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La questione della presidenza del consiglio del debito pubblico ottomano Il ruolo esercitato dal presidente del consiglio del debito non era solamente d

CAPITOLO II L’Italia nel consiglio del debito (1881-1903).

4. La questione della presidenza del consiglio del debito pubblico ottomano Il ruolo esercitato dal presidente del consiglio del debito non era solamente d

facciata, i suoi poteri per la gestione del consiglio furono reali e tangibili. Ne viene da sé che Gran Bretagna e Francia se ne assicurarono il controllo con l’Iradé imperiale 1881che stabiliva, appunto, l’alternanza tra i delegati delle due nazioni. Conti alla mano tale

477 ASDMAE, SPP, busta 467, Telegramma in arrivo n°122, da Pansa a Visconti-Venosta, Pera 14 gennaio 1897.

478 ASDMAE, SPP, busta 467, Telegramma in arrivo n°302, da Pansa a Visconti-Venosta, Pera 30 gennaio 1897.

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divisione poteva essere condivisibile dal fatto che Parigi e Londra erano le più esposte sul DPO.

All’atto di stabilire questa divisione della presidenza del consiglio, l’allora ministro degli Esteri italiano Pasquale Mancini e il ministro dell’Istruzione Domenico Berti dissero chiaramente al delegato italiano di votare sempre con la maggioranza, adeguandosi con chi, in pratica, l’avrebbe spuntata. Tralasciando l’insolita richiesta, i due ministri suggerirono nello specifico di appoggiare l’istituzione della presidenza sotto la guida franco-britannica. Francesco Mancardi differentemente, protestò contro questa gestione dell’organizzazione della presidenza, ma fu l’unica voce contraria in tutto il consiglio.

Nonostante le sue proteste, il Mancardi si trovò in minoranza e tale disposizione passò, non prima di riuscire comunque ad ottenere che “non vi fossero vice-presidenze

ma che in caso d’assenza o d’impedimento qualunque del Presidente attuale, la presidenza fosse devoluta all’anziano del consiglio”480.

Secondo quanto ci riporta l’ambasciatore Alberto Blanc in un suo pro-memoria confidenziale dell’aprile 1888, al delegato austro-ungarico e tedesco, per accodarsi alla linea franco-britannica sulla questione presidenziale, venne concessa la cifra di 1.000 Sterline, cifra che fu offerta anche al delegato italiano, che rifiutò categoricamente481. Preso atto dell’ordine stabilito, fin dall’inizio il Mancardi cercò di lottare contro il tentativo compiuto da parte dei delegati francese e britannico di tenere all’oscuro su alcune questioni di competenza del consiglio tutti gli altri membri del CADPO – si ricordi cosa accadde con la conversione delle Priorités - trovando la viva ostilità del delegato francese. Inaspettatamente però verso la metà degli anni ’80 si concretizzò per l’Italia la possibilità di sedere per un breve periodo sul seggio della presidenza, data la maggiore anzianità del Mancardi (data l’assenza di Vincent) rispetto ai suoi colleghi delegati. Il delegato italiano sfruttando la sua grande esperienza in questioni di finanza pubblica, iniziò ad riorganizzare il consiglio del debito, aprì un ufficio di contabilità centrale per in conteggio dei redditi e dei pagamenti del “Gran Libro”, designò gli ispettori generali per

480 ASDMAE, SPA, busta 125, fasc. 2, dispaccio inviato all’ambasciatore Blanc, annesso n°7, Costantinopoli 5 ottobre 1888.

481 ASDMAE, SPA, busta 125, fasc. 2, Pro-memoria confidenziale dell’ambasciatore Blanc, Roma 27 aprile 1888.

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il servizio esterno e lavorò per unire i diversi “Gran Libri” che si trovavano in Inghilterra e Francia, unificando tutte le categorie in un solo titolo, con l’aiuto di uno dei direttori della Banca Imperiale Ottomana, Von Kaass, che capì i benefici di tale centralizzazione anche per la sua Banca482.

Durante questo breve periodo il Mancardi mostrò chiaramente come un uomo di esperienza potesse incidere sulle funzionalità del consiglio attraverso la sua presidenza483. Certo è che i delegati franco-britannici, rispettivamente un ufficiale di cavalleria e di marina, non avevano l’esperienza per comprendere appieno questioni di finanza pubblica. Tale situazione mostrava di fatto come la finanza franco-britannica aveva ben altri interessi intorno alla presidenza, che non la normale amministrazione e tutela dei cespiti dei creditori della porta. Tali interessi riguardavano grandi banche e capitalisti che avevano tutto l’interesse ad usare il consiglio del debito a fini speculativi. L’Italia si rese conto di questo stato di cose, e di certo non sfuggì all’allora governatore della Banca Romana Bernardo Tanlongo che scrisse al ministro degli Esteri Benedetto Brin della possibilità da parte del delegato italiano di partecipare alla presidenza del consiglio di amministrazione “e ottenere che nelle operazioni finanziarie e industriali

abbia l’Italia quella parte che non fu negata sino ad ora alle altre nazioni, le nostre industrie e commerci potranno farsi valere ed apprezzare anche in Oriente con grandissimo vantaggio dell’economia nazionale, nonché della classe operaia italiana che potrebbe essere in quei lavori impiegata”484.

Nel 1893, quando era ancora in corso la bufera per la conversione delle Priorités e dei Lotti Turchi, l’Italia avanzò le richieste per la revisione della questione della presidenza – si veda sopra le tre proposte avanzate dalla Camera di Commercio di Roma per la conversione dei Lotti Turchi, nel punto 3 si chiedeva di rivedere l’elezione della

482 ASDMAE, SPA, busta 125 fasc. 2, da Blanc a Crispi, n°26/12 Costantinopoli 12 gennaio 1889, Op. Cit. 483 Il Mancardi propose oltremodo, per avere un controllo più stingente da parte di personale tecnico sulle funzioni del CADPO, di affiancare ad un Direttore generale del consiglio anche un Direttore aggiunto, scelto in accordo con la Porta, che avrebbe avuto il compito di compire ogni anni un giro di ispezione non solo negli uffici centrali ma anche in quelli provinciali. Secondo il delegato inglese Bourke, questo incarico avrebbe limitato l’autonomia dei delegati esteri. Riteniamo che una carica i questo genere avrebbe creato problemi in quegli uffici direttamente legati ad una potenza dominante, che spesso usava quel ruolo privilegiato per raggiungere anche interessi privati, in ACS, CCAPD, busta n°13, fasc. 34, Blanc A., Op. Cit. pp. 63-64.

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presidenza del consiglio -. Il Simondetti infatti chiese che tale ruolo di prestigio potesse essere o alternato tra tutti i suoi membri, oppure fosse dichiarato elettivo secondo quanto previsto dall’Art. XV del decreto di Mouharrem485. Come ricordato, né Germania né Austria-Ungheria si accodarono alla richiesta italiana, che pertanto restò lettera morta.

Sullo scadere del XIX secolo la questione della presidenza tornò alla ribalta. Di fatto l’impossibilità di Italia e Germania, le due più interessate alla modifica, di cambiare lo

status quo era data dalla percentuale di minoranza che avevano nei titoli ottomani.

Sebbene fosse pressoché impossibile venire precisamente a capo delle percentuali di cedole possedute nei vari paesi486, in linee generali il peso della Germania era aumentato a scapito di quello della Gran Bretagna mentre l’Italia, che già possedeva una percentuale decisamente bassa nel 1881 stimata intorno al 4%, alla fine del secolo, secondo stime positive, non superava l’1%. Ad ogni modo lo spostamento dei titoli a favore della Germania era verso la fine degli anni ’90, un fatto innegabile. Quando il delegato tedesco, appoggiato da quelli italiano e austro-ungarico, richiese un’indagine per appurare lo spostamento dell’equilibrio del possesso dei titoli nel DPO, il consiglio non poté che dare il suo assenso a tale indagine. I finanzieri tedeschi capirono che l’ammortamento della Serie A, che era detenuta per la maggior parte dall’Inghilterra per una cifra stimabile in 161 milioni di Franchi, aveva prodotto una riduzione dei titoli in mano alla Gran Bretagna. A fronte di ciò, e persuasi che si era compiuto effettivamente uno spostamento dei titoli a favore della Germania, i delegati italiano ed austro-ungarico si dichiararono pronti ad appoggiare la mozione, sebbene vi fosse il problema evidente di provare con certezza ed ufficialità l’avvenuto spostamento dei titoli. Per venire a capo di questo rebus, venne affidato al delegato italiano, il marchese Guiccioli ed al delegato

485 ASDMAE, AIT, busta 99 fasc. 3, Rapporto di Guido Guiccioli relativo alla Presidenza del Debito Pubblico ottomano, Costantinopoli 4 aprile 1898. Tale decreto prevedeva che ciò sarebbe stato possibile solo quando fosse stato appurato lo spostamento del numero di titoli da Francia e Gran Bretagna ad un’altra potenza/e.

486 Sarebbe stato possibile solo con un rigido controllo su tutte le borse valori europee che effettuavano scambio di titoli e tramite la richiesta di esibire la propria nazionalità, senza alcun fondamento giuridico, al pagamento delle cedole presso una delle tante banche europee accreditate.

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per i titoli Priorités, il Sig. Auboyneau, il compito di fornire cifre attendibili al consiglio sulla percentuale di titoli che ogni potenza possedeva487.

La missione dell’italiano fu assai delicata, dato che dovette fare attenzione a non riscaldare troppo gli animi di francesi e britannici che vedevano in quest’operazione un tentativo di minare il loro potere all’interno del consiglio del debito. Al contrario era auspicabile allo stesso modo andare contro il desiderio tedesco, che voleva cambiare l’ordine in corso488. Difatti lo stesso Guiccioli era ben consapevole della non totale fiducia di Francia e Germania nei suoi confronti, i quali in passato non avevano mancato di esprimere apprensioni per la nomina di suddetto delegato489. Per la questione in corso, la Germania mirava ad adottare un sistema elettivo in cui sarebbero stati i delegati del consiglio a votare il nuovo presidente. Per poter permettere al vecchio sistema di reggere all’urto della proposta tedesca, l’Inghilterra avrebbe dovuto avere, dato che era innegabile la maggioranza dei titoli posseduti dalla Francia, la stessa percentuale del 1881, che era circa il 29%. Guiccioli invece scoprì, non senza trovare un clima poco sereno nella capitale britannica e negli uffici della banca Barings490, che la percentuale britannica nel 1898 era scesa all’11%, ridotta di circa 1/3 – sebbene l’Inghilterra rappresentasse anche i portatori olandesi e belgi (che però avevano una rappresentanza speciale) bisognava calcolare la sola percentuale dei titoli in Inghilterra, non la somma dei tre paesi -491. Inversamente la Germania da un 4% nel 1881, sembrava ora possedere un 12%. L’Italia invece, il cui quantitativo era decisamente basso, cercò di aumentare la cifra che la Banca d’Italia fornì “Affinché nel servizio del Debito la nostra

partecipazione apparisca basarsi sopra un discreto quantitativo di titoli, il nostro delegato, pur constatando la diminuzione avvenuta, ha assegnato all’Italia il massimo di quanto gli era possibile supporre vi si trovi senza troppo allontanarsi dalla

487 Ibidem.

488 ASDMAE, Carte Alberto Pansa (da qui in avanti CAP), busta 5, da Guiccioli a Pansa, Berlino, 13 aprile 1898.

489 ASDMAE, CAP, busta 5, da Guiccioli a Pansa, Berlino, 17 aprile 1898. 490 ASDMAE, CAP, busta 5, da Guiccioli a Pansa, Londra, 30 aprile 1898.

491 ASDMAE, AIT, busta 99 fasc. 2, da Guiccioli a Pansa, Rapporto relativo alla Presidenza del Debito Pubblico ottomano, Costantinopoli 19 dicembre 1898.

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probabilità”492. Se la percentuale italiana di titoli non avrebbe cambiato lo stato delle cose, quella tedesca sicuramente sì. Berlino infatti voleva votare la modifica al principio dell’anno finanziario ottomano, cioè il 13 marzo 1899. La partita a questo punto si giocava tra chi fosse riuscito ad avere più voti nel consiglio. I due schieramenti principali consistevano nel gruppo composto dal delegato inglese, quello francese e quello delle

Priorités – che era un francese -, e nel gruppo composto dalle potenze della Triplice

Alleanza493. La patata bollente sarebbe passata nelle mani del delegato ottomano, ago della bilancia in questa diatriba.

Il 3 novembre 1898 Guiccioli e Aubayneau presentarono al consiglio del debito il loro resoconto per le dovute valutazioni. Il consiglio ed il sindacato annesso, che doveva decidere sulla questione, cercò di rimandare il più possibile tale decisione per non creare tensioni all’interno del consiglio, tensioni che la stessa Germania non desiderava. Ad ogni modo il delegato tedesco Lindau, dopo un’ulteriore sollecito, ottenne che il consiglio avrebbe preso una decisione dopo il 13 gennaio 1901. La data non piacque al Lindau, che dopo un’ulteriore richiamo, ottenne che il dibattito in consiglio fosse spostato al 22 ottobre 1900, sebbene ormai “the question of the presidency as raised by

us at that time was more a question of prestige [e] the decision of the Council on this important point followed the political line-up of Europe”494.

Come emerge il tema della presidenza era diventato una questione prettamente politica e di prestigio che seguiva i grandi orientamenti geopolitici delle potenze europee ma non di meno ricopriva ancora un ruolo importante nella gestione delle finanze ottomane. Il 22 ottobre 1900, su proposta del consiglio, i sindacati di Germania e Francia, sottoposero al CADPO i nominativi di tre persone tra le quali l’arbitrato incaricato avrebbe scelto chi designare come supremo giudice della questione. Il 12 aprile 1901 la scelta ricadde su Adar, vice-presidente della Swiss Federal Council il quale, come primo atto per la risoluzione della pendenza, sancì che poteva esserci una modifica se il numero e l’importanza dei titoli presenti in Inghilterra e Francia sarebbe stato meno del

492 Ibidem. In tale conteggio furono esclusi i Lotti Turchi dato che non era possibile stabilire la percentuale di partenza dato che fino al 1881 i Lotti Turchi non facevano parte del Debito Pubblico. Infatti una prima sommaria divisione si poté fare con la Conversione del 1892, ma prima di essa i dati erano fortemente aleatori.

493 Ibidem.

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numero e dell’importanza dei titoli detenuti negli altri paesi rappresentanti nel consiglio. L’Importanza dei titoli sarebbe stata determinata dalla loro denominazione, dal loro valore nominale e dalle speciali garanzie dal punto di vista del loro riscatto (redemption). Tale soluzione fu il risultato di un’interpretazione razionale di Adar in merito all’art. XV del decreto di Mouharrem, ma il grande ostacolo rimaneva il fatto che il suo arbitrato non riuscì a stabilire la percentuale dei titoli detenuti in ogni paese, o meglio non si riuscì a creare consenso intorno ai dati forniti dalla missione Guiccioli-Aubayneau nel 1898. Infatti i Sindacati d’Inghilterra e Francia contestarono con vemenza i dati riportati, che mostravano uno spostamento dei titoli a vantaggio della Germania ed a danno della Gran Bretagna495.

Data l’impossibilità di mettersi d’accordo in maniera unanime, furono per forza di cose usati i dati più attendibili risalenti a ben 15 anni prima, cioè del 1885. Tale indagine stabiliva che la Francia deteneva il 40%, la Gran Bretagna il 29%, Belgio, Olanda ed impero ottomano circa il 7% a testa e Germania, Italia e Austria-Ungheria il 9% in totale. Tali dati non rispecchiavano la percentuale reale del 1900, ma tant’è erano quelli i dati accettabili496. Davanti a questo stato di cose la modifica dell’ordinamento della presidenza si dovette annullare e l’elezione del presidente continuò ad essere alternata tra il delegato britannico e quello francese.

495 ASDMAE, APP, busta 468, da Pansa a Visconti-Venosta, n°118/38, Costantinopoli 17 febbraio 1901. 496 Paradossalmente infatti nel 1914 la Francia aveva aumentato la sua quota al 58%, la Germania al 33% e la Gran Bretagna aveva invece considerevolmente diminuito la sua esposizione verso le finanze ottomane con un solo 5%, in Blaisdell D. Op. Cit. 209.

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