6. OLTRE IL BINOMIO RURALITA’-ARRETRATEZZA: LA COMPLESSITA’
6.2. Tendenze di lungo periodo nella trasformazione delle aree rurali
diverso grado di ruralità (maggiore oppure minore). Esso, tuttavia, non rappresenta l’unico elemento di diversità tra i vari cluster individuati. Come già ricordato, la ruralità sta evolvendo, tanto nel tempo quanto soprattutto nello spazio. Se alcuni binomi del passato sono ormai definitivamente superati, nuovi e divergenti modelli di sviluppo si vanno affermando anche e soprattutto nei territori rurali dell’Unione Europea. In modo
particolare, un crescente numero di regioni rurali, in prevalenza appartenenti all’Europa centro-settentrionale, ha tratto indubbi vantaggi da alcune tendenze che si sono manifestate nel corso degli ultimi decenni. Rispetto a quanto già ricordato nel capitolo 2, si ricordano qui le seguenti tendenze principali:
i) i miglioramenti nei sistemi di trasporto e nel campo delle telecomunicazioni (soprattutto con l’avvento dell’ICT) hanno reso possibile una riorganizzazione dell’attività economica, favorendo (in molti casi) una geografia più dispersa della stessa sul territorio [Castells, 1996]. Proprio la riduzione dei costi di trasporto ha permesso anche ad alcune regioni più periferiche (e con maggiori tratti di ruralità) di imboccare nuovi sentieri di crescita [European Commission, 1997].
ii) la diffusione del turismo dapprima di massa e poi sempre più attento anche agli aspetti culturali e ambientali [Roberts e Hall, 2001; European Commission, 1998; DG – Agriculture and Rural Development, 2011].
iii) la crescita e l’irrobustimento dei sistemi di piccole e medie imprese, specialmente nei territori rurali al di fuori delle principali aree metropolitane del continente. Si ricordano, in proposito, i distretti industriali della cosiddetta
Terza Italia, [Piore e Sabel, 1984; Brusco, 1989; Bagnasco, 1977; 1988]. Anche
in questo caso, non tutte le regioni hanno rappresentato un terreno ugualmente fertile per lo sviluppo di questi sistemi manifatturieri. In generale, sembra che proprio il grado di accessibilità dei territori rurali rispetto alle aree urbane abbia rappresentato uno tra i driver principali di tale sviluppo [Copus e Skuras, 2006a; 2006b].
iv) il consolidamento dei sistemi urbani di piccole e medie dimensioni [Courtney et
al., 2007; Courtney et al., 2008; Davoudi e Stead, 2002].
Le dinamiche ricordate hanno profondamente trasformato le zone rurali europee, determinando ad esempio forti flussi di contro-urbanizzazione [Berry, 1976]. Se tali fenomeni hanno avuto caratteristiche (e impatti) molto variegati all’interno delle regioni del continente europeo [Kontuly, 1998; Mitchell, 2004], anche gli effetti in termini di rivitalizzazione (non solo economica) di queste regioni sono apparsi molto diversificati. In generale, tuttavia, lo sviluppo di nuove forme di ruralità, più dinamiche vitali, sembra essere avvenuto con maggiore facilità proprio laddove già esistevano mercati del lavoro ampi e ben diversificati [Fuguitt e Beale, 1996; Vandermotten et. al., 2004; 2005; Westlund, 2002; Westlund e Pichler, 2006]. Di conseguenza, sono state proprio le regioni
rurali più centrali del continente europeo (e dunque più prossime alle grandi aree urbane) ad avere tratto i maggiori benefici da queste tendenze di lungo periodo. Al contrario, le regioni più periferiche, o comunque caratterizzate da un grado di ruralità più profondo, hanno tratto minori vantaggi da questi mutamenti nel paradigma socio-economico di riferimento.
Un’evidenza empirica in tal senso è fornita proprio dai risultati prodotti dalla
cluster analysis presentata nel capitolo precedente. Tale analisi, benché condotta senza
tenere in diretta considerazione la dinamica temporale, ha permesso tuttavia di cogliere in modo nitido il divario oggi esistente tra le aree rurali che hanno saputo trarre vantaggio dalla diffusione di nuove forme di sviluppo rurale e quelle che, al contrario, sono rimaste ai margini rispetto a questi processi di evoluzione. L’analisi, inoltre, ha permesso di evidenziare anche le singole categorie di driver socio-economici che hanno guidato lo sviluppo delle zone rurali europee. Con alcune semplificazioni, i principali driver che sono emersi dall’analisi sono:
i) la modernizzazione dell’attività agricola;
ii) la presenza e diffusione dell’attività manifatturiera sul territorio ; iii) la presenza di servizi di natura turistica.
Tali driver di sviluppo spesso si escludono reciprocamente, assumendo dunque caratteristiche molto differenziate nelle singole tipologie di aree rurali europee. Per quanto concerne l’agricoltura, essa resta l’attività economica prevalente soprattutto nelle regioni più periferiche (e al tempo stesso meno accessibili) del continente. La presenza pervasiva dell’attività agricola, inoltre, contribuisce ad aumentare il grado di ruralità in queste aree. Al contrario, l’attività manifatturiera trova una maggiore diffusione nelle aree rurali intermedie: i minori livelli di specializzazione manifatturiera, infatti, si registrano, da un lato, nelle aree tipicamente urbane e, dall’altro, proprio in quelle regioni ultra-periferiche e meno accessibili del continente. Sembra dunque venire confermata l’ipotesi che proprio la prossimità alle maggiori aree urbane del continente risulti uno dei driver principali per quanto concerne l’affermazione dell’attività manifatturiera.
La Figura 6.2, che riporta la quota percentuale di occupati nei principali settori di attività economica (agricoltura, manifattura, terziario) all’interno dei 12 cluster individuati e delle aree urbane conferma quest’analisi. I cluster sono ordinati rispetto al loro grado di ruralità (sulla base dell’indice fuzzy): dal grafico, è possibile apprezzare come nei cluster più rurali (e dunque anche più periferici) del continente, l’incidenza dell’agricoltura risulti nettamente superiore a quella osservata nelle regioni più centrali del continente. Un trend
diverso, invece, è seguito dall’attività manifatturiera: essa risulta piuttosto diffusa nelle aree semi-centrali (con solo alcune eccezioni, prevalentemente localizzate nei paesi dell’Europa Orientale).
Figura 6.2 – Ripartizione % degli occupati tra settori economici (cluster ordinati per indice fuzzy)
Fonte: elaborazione personale
Una diversa dinamica caratterizza, invece, la diffusione delle attività turistiche. In Figura 6.3, per ciascun cluster è riportata in ascissa l’accessibilità potenziale media e in ordinata il numero medio di posti letto turistici per 1.000 abitanti. Anche in questo caso è possibile osservare come la maggior parte dei cluster ad indirizzo turistico (il cluster 3, seguito a distanza dai cluster 12 e 2) siano caratterizzati da un grado di ruralità mediamente piuttosto elevato. I cluster classificati come “periferici”, al pari delle regioni urbane, presentano invece un numero di posti letto turistici per 1.000 abitanti molto più contenuto. Anche da quest’analisi, dunque, si evince come l’attività turistica possa rappresentare un driver di crescita e sviluppo soprattutto per quelle regioni a ruralità più profonda, benché non caratterizzate da un estremo grado di perifericità.
0% 20% 40% 60% 80% 100% 6.Ultra.periferia_agricola 5.Periferia_manifatt_arretrata 1.Aree.geogr.svant_arretrate 2.Aree.geogr.svant_svilupp… 3.Aree.turistiche 12.Periferia_con.disoccup. 7.Centro_svil.misto 10.Aree.in.spopolamento 11.Aree.manifatt_con.immi… 8.Centro_ricco_manifatt 4.Aree.popolose 9.Citta'_medie 13.CITTA' Occupati Terziario Occupati Manifattura Occupati Agricoltura
Figura 6.3 – Rilevanza del settore turistico e Indice di accessibilità potenziale media
Fonte: elaborazione personale