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Il consiglio del debito pubblico all’arrembaggio: tentativi di estensione del controllo finanziario su tutto l’impero ottomano

CAPITOLO II L’Italia nel consiglio del debito (1881-1903).

3. Il consiglio del debito pubblico all’arrembaggio: tentativi di estensione del controllo finanziario su tutto l’impero ottomano

Verso la fine del 1896 l’impero ottomano fu costretto, per impellenze finanziarie, a chiedere un nuovo prestito internazionale461. Fin qui nulla di nuovo da quel lontano 1854, quando la Porta entrò nel vortice senza fine dei prestiti esteri, se non fosse che le potenze europee questa volta tentarono di fare leva sui bisogni finanziari imperiali per estendere ed imporre il loro controllo sopra l’intero sistema finanziario dell’impero.

L’anno 1896 era infatti stato nefasto per l’economia ottomana. La situazione finanziaria fu aggravata dall’insurrezione di Creta e dalle spese militari necessarie per reprimere gli scontri in Macedonia, nell’Heijaz, nell’Heuran e nelle province armene dell’Asia Minore che condussero all’esodo di migliaia di armeni. Alle rivolte si aggiunsero pessime condizioni meteorologiche. L’inverno 1895-1896 fu assai duro e creò disservizi soprattutto nella produzione agricola causando, di conseguenza, un netto calo dei tributi

460 ASDMAE, SPP, busta 457, Lettera Riservata ad Alberto Blanc, Posizione 102, Roma gennaio 1896. In merito alle relazioni tra la Camera, il regio governo ed il delegato lo scrivente afferma che quest’ultimo “mentre non può trascurare di conformarsi in genere alle intenzioni della Camera di Commercio di Roma […] deve però, dall’altra parte, procedere in pieno accordo colla R. Ambasciata, specialmente quando l’importanza di una data questione, sottoposta alle decisioni del consiglio, si manifesti più spiccatamente d’ordine internazionale per gli interessi politici e morali che in essa predominino […] è difatti uso tradizionale che, in simili casi, il R. Ambasciatore dia, in via affatto confidenziale, al Delegato Italiano opportuni consigli, e che questi ne faccia tesoro a norma della sua condotta in seno alla commissione internazionale”.

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incassati. Tutto ciò portò i proventi delle dogane a calare del 24% rispetto agli stessi mesi del 1895.

Le potenze europee furono persuase a prendere il controllo della situazione per evitare un nuovo default sul debito estero, dimenticandosi però di fare i conti con la Russia462. San Pietroburgo infatti, non facendo parte del CADPO e non volendo che le potenze estendessero il loro controllo incondizionato su tutto l’impero – da un completo controllo finanziario ad uno politico il passo è assai breve -, si oppose energicamente ad un’estensione del potere europeo sui territori amministrati da Costantinopoli. Tale estensione si sarebbe dovuta esprimere attraverso l’allargamento dei poteri del CADPO già integrato, a pieno diritto, nella macchina amministrativa e burocratica ottomana.

La proposta di allargamento dei poteri della commissione finanziaria fu proposto dai portatori francesi della rendita ottomana, i quali avevano il più alto numero di crediti investiti nelle finanze pubbliche della Sublime Porta. I delegati della commissione finanziaria internazionale non sarebbero più stati nominati da enti privati ma bensì dai rispettivi governi. La trasformazione del consiglio internazionale aveva il duplice scopo, come lo era stato in passato con la creazione della BIO e del consiglio del DPO nel 1881, di permettere alle potenze europee di stringere sempre più il loro controllo politico ed economico intorno alla Sublime Porta e, nel contempo, permettere a Costantinopoli di continuare a indebitarsi ad un tasso d’interesse più allettante:

“Would it not be possible for the Great Powers to come forward and relieve the financial pressure on Turkey by changing, in agreement with the Turkish Government, the form of the Public Debt Council as suggested by the French Committee of Turkish Bondholders? This would impart such additional strength and credit to that Council that it would have no difficulty in raising a considerable loan at a cheap rate for the Turkish Treasury”463.

Mentre l’Austria-Ungheria si dimostrò fin da subito favorevole a questa possibilità, né la Germania né l’Italia nei primi mesi del 1896 espressero un parere a

462 Su alcuni aspetti dell’imperialismo Russo si veda, Sumner B.H., Tsardom and Imperialism in the Far East and Middle East, 1880-1914, Archon Books, Londra, 1942.

463 NA, FO 881/6718, Caillard V. Memorandum by Mr. Caillard on suggested change of from in the Administrative Council of the Ottoman Public Debt, very confidential, Londra 9 gennaio 1896.

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riguardo. Era chiaro che Francia e Gran Bretagna, che appoggiava questo progetto attraverso il delegato alla rendita ottomana Vincent Caillard464, premevano per ottenere l’assenso di tutti i membri del CADPO. Caillard ricordava come l’Italia potesse essere un’alleata naturale di questa soluzione date le dichiarazione passate dell’ambasciatore Alberto Blanc a favore dell’estensione del controllo europeo sulle finanze ottomane. La presenza di Blanc a capo della diplomazia italiana (lo sarà dal dicembre 1893 al marzo 1896) faceva ben sperare l’uomo d’affari britannico che Roma aderisse quanto prima a questa soluzione. Era ben noto negli ambienti finanziari di Costantinopoli che la decisione italiana sarebbe dovuta arrivare dagli ambienti politici romani e non dalla Camera di Commercio di Roma che era, sempre secondo Caillard, “a very worthless

body”465.

I veri problemi sorgevano però da una nazione non rappresentava dal consiglio del DPO: la Russia. Era infatti impossibile pensare di raggiungere un accordo su una questione così delicata senza il beneplacito di San Pietroburgo:

“the key of the situation therefore lies at St. Petersburgh. The Russian Government has always regarded the idea of any European control in Turkey, as it even does already regard the present Public Debt Council, with the utmost disfavor, as it desires, in any question which may possibly arise between itself and the Turkish Government, to have the latter only to deal with, and not some other authority which might considerably hamper its action under possible contingencies466”.

Caillard faceva presente al Foriegn Office che la situazione di antagonismo tra la Gran Bretagna e la Russia non poteva che rendere più difficile il raggiungimento di un accordo. Solo una distensione tra le parti, anche grazie all’intermediazione francese che godeva di buoni uffici alla corte russa, avrebbe potuto condurre ad una soluzione spianando la strada ad un’azione concordata a Costantinopoli. Le potenze erano infatti preoccupate per le condizioni finanziarie dell’impero e volevano assolutamente

464 In quegli anni l’influenza di Caillard era tale che si concretizzò la possibilità di essere anche candidato alla presidenza della BIO in sostituzione di Edgar Vincent, in The general managership of the Imperial Ottoman Bank, in “The Manchester Guardian”, 14 ottobre 1897.

465 NA, FO 881/6718, Caillard V. Memorandum by Mr. Caillard on suggested change of from in the Administrative Council of the Ottoman Public Debt, very confidential, Londra 9 gennaio 1896.

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scongiurare un ulteriore fallimento, nel breve termine ma anche nel lungo, tramite un maggior controllo internazionale sulle finanze ottomane. Nel breve termine un default sarebbe stato nefasto sia per Costantinopoli, sia per i creditori e sia per le banche coinvolte nelle finanze dell’impero.

Il consiglio del debito, sebbene godesse della possibilità di migliorare le entrate delle rendite da lui gestite – e come infatti non mancò di fare - per il bene dei creditori e dell’impero, si dovette scontrare con un sistema di mala gestione diffuso che incideva anche nella possibilità del CADPO di operare in efficienza. Quest’ultimo amministrava somme annue di circa 80 milioni di Franchi, di cui 45 milioni provenienti dalle 6 contribuzioni indirette e dai monopoli, altri 35 milioni dai proventi del pagamento di altre passività contratte dal governo di Costantinopoli dopo la firma del decreto di Mouharrem, come ad esempio le costruzioni ferroviarie – le cui garanzie erano rappresentate dai titoli Lotti Turchi – di cui il consiglio del debito aveva assunto solo il servizio di cassa per conto delle compagnie creditrici “codesta distinzione è importante,

perché, sebbene il decreto 1881 preveda il caso della sua abrogazione o sospensione per parte del governo imperiale pare difficile che questa sia disposto ad affrontare le conseguenze di un atto così grave, trattandosi di un decreto che ha il carattere di un impegno internazionale solennemente contratto verso le Potenze […] per contro i contratti successivi […] sono bensì validi legalmente, ma non offrono uguali guarentigie dal punto di vista politico e non escludono che la Porta si trovi, un dato momento, tenuta a eluderne l’osservanza”467, pertanto la riscossione di tali cespiti era assai incerta e soggetta a forte evasione.

Il consiglio del debito aveva già provato in passato a chiedere al governo ottomano di riscuotere direttamente le decime dagli appaltatori, anziché dalle casse dei vari vilayet, tutt’altro che buoni amministratori. Questo fatto mostrava la debolezza di alcuni cespiti d’entrata gestiti dal consiglio del debito e soggetti all’intermediazione dell’inefficiente macchina burocratico-amministrativa ottomana, che poteva da un momento all’altro impedire la riscossione o impossessarsi di una parte cospicua di tali

467 ASDMAE, SPP, busta 467, da Alberto Pansa a Visconti-Venosta, n°1191/665, Costantinopoli 21 ottobre 1896.

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rendite, creando così squilibrio nella programmazione del CADPO per l’ammortamento del debito e degli interessi.

Davanti a questa situazione e al deterioramento costante delle finanze ottomane, le potenze vedevano la trasformazione del CADPO in un completo organo di controllo internazionale. Tale passo trovava però un serio ostacolo nella mancanza di un delegato russo all’interno del consiglio. Solo se la Russia avesse fatto parte del consiglio, questo avrebbe potuto raggiungere il suo obiettivo. San Pietroburgo infatti aveva deciso di rimanere fuori da tale organo internazionale per gestire al meglio i crediti a lei spettanti da parte dell’impero dopo la guerra del 1877-78. Essi infatti si rivelarono un ottimo strumento di pressione su Costantinopoli. Solo l’alleanza franco-russa del 1894 poteva cambiare le cose. Il desiderio francese era infatti quello di vedere la Russia dentro il consiglio, così da eliminare quell’ostacolo verso l’estensione dei poteri del CADPO. Parigi di fatto iniziò ad esercitare pressioni su San Pietroburgo affinché, una volta nel consiglio, potesse porre fine al ricatto pendente del rimborso dei debiti di guerra che mettevano in pericolo la solvibilità di Costantinopoli e di conseguenza gli investimenti francesi “Nobody, we suppose, doubts that the pressure […] was really exercised by great

financiers holding large blocks of Turkish stock”468. A maggior ragione, ora che la Francia aveva appoggiato la Russia sulla questione armena dopo le rivolte scoppiate dentro i confini dell’impero ottomano, Parigi sperava che San Pietroburgo compensasse tale appoggio con una concessione sulle questioni finanziarie che toccava da vicino il risparmio francese469.

Per spianare la strada a quest’accordo il vice-direttore della Banca Imperiale Ottomana ottenne dall’Ambasciatore d’Italia a Costantinopoli Tommaso Catalani l’assenso per una partecipazione Russa, anche se il diplomatico italiano esprimeva dubbi sulla volontà di San Pietroburgo di aderirvi. Dubbi che vennero anche espressi dal Barone di Calice, ambasciatore austro-ungarico a Costantinopoli, il quale avanzava due riserve. Secondo il suo parere un maggior controllo delle finanze ottomane avrebbe potuto “aprile l’adito a maneggi di affaristi”470. Tale inconvenienza aveva già mostrato

468 The Financiers in Politics, in “The Spectator” 19 novembre 1898.

469 ASDMAE, SPP, busta 467, da Alberto Pansa a Visconti-Venosta, n°1191/665, Costantinopoli 21 ottobre 1896, Op. Cit.

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la sua ferocia per la conversione dei titoli delle Priorités, figuriamoci cosa avrebbe potuto fare una volta avuta a sua disposizione l’intera economia del decadente impero. Inoltre l’Ambasciatore di Vienna temeva che stabilire un controllo europeo su tutto l’impero su basi essenzialmente finanziarie, relegando la politica in una posizione di second’ordine, avrebbe conferito un ruolo di predominio a chi aveva maggiori interessi finanziari nella regione; questo era ovviamente il caso della Francia471.

Tale progetto di controllo totale delle finanze avrebbe visto decadere molte clausole ed articoli previsti dal decreto di Mouharrem, modellandosi più sul sistema adottato per controllare le finanze egiziane. Tale sistema infatti prevedeva che ogni delegato sarebbe stato prima di tutto designato da parte delle potenze, stravolgendo il famoso patto tra i creditori privati e la Sublime Porta. Seguendo appunto questo modello, l’Ambasciatore d’Italia smentì la tesi del suo collega austro-ungarico sull’eventuale predominanza francese dato che, seguendo il modello egiziano, ogni membro avrebbe avuto diritto ad un voto che sarebbe valso come quello della altre potenze presenti nel consiglio.

Per cercare di dissuadere l’opposizione austro-ungarica, l’Ambasciatore tedesco decise di mediare presso il Barone di Calice, al fine di presentare la Triplice Alleanza compatta davanti alla possibilità di estensione dei poteri del consiglio del debito, soprattutto se la Russia vi avesse aderito. San Pietroburo infatti, nel suo interesse, avrebbe cercato di ridurre al minimo i poteri della nuova amministrazione per non dover fare i conti con la stessa una volta che le sue mire di espansione l’avessero portata ad affacciarsi sul Bosforo472.

La risposta russa non si fece attendere. Agli inizi di novembre 1896 San Pietroburgo manifestò la sua opposizione alla trasformazione, proposta dalle potenze europee, di estendere i poteri del consiglio del debito perché, a suo dire, avrebbe provocato un’energica protesta da parte del popolo ottomano. Questa palese scusa nascondeva la nota opposizione russa a tale progetto, non fermò la Francia che inviò il Conte di Montebello a San Pietroburgo per trattare con i Russi473.

471 Ibidem. 472 Ibidem.

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“Il sig. Nelidoro, sostenuto strenuamente dal potentissimo ministro delle Finanze [Russo], sig. Witte, vi si oppone ad oltranza [all’entrata della Russia del consiglio del debito]. Nel suo viaggio a Parigi il garante del ministero imperiale degli Esteri subì evidentemente l’influenza del suo collega del Quai d’Orsay, il quale, per ragioni ch’io non conosco, sebbene taluni assicurino che vi siano motivi non belli in gioco, vorrebbe la trasformazione della commissione, che a prima giunta può essere interpretata come favorevole alla Russia […] con una franchezza che tiene del cinismo e tale precisamente è la caratteristica di quell’uomo di Stato [Witte] vien proclamato che il colpo agognato dai finanzieri israeliti, che prestarono denaro alla Turchia, è di sostituire all’impero Turco, oggi che è vicino al suo sfacelo, un non so che capace di tutelare i loro interessi. Questo, l’unico vantaggio che risulterebbe dalla nomina di un Delegato Russo presso la citata commissione, per poterle dare così l’impronta che tuttavia non possiede, di veramente internazionale, al contrario, la Russia, la quale dopo l’ultima guerra, ha lavorato incessantemente ed impedire che le potenze s’immischiassero negli affari dell’impero ottomano, colla partecipazione a detto consiglio di controllo, perderebbe il frutto di tutti i suoi conati messi in opera, e si vedrebbe dinnanzi l’Europa, non la Turchia, i giorni del redde rationem”474.

Il tentativo francese di trovare una soluzione si infrangeva contro l’intransigenza Russa del ministro delle Finanze Witte, il quale non avrebbe mai sacrificato la spinta russa verso Costantinopoli ed i Dardanelli, a suo parole, per avvantaggiare alcuni banchieri ebrei. Questa forte presa di posizione scavava un solco tra la posizione francese e russa, causando un traballamento in quella giovane alleanza siglata dalle due potenze nel 1894. In sostanza i Russi sapevano bene che la propria entrata all’interno del CADPO, dove Parigi aveva un ruolo di primo piano, avrebbe significato sacrificare il ricatto la leva politica che avevano su Costantinopoli attraverso lo sbandieramento del pagamento dell’indennità della guerra del 1877-78, che appunto la Francia voleva lasciar amministrare dal CADPO475.

La determinazione russa fu tale che nessun compromesso sembrava possibile per estendere, con il connubio della Porta, i poteri del CADPO476. Inversamente a tale posizione si collocava però la Gran Bretagna la quale, per partecipare al nuovo prestito a favore delle casse imperiali, pretendeva che Costantinopoli accettasse la nuova tutela

474 ASDMAE, SPP, busta 467, da Maffei a Visconti-Venosta, n° 842/389, San Pietroburgo 21 novembre 1896.

475 Langer W.L., The Diplomacy of Imperialism 1890-1902, Alfred A. Knopf, New York, 1935, pp. 332-337. 476 ASDMAE, SPP, busta 467, Telegramma in arrivo n°78, da Pansa a Visconti-Venosta, Pera 21 gennaio 1897.

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internazionale sulle sue finanze477. In sostanza, prima l’impero avesse accettato la nuova commissione, prima il prestito sarebbe stato erogato478.

Le urgenti condizioni delle finanze ottomane, la forte opposizione russa e l’impossibilità materiale di una soluzione condivisa fecero decadere ogni possibilità di trasformare il CADPO in un organo di controllo totale sulle finanze ottomane, con lo scopo non solo di svuotare di significato la presenza di un ministero delle Finanze e dell’economia ottomana, ma anche di minare in profondità l’autonomia politica della Porta, condannandola a subire un umiliante commissariamento. Questo tentativo incarnava il malumore di alcuni ambienti governativi, e specialmente finanziari, stufi di dover cercare a più riprese manovre correttive sulle finanze ottomane quando il governo di Costantinopoli continuava nella sua politica poco avvezza al risparmio ed al risanamento.

Questa situazione finanziaria di emergenza durava ormai da parecchi decenni e sarebbe durata per altri vent’anni, cioè fino a quando la Prima guerra mondiale non mise fine alla centenaria storia dell’impero, non prima però di passare dal consolidamento generale del debito nel 1903479, capace di cambiare molti aspetti della struttura del debito e della sua gestione da parte del Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico ottomano.

4. La questione della presidenza del consiglio del debito pubblico ottomano