vede marciare: per questo si im-pone come necessario uno sforzo di rilettura critica della funzione dei gruppi d'acquisto: non più fondata su facili ottimismi, ma che parta da premesse più rea-listiche, quali, ad esempio: Il processo di
commercializ-zazione delle merci ha sempre avuto nella fase grossista uno dei nodi strategici e dei suoi mo-menti più controversi: e l'evo-luzione in atto, densa com'è di contraddizioni e di prospettive molto fluide, sembra destinata ad accentuare, nei tempi brevi, que-sta tendenza.
Ad una polemica che si atte-nua, data la generale accettazio-ne del ruolo non più parassita-rio svolto dall'ingrasso, si sosti-tuiscono altri argomenti non me-no stimolanti; serpeggiame-no, ime-nol- inol-tre, chiari sintomi di scontro tra dettaglianti e grossisti, perché questi ultimi eserciterebbero in-debitamente la loro attività an-che nei confronti dei consuma-tori finali.
Riguardo a ciò, se da un lato, trattandosi di una contesa giu-ridica, non ci resta che attende-re da spettatori l'esito dello scon-tro, dall'altro scaturiscono spon-tanee due osservazioni attinenti in maniera specifica alla gestio-ne della riforma del commercio.
LA OSSERVAZIONE. La v e n d i t a
al dettaglio effettuata dai grossi-sti potrebbe cogrossi-stituire la « rispo-sta fuori canale » ad esigenze dei consumatori che il dettaglio non sa (o non vuole) soddisfare: questo fenomeno costituirebbe,
quindi, il sintomo che denuncia una disfunzione e non la malat-tia vera.
2a OSSERVAZIONE. L ' a c c e t t a
-zione del ruolo non parassitario dell'ingrosso poggia su ipotesi al-trettanto semplificatrici dell'af-fermazione contraria. Occorre, invece, distinguere tra: (a) le funzioni di commercializzazione svolte dai grossisti (che sono ne-cessarie), (b) il modo come quel-le funzioni sono svolte (che po-trebbe risultare, in qualche ca-so, ancora parassitario).
Le suddette osservazioni pos-sono essere ribaltate, con effetti dirompenti, sui criteri attuali di gestione della riforma del com-mercio: si dimostra, infatti, che la riforma richiede trasformazio-ni concrete che non sono neces-sariamente automatiche allo svi-luppo dell'associazionismo, e dei gruppi d'acquisto in particolare; e ciò mette in crisi quella sorta di « teoria generale della riforma del commercio », che nessuno ha formalizzato, ma quasi tutti han-no praticato partendo dal pre-supposto che « bisogna sviluppa-re l'associazionismo perché cosi si realizzerà la riforma ».
Molti di noi vivono quotidia-namente l'esperienza di chi cre-de nell'associazionismo e non lo
•— i gruppi d'acquisto posso-no posso-non rispondere con la neces-saria tempestività alle esigenze che emergono dal mercato;
— i gruppi d'acquisto posso-no inserire nel sistema distribu-tivo elementi di parassitismo (da sottosviluppo);
— la promozione dell'associa-zionismo alla vendita da parte dei gruppi d'acquisto è, il più delle volte, insignificante.
Con ciò non si intende affatto screditare la funzione svolta dal-l'associazionismo, né si pensa di negarle un avvenire: ci sembra, invece, che sia il caso di valuta-re le situazioni ad una ad una, evitando di trattare i gruppi di acquisto come altrettanti tabù o di attribuire loro qualità tau-maturgiche che purtroppo non hanno.
Nel dibattito sull'associazioni-smo è latente una contraddizio-ne che abbiamo pensato di enun-ciare fuori dalle nostre premes-se: quella di chi vorrebbe uno sviluppo spontaneo dei gruppi,
conformemente ad un modello di crescita dovuta preminentemente a fattori endogeni, ma richiede l'intervento pubblico, senza te-ner conto dei fattori esogeni di condizionamento che potrebbero conseguire.
Fino ad ora la contraddizione è stata « risolta »... ignorandola: lo hanno consentito la scarsa in-cidenza dell'associazionismo nel-la configurazione del sistema di-stributivo e l'esiguità dell'inter-vento pubblico. Ma se si vuole che l'associazionismo diventi qualcosa di più dello « slogan sulla bocca di tutti » che è ormai diventato, occorre che la questio-ne sia posta bequestio-ne in luce e sia ri-solta in maniera adeguata.
Una nostra ipotesi al riguardo concluderà questa nota.
Lo sviluppo spontaneo dei gruppi d'acquisto. Situazione attuale.
I gruppi d'acquisto sono na-ti tra la fine degli anni cinquan-ta e l'inizio degli anni sessancinquan-ta in un clima di ancora intenso svi-luppo economico e di conseguen-ti sensibili trasformazioni nei rapporti tra i vari settori del-l'economia e tra la popolazione urbana e rurale e relativa distri-buzione dei consumi e della com-posizione della forza lavoro.
Lo sviluppo del terziario com-merciale ha registrato in Italia circa settantamila nuove apertu-re nel periodo 1951-1961 e cir-ca trentaquattromila nuove aper-ture nel decennio successivo; tut-to ciò non ha comportatut-to l'in-nesto adeguato di unità di ven-dita moderne. Naturalmente i rapporti tra dettaglio (gonfiato e polverizzato), ingrosso e produ-zione si sono complessificati ed alcuni contrasti sono emersi con maggiore chiarezza dove si ren-deva possibile il confronto tra le condizioni di cui beneficiavano
le imprese commerciali più mo-derne e quelle, invece, che dove-vano subire i piccoli dettaglianti.
Analogamente, dove il rappor-to tra le presenze di unità di ven-dita e lo stock dei consumi era molto elevato sorgevano neces-sità di sopravvivenza tali da spingere il piccolo commercio al-la ricerca di soluzioni più effi-cienti.
Questi stimoli si sono conden-sati nel tentativo di rendere più razionali gli acquisti, in specie rafforzando le capacità contrat-tuali nei confronti dei produtto-ri, per derivarne occasione di ri-sparmio e di maggiore competi-tività. Da ciò è scaturita, come un'esigenza organizzativa, la proposta di costituire magazzini per gli acquisti collettivi di grup-pi di commercianti.
Il fenomeno si è diffuso pri-ma con lentezza e poi sempre più speditamente, in specie a par-tire dall'inizio degli anni settan-ta; non è un caso che le aree di sviluppo più intenso siano l'Ita-lia centrale (di antica tradizione cooperativistica) e l'Italia meri-dionale (individualista ma con forte marginalità e polverizza-zione del dettaglio). L'associazio-nismo agli acquisti, nonostante gli sforzi svolti per qualificarlo diversamente (e meglio), ha rap-presentato innanzitutto un mo-mento di difesa dello statu quo: l'aspetto più propriamente ideo-logico, la presa di coscienza del-le prospettive di necessaria rifor-ma del commercio, sono stati messi in sordina dal fatto pura-mente economico, sintetizzabile nell'equazione: compro a meno — vendo a meno — guadagno di più e vinco la concorrenza. Questo giustifica certe iniziali mancanze di sensibilità circa l'importanza di creare un'imma-gine comune per i negozi che aderivano al magazzino
colletti-vo, circa la necessità di gestire professionalmente il magazzino (e non attraverso la buona volon-tà e l'improvvisazione dei soci) e circa l'uniformazione degli as-sortimenti e la trasformazione in senso più moderno delle struttu-re del dettaglio.
Non appena queste esigenze sono state sentite, si può dire che i magazzini collettivi siano en-trati in una crisi di crescenza: passando dalla fase pionieristica-spontaneista ad una fase organiz-zativamente più complessa che ne prevedeva la concentrazione e criteri di gestione tecnicamente più evoluti. Siamo, appunto, alla fase di costituzione dei super-gruppi (Conad, Sigma e, succes-sivamente, Crai) che si assumo-no compiti di coordinamento su scala nazionale degli acquisti presso la produzione, di pubbli-cità, di promozione dell'associa-zionismo, di proposta di proprie marche commerciali.
È questa la fase di sviluppo che la stragrande maggioranza dei gruppi d'acquisto sta proble-maticamente attraversando: con alcuni che scalpitano, perché sentono l'esigenza di affidare un ruolo più esteso ed incisivo al supergruppo, ed altri che recal-citrano, perché si sentono sopraf-fatti dal pur ridotto potere di in-dirizzo che hanno oggi gli orga-nismi centrali.
Queste posizioni contrastanti, che frenano il processo evoluti-vo dei gruppi, nascono dai tem-pi diversi di costituzione e dai diversi retroterra culturali che caratterizzano il panorama dei gruppi d'acquisto.
I gruppi di più antica forma-zione — ed i rispettivi soci — hanno vissuto intensamente le fasi di sviluppo dell'associazioni-smo, talvolta subendo l'innova-zione e sperimentandone, poi, la proficuità: gruppi e soci hanno
costituito un unico sistema di transizione verso un modo più moderno di concepire l'attività commerciale. Oggi questi gruppi ed i loro soci si trovano « natu-ralmente » più avanti nel perce-pire con fiducia gli sviluppi che attendono il settore. Diverso è il caso dei gruppi di più recente costituzione: qui non c'è stato il tempo per maturare convinci-menti diversi dalle più banali tesi difensive, vale ancora l'equa-zione sopramenzionata che gli al-tri hanno riconosciuto come non più valida e che tendono a so-stituire con quest'altra, più plessa e più drammatica: com-pro meglio — gestisco meglio •—-vendo meglio e non sarò espulso dal mercato!
Un indicatore oggettivo molto utile per farsi un'idea della men-talità che serpeggia nei singoli gruppi d'acquisto è costituito dalla numerosità dei soci in rap-porto al fatturato. Spesso si in-contrano piccoli gruppi, costitui-ti « intorno al municipio » tra commercianti amici, che rifiuta-no contatti con gruppi maggiori raggiungibili agevolmente in au-tomobile, e chiudono l'accesso agli estranei (ed ai potenziali concorrenti) inventando malizio-si artifici per difendere il loro provvisorio privilegio: sono im-magini, queste, che, in chi osser-va con distacco, evocano società in declino, vite malinconiche, isolamento; meglio di noi potreb-be descriverle uno scrittore de-cadente o un sociologo urbano.
Ma è proprio qui, tra queste rovine, che può rinascere una im-magine più moderna dell'associa-zionismo; o sarà questo il luogo dove si assisterà al suo possibile fallimento.
Gli sbarramenti verso i candi-dati soci non derivano sempre, come nel caso appena descritto, da una sorta di psicologia del
naufrago; esistono casi in cui la motivazione è esattamente l'op-posta: si tratta di gruppi costi-tuiti da commercianti di élite, abilissimi nel fare i propri inte-ressi ed anche nel calcolare il « punto di Cournot » del loro gruppo: raggiunto il quale, na-turalmente, non accetteranno al-tri soci.
Si rileva, in questi casi, un ec-cesso di aziendalismo (che non sempre coincide con l'efficienza di lungo periodo) poco confor-me con lo sviluppo dello spirito cooperativo; e c'è, talvolta nep-pure velata, un'ostentazione di requisiti economici e culturali assunti come selettivi per l'accet-tazione del nuovo socio, che di-pinge certi gruppi come una sor-ta di « Rosor-tary Club ».
Duole dirlo, ma anche l'asso-ciazionismo ha la sua « apar-theid ». Ridotto in estrema sin-tesi il nostro discorso sulla situa-zione attuale dei gruppi d'acqui-sto denuncia realtà troppo diver-se e spesso lontane dal ruolo che i gruppi dovrebbero assumere nel quadro della riforma del commercio. Proprio quest'ultima constatazione ci fa sottolineare il ruolo che l'Ente pubblico do-vrebbe svolgere ai fini di un chia-rimento delle funzioni che si pen-sa debbano essere svolte dall'as-sociazionismo agli acquisti e per i conseguenti incentivi espressi in termini di studio dei proble-mi, di formazione professionale e di sostegno economico.
Se ci si vuol fare un'idea sul-lo sviluppo dell'associazionismo in Piemonte può essere utile ana-lizzare la lab. 1 ; ulteriori consi-derazioni si possono trarre va-lutando un totale di 1656 soci di gruppo d'acquisto (con una media di 72 soci per gruppo) che servono complessivamente,
in tutto il Piemonte, non più di
300.000 abitanti. Una realtà ben
diversa ci è proposta, per un "Confronto, dal gruppo Mercurio
di Modena: 786 soci. TABELLA 1. — S C H E D A D E L L ' A S S O C I A Z I O N I S M O A G L I A C Q U I S T I (settore alimentare) Gruppi d'acquisto
in Piemonte Soci Super-gruppi
U P A C A 35 Sigma C O A L A 20 Crai A L C O S.r.l. 21 Crai G A A 40 Crai G r u p p o 3A 26 Crai ABC 32 Crai CAST 80 Crai C O D È 134 Crai G A P S.r.l. 22 Crai GAB 75 Crai G A C O S S O L A 87 Conad A L 3 C 164 Conad CAV 32 Conad D A C O V A 97 Conad M A C 158 Conad O R A L T O 112 Conad A L I M . S E T T I M O 30 Conad N U O V A M E R C U R I O 87 Conad M E R C U R I O 57 Conad C O D E A S T I 57 Conad BRA1DA 21 Conad G A S D A 105 Conad D A D A 164 Conad
Fonte: « Distribuzione Moderna »,
3/76.
Rilettura critica della funzione attuale dei gruppi d'acquisto e degli organismi concorrenti.
L'associazionismo tra detta-glianti si realizza, partendo da presupposti diversi, anche attra-verso le Unioni Volontarie. Que-ste ultime sono imperniate sulla figura del grossista, il quale, tra-mite collegamenti nazionali (e talvolta internazionali) garanti-sce un assortimento base ai det-taglianti soci ed « impone » ad essi, almeno per questo assorti-mento, una politica comune: crea, cioè, l'immagine della azienda.
Quali supporti collaterali alla distribuzione fisica delle merci l'unione volontaria (il grossista)
fornisce, ai soci più validi, altri
servizi: 'segnatamente, il
marke-ting. C'è da sottolineare, peral-tro, che gli altri soci, considerati elementi di completamento, fun-zionali alla economia del magaz-zino ma estranei alla logica del-l'unione, ne vengono, di fatto, esclusi.
Ciò si rende possibile per-ché nelle unioni volontarie esiste — istituzionalmente — un lea-der, che gestisce l'azienda d'in-grosso, di cui è proprietario, e trasferisce ai punti di vendita as-sociati più pronti a recepirli caratteri evidenti di imprendito-rialità.
Le decisioni spettano al gros-sista ed ai suoi collaboratori: i dettaglianti hanno parere consul-tivo.
Nei gruppi d'acquisto le de-cisioni sono, per cosi dire, più democratiche: giacché spettano al Consiglio d'Amministrazione, nominato dai soci, oppure all'as-semblea dei soci.
Il confronto depone, indub-biamente, a favore dei gruppi di acquisto: almeno sul piano for-male; ma il giudizio si ribalta nei casi in cui il prezzo pagato per la più democratica parteci-pazione alle decisioni da parte dei dettaglianti è quello di con-figurare una politica di gruppo che, lungi dal precorrere solu-zioni evolute, somma in modo disarticolato le esigenze espres-se da ciascuno. Per i gruppi di acquisto si pone, dunque, la ne-cessità di giungere ad uno sta-dio organizzativo che consenta l'individuazione tempestiva del-le occasioni idonee per iniziati-ve collettivamente interessanti ed orientate verso il « muta-mento ».
Ciò implica processi decisio-nali sensibilmente modificati ed arricchiti di « i n f o r m a z i o n e » . Vogliamo dire che le esperienze
dei singoli soci non possono es-sere più considerati la « base sta-tistica dei bisogni », ma che si deve pervenire al possesso di un notevole stock di informazioni oggettive, ottenuto durante la gestione del magazzino d'ingros-so e con ricerche ad hoc, siste-maticamente aggiornate, ed ana-lizzate per la individuazione di un ventaglio di nuove iniziative possibili da cui derivare concre-tamente una strategia per il gruppo.
Per i gruppi d'acquisto che raggiungono certe soglie dimen-sionali (fatturato oltre i 5 miliar-di) quello indicato è un obietti-vo raggiunto o prossimo ad es-serlo; analogamente ci si può esprimere per la totalità delle unioni volontarie.
La situazione assume aspetti preoccupanti qualora si sposti lo sguardo sulla miriade di picco-li gruppi, sparsi sul territorio in maniera casuale e caratterizzati da scarsi legami collaborativi col supergruppo ed anche, con rife-rimento alle operazioni extra-ac-quisto, tra i singoli soci.
Venendo a mancare questi le-gami e la conseguente solidarie-tà, si rischia, come l'esperienza di tutti i giorni testimonia, di dover trattare con organismi in-governabili: giacché il compor-tamento unitario non può esse-re « trasferito » ai soci né per vie istituzionali né attraverso meccanismi di coinvolgimento psicologico, quale, ad esempio, la identificazione dei fini indivi-duali con quelli collettivi del gruppo.
È da questa separatezza di obiettivi che scaturisce una con-cezione puramente strumentale ed episodica del gruppo d'acqui-sto, con rischi di conflitto (ed avvenuti scioglimenti) nei casi in cui singoli soci inneschino nel-le proprie aziende processi
inno-vativi che turbano il mercato de-gli altri soci. D'altra parte, pro-prio la struttura organizzativa del gruppo può rivelarsi inadta ad assorbire le esigenze di at-tività più moderne, promosse nel dettaglio dal gruppo stesso.
Non è raro il caso di gruppi d'acquisto colti dalla crisi non appena tra i loro soci avvengo-no inserimenti di supermercati o trasformazioni di vecchi pun-ti di vendita in unità più mo-derne di dimensione superiore ai 200-300 mq.
In tali circostanze avviene spesso, talvolta palesemente e talvolta in maniera strisciante, un progressivo distacco tra alcu-ni soci ed il gruppo: a seconda che la gestione dell'ingrosso sia stata adattata alle esigenze dei nuovi punti di vendita o che per-manga su uno standard più con-forme ai bisogni espressi dai det-taglianti tradizionali.
L'associazionismo agli acqui-sti promuovendo l'associazioni-smo alla vendita e la diffusione di tecniche di vendita moderna rischia, quindi, di promuovere anche la propria crisi: tutto sta nello stabilire se debba essere una ulteriore crisi di crescita o se debba trattarsi dell'epilogo di tutta l'esperienza. La nostra im-pressione è che, posta l'inevita-bilità di scontare certi costi, ci si avvii ad una progressiva sele-zione tra i commercianti asso-ciati ed al ridimensionamento delle aspettative di molti sulla diffusione dell'associazionismo nel settore distributivo. Il mo-dello dei gruppi d'acquisto si av-vicinerà sempre più a quello del-le unioni volontarie, con un ri-lancio della componente « azien-dalistica » a spese della compo-nente « s o c i a l e » .
A meno che non sia promossa una svolta, con iniziative ester-ne al settore del commercio,
se-Fig. I - Flu di movimento merci in un magazzino tradizionale.
condo quel modello di crescita condizionato da fattori prevalen-temente esogeni che sembra po-co o punto gradito ad un'ampia fascia degli attuali dettaglianti.
Fasi successive dello sviluppo dei gruppi d'acquisto: ipotesi endo-gena.
La necessità di fondere i pic-coli gruppi è unanimemente sen-tita e si ha ragione di ritenere che sia le pressioni degli studio-si e dei responsabili politici del-la riforma del commercio, sia gli stessi supergruppi (Conad,
Sig-ma e Crai) tendano decisamente verso questo obiettivo.
L'ipotesi fondata sulla capa-cità dei singoli piccoli gruppi di trovare un accordo per la fusio-ne e la costituziofusio-ne di un ma-gazzino unico (meglio se finan-ziato dagli enti locali) è quella oggi maggiormente sviluppata.
I due problemi che si tende ad affrontare sono quello della distribuzione fìsica delle merci e quello della diffusione dell'im-prenditorialità. In sintesi la pro-blematica può essere riepilogata come segue.
w La distribuzione fisica delle merci avviene nei piccoli gruppi molto semplicemente (fìg. 1): i prodotti giungono al magazzino, lì sono esposti (e talvolta scon-fezionati), il socio li sceglie (o li preleva secondo il tipico model-lo del Cash & Carry), quindi passa eventualmente al confezio-namento (o al controllo) e si tra-sporta il tutto presso il proprio punto di vendita.
Alcuni gruppi, tra quelli di media dimensione, praticano la consegna a domicilio (fig. 2): il socio telefonicamente, o tramite consegna di un apposito listino ordini o recandosi direttamente presso la sala campionaria del magazzino, ordina le merci di cui necessita: che gli verranno consegnate presso il punto di vendita; in questo caso gravano sul gruppo non solo gli oneri di gestione delle scorte, sconfezio-namento e confeziosconfezio-namento, ma anche i costi di trasporto. La maggior parte dei gruppi di me-dia e grande dimensione tende a praticare un sistema misto (figu-ra 3): il socio potrà scegliere t(figu-ra la consegna a domicilio ed il ri-fornimento diretto presso il ma-gazzino organizzato a Cash & Carry.
Fig. 3 - Flussi di movimento merci in un magazzino organizzato a sistema misto.
Il processo di fusione e la rea-lizzazione dei tre schemi prece-denti suscitano una sequela di interrogativi d'ordine pratico, economico, sociologico e politi-co che meriterebbero un esame molto approfondito.
Ne elenchiamo alcuni: — I dettaglianti sanno distin-guere e fare un bilancio oggetti-vo (ammesso che sia possibile) tra costi e benefici diretti ed in-diretti connessi alla consegna a domicilio ed all'alternativa del prelievo diretto?
— Quali elementi si è in gra-do di fornire loro, a monte delle scelte, affinché siano valutati i costi di congestionamento