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Alfredo Salvo

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1976 (pagine 47-52)

H rapporto preliminare 1970/75.

Nei programmi di pianificazione della Regione Piemonte esiste da sempre come obiettivo di fondo la volontà di tendere alla « diffusione del modello di vita urbano sull'intero territorio »; come a dire: tendere alla decongestione del polo torinese a favore delle aree provinciali, anche con la distribuzione di quei servizi che sono, ancora oggi, ad esclusivo appannaggio di Torino. Il mo-dello di vita urbano colto nei suoi aspetti positivi quindi, come — ad esempio — per le maggiori offerte di posti di lavoro, le migliori occasioni di scambi di tipo economico, sociale e culturale.

Per raggiungere questo obiettivo viene propo-sta una logica strategia: rifondare l'assetto regio-nale arrivando ad un « sistema articolato » che ottenga tre risultati: controllare la crescita eco-nomica, sociale e culturale di Torino, reimmettere nello sviluppo regionale la vita delle città minori e reintegrare queste ultime con i loro intorni. Sono tre condizioni interdipendenti, come si vede; la loro considerazione determina quello che in ge-nere si chiama « intervento integrato », un'ope-razione sul territorio che tiene conto in pari modo di diversi fattori tutti ugualmente importanti.

Già nel rapporto preliminare per il Piano Regionale 1 9 7 0 / 7 5 , edito nel '72, si indicava necessario cercare quali « centri del Piemonte, opportunamente attrezzati e collegati con i grandi poli del triangolo industriale » potevano offrire garanzie di potersi costituire come « poli secon-dari capaci, da un lato, di ridurre il grado di sviluppo industriale di Torino e, dall'altro, di diffondere più vastamente strutture capaci di fa-vorire il modo di vivere u r b a n o ». Gli stessi esten-sori del Rapporto anticipavano la risposta: tra i centri delle aree ecologiche si evidenziavano No-vara ed Alessandria; perché « NoNo-vara può utiliz-zare gli impulsi diffusi che si originano dal polo milanese, mentre Alessandria può recepire fatti di decentramento di attività portuali da Genova ».

La funzione di cardine nei flussi tra Torino e Milano (Novara) e fra Torino e Genova (Ales-sandria), come si vede, era abbastanza ovvia; certo la eccessivamente semplicistica ed intuitiva scelta sui due centri, ad esclusione di altri, era dovuta alla « preliminarietà » del Rapporto ('). Altrettanto intuitivamente veniva attribuita a Novara ed Alessandria un'altra fondamentale fun-zione: quella di polo per il decentramento uni-versitario.

Già nel 1972, anno di redazione del Rapporto, il problema delle carenze delle strutture universi-tarie si poneva con estrema gravità. L'innalza-mento del reddito medio, l'erogazione del pre-salario, la riduzione dei vincoli all'accesso uni-versitario avevano da alcuni anni determinato una vera esplosione nelle iscrizioni; questa con-tinuava, poi, per quel fenomeno aggiunto che per-mane tuttora: la configurazione degli Atenei come « aree parcheggio » di potenziali disoccupati. Si prevedeva, per il 1975, 46.500 iscritti e 60.000 per il 1980.

Per questi motivi, si diceva nel Rapporto, « gli Atenei di Torino dovrebbero diventare due, di cui uno potrebbe essere utilizzato anche come strumento di rinnovamento del centro storico, mentre il secondo potrebbe essere utilizzato per caratterizzare un settore del territorio metropo-litano ». Questa soluzione — suppongo — avreb-be dovuto rispondere alla richiesta di parte dei 46.500 posti nel 1975, perché, per la richiesta dei 60.000, si diceva che « potrebbe essere configu-rata una sede universitaria completa articolata fra Vercelli e Novara, una seconda fra Alessandria e Asti, mentre centri di ricerca potrebbero essere configurati anche per Biella e Cuneo ».

(') « La ' preliminarietà ' del rapporto è da intendersi nel senso che necessita di un dibattito politico che consenta di saggiare sia le linee entro cui si muove, sia di pervenire a delle determi-nazioni più specifiche ». Introduzione al Rapporto preliminare dell'IRES per il Piano di sviluppo del Piemonte 1970-75, mag-gio 1972, pag. 1.

È Q - g g l n L

ALESSANDRIA

Atenei Centri di ricerca

Fig. I - Le previsioni di decentramento universitario nel Rapporto Pre-liminare della Regione del '72.

Una prima considerazione va al raddoppio del-l'Università di Torino previsto già per il 1975 (si farà mai?) e una seconda, che per ora ci interessa di più, va all'ipotesi di decentramento. Una loca-lizzazione a stella, come si vede: sulle direttrici Torino-Milano e Torino-Genova (tra Vercelli e Novara e tra Alessandria e Asti) e verso la Valle d'Aosta e la Liguria (Biella e Cuneo).

Anche qui, una scelta relativamente ovvia e condivisibile, anche se con localizzazioni abba-stanza intuitive e non motivate.

Il Piano di sviluppo 1976/80.

Più preciso e meno casuale, invece, si fa il discorso nel Piano regionale di sviluppo 1976-80. Questo non è più un rapporto preliminare ma il vero, primo piano di sviluppo elaborato e defi-nito dalla Giunta Regionale. La strategia rimane quella del '72 e ancora tre sono gli obiettivi:

controllo della -dinamica torinese, costruzione di un sistema urbano impostato sulle città più im-portanti e organizzazione interna degli intorni territoriali di queste città. Questa volta, però, —- a cinque anni di distanza — maggiori preci-sazioni sono possibili: per decisioni precedenti, gli intorni territoriali sono stati individuati geo-graficamente nei comprensori e — tra le città più importanti — si definisce una gerarchia di poli che interessa in particolare « le città di Saluzzo-Savigliano-Fossano, di Bra-Alba, Asti, Casale Monferrato, Vercelli, e di quelle aree (ad esempio Alessandria e Novara) che, in tempi non brevi, dovranno essere soggette ad interventi strategica-mente rilevanti nel quadro della politica di rie-quilibrio » (2).

Gli interventi « strategicamente rilevanti » per Alessandria e Novara cui ci si riferisce sono cer-tamente quelli che ineriscono l'edilizia universi-taria. Anche per questo aspetto del problema, che avevamo visto sbrigativamente risolto nel Rap-porto del '72, esistono delle precisazioni e corre-zioni. È stato definitivamente individuato il siste-ma dei centri universitari relativo al territorio regionale; con traguardo generale temporale al 1986, dovrebbero sorgere nuovi centri universi-tari ad Alessandria e Novara entro il 1976 e a Savigliano entro il 1982. « A ciascuno di tali cen-tri universitari è assegnata la domanda emessa da un certo numero delle aree secondo cui è stato articolato il territorio costituito dal Piemonte e dalla Valle d'Aosta » con un apposito studio del-l'IRES del '74.

Come si arriva ad individuare, anzi a confer-mare, Alessandria e Novara e poi Savigliano come polo universitario? Come si è giunti all'esclusione di Biella e Cuneo come centri alternativi? Vedia-mo di rifarci allo studio IRES (3).

Il rapporto IRES per la programmazione dei centri universitari.

Cristoforo Sergio Bertuglia e Mario Furxi, autori del lavoro, hanno impostato lo studio par-tendo da una considerazione: che il problema della programmazione dei centri universitari deb-ba essere visto come elemento della programma-zione globale del territorio.

(2) REGIONE PIEMONTE. Piano regionale di sviluppo 1976-SO, parte seconda / 2, pag. 11.

(3) CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE, La programma-ione dei centri universitari per il Piemonte e la Valle d'Aosta. Rapporto

La programmazione globale, abbiamo visto, deve tendere alla diffusione dello sviluppo sull'in-tero territorio con la estesa distribuzione del mo-dello di vita urbano. Diffusione di servizi a livelli uniformemente elevati, quindi.

I centri universitari, visti come servizi sul ter-ritorio, — nella logica del modello di vita ur-bano — dovranno perciò essere tutti organizzati al livello più alto; dovranno « essere dotati di tutte le facoltà (secondo l'attuale ordinamento) e / o in grado di sostenere tutti i dipartimenti (secondo un possibile f u t u r o ordinamento) » e offrire un accesso complessivamente agevole da tutto il territorio. Su questa seconda condizione (accesso agevole) si è impostato il lavoro di Ber-tuglia e Furxi. Diviso il Piemonte in « area di d o m a n d a per l'istruzione universitaria » si sono localizzati i centri universitari in m o d o da rendere ottimale la distanza tra tutti i punti di queste aree e i centri stessi.

Con ipotesi al 1986, la d o m a n d a di posti è pre-vista in circa 7 0 . 0 0 0 unità; avendo scelto u n a soglia ottimale di 15-20.000 studenti per centro, quanti centri si r e n d e r e b b e r o necessari? Bertuglia e Furxi p r e n d o n o in esame la soluzione a 3 centri (Torino, Alessandria, N o v a r a ) , a 4 centri (To-rino, Savigliano, Novara, Alessandria), a 5 (Tori-no, Saviglia(Tori-no, Ivrea, N o v a r a , Alessandria), a 6 (Torino, Savigliano, Ivrea, N o v a r a , V e r b a n i a , Alessandria) e valutano che — per costi di inse-diamento — sia da preferire la soluzione a 4 cen- 1

tri universitari. 4 1 . 0 0 0 studenti a T o r i n o , 12.600 a N o v a r a , 9 8 0 0 ad Alessandria, 8 1 0 0 a Savi-gliano.

F a c e n d o b e n e i conti, però, ci si accorge che il centro di T o r i n o deve servire — c o m u n q u e — per una q u a r a n t i n a di migliaia di studenti; aven-do scelto la soglia dei 15-20.000, emerge che a T o r i n o — c o m u n q u e — d e v o n o sorgere d u e cen-tri universitari. Ed ecco quindi che, con i d u e Atenei a T o r i n o e i due a N o v a r a ed Alessandria vediamo c o n f e r m a t a la intuizione del R a p p o r t o del '72; il lungo e complesso lavoro di Bertuglia e Furxi ha permesso di aggiungere la previsione dell'Ateneo a Savigliano, per la fascia centro-sud. La coincidenza tra le indicazioni intuitive del '72 e le previsioni dello studio specifico p o t r e b b e t r a r r e in i n g a n n o sulla scientificità dello studio stesso; in realtà Bertuglia e Furxi h a n n o c o m p i u t o u n ' o p e r a z i o n e positivamente inconsueta, stante la casualità con cui si fa p r o g r a m m a z i o n e in Italia: per loro stessa ammissione lo « studio sulla pro-g r a m m a z i o n e dei centri universitari è

caratleriz-Atenei

Confini delle aree di domanda universitaria

Fig. 2 - Le previsioni di decentramento universitario nel Piano di Svi-luppo della Regione '76/'80.

zato da un ampio uso di tecniche m a t e m a t i c h e atte ad affiancare e ad assistere il processo delle decisioni politiche » (4).

In un Paese ancora e sempre in preda al cam-panilismo più spinto, dove chilometri di auto-strade e volumi di industrie vengono tracciati sulla m a p p a dei luoghi di nascita degli u o m i n i più illustri, dove i piani regolatori sono considerati fantomatici segni topografici buoni, al più, per presentarsi alle elezioni, un lavoro di p r o g r a m m a -zione c o m p i u t o con la severità di un calcolo ana-litico merita il plauso, c o m u n q u e .

Il modello teorico.

Bertuglia e Furxi h a n n o composto quello che in p r o g r a m m a z i o n e si c h i a m a « modello teorico »;

C ) C O N S I G L I O REGIONALE DEL P I E M O N T E , La programmazione

è un'operazione, questa, pensata fin dai primi anni del '900, in America; agli albori dell'analisi eco-logica. La costruzione di un modello teorico si attua nel fissare delle condizioni attraverso cui raggiungere un determinato obiettivo: individuan-do una serie di queste condizioni e cercanindividuan-do di interrelarle e renderle compresenti si ottiene il risultato di configurare il risultato finale per ap-prossimazioni successive. I due autori del lavoro per l'Università in Piemonte con la divisione in aree di domanda e la definizione dei loro bari-centri geografici, hanno cominciato col tracciare la mappa su cui avrebbe dovuto collocarsi il siste-ma di centri universitari; hanno posto i limiti mi-nimi (5000) e massimi (20.000) di posti studente per centro e quindi hanno fissato i costi di inse-diamento calcolati sulla base dei chilometri da superare per raggiungere il centro moltiplicati per il numero degli studenti che si ritiene si debbano spostare, e tra le varie possibilità hanno scelto quella che richiedeva i costi d'insediamento minori.

L'operazione è stata compiuta, come si vede, assai correttamente affrontando il problema del decentramento universitario nel modo più scien-tifico possibile. L'errore in cui si potrebbe incor-rere, a mio avviso, è — ora — il ritenere che il sistema dei centri uscito dallo studio possa essere il definitivo e abbia di già il carattere dell'esecu-tività. Esso rimane pur sempre un modello teorico e come tale diventerebbe immediatamente esecu-tivo se l'intervento per cui è stato pensato fosse — poco o tanto — fine a se stesso, se — cioè — ci si trovasse di fronte ad un problema senza importanti interrelazioni.

È ovviamente — questa — una condizione assai rara; correttezza vuole che anche il più mi-nuto intervento sul territorio tenga in debito conto delle influenze, positive o negative, che esercita nel contesto, sociale culturale od economico che sia.

Q u a n d o questo avviene, quando cioè si tien conto di fattori più complessi di interrelazione, il modello teorico non può più essere immediata-mente operativo, ha bisogno di aggiustamenti. In genere, è la stessa realtà geografica ad imporre delle approssimazioni (ad esempio, quando u n a ca-tena montuosa od un fiume non consentono quei collegamenti previsti per ipotesi, dal modello teo-rico) ma con essa tutte le altre realtà (socio-eco-nomiche) presenti nell'area (ad esempio, una zona fortemente depressa dev'essere forzosamente

inte-C R O N A inte-C H E E inte-C O N O M I inte-C H E

ressata dallo sviluppo economico, anche se nel modello questo non era previsto).

Ecco, nel caso specifico, una prima, immediata considerazione: se davvero si vuole che il decen-tramento universitario sia parte e supporto della programmazione globale regionale bisogna far intervenire vincoli non direttamente interessati alla meccanica universitaria, come popolazione, accessibilità, ecc. Intendo dire che è indispensa-bile considerare un Ateneo non solo servizio per una certa quota di popolazione esistente in una certa area e della quale si vuole risolvere la spe-cifica carenza ma anche — e direi soprattutto — come servizio capace di determinare (variare) una quota di popolazione e la sua condizione socio-economica. Si pensi all'afflusso del corpo docente, al nascere dei servizi collaterali, al potenziamento del terziario collegato; si pensi all'offerta dei posti di lavoro che comporta, direttamente o in-direttamente; all'innalzamento generalizzato del livello culturale che, per fenomeno indotto, genera negli ambienti vicini fisicamente; si pensi all'atti-vità edilizia legata al suo stesso nascere sia che si tratti di nuova costruzione sia che si tratti di recuperare strutture esistenti. Non a caso, io penso, nel rapporto preliminare del '72 ci si era esposti a prevedere il secondo Ateneo a Torino nel centro storico come « strumento del suo rinno-vamento ».

Ebbene, già fin d'ora, almeno una correzione al modello teorico è possibile.

Nell'area di domanda universitaria servita — nel progetto — da Savigliano esiste, più a sud, un centro di lunghissima tradizione scolastica, dotato di buone attrezzature residenziali per lo studio, al centro di un'area fortemente depressa economicamente ed in grave ritardo esso stesso: Mondovi.

Una collocazione in esso di un centro univer-sitario darebbe la possibilità di innescare un vo-lano di interessi i cui benefici effetti sarebbero risentiti da tutto il cuneese. E si tenga conto, non ultimo motivo, che Mondovi ha u n centro storico di ineguagliabile bellezza tutto improntato alla vita studentesca, con collegi e scuole, condannato ad un inarrestabile declino.

Lo spostamento in esso del centro universitario per la fascia centro-sud comporterà, secondo lo studio IRES, dei costi di insediamento maggiori, non trovandosi nel baricentro dell'area; in altri termini la sua accessibilità non sarebbe in si-tuazione ottimale con il rischio di essere poco

frequentato. Ma ciò nonostante l'ipotesi non è da scartare almeno per due motivi: 1) se si accetta il principio della globalità degli interessi e si vede necessario reintegrare l'area del monrega-lese nel processo socio-economico piemontese, una rete di collegamenti la si può anche modificare, innovandola e potenziandola; 2) fino a pochissimi decenni fa Mondovf Piazza era un polo scola-stico di fortissima attrazione per tutto il Piemonte del sud e per buona parte del savonese: nulla di utopico nel pensare che a livello universitario tale

attrazione possa riproporsi apportando nuova quota di popolazione scolastica non considerata nello studio IRES, quella extraregionale.

Se, poi, si ritenesse imprescindibile la localiz-zazione a Savigliano, ecco, che la « teoricità » del modello potrebbe formalizzarsi in altro modo. La volontà di fare tutti centri completi, cioè dotati di tutte le facoltà e / o di tutti i dipartimenti, avrebbe qui un'eccezione: è lecito pensare a due centri integrati o integrabili, uno a Savigliano e uno a Mondovf.

Traguardi dell'economia italiana

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1976 (pagine 47-52)