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Alcune considerazioni sul binomio ruralità-arretratezza

6. OLTRE IL BINOMIO RURALITA’-ARRETRATEZZA: LA COMPLESSITA’

6.3. La ruralità in Europa: pattern territoriali

6.3.3. Alcune considerazioni sul binomio ruralità-arretratezza

Nei paragrafi precedenti si è fornita un’ampia lettura del fenomeno della ruralità in Europa. Oltre alla descrizione delle specificità locali che caratterizzano i singoli territori europei (in termini di diffusione dei singoli cluster di aree rurali), al tempo stesso si è anche cercato di evidenziare l’esistenza di alcune tendenze osservabili a scala più ampia (ad esempio a scala nazionale e/o continentale). A conclusione di questa analisi si propone un’ultima chiave di lettura, più strettamente riconducibile al binomio ruralità-arretratezza. In primo luogo, si è già ricordato come tale binomio risulti di fatto superato [OECD, 2006]. Al tempo stesso, sono stati proposti alcuni possibili driver di sviluppo rispetto ai quali le aree rurali hanno potuto trarre vantaggi economici nel corso degli ultimi decenni (ad esempio lo sviluppo della manifattura oppure la diffusione dell’attività turistica).

Tuttavia, rispetto all’analisi condotta, emerge un quadro decisamente più complesso. Il fatto che soltanto determinate aree rurali del continente europeo siano riuscite a sfruttare questi driver, uscendo così definitivamente da una condizione di arretratezza economica, è infatti legato ad una molteplicità di fattori, che ricomprendono anche elementi di natura geografica (ad esempio, la prossimità geografica alle zone centrali del continente oppure il maggior grado di accessibilità).

Proprio muovendo da queste considerazioni, si è deciso di ri-aggregare i risultati della cluster analysis. Se nel paragrafo 6.1 si tentava una lettura delle tipologie di ruralità emerse dalla cluster analysis basata esclusivamente su accessibilità e grado di ruralità (sulla base dell’indicatore fuzzy proposto in precedenza), si propone ora una riclassificazione di tali aree proprio sulla base della capacità delle singole regioni di cogliere i principali driver di sviluppo evidenziati in precedenza. Analizzando congiuntamente i dati relativi a: i) accessibilità e grado di urbanizzazione; ii) PIL pro- capite; iii) tasso di disoccupazione è dunque possibile identificare le seguenti tre macro categorie:

- il contesto delle “aree urbane” composto dalle osservazioni incluse nei cluster 4 e 9 (che si contraddistinguono per un elevato grado di urbanizzazione), unite alle altre

aree urbane precedentemente escluse dall’analisi cluster (poiché caratterizzate da un punteggio dell’indice di ruralità fuzzy inferiore a 0,2);

- Le aree rurali sviluppate, ovvero quelle aree che sembrano aver superato (in modo più o meno compiuto) una condizione di arretratezza. Tali aree si contraddistinguono per un elevato livello di reddito pro-capite (generalmente superiore ai 21.000€ pro-capite) e per bassi tassi di disoccupazione. In particolare, fanno parte di questo gruppo le osservazioni incluse nei cluster 2, 3, 7, 8, 11;

- Le aree rurali in ritardo di sviluppo, costituite dalle osservazioni dei cluster 1, 5, 6, 10, 12. Tali aree presentano un minor livello di ricchezza pro-capite e soprattutto tassi di disoccupazione decisamente superiori (in molti casi superiori all’8-10%).

La rilevanza di ciascun macro gruppo sul totale dell’Unione Europea a 27 è riportato in Tabella 6.5. Se oltre il 56% di popolazione vive in aree identificate come rurali, più della metà di questi (ovvero circa 160 milioni di persone) vive in aree rurali caratterizzate, ancor’oggi, da una situazione di ritardo di sviluppo. La rilevanza di queste aree in ritardo è ancora maggiore se si considera la superficie occupata (oltre il 55% della superficie complessiva dell’Unione Europea). Al contrario, le aree rurali che hanno saputo spezzare il legame con l’arretratezza incidono, in Europa, per il 24% circa della popolazione complessiva (117 milioni di persone interessate) e per il 35% della superficie totale.

Tabella 6.5 – Gruppi di cluster: incidenza di popolazione e superficie sul totale UE-27

Numero NUTS 3 Popolazione Superficie

V.A. % (000) %. Km2 %

Aree urbane 361 28,03 216.878 43,74 412.456 9,58

Aree rurali sviluppate 447 34,70 117.806 23,76 1.512.758 35,15

Aree rurali in ritardo di sviluppo 480 37,27 161.099 32,49 2.378.717 55,27

Fonte: elaborazione personale

Osservando la distribuzione territoriale di questi tre macro-gruppi (Figura 6.4), tutte le considerazioni appena formulate trovano ampia conferma. Si può ad esempio notare come sia proprio la vicinanza alle maggiori aree urbane del continente il principale fattore che ha consentito l’uscita dall’arretratezza di tante aree rurali, permettendo così l’avvio di processi di sviluppo e crescita economica. Il complesso delle aree rurali più sviluppate, infatti, si colloca proprio nelle regioni più centrali del continente. Due sono le uniche eccezioni evidenti: le regioni rurali della Svezia e alcune aree rurali tra Irlanda e Scozia. In

entrambi i casi, infatti, ad una condizione di decisa perifericità non sembrano associarsi evidenti tratti di ritardo di sviluppo.

Figura 6.4 –Aree urbane, rurali sviluppate e rurali in ritardo di sviluppo nello spazio europeo

Fonte: elaborazione personale (Software R, EuroGeographics per i confini amministrativi)

In conclusione, dunque, benché alcune aree rurali abbiano saputo acquisire una nuova centralità, approfittando della vicinanza con le aree metropolitane del continente e riuscendo così a diversificare la propria economia (si pensi, oltre alla già menzionata diffusione della manifattura oppure alla presenza di servizi turistici, anche l’affermarsi di nuove forme di agricoltura multifunzionale), altre aree rurali mostrano ancora condizioni di netto ritardo di sviluppo. Inoltre, proprio questi territori rappresentano una quota ancora significativa della ruralità all’interno dell’Unione Europea. Il loro peso è particolarmente importante nelle regioni più periferiche del continente (si vedano, in particolare le periferie orientali e meridionali dell’Unione).

Ne consegue, dunque, che le stesse politiche di sviluppo rurale (centrali per promuovere la crescita, non solo economica, di questi territori) non possono essere declinate in modo indistinto nei diversi territori rurali dell’Unione Europea. L’esistenza di molteplici tipologie di ruralità, mutevoli nel tempo ma soprattutto nello spazio, dovrebbe essere tenuta in maggiore considerazione dai policymakers, sia europei che nazionali. I diversi modelli di ruralità individuati, infatti, esprimono necessità e bisogni diversi. Di conseguenza, gli stessi assi di intervento della politica di sviluppo rurale (competitività delle attività agricole, gestione del territorio, promozione della qualità della vita nelle aree rurali) dovrebbero essere maggiormente orientati alle precise caratteristiche dei territori rurali, anche al fine di aumentarne l’efficacia e l’efficienza. In altre parole, sarebbe auspicabile il passaggio da politiche di tipo blinded (tuttora molto diffuse, anche all’interno degli interventi comunitari), a politiche più apertamente place-based.

Infine, oltre alle implicazioni di politica economica, l’esistenza di modelli di ruralità tra loro così differenti ha ulteriori ripercussioni anche sulla performance delle aree rurali stesse. Rispetto a questa ipotesi di lavoro, nel prossimo capitolo, si tenterà proprio di mettere in relazione le caratteristiche della ruralità sin qui evidenziate (e riconducibili ai diversi profili di ruralità emersi) con la performance delle regioni rispetto ad una delle più importanti strategie di sviluppo dell’Unione Europea: la Strategia Europa 2020, che ha sostituito la Strategia di Lisbona. Rispetto a questa strategia, l’Unione Europea si è impegnata a conseguire, entro il 2020, appunto, una crescita più intelligente, sostenibile ed inclusiva (smart, sustainable and inclusive growth). È evidente dunque che la presenza di differenti profili di ruralità (ognuno con una diversa caratterizzazione economica e territoriale) possa incidere profondamente nella capacità o meno delle singole regioni di perseguire gli ambiziosi obiettivi proposti.

Tuttavia, prima di guardare al futuro dei territori europei e approfondire così più direttamente gli effetti che l’azione politica europea può avere su di essi, l’ultimo paragrafo di questo capitolo è, al contrario, dedicato ad approfondire le dinamiche seguite nel recente passato da parte dei singoli cluster. In particolare, con riferimento a questa classificazione, sarà approfondita la dinamica temporale della popolazione residente e degli occupati nel corso dell’ultimo decennio.

6.4. La dinamica temporale: l’evoluzione demografica e occupazionale