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Capitolo 3. La sfida delle differenze

3.1 Dialogo tra razionalità

Parlare di Marcelo Dascal nei termini di uno dei massimi studiosi di Leibniz o come il principale teorizzatore della teoria delle controversie, rischia di essere riduttivo e non in grado di dar conto dei risultati da lui ottenuti e riconosciuti all’unanimità dalla comunità scientifica internazionale.86

Sotto questa luce, Giovanni Scarafile introduce la figura intellettuale di Dascal nel suo testo A Crua Palavra dedicato al dialogo tra l’autore e il filosofo dal quale emerge il contributo di Dascal alla filosofia e alle scienze del linguaggio, ma anche e soprattutto le sue qualità umane, il suo impegno sociale e politico e la sua passione per l’insegnamento.

Dascal è un intellettuale contemporaneo che ha intrapreso la strada della ricerca interdisciplinare e del dialogo interculturale al confine tra due paesi, tra più lingue, parlandone fluentemente più di otto, e tra diverse tradizioni culturali. Questa sua identità complessa riflette una concezione del sapere plurale e dialettico. L’approccio enciclopedico al sapere e il mettere in discussione i fondamenti e le strutture della scienza per un rinnovamento della conoscenza, caratterizzano il metodo di ricerca di Dascal, capace di connettere il teorico e il pratico.

Nato in Brasile, precisamente a San Paolo nel 1940, dove si è laureato in filosofia e in ingegneria elettrica, Dascal all’età di ventiquattro anni lascia la sua città natale per continuare i suoi studi filosofici in Francia. Il motivo della

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Cfr. Dascal M. (2010), a cura di G. Scarafile, A Crua Palavra. Dialogo con Marcelo Dascal, Lulu, Lecce, p. VII.

partenza è legato, come racconta Dascal stesso nell’intervista di Scarafile, al colpo di stato militare che il Brasile ha subito nel 1964. Uno dei primi obiettivi dei militari fu quello di sopprimere la facoltà di filosofia creata dai francesi a San Paolo e, a causa di questo, molti studenti, tra cui Dascal, furono costretti ad abbandonare la città per continuare gli studi, trovando appoggio nei professori francesi presenti all’interno della facoltà.

Ottenuto il suo dottorato di ricerca presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, Dascal si trasferisce in Israele, dove più tardi diventerà professore ordinario di filosofia. La caratteristica distintiva della cultura ebraica, che influenza il pensiero del filosofo israelo-brasiliano, risiede nella volontà di discutere tutto, nell’essere disposti a dibattere varie realtà e nel preservare tutte le opinioni diverse; il Talmud stesso è un libro di pura dialettica che ha molteplici interpretazioni. Dascal ha apprezzato il fatto di scoprire che c’era già una tradizione antica che valutava il dibattito, sostenendo che:

Qualcuno ha avuto l’idea che è molto importante preservare anche l’opinione che non vince in un dibattito, in quanto anche essa è una fonte di sapere. Allora io seguo la tradizione ebrea.87

Scorrendo la biografia intellettuale di Dascal si scopre che egli ha insegnato in Francia, negli Stati Uniti, in Germania, in Italia, ed è attualmente professore ordinario di filosofia presso l’università di Tel Aviv e che è stato presidente della New Israeli Philosophical Association.

Avendo viaggiato in moltissimi paesi del mondo, Dascal attribuisce al viaggio un valore forte, affermando che con ogni viaggio e incontro si apre un nuovo orizzonte, che allontana il pericolo per ognuno di noi sempre presente, di rinchiudersi nel proprio mondo discriminatorio. I primi viaggi all’estero di Dascal sono legati al suo studio delle lingue e la sua iscrizione come giovane membro ad un club internazionale di corrispondenza epistolare gli ha permesso di conoscere molte persone interessanti e appartenenti a culture diverse.

I veri viaggi portano sempre sorprese che ti fanno pensare le cose di nuovo, da altre prospettive. Veramente ti permettono di mettersi nella “place d’autruy” come dice Leibniz, evidenziando che si tratta di qualcosa di indispensabile per pensare, sentire, agire nel nostro mondo plurale. 88

Come si evince da questo breve accenno al percorso intellettuale di Dascal, è difficile ricondurre ad un’unica matrice la molteplicità dei suoi interessi e delle sue ricerche. Egli, infatti, lavora sul dialogo tra i saperi e sul piano dell'interdisciplinarità. 89

Nei primi anni novanta, Dascal ha coordinato a Gerusalemme un progetto di ricerca internazionale dal titolo "Leibniz the Polemicist". Il progetto ha cercato di sviluppare una nuova visione dell'importanza della discussione nella formazione della conoscenza. E 'stato ispirato dall’approccio eclettico e pluralista di Leibniz, secondo cui la conoscenza nasce dalla sintesi degli elementi di verità

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Dascal M., A Crua Palavra. Dialogo con Marcelo Dascal, cit., p. 18.

presenti in ogni dottrina, una sintesi che deve essere raggiunta attraverso polemiche razionali, gestite da una razionalità non riducibile a deduzione logica e tuttavia non arbitraria. Uno dei risultati di questo progetto è stato la creazione di IASC, International Association for the Study of Controversies, di cui Dascal ancora oggi è il presidente.

Gli studi condotti da Dascal sulla filosofia leibniziana ci restituiscono un’immagine diversa del filosofo tedesco in cui emergono anche altri aspetti oltre a quelli legati esclusivamente alla logica.

Leibniz ha sviluppato l’idea di formalizzazione come base per la logica e per la matematica, ed è per questo considerato il creatore della logica moderna. Egli ha anche scritto molto in merito allo sviluppo di un metodo formale per risolvere le controversie. Non essendo solo filosofo e logico, ma lavorando anche presso la corte di Hannover, Leibniz ha incontrato spesso problemi politici ed economici da risolvere. Nasce così, in parte, la necessità del filosofo tedesco di trovare un metodo diverso per la risoluzione dei vari conflitti in genere, che non si potevano risolvere con la penna e con il calcolo, poiché richiedevano una flessibilità capace di permettere la conciliazione delle posizioni piuttosto che la risoluzione matematica, la quale avrebbe mostrato soltanto chi ha ragione e chi ha torto. Leibniz ha lavorato profondamente su questi temi, approdando ad alcuni concetti che si sono dimostrati fondamentali nello studio e nella teorizzazione della teoria delle controversie di Dascal.90

Contrariamente all’idea secondo cui esiste un’unica ragione universalmente condivisa, Dascal presuppone che vi siano diverse forme di

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razionalità e che si possa istituire un dialogo fra esse. Per quanto profonda possa essere la differenza tra le varie razionalità, essa non esclude a priori la possibilità di cooperazione tra di loro. È nel pensiero di Leibniz che diversi tipi di razionalità coesistono, non si escludono l’uno con l’altro e non riducono l’accettabilità dell’altro alla conformità dei propri parametri.

La storiografia ha classificato Leibniz tra i filosofi razionalisti e il suo razionalismo è stato interpretato non in modo pluralistico ma in modo unitario, perdendo la distinzione fondamentale presente nel pensiero leibniziano tra due tipi di razionalità. Dascal ha dimostrato che in Leibniz coesistono due forme di razionalità, molto diverse tra loro, ma necessarie allo stesso modo per il suo sistema, poiché svolgono compiti diversi.

Oltre alla razionalità dura, per la quale è conosciuto il razionalismo di Leibniz, esiste nelle sue opere anche un altro tipo di razionalità, che Dascal chiama razionalità mite. Questa appare negli scritti di Leibniz come “blandior ratio” ed è definita come razionalità debole, nel senso che non permette di arrivare ad una dimostrazione assoluta e definitiva. È una ragione che esplicitamente dice: “è ragionevole arrivare a questa conclusione, però possono esserci ragioni per cancellare questa ragionevolezza.”91

Questo approccio invita le persone a rinunciare ad una fiducia dogmatica nella conclusione finale ed assoluta di un conflitto.

Per razionalità dura, invece, si intende “una concezione di razionalità che considera come suo modello fondamentale la logica deduttiva e le sue

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applicazioni.”92

Secondo questo tipo di razionalità, la certezza è l’obiettivo da raggiungere ed il simbolo della conoscenza, mentre l’incoerenza rappresenta l’irrazionalità. Il metodo con cui si applica la razionalità dura esige che le condizioni del pensiero obbediscano al principio di contraddizione, che ci si basi su argomenti deduttivi garanti della certezza e della veridicità delle conclusioni e che ci si serva, quando possibile, del calcolo e di formule matematiche.

La razionalità mite, al contrario, “si occupa di spiegare e di sviluppare i mezzi per affrontare la grande quantità di situazioni - teoriche e pratiche – nelle quali l’incertezza e l’imprecisione sono la regola.” 93

Essa non identifica nell’irrazionale tutto ciò che non corrisponde ai criteri della razionalità dura ed entra in gioco, infatti, laddove la razionalità dura si mostra inadatta o insufficiente. La logica della razionalità mite è quella delle ipotesi che giustificano senza dimostrare, quella dell'interpretazione pragmatica, della negoziazione e di molti altri procedimenti che mettiamo in pratica nella nostra vita quotidiana.

La razionalità mite può essere rappresentata attraverso l’immagine della bilancia sulla quale sono pesate le ragioni pro e contro rispetto ad un determinato argomento. Pesare le ragioni non è lo stesso che calcolarle. La bilancia, al contrario della deduzione, “inclina senza necessitare”, come espresso da Leibniz, allo stesso modo il pesare attentamente le ragioni fornisce l’orientamento razionale per la deliberazione. I pesi delle ragioni dipendono dal contesto e non sono quantificabili con precisione, quindi pesare ragioni non porta a risultati la cui negazione implicherebbe contraddizione.

L’immagine della bilancia simboleggia una situazione di deliberazione, in

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Dascal M., A Crua Palavra. Dialogo con Marcelo Dascal, cit., p. 28.

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cui un uomo razionale esamina il peso degli argomenti a favore o contro una determinata decisione. Dopo che si sono pesate le varie ragioni, ci sono tre possibili posizioni che i piatti della bilancia possono assumere. Una posizione è quella dell’equilibrio che Leibniz non apprezza, perché lo associa all’immobilità e all’incapacità di decidere razionalmente. Un’altra possibilità è anch’essa estrema, e il peso qui è decisivo e concludente. Infatti, la posizione che vince, esclude l’altra certamente sbagliata. Leibniz ci mostra come possa esistere anche una bilancia che si “inclina senza necessitare". In questa terza possibilità abbiamo una piccola oscillazione verso un piatto o l’altro e tale oscillazione è una ragione sufficiente per fare questo, ma non decisiva. Se in un secondo momento emerge un fattore che farà cambiare l’equilibrio, cambierà anche la deliberazione.

Leibniz concepisce “l’arte delle controversie” a volte come un calcolo razionale da svolgere in modo rigoroso e indiscutibile per stabilire quale tra le posizioni presenti in un dibattito è vera, attraverso la razionalità dura. Altre volte, l’arte delle controversie diviene una strategia di conciliazione tra posizioni opposte tramite la razionalità mite.

Il metodo utilizzato con la razionalità dura presume che vi sia una contraddizione logica che è causa dell’opposizione tra le posizioni coinvolte nel dibattito. La metodologia mite invece non presuppone una lettura dicotomica delle posizioni opposte che, anzi, non si escludono a vicenda. Con la razionalità mite la controversia non deve essere risolta con l’eliminazione di una delle due posizioni, permettendo così una possibile conciliazione. Leibniz non abbandona né la razionalità dura né quella mite, ma esse coesistono durante il suo percorso intellettuale. La preoccupazione di Leibniz di sviluppare questi due tipi di

dialettica, spiega Dascal, è legato alla necessità di applicare ognuna di essa alle circostanze più appropriate. Il calcolo razionale, compiuto attraverso una razionalità dura, non si è dimostrato sempre adatto a risolvere le varie controversie.94 La spiegazione di questa coesistenza, inoltre, si riscontra nel fatto che ambedue le razionalità lavorano unite facendo ognuna la propria parte.

Dascal propone un breve scritto, tratto dai testi di Leibniz, che mostra come la razionalità dura e la razionalità mite collaborano in modo complementare. Dal “Discorso Preliminare sulla conformità della Fede e della Ragione” che si trova all’inizio dei Saggi di Teodicea, pubblicati da Leibniz nel 1710, si evince la sufficienza della logica elementare per trattare quei temi che possono essere decisi tramite inferenze deduttive. Questa logica elementare è però insufficiente per le questioni che esigono una logica che vada oltre, ossia, che sia capace di eseguire ragionamenti miti.

L’esattezza ci infastidisce e le regole ci paiono puerili. Perciò la logica volgare (che è tuttavia quasi sufficiente per l’esame dei ragionamenti che tendono alla certezza) la si fa studiare agli scolari; e noi non ci rendiamo conto della logica che deve controllare i pesi e le probabilità e che sarebbe tanto necessaria nelle decisioni importanti. Non vi è dubbio che i nostri errori risultino dal disprezzo o dai difetti dell’Arte di Pensare, come non vi è niente di più imperfetto della nostra logica, quando si va oltre gli argomenti necessari; e i migliori filosofi del nostro tempo…sono stati molto lontani dall’indicarci i mezzi appropriati per aiutare la facoltà che ci deve far pesare le stime del vero e del falso. 95

Questa estensione della logica per Leibniz è fondamentale per risolvere le inferenze le cui conclusioni non sono necessarie, specialmente in quelle che sono

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Cfr. Dascal M. (2008), ‹‹Leibniz’s two- pronged dialectic››, in Leibniz: what kind of rationalist?, Spinger, Dorecht, p. 41.

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discusse nei “tribunali umani”, poiché questi, “non sempre possono giungere a verità, e si è molte volte forzati a basarsi su indizi e probabilità, e principalmente su ipotesi o pre-giudizi.”96

Vi è anche una necessità più profonda che sta dietro alla divisione del lavoro dialettico di Leibniz, che risiede nella diramazione metafisica tra il necessario e il contingente.97 Questa divisione è essenziale in tutti gli aspetti della filosofia di Leibniz. Da un punto di vista della filosofia pratica, grazie a questa divisione, egli può difendersi e respingere con successo le accuse del determinismo ed è in condizione di resistere agli attacchi relativi al suo tentativo di riconciliazione tra ragione e fede da parte degli scettici e dei teologi razionalisti. Sotto il profilo teorico la distinzione tra necessario e contingente è lo sfondo metafisico della separazione e convivenza tra la razionalità dura e quella mite.98

Le proprietà che dividono i due tipi di razionalità sono molteplici. La prima proprietà la riscontriamo nella definizione del contingente e del necessario come due mondi distinti: il necessario inteso come l’insieme di tutti i mondi possibili e il contingente come l’unico mondo reale esistente. La seconda proprietà risiede nei due tipi di verità che caratterizzano rispettivamente il necessario e il contingente: le verità di ragione e le verità di fatto. La terza proprietà è costituita dai due principi sui quali si basano i nostri ragionamenti: il principio di contraddizione e il principio di ragione sufficiente. La quarta proprietà riconosce ai matematici il campo del necessario e ai giuristi la logica del

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Dascal M., A Crua Palavra. Dialogo con Marcelo Dascal, cit., p.34.

97

Cfr. Dascal M. (2001), ‹‹Nihil sine ratione- Blandior ratio››, (‹‹Nothing without a reason – a soft reason››). In Nihil sine ratione (proveding of the VI. Internationaler Leibniz-Kongress), Poser H. (ed.) Berlin: Leibniz Gesellschaft, volume I, p. 278.

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contingente.

Pur differendo in maniera netta ed evidente rispetto alle proprietà sopra elencate, non dobbiamo pensare che le due dialettiche non condividano importanti proprietà. Le verità contingenti e le verità necessarie condividono, infatti, uno stesso concetto di verità, ovvero condividono l’esistenza. In secondo luogo, sebbene il principio di contraddizione eserciti la sua validità sulle verità necessarie e non riesca a giustificare quelle contingenti, così come il principio di ragion sufficiente è necessario per avere un principio di verità per le cose contingenti, essi si trovano ad agire all’interno degli stessi domini e a rispettarsi a vicenda. Il dominio del contingente non può, infatti, contenere affermazioni che violino il principio di contraddizione, poiché in caso contrario sarebbero impossibili; inoltre considerando che il mondo reale è anche un mondo possibile, quelle verità necessarie che sono vere in tutti i mondi possibili lo saranno anche in quello reale. Il principio di ragione sufficiente afferma che ogni proposizione per essere vera deve avere una ragione. Questa è un’altra proprietà condivisa tra le verità contingenti e quelle necessarie. La differenza tra le logiche del contingente e del necessario è il differente tipo di validazione delle proprie verità. La ragione che occorre ad una verità necessaria per essere tale ha bisogno di prove, al contrario di una ragione che supporti una verità contingente.

Leibniz, attraverso l’esposizione delle differenze e delle similarità tra la razionalità dura e quella mite, e toccando il loro fondamento metafisico più profondo rispettivamente del necessario e del contingente, chiarisce molto bene perché esse devono essere distinte e capaci allo stesso tempo di comunicare per poter svolgere i loro differenti compiti, imposti dai loro stessi fondamenti

filosofici.

La collaborazione tra le due forme di razionalità si manifesta sullo sfondo di profonde differenze metodologiche, logiche ed ontologiche, le stesse che le dividono. E’ proprio attraverso il riconoscimento delle rispettive differenze che le due forme possono dialogare senza annullare le proprie caratteristiche.