4.1 Le finanze ottomane ed il Congresso di Berlino
Alla crisi finanziaria della Porta si aggiunse anche quella della politica. La Russia, da sempre alla ricerca di uno sbocco nel Mar Mediterraneo e di un espansione a danno degli ottomani nei Balcani, dichiarò guerra all’impero ottomano nel 1877. La vittoria russa fu netta e nel 1878 fu firmato il Trattato di Santo Stefano. In tale trattato la Russia chiedeva un alto indennizzo di guerra, che doveva essere pagato in maniera prioritaria rispetto ai debiti pregressi dell’impero, cioè anche quelli facenti parte del debito pubblico ottomano, i cui pagamenti erano, bisogna ricordarlo, sospesi. Per cercare di dare respiro alla sua economia, l’impero decise di emettere nuovamente i titoli di cambio Kaimé, che tanti problemi avevano creato in passato, e alcuni titoli speciali del tesoro, detti Ramazan172. Era chiaro però che le esigenze di guerra avrebbero richiesto,
da parte della Porta, una sforzo economico ben maggiore, quanto mai difficile da
170 Approfittando della scoppio della guerra russo-ottomana del 1877-1878, il Sultano abolì la costituzione. Dorranno passare quasi cinquant’anni prima che venga rintrodotta dopo il colpo di Stato dei Giovani Turchi nel 1908.
171 ASDMAE, MAERI, busta 1229, da Melegari al ministro Artoni, Roma 30 ottobre 1876.
172 Per quanto riguarda questa nuova emissione di titoli Kaimé, il governo ottomano durante la guerra russo-ottomana del 1877-78, decise di sospendere il diritto di emissione concesso alla BIO nel 1863 emettendo lui stesso nuovi titoli Kaimé con funzione di carta moneta. Nel 1880, dopo aver ripristinato tale diritto di emissione alla BIO ed aver provveduto a ritirare questi titoli ormai fortemente inflazionati dal mercato grazie alla concessione di prestiti esteri, l’impero ottomano adottò formalmente un sistema monetario legato all’oro, in Tunçer A. C., Pamuk S., Op. Cit., p. 2.
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raggiungere in un contesto di bancarotta. Il timore di una capitolazione non preoccupava solamente il governo di Costantinopoli ma anche alcune delle Grandi Potenze timorose di quell’espansione russa tornata a farsi sentire sulle frontiere della Porta dopo la sconfitta nella guerra di Crimea. Davanti a questo stato di cose il governo di Londra si fece mediatore per l’emissione di un prestito: il Defence Loan negoziato sulla piazza di Londra nel 1877. A questa operazione finanziaria non mancarono di dare il loro supporto anche i banchieri di Galata, desiderosi di sfruttare questa possibilità per accrescere la propria l’influenza persa presso il Sultano dopo l’istituzione della Banca Imperiale Ottomana.
Nel corso della bufera finanziaria, le Grandi Potenze europee, insieme a Russia ed impero ottomano, si riunirono a Berlino dal 13 giungo al 13 luglio 1878, per rettificare il trattato di Pace di Santo Stefano. Il Congresso di Berlino fu promosso dall’Austria, direttamente interessata a mettere un freno sull’accresciuta influenza Russa nei Balcani. L’interesse italiano al Congresso era solamente politico, l’Italia infatti sperava di ottenere il Trentino come compenso dell’occupazione austriaca della Bosnia. Il presidente del consiglio Benedetto Cairoli il 6 giugno 1878 incaricò Luigi Corti, nominato per l’occasione ministro degli Esteri, di difendere gli interessi italiani a Berlino, opponendo resistenza all’occupazione austriaca della Bosnia se non in cambio di adeguate compensazioni.
Tale questione politica si risolse con un disastro per le ambizioni dell’Italia che capitolò davanti all’espansione dell’Austria-Ungheria nei Balcani. Le reazioni a caldo dell’opinione pubblica italiana furono di condanna verso il Conte Corti, il quale però realmente si dovette scontrare contro un’accanita opposizione da parte di Germania ed Inghilterra, che, di fatto, annullarono la strategia diplomatica italiana173. Il governo inglese “aveva finito coll’avvertirla [l’Italia], che al Trentino non ci avesse a pensare, pena
la guerra; e il governo germanico di non aprire neanche bocca”174.
Senza creare alibi, l’Italia arrivò impreparata al Congresso di Berlino, anche per colpa di ripetuti rimpasti e cambi di governo, che non permisero a nessun esecutivo di
173 Per un confronto tra la politica coloniale italiana e tedesca si veda: Ghisalberti C., Due colonialismi a confronto. Italia e Germania nella loro espansione oltremare sino alla prima guerra mondiale, in “Clio”, vol. 33, n.2, 1997, pp. 327-344.
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vivere tanto a lungo da far rispettare la propria agenda politica. Il ministero degli Affari Esteri tra il 1875 ed il 1878 aveva assistito al cambio di ben quattro ministri – Visconti- Venosta, Malegori, Deprestis, Corti -175.
Sebbene le questioni politiche facessero da padrone al Congresso di Berlino, non meno importanza rivestirono le questioni finanziarie, quantomeno nel breve e nel medio termine. Era ancora rimasta senza soluzione la questione inerente la bancarotta sul debito estero dell’impero degli osmanli, le Grandi Potenze e l’impero ottomano dovevano trovare una soluzione condivisa, sia per permettere allo Stato orientale di riprende tutte le sue funzioni di finanza pubblica, sia per trovare un accomodamento per i numerosi creditori europei che dal 1876 non percepivano il pagamento degli interessi. La questione finanziaria legata al debito pubblico si mischiò con quella inerente il pagamento dell’indennità di guerra della Russia dopo l’ultima guerra: non si sarebbe potuto raggiungere un accordo se le due questioni non fossero state valutate tenendo in considerazione le rispettive esigenze176.
Sia l’indennità di guerra – in misura minore – sia il pagamento degli interessi sul debito estero – in misura maggiore – erano somme tanto ingenti, da non permettere nell’immediato all’impero di liquidarne neanch’una. La Russia concordò sul fatto che la sua indennità non avesse nessun diritto di priorità su tutti gli altri pagamenti, ma non mancò di far sentire la propria voce quando si trattò di difendere i suoi interessi sui diritti di tale indennità di guerra, usata spesso da San Pietroburgo come pretesto per fini politici. Esempio pratico fu il caso della difesa del predominio russo sul tributo bulgaro messo a garanzia per suddetta indennità177.
Risolta la questione della precedenza di pagamento a favore dei creditori del debito ottomano, rimaneva insoluta quella della gestione ed organizzazione delle finanze ottomane. L’11 luglio 1878 il conte Corti presentò a nome dell’Italia e dei suoi colleghi di Francia e Gran Bretagna una dichiarazione, a cui si associarono i rappresentanti dell’Austria-Ungheria, della Russia e della Germania, così formulata “Le
175 Ibidem.
176 Sulla questione dell’indennità di guerra spettante alla Russia si veda: Sumner B.H., Russia and the Balkans, 1870-1880, Clarendon Press, Oxford, 1937, Medlicott W.N., The Congress of Berlin and After: A Diplomatic History of the Near Eastern Settlement, 1878-1880, Methuen & Co., Londra, 1938.
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Potenze rappresentate al Congresso portano avviso di raccomandare alla Sublime Porta l’istituzione a Costantinopoli d’una commissione, composta d’uomini speciali nominati dà Governi rispettivi, e che sarebbe incaricata di esaminare i richiami de’ portatori dei titoli del debito ottomano, e di proporre i mezzi efficaci per dar loro soddisfazione compatibile colla situazione finanziaria della Sublime Porta”178.
Sebbene l’Italia detenesse una quota pari a circa il 5% del debito pubblico ottomano, pertanto non trascurabile, le altre potenze, prime fra tutte la Francia e l’Inghilterra, detenevano quote ben maggiori; ergo, essendo molto più esposte rispetto all’Italia sul debito pubblico ottomano, un accomodamento era nel loro assoluto interesse179.
Tab. 1 - Percentuale Debito Pubblico ottomano per paese, dal 1881 al 1914
1881 (%) 1890 (%) 1898 (%) 1914 (%) Francia 34.3 37.6 42.2 53.0 Gran Bretagna 33.2 23.1 17.9 14.0 Germania 7.5 11.7 15.0 21.0 Belgio 5.0 8.7 11.4 8.4 Austria 6.0 6.5 5.9 - Olanda 5.3 4.5 2.8 3.6 Italia 4.1 2.7 0.8 - Turchia (privati) 5.6 5.2 4.0 -
178 Bonghi R., Il Congresso di Berlino e la Crisi d’Oriente, Treves, Roma, 1878. In merito alla proposta Corti “ at the instance of Count Corti, that there be established at Constantinople a commission of specialists charged to examine into the complaints of the bondholders of the Ottoman Debt, and to propose the most efficacious means of satisfying them, as far as it is compatible with the financial situation of the Porte”, in Munro H. F., The Berlin Congress, U.S. Government Printing Office, Washington D.C., 1918, p.27.
179 Secondo Alberto Blanc, l’Italia, non avendo nessuna succursale della BIO sul suo territorio nazionale e nessuna banca italiana che operasse direttamente a Costantinopoli, era assai svantaggiata nella riscossione delle cedole del DPO, anche per via del tasso di cambio. Questo, secondo il diplomatico italiano, spinse molti italiani ad usare banche estere per i propri investimenti, con il risultato che la bassa percentuale italiana ufficiale del DPO fosse una chimera, in realtà tale percentuale sarebbe dovuta essere ben più alta, addirittura vicina al 20%, in ACS, CCAPD, busta n°13, fasc. 34, Blanc A., Op. Cit. p. 18.
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Fonte: Calcoli di Pamuk dal suo libro: The Ottoman Empire and European capitalism, 1820-1913. 2010
Tab. 2 - Percentuale Debito Pubblico ottomano per paese, dal 1881 al 1913
1881 (%) 1898 (%) 1913 (%) Francia 40 44.9 49.5 Gran Bretagna 29 10.9 6.9 Germania 4.7 12.2 20.1 Belgio 7.2 17.9 11 Olanda 7.6 4.5 3 Italia 2.6 1.3 1.0 Austria 1 1.9 1.3 Investitori Locali 7.9 6.4 7.2
Fonte: Geyikdagi N. Foreign Investment in the Ottoman Empire, 1854-1914. 2011
Grafico 1 – Percentuale italiana nel Debito Pubblico ottomano tra il 1881 ed il 1914 secondo