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Elementi settoriali, territoriali e geografici per un approccio

3. DEFINIRE LA RURALITA’: LO STATO DELL’ARTE

3.3. Elementi settoriali, territoriali e geografici per un approccio

Nel corso dei paragrafi precedenti si è dato conto dell’evoluzione che ha interessato l’interpretazione della ruralità nel corso del tempo, sia in Italia che più in generale nel contesto europeo. Nonostante gli evidenti sforzi compiuti, occorre tuttavia segnalare come non si sia ancora giunti ad una definizione statistica di ruralità sufficientemente esaustiva e replicabile in modo omogeneo a scala internazionale. Se da un lato, attraverso la classificazione proposta da OECD [1994; 1996a; 2006] ed Eurostat [2010] è stata tentata una qualche omogeneizzazione sul fronte degli approcci classificatori, sul fronte dell’interpretazione e comprensione della ruralità manca ancora un’effettiva convergenza rispetto ai tanti studi e lavori proposti. In particolare, come appena ricordato, pesa soprattutto la mancanza di attenzione (a livello internazionale) rispetto alla grande eterogeneità che contraddistingue in modo crescente la ruralità in Europa.

I nodi problematici tuttora irrisolti in questo tipo di analisi rappresentano il punto di partenza per il presente lavoro di ricerca. Rispetto a tali limiti, infatti, questo studio intende proporre un approccio innovativo al tema della ruralità, esaltando in modo particolare proprio gli aspetti di carattere multidimensionale.

In primo luogo, si tenterà di procedere all’integrazione e all’arricchimento della classificazione delle aree rurali elaborata da OECD [2006] e da Eurostat [2010]. L’idea che muove il presente lavoro è che non sia possibile descrivere a pieno la ruralità europea (una realtà in continua evoluzione e soprattutto caratterizzata da un crescente grado di complessità) basandosi esclusivamente sul unico criterio demografico31. Proprio per questo motivo, la prima parte del presente lavoro di ricerca (cfr., ultra, capitolo 4) è dedicata all’analisi del diverso grado di ruralità dei territori europei. Tale analisi è condotta attraverso la costruzione di un indicatore sintetico fuzzy che muove da una molteplicità di variabili. In particolare, sono tre le aree tematiche prese a riferimento per la costruzione di tale indicatore:

- la dimensione settoriale (ruolo e rilevanza del settore agricolo);

- la dimensione territoriale (uso dei suoli, presenza di superfici boschive e/o agricole, presenza di aree urbanizzate);

- la dimensione geografica (che ai fini della presente analisi viene declinata con particolare riferimento agli aspetti riconducibili dell’accessibilità e alla perifericità, o remoteness, dei singoli territori).

L’elemento di certo più innovativo del presente lavoro sta proprio nel tentativo di affiancare alla dimensione meramente socio-economica del fenomeno della ruralità anche quella più spiccatamente geografica. In sostanza, si tenta una lettura della ruralità europea che tenga in considerazione anche il tema della maggiore o minore perifericità dei singoli

31. Un primo tentativo più apertamente multidimensionale è rinvenibile all’interno dell’analisi delle aree “per l’individuazione delle priorità della politica di sviluppo rurale”, contenuta nel Piano strategico nazionale Italiano per lo sviluppo rurale [MIPAF, 2007]. La classificazione proposta riprende la metodologia comunitaria, applicandola tuttavia al livello comunale. Alla densità demografica viene affiancata la collocazione altimetrica del comune (montagna, collina e pianura) e il peso della superficie agricola sul totale territoriale. Inoltre: i) la soglia della densità proposta da OECD e Commissione Europea (150 abitanti/km2) è applicata ai singoli comuni, ad eccezione dei capoluogo di provincia; ii) il conteggio della percentuale di popolazione residente in comuni rurali (dunque con densità inferiore ai 150 abitanti/km2) avviene non a livello di intera provincia, ma a livello di singola zone altimetriche di ciascuna provincia. La classificazione ottenuta è stata poi modificata apportando ulteriori elementi conoscitivi proposti dalle Regioni,. Infine sono individuate quattro tipologie di aree: poli urbani, aree rurali ad agricoltura intensiva specializzata, aree rurali intermedie e aree rurali con problemi complessivi di sviluppo. Tuttavia, come ben sottolineano Anania e Tenuta [2008], risulta pretenzioso voler identificare sulla base di sole tre variabili (e di qualche altro elemento conoscitivo apportato dalle singole regioni), i comuni italiani “rurali con problemi complessivi di sviluppo.

territori. Sino a questo momento, soltanto pochi lavori hanno già fatto un esplicito riferimento agli aspetti territoriali e geografici all’interno delle più generali analisi sulla ruralità (cfr., ad esempio, Ballas et al. [2003]). Al contrario, proprio la dimensione geografica gioca un ruolo rilevante (benché di fatto sottovalutato) in questo tipo di descrizioni. In modo particolare, come si vedrà meglio in seguito, proprio le traiettorie di sviluppo delle aree rurali europee sembrano essere interessate dalla prima legge della geografia di Tobler, che afferma (come si è già ricordato) che “ogni cosa è collegata a tutte le altre, ma cose vicine sono più collegate che non cose lontane” [Tobler, 1970]. In altri termini, la dimensione territoriale non può essere ulteriormente ignorata all’interno di questo tipo di analisi.

La costruzione di un indicatore fuzzy per la descrizione del grado di ruralità dei territori europei, oltre a rispondere a questa rinnovata esigenza di multidimensionalità nell’analisi, consente anche di superare definitivamente gli approcci dicotomici al tema della ruralità. Le stesse classificazioni proposte da OECD ed Eurostat, infatti, pur introducendo una terza categoria di riferimento (quella delle aree cosiddette intermedie), non fanno altro che riproporre uno schema dicotomico di analisi della ruralità, ormai ampiamente superato e non più in grado di cogliere le diversità esistenti all’interno delle stesse aree rurali. Al contrario, attraverso l’analisi fuzzy, verrà proposto un indicatore continuo di ruralità in grado così di dar conto dell’esistenza di diversi gradi di ruralità (più o meno profonda) in Europa.

La costruzione dell’indicatore fuzzy di ruralità, benché basata su una molteplicità di indicatori e di variabili, riconducibili ad aree tematiche tra loro distinte, riflette tuttavia una lettura della ruralità ancora legata al posizionamento dei territori lungo un unico continuum tra due estremi (rurale vs. urbano). Tale lettura, dunque, deve necessariamente essere integrata con ulteriori approfondimenti. In particolare, proprio il successivo esercizio di

cluster analysis rende ancora più esplicita l’esistenza di molteplici e differenti tipologie di

aree rurali, riscontrabili all’interno del contesto europeo. Proprio come evocato dal paradigma della “ruralità post-industriale”, infatti, non è più possibile ignorare l’esistenza di tali tipologie.

È infatti facilmente osservabile come territori che condividono il medesimo grado di ruralità (rispetto all’indicatore fuzzy) potrebbero caratterizzarsi per modelli di sviluppo e soprattutto per prospettive di crescita tra loro molto diverse. Da un lato, dunque, l’analisi cluster non fa altro che avvalorare l’ipotesi, ormai predominante, dell’esistenza di una forte variabilità insita all’interno della ruralità europea, una variabilità esprimibile sia in termini

di struttura economica, che in termini di possibili dinamiche di sviluppo futuro. Dall’altro lato, tale analisi è anche mirata ad esaltare l’approccio territoriale relativamente allo studio della ruralità. Anche in questo caso, infatti, precise componenti territoriali (o geografiche) possono avere una rilevanza ben precisa nel dar conto dei diversi percorsi di sviluppo che caratterizzano i singoli territori europei.