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Capitolo 3. La sfida delle differenze

3.2 Un’altra idea di tolleranza

La riflessione di Marcelo Dascal è guidata e motivata dalla sfida che le differenze umane ci presentano e dallo studio di un’etica comunicativa che permetta, attraverso una forma specifica di dialogo, di risolvere le incomprensioni, figlie proprio delle differenze. Egli si fa promotore di un’educazione al dialogo che sviluppa un’attitudine positiva verso la diversità. Le differenze umane, sia quelle individuali che quelle culturali, sono portatrici di valori e per questo vanno preservate, coltivate e sfruttate laddove sono anche un contributo fondamentale per migliorare la vita umana e le sue conquiste in termini di progresso.99

Questa visione si distanzia dall’assunzione secondo cui le differenze rappresentano un ostacolo alla conduzione di una vita buona e al miglioramento dell’uomo e che vede nella loro eliminazione la soluzione ai problemi che esse stesse creano. Riconoscere i valori che costituiscono le differenze umane è difficile perché vi sono degli impedimenti pratici e concettuali. Dascal ci indica

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Cfr. Dascal M. , ‹‹The challenge of human difference and the ethics of communication››, In I.

Menuhin and Y. Yovel (eds.), Moral Education in a Diverse World. Jerusalem: The Hebrew

come esempio di impedimento pratico l’effetto del potere socio-economico della globalizzazione che ha portato ad un’uniformizzazione con la conseguente svalutazione delle differenze e l’imposizione delle culture dominanti. C’è bisogno di ritrovare un’attitudine positiva verso la diversità creandosi uno spazio mentale in cui sia possibile considerare le differenze come un valore invece che come qualcosa di dannoso o avvicinarsi a loro solo per mera curiosità. Per realizzare questo dobbiamo rileggere sotto un’altra luce alcuni concetti filosofici che rappresentano, invece, l’ostacolo teorico. Oltre il concetto di razionalità mite, Dascal sottopone ad una nuova lettura, sempre sulla scia della filosofia leibniziana, il concetto di “tolleranza”, anch’esso fondamentale nel rapporto con l’altro, con il diverso da me. Etimologicamente, in latino, il verbo tolerare significa sostenere, essere d’aiuto a sopportare qualcosa. Questo verbo nella lingua latina non ha la connotazione passiva di sopportazione legata al tollerare situazioni difficili, che sarà acquisita più tardi nel linguaggio moderno.100

Nella storia della filosofia moderna il concetto di tolleranza oscilla tra connotazioni positive e negative. John Locke è uno dei primi filosofi che difende politicamente la tolleranza nel dibattito religioso del suo tempo. Attraverso i due scritti: Saggio sulla tolleranza e poi la famosa Lettera sulla tolleranza propone una sistematizzazione delle discussioni teologiche e politiche di questo tema, che nell’Inghilterra della seconda metà del diciassettesimo secolo si intrecciavano con quelle costituzionali. Locke propone una visione della tolleranza come segno distintivo della vera chiesa cristiana e come limite al potere politico. Egli ricerca un nucleo comune a tutte le religioni diverse da quella di Stato, che propone di

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Cfr. Dascal M., Interpretation and Understanding, John Benjamins Publishing Company, Amsterdam, 2003, p. 457.

tollerare finché queste si conformano alle regole istituzionali dello stato e non sono una minaccia per esso. Il concetto di tolleranza, qui, contribuisce a disegnare i rapporti fra potere e individuo nell’ordine politico della modernità. Emerge poi anche il problema dei limiti della tolleranza. Locke, infatti, esclude cattolici e atei dalla lista di coloro che è possibile tollerare, perché essi negano l’ideale sul quale la costruzione politica artificiale si regge.

La visione della tolleranza all’interno del pensiero liberale è caratterizzata dall’accettazione della diversità per una convivenza sociale e politica pacifica. Questa visione tradizionale non è sufficiente, perché non riconosce nella diversità nessun valore positivo. In questa prospettiva il gruppo etnico più piccolo è visto dalla maggioranza come un qualcosa di bizzarro e strano, secondo gli standard di quest’ultima, e tollerarlo appare come il male minore e la miglior soluzione per evitare il conflitto. Da questo punto di vista la maggioranza tollerante si considera superiore alla minoranza etnica, tanto da non considerare neppure da lontano l’idea di poter apprendere qualcosa dai peculiari e diversi atteggiamenti del piccolo gruppo etnico tollerato. In questa accezione paternalistica la tolleranza è concepita come un dovere morale che conferma la superiorità della maggioranza, la quale non è in grado di interagire con la diversità, né di ammirarla e né di rispettarla. Inoltre questa chiave di lettura minimalista della tolleranza si basa sull’assunzione che le differenti forme di vita e di comportamento possano essere comparate e collocate in una scala d’importanza, per cui chi si trova sopra debba adottare un atteggiamento paternalistico nei confronti di chi sta sotto e a questo corrispondono privilegi e doveri. 101

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Dascal ci mostra un argomento pratico contro l’interpretazione minimalista della tolleranza: se tollerare, significa accettare l’esistenza di qualcun altro che non può essere soppresso, colui che tollera appena si manifesteranno le condizioni per eliminare tale fastidio lo farà, diventando di fatto intollerante. Due religioni diverse, a tal proposito, non devono tollerarsi perché incapaci attualmente di dominare l’una sull’altra, ma al contrario perché capaci di riconoscere il valore e la specifica funzione l’una dell’altra.

Dascal ci propone una visione più ampia del concetto di “tolleranza”, che assegna una sorta di valore intrinseco ad ogni particolare manifestazione delle differenze, così come riconosce il loro contributo al genere umano. Per approdare a questa nuova forma di tolleranza dobbiamo, per prima cosa, abbandonare la semplicistica assunzione secondo cui ogni gruppo e ogni individuo ha le sue imperfezioni e i suoi limiti che dobbiamo sopportare da lontano. Il confronto con l’altro si mostra fondamentale per l’arricchimento delle mie convinzioni di partenza e per il mio bagaglio esperienziale. Sta proprio in questo il valore che è possibile riconoscere nell’incontro/scontro con la diversità.

L’idea della tolleranza nel pensiero di Leibniz, dal quale parte la riflessione di Dascal, è più profonda di quella di Locke, per il quale tollerare significa dire: “Accettiamo questi pazzi, ma essi sono e rimangono pazzi, mentre noi sappiamo la verità.”102

Leibniz, invece, per tollerare intende il riconoscere che questi altri, per quanto oggi ci possano sembrare pazzi, possiedono anche loro una parte di verità e possono sostenere oggi delle tesi che noi non riusciamo a riconoscere, ma che forse domani potrebbero apparirci corrette.

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Nel pensiero di Dascal, la tolleranza non è più il mezzo arrogante con cui si permette l’esistenza o la convivenza di persone o opinioni strane e lontane dal nostro modo di vedere le cose. Non è più l’atteggiamento sicuro e spavaldo con cui ci poniamo di fronte a qualcuno, con la convinzione di avere la verità in mano e di conseguenza considerando, a priori, l’opinione altrui falsa o sbagliata. La tolleranza diviene invece la modalità giusta di approccio all’altro e alle sue idee se non parto dalla convinzione assurda di avere il monopolio della verità o della moralità, e se rispetto le posizioni diverse dalla mia perché queste potrebbero avere una parte di ragione e di verità. Vista sotto questa prospettiva, la tolleranza cessa di essere un principio minimalista che tollera l’errore da una posizione di superiorità, e diventa un principio massimalista capace di riconoscere la possibilità che il tollerato in questione può essere nel giusto. Quindi la sua idea va rispettata e non solo sopportata con atteggiamento paternalistico.103

Non è richiesta la maggioranza per poter rispettare un’opinione inusuale, in quanto ogni opinione può contenere di fatto qualsiasi verità e valore, che non è determinata dalla quantità di persone che aderiscono o provino interesse verso di essa.

Il principio di tolleranza massimalista si mostra essenziale anche per il progresso dell’uomo in campo scientifico. Karl Popper è uno dei primi a mostrare come una tolleranza positiva, e quindi non minimalista, sia fondamentale per la conoscenza scientifica soprattutto nel campo della ricerca. L’abilità principale di uno scienziato è, per Popper, la capacità di generare nuove e audaci ipotesi. Il generare nuove ipotesi è l’atto creativo per eccellenza in cui non vi sono regole o

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metodi da seguire ed è per questo che la libertà di creazione, nel contesto della scoperta, deve essere per lo scienziato totale e senza restrizioni di nessun tipo. Secondo quanto appena detto, se la tolleranza è intesa nel senso positivo e massimalista, essa ha un ruolo essenziale nel progresso delle scienze, dove le ipotesi non devono mai essere scartate a priori.104 Questa teoria della tolleranza si scontra in campo scientifico con la teoria dell’empirismo, che rifiuta assolutamente lo spirito scientifico di Popper. Si genera conflitto quindi tra la teoria delle ipotesi e l’osservazione empirica. Da un lato abbiamo una tolleranza illimitata e aperta e dall’altro una tolleranza che stabilisce dei criteri che le ipotesi devono soddisfare. Il principio di tolleranza massimalista sostenuto da Dascal si applica ad un altro concetto importante e sottoposto anch’esso ad una nuova lettura dal filosofo israelo-brasiliano, che è quello della comprensione e del capirsi attraverso una comunicazione corretta.

Comunicare è un esercizio di cooperazione, scrive Dascal. 105 Gli analisti del dialogo concentrano la loro attenzione nello studio degli strumenti razionali da utilizzare in una comunicazione, soprattutto attraverso l’utilizzo della logica, ma per comunicare, nel senso più profondo del termine, scrive Dascal, è richiesto molto più della mera conoscenza degli strumenti razionali. Il verificarsi di una comprensione all’interno di una comunicazione richiede anche un’attitudine morale all’ascolto dell’altro e al parlare con l’altro. L’attitudine morale che Dascal propone è essenzialmente un’attitudine al rispetto per l’altro. Il rispetto tra gli interlocutori è fondamentale per la realizzazione di una buona comunicazione e

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Dascal M., Interpretation and Understandin, cit. p. 461.

105

Cfr. Dascal M. (2008) ‹‹Towards a dialectic of tolerance.››, in L’Analisi linguistica e letteraria, a cura di Università Cattolica del Sacro Cuore, G. Gobbe, S. Cantarini, S. Cigada, M.C. Gatti e S. Gilardoni, Milano, p. 531.

consiste nell’avere la consapevolezza che l’altro, con cui sto parlando, ha qualcosa di prezioso da dirmi e non dipende solo dall’utilità che potrà avere la cosa che sto per ascoltare: la sua preziosità è, infatti, intrinseca. L’etica della comunicazione trascende dalla strumentalità e utilità delle informazioni ricevute. È essenziale anche il confronto delle idee, il quale presuppone in entrambi gli interlocutori la convinzione che ogni contributo è prezioso al dibattito. Questo approccio permette e stimola i partecipanti a dare il meglio durante l’esposizione delle proprie idee, in quanto ciò porta contributo e crescita all’interno della discussione, così come una sana critica della posizione avversaria.

L’attitudine morale al rispetto verso l’altro è presente nel pensiero di Leibniz come regola dell’equità, da rispettare quando comunichiamo con qualcuno, se vogliamo che un vero e proprio dialogo abbia luogo. La regola dell’equità e della ragione deriva dall’antica regola biblico-evangelica della regola d’oro, che prescrive di non fare agli altri ciò che non si vuole fatto a noi stessi. La regola dell’equità si applica mettendosi al posto degli altri, quindi ruotando intorno a un circolo in maniera tale da occupare successivamente le posizioni altrui. Lo scambio di posizioni è mentale ed ipotetico: ci si finge nei panni degli altri per scoprire considerazioni che da soli non si sarebbe potuto fare, per riconoscere le conseguenze delle proprie azioni. Scrive Leibniz:

Il posto dell’altro è il vero punto di prospettiva tanto in politica quanto in morale. E il precetto di Gesù Cristo di mettersi al posto dell’altro non serve soltanto allo scopo di cui parla Nostro Signore, ovvero alla morale, per conoscere i nostri doveri nei confronti del prossimo, ma anche alla politica, per conoscere le intenzioni che il nostro vicino può avere contro di noi (…).

Questa finzione eccita i nostri pensieri e mi è servita più volte per indovinare esattamente ciò che si faceva altrove. 106

La realizzazione del confronto presuppone un requisito fondamentale che Dascal chiama “dialettica della tolleranza”107

, ed è qui che il concetto di tolleranza si intreccia inevitabilmente con il comunicare con l’altro. La dialettica della tolleranza è capace di risolvere conflitti apparentemente irrisolvibili. In un dialogo con l’altro non basta solo trovare un linguaggio condiviso finalizzato a rendere possibile il dialogo, ma occorre anche una buona dose di tolleranza, la quale mette nelle condizioni di ascoltare le parole e le ragioni dell’altro, liberandosi dalla tentazione di ridurlo a sé.