

327 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, da Mancardi a Blanc, annesso n°6 e 7 al n°575/355, Costantinopoli 3 ottobre 1888.

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CADPO in merito al servizio sul nuovo prestito che il governo imperiale doveva contrarre. Il gruppo dei delegati appartenenti alla Triplice Alleanza – Germania, Italia e Austria- Ungheria – sostenevano che il nuovo prestito si potesse affidare alla Deutsche Bank, escludendo la Banca Imperiale Ottomana da ogni ingerenza a riguardo. In pratica venne messo in discussione il monopolio esercitato dalla Banca Imperiale Ottomana, e principalmente dalla componente francese, a vantaggio di un nuovo istituto, espressione del nuovo dinamismo tedesco nella regione328. Nello specifico fu il Mancardi che fece notare al governo ottomano di possedere la sacrosanta facoltà di recarsi da un altro istituto - in tal caso la Deutsche Bank – per l’emissione e l’amministrazione del prestito. Appoggiato anche dal consiglio del debito in questa decisione, il governo imperiale contrattò nel 1888 un nuovo prestito al 5% con l’istituto tedesco, creando così non solo un precedente, ma rompendo di fatto il monopolio esercitato dalla Banca Imperiale Ottomana329.

Lo scopo principale di quest’operazione era quella di scalzare il monopolio franco- levantino sulle finanze ottomane, ma con il prestito del 1888 si fece molto di più. L’arrivo della Deutsche Bank ruppe, per breve tempo, l’Illidio finanziario creato tra il CADPO e la BIO. In pratica con il concorso del consiglio del debito la BIO non si risparmiava ad elargire anticipazioni “sottobanco” al ministero delle Finanze ottomano il quale non mancava di rimborsare tale anticipazione attraverso la concessione del prestito330. Non era un mistero che il CADPO fosse molto vicino agli interessi della BIO. Ad esempio quando il ministero delle finanze ottomano chiedeva operazioni di credito vantaggiose al consiglio per facilitare l’emissione di nuove obbligazioni senza l’ingerenza della Banca Imperiale, il CADPO era solito fare ostruzione, facilitando, contrariamente alle richieste del governo ottomano, operazioni analoghe meno vantaggiose per la Porta ma più vantaggiose per la BIO331.

328 Memorandum by Mr. Block respecting Franco-German Economic Penetration, n. 147, in Temperley, H. W. V., Gooch, G. P., (edited by) “British documents on the origins of the war, 1898-1914”, vol. 5., Londra, HMSO, 1927-38.

329 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, da Blanc a Crispi, n°26/12, Costantinopoli 12 gennaio 1889. 330 ACS, CCAPD, busta n°13, fasc. 34, Blanc A., Op. Cit. pp. 22-23.

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Tornando a noi, secondo l’ambasciatore d’Italia a Costantinopoli, Alberto Blanc, il gruppo della Triplice Alleanza avrebbe potuto “assicurare l’autonomia turca”332 sbarazzandosi del monopolio esercitato dalla finanza franco-levantina. Sebbene tale dichiarazione fosse un anacronismo, essa rispecchiava la determinazione delle tre potenze di condannare a gran voce il monopolio della Banca Imperiale Ottomana, non escludendo anche azioni legali. Nella Triplice Alleanza però esisteva un anello debole: l’Austria-Ungheria. L’impero Asburgico era infatti legato a doppio filo con la finanza francese. Vienna infatti fu scettica fin dal principio circa la proposta avanzata dal 1887 dagli altri due alleati di creare un consorzio finanziario e ferroviario comune. In questo gioco di alleanze ed interessi, un aiuto inaspettato venne invece dell’Inghilterra, la quale, sebbene legata con la Francia nella Banca Imperiale Ottomana (anche se ormai era confinata ad un ruolo di minoranza), era consapevole del maggior peso finanziario che Parigi era in grado di esercitare nell’impero ottomano. L’Ambasciatore Blanc infatti riporta chiaramente “Se, come spero, i gruppi tedesco, inglese e italiani riusciranno a

formare il consorzio, cadrà definitivamente il monopolio francese e con esso gli interessi secondari della Credit Anstalt e della Bleichroder”333.

Il fronte della Triplice Alleanza e quello franco-britannico si ruppero a seguito di divergenze inerenti a semplici interessi finanziari. Come vedremo, l’Austria non era in disaccordo nell’avviare un’inchiesta contro il monopolio francese, ma era titubante ad esporsi per i contraccolpi sul proprio sistema finanziario legato a doppio filo a Parigi. Stessa cosa valeva per la Germania la quale, sebbene avesse visto favorevolmente la

Deutsche Bank assumere più potere in Oriente, era consapevole che per alimentare le

proprie aspirazioni imperiali aveva bisogno dell’aiuto finanziario francese – non bisogna dimenticare che il 1888 è l’anno della prima concessione per la costruzione della

Bagdadbahn, la quale per essere realizzata avrebbe avuto assoluto bisogno di capitali

332 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, Telegramma in Arrivo n° 2629, da Blanc a Crispi, Terapia 17 ottobre 1888.

333 ASDMAE, APA, busta 125 fasc. 2, Telegramma in Arrivo n° 2631, da Blanc a Crispi, Terapia 19 ottobre 1888. Sebbene la Bleichroder fosse una banca tedesca, essa non era in prima linea per gli affari in Oriente dove la priorità era della Deustche Bank. Infatti le banche tedesche, a differenza di quelle italiane, si erano divise sommariamente la propria sfera di influenza per non creare concorrenza tra istituti dello stesso paese. A questo proposito si veda Feis H. Op. Cit.

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francesi -334. Diversamente l’Inghilterra vedeva di buon occhio qualsiasi azione mirata ad indebolire il predominio finanziario francese in loco335.

La nascita di questa coalizione anti Banca Imperale Ottomana condusse, nell’ottobre del 1888, il Barone Blanc ad avviare un’inchiesta contro gli abusi del monopolio di suddetta banca, anche sotto l’appoggio inaspettato del governo austro- ungarico il quale fece esplicita richiesta di rimanere nell’ombra ed in secondo piano per non suscitare confitti interni con la finanza privata nel suo paese che stava “rovina[ndo]

l’impero a profitto della speculazione francese”336.

La Francia però non rimase a guardare. Grazie ad una veloce e rapida opera persuasiva presso il Sultano, Parigi ammonì la Porta, insieme ai russi schierati con Parigi, che il tentativo di condanna verso la BIO non aveva altro scopo che imporre, presto o tardi, un completo controllo finanziario sul modello egiziano337. Oltre all’opera persuasiva verso Abdul Hamid II, la Francia agì con risolutezza presso il gabinetto di Vienna, il quale, già da alcuni giorni, aveva iniziato a spostarsi verso posizioni più neutrali e sempre più vicine alla posizione equidistante presa dalla Germania338. Berlino infatti, nel timore di una radicalizzazione dello scontro a danno dei suoi interessi economici e finanziari nella regione, propose, per sostituire il monopolio francese, la costituzione di un altro consorzio dove vi fossero garantite cooperazioni sia italiane che inglesi339. La

334 Barth B., Whitehouse J. C., The financial history of the Anatolian and Baghdad railways, 1889-1914 in “Financial History Review”, n. 5, 1998, pp. 116-118 e McMeekin S., The Berlin-Baghdad express the Ottoman Empire and Germany's bid for world power, Harvard University Press, Cambridge, 2012, e Trumpener U., Germany and the Ottoman Empire, 1914-1918, Caravan Books, Princeton, 1968.

335 Per fare chiarezza, la Banca Imperiale Ottomana, gestita principalmente dalle due commissioni di Parigi e Londra, vedeva alla sua creazione, nel 1862, una predominanza del Capitale britannico su quello francese. La quota era infatti stata divisa: 80.000 azioni all’Inghilterra e 50.000 alla Francia, ma quest’ultima aveva il diritto di aumentare il suo capitale fino a raggiungere il gruppo inglese. In realtà la Banca Imperiale Ottomana alla vigilia della Prima Guerra Mondiale sarà diventerà quasi interamente una Banca francese. Autheman A. Op., Cit. Infatti già a partire dagli anni ’80 del XIX secolo i francesi controllavano ben l’80% della banca. Il comitato di Parigi era quello che prendeva principalente le decisioni per quanto riguardava principalmente gli affari nell’impero ottomano, diversamente dal comitato britannico la cui influenza era principalmente estesa agli affari della BIO in Egitto, in Thobie J., Op. Cit. p. 413.

336 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, Pro-Memoria Banca Ottomana, Roma 22 ottobre 1888.

337 Il coinvolgimento della Gran Bretagna in questa vertenza non poteva che andare a vantaggio di questa tesi.

338 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, da Riva a Crispi, confidenziale, n° 1351/631, Berlino 29 ottobre 1888. 339 ASDAME, SPA, busta 125 fasc. 2, Estratto di rapporto della R. Ambasciata in Costantinopoli, n°555/349, 31 ottobre 1888.

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strategia di Berlino era chiara: evitare che il conflitto diventasse strutturale, coinvolgendo le potenze in dispute dentro gli organi internazionali a controllo delle finanze ottomane. Il predomino francese era chiaro e la Germania, almeno di facciata, voleva preservarlo per cercare di sfruttarlo a suo favore. Sebbene Berlino volesse calmare le acque appianando le divergenze, sul campo stava ormai da mesi tentando di sfidare e sottrarre importanti quote di mercato alla Francia340.

Nel frattempo la Gran Bretagna, favorevole ad un’azione contro il monopolio francese esercitato attraverso la Banca Imperiale Ottomana, mostrò prudenza nella paura di coinvolgere troppo direttamente gli ottomani. Il 7 novembre Salisbury comunicava all’Ambasciatore d’Italia a Londra Catalani in via confidenziale “il governo

inglese sarà lietissimo di prendere parte a qualsiasi inchiesta che il Sultano desiderasse istituire sulla condotta della Banca Ottomana, ma crede che l’intraprendere una tale inchiesta senza il consenso del Sultano sarebbe incompatibile col rispetto che la Gran Bretagna ha sempre dimostrato per la indipendenza del governo ottomano”341.

Era chiaro che Londra volesse appunto evitare un muro contro muro. In fin dei conti la sua presenza all’interno della Banca Imperiale Ottomana avrebbe potuto essere difficile da gestire senza il supporto e la fiducia necessari della Porta. Un’inchiesta sopra tale istituto bancario senza le dovute precauzioni, sebbene mirata contro i franco- levantini, avrebbe danneggiato anche gli interessi inglesi nella regione, che in parte si esprimevano ancora attraverso l’istituto finanziario ottomano. A questo punto la questione si complicò. Germania ed Inghilterra sapevano di essere troppo esposte nella vertenza intrapresa la quale, se non fosse andata a buon fine, avrebbe inevitabilmente danneggiato i propri interessi in loco a favore di una maggior espansione francese. Mentre la finanza austro-francese stava infatti compiendo gli ultimi sforzi a Costantinopoli per resistere contro gli attacchi sferrati, la Germania, in via ufficiosa, cercava di mettere in atto il consorzio, proponendo all’Italia di costituire nella capitale ottomana una Banca con capitali tedeschi ed italiani342.

340 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, Telegramma in Arrivo n° 2311, da Blanc a Crispi, Terapia 1 novembre 1888.

341 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, Telegramma in Arrivo n° 3004, da Catalani a Crispi, Londra 7 novembre 1888.

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Dietro questa proposta si trovava inevitabilmente anche la Gran Bretagna, il cui supporto era assolutamente necessario per capitalizzare con la giusta potenza di fuoco il nuovo istituto, pietra miliare del nuovo consorzio a tre tra Italia, Germania e Gran Bretagna. Questo istituto finanziario avrebbe dovuto promuovere gli interessi delle tre potenze, principalmente per la costruzione di ferrovie nella regione. A questo proposito si chiese all’Italia di partecipare con i capitali necessari, ma in mancanza di questi, capitali inglesi e tedeschi avrebbero coperto la quota italiana figurando nominalmente come provenienti da Roma343. Londra e Berlino infatti avevano bisogno politicamente dell’adesione dell’Italia così da rappresentare complessivamente la maggioranza delle potenze coinvolte nelle finanze ottomane, forzando così la Sublime Porta a prendere in dovuta considerazione il nuovo spostamento dell’asse a danno del ruolo centrale fin qui coperto dalla Banca Imperiale Ottomana. Ma non solo. L’Italia avrebbe potuto essere quella “testa di ponte” contro la finanza franco-levantina assumendo toni di protesta più netti rispetto a Gran Bretagna e Germania le quali, chi più chi meno, collaboravano attivamente con i capitalisti d’oltralpe.

Mentre il Mancardi inviava a Roma i documenti necessari provenienti dal consiglio del debito pubblico ottomano per portare avanti la vertenza contro il monopolio finanziario franco-levantino344, le potenze del consorzio, specialmente la Germania, si adoperavano per mettere in discussione il controllo francese delle garanzie chilometriche concesse per la costruzione di nuove ferrovie. Era ovvio infatti che se fosse stata la Francia ad intercedere per i prestiti, essa ne avrebbe voluto trarne vantaggio attraverso concessioni industriali e influenza politica. Il consorzio anglo-italo-tedesco aveva proprio questo scopo: concorrere per la concessione di prestiti, al fine di ottenere appalti per i propri capitalisti345. Questo fu il caso del prestito emesso dalla Deutsche

343 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, Telegramma in Arrivo n° 3011, da Blanc a Crispi, Terapia 8 novembre 1888.

344 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, da Blanc a Crispi, n° 575/355, Costantinopoli 16 novembre 1888. 345 Tale consorzio sarebbe stato composto da un gruppo di finanzieri britannici della Railway Trust & Debenture C., rappresentata a Costantinopoli dal Caillard Presidente del DPO. A tale gruppo si sarebbe associata anche la Deutsche Bank, rappresentata a Berlino dal Kaulla. Nonostante la potenza finanziaria fosse più circoscritta, a questo gruppo di capitalisti si aggiungeva anche un gruppo italiano composto dal banchiere Bartolomeo Giustiniani e dagli ingegneri De Chrico e Bariola in qualità di rappresentanti del conte Maurizio de Bosdari (quest’ultimo personaggio ebbe un ruolo importante negli affari della regione. Nel 1886 egli fu infatti chiamato a Costantinopoli in qualità di segretario al delegato italiano al DPO, all’epoca Francesco Mancardi. Dopo essere tornato in Italia nel 1887, fu richiamato a Costantinopoli nel luglio 1888 in qualità di Direttore dell’Anatolia Railway Company sotto la raccomandazione

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Ban nel 1888 al 5% di interesse, il quale riservò una buona parte di costruzioni

ferroviarie, attraverso la concessione di garanzie chilometriche, all’industria germanica. Questo fatto, una vera sconfitta per il monopolio della BIO, fece suonare l’allarme nella dirigenza della banca timorosa di aver innescato un precedente pericoloso. Prima della concessione effettiva alla Deustche Bank, la BIO aveva cercato, in extremis, di bloccare questa operazione finanziaria. I dirigenti della Banca ottomana, nel tentativo di allarmare le autorità della Porta, vollero accreditare la voce secondo cui il nuovo consorzio volesse attuare l’antica proposta di una commissione di rappresentanti delle potenze che si sarebbe appropriata della gestione delle finanze ottomane sul modello della proposta Corti avanzata al Congresso di Berlino. Tali tentativi, inutili davanti un governo come quello ottomano ben consapevole della mossa politica in atto e del monopolio esercitato dalla BIO, caddero nel vuoto specialmente a causa dell’intercessione di Agop Pasha, ministro delle Finanze della Porta.346

La questione del prestito, già in se per se capace di turbare gli azionisti della Banca ottomana, poteva ad ogni modo essere circoscritta come un semplice incidente di percorso. Quello che realmente temevano i dirigenti della Banca Imperiale era la perdita in futuro dei propri privilegi come Banca di Stato, di emissione e di commercio. Bisogna ricordare che la BIO, oltre alle funzioni citate, aveva il diritto di riscuotere addirittura il ½% sui conti correnti, sugli incassi e sui pagamenti. Senza contare che sul credito a conto corrente la BIO era autorizzata a riscuotere un interesse maggiore dell’8% rispetto al tasso di sconto abituale della Banca d’Inghilterra e di Francia. Era ovvio che questi alti compensi avevano distolto la banca dai semplici affari commerciali, concentrandosi unicamente su affari finanziari spesso speculativi. “La banca [la BIO] ha

in realtà monopolizzato gli affari di cambio […] a uno dei membri del consiglio del debito pubblico, ed a certi sensali, una specie di sindacato per manipolare le operazioni di cambio a loro comune ed esclusivo profitto”347. La paura di perdere tutto questo era comprensibile.

dell’Ambasciatore Italiano, http://levantineheritage.com/note31.htm), ACS, CCAPD, busta n°13, fasc. 34, Blanc A., Op. Cit. pp. 76-79.

346 Ibidem.

347 ACS, CCAPD, busta n°13, fasc. 34, Blanc A., Op. Cit. Annesso II. Note riservate d’un residente inglese sui sistemi bancari in Turchia in relazione cogli interessi pubblici, p. 83.

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Tornando al prestito del 1888, secondo Alberto Blanc “con straordinaria energia

e rapidità i capitalisti tedeschi, guidati ed appoggiati dal loro governo, si concentrarono al grande scopo dell’egemonia economica in Oriente”348. La concessione del prestito alla

Deutsche Bank era una conseguenza dello schieramento del governo tedesco a favore

della causa intavolata contro il monopolio della BIO, superando quelle prime incertezze dovute a resistenze interne causate della presenza dei banchieri Bleichroeder e della Compagnia dei raccordements in associazione con la BIO. Era chiaro che il governo di Berlino aveva puntato sul cavallo vincente, appoggiando la Deutsche Bank e la sua concreta possibilità di non avere solamente una partecipazione di minoranza (anzi i

Bleichroeder cercano poi di associarsi con la Deutsche Bank), ma di subentrare

letteralmente alla BIO, con tutti i vantaggi economici e politici non solo per la banca tedesca, ma per tutta la Germania349.

All’interno di questa vittoria germanica, vi era anche il connubio di italiani locali che avevano associato fin dal primo momento la loro partecipazioni al gruppo in opposizione al monopolio franco-levantino della BIO. “Debbo aggiungere che il gruppo

italiano locale [italo-levantini ed uomini d’affari italiani residenti a Costantinopoli], associato al gruppo tedesco, è anzi considerato dai miei colleghi di Germania e