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Altre innovazioni tecniche e l’evoluzione continua

3. Fase di prosperità e sviluppo: dall’inizio degli anni ’30 alla fine degli anni ‘

3.4. Ossessione: una necessità che divenne metodo.

3.4.2. Altre innovazioni tecniche e l’evoluzione continua

Poco dopo la Plaubel (una decina di anni dopo) un’ulteriore miglioria tecnica fu apportata dal nuovo modello Rolleiflex formato 6x6. La Rolleiflex, nel suo precedente modello aveva già cominciato a farsi conoscere ed apprezzare nell’ambiente fotografico, essendo assieme alla Leica, il mezzo privilegiato dai fotoreporter. Questo nuovo modello era dotata di un rapidissimo sistema d’avanzamento della pellicola da un fotogramma all’altro, tramite l’uso di una manovella. I tempi di posa erano leggibili da una finestrella posta sulla sommità del pannello frontale vicino all’altra finestrella con i valori del diaframma. Era una biottica ed entrambi gli obiettivi erano montati su un pannello frontale, mosso da un meccanismo a cremagliera. L’apparecchio era inoltre dotato di compur (cioè un sistema composito di otturatori a lamelle) con regolazione a ghiera (invece del classico dispositivo a pistone e cilindro)120. Montava due obbiettivi: un Tessar 75 mm, con f. 1:2,8 ed un Heidoscop 75 mm, f. 3. La grande innovazione di questa Rolleiflex era che grazie a questi obbiettivi l’inquadratura ripresa veniva proiettata sul vetro smerigliato dritta, e non più rovesciata come invece risultava con le precedenti; ed anche la messa a fuoco era letta direttamente sul vetro smerigliato. Dotata di mirino a traguardo ed utilizzava un rullo 120 ed, essendo il formato 6x6, poteva impressionare 12 fotogrammi, ben quattro in più rispetto alla Plaubel121. Tutto ciò dava al fotografo la massima rapidità di esecuzione, non dovendo più stare attento a correggere i difetti e le imprecisioni di rifrazione dell’immagine ed in un secondo tempo la messa a fuoco della stessa. Inoltre, sulle due ottiche era possibile inserire altre due lenti, utili ad una migliore realizzazione di primi piani ed dei campi ravvicinati122.

La facilità d’uso e i buoni risultati fecero si che nel giro di pochissimo tempo tutti i fotografi di scena, sia professionisti che neofini improvvisati adottassero la Rolleiplex come strumento privilegiato, diventando essa stessa un segno caratterizzante della professione. Ciò di contro portò alla progressiva uniformazione dei risultati, non essendo più strettamente necessaria una buona formazione tecnica al mestiere e all’utilizzo degli materiali, ora tutti potevano

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Sincro-compur è un dispositivo che permette, una volta individuata la corretta coppia tempo/diaframma, di mantenere la medesima esposizione, spostando simultaneamente la coppia individuata sugli altri valori della scala. Il fotografo dunque non deve più preoccuparsi di calcolare ogni volta i parametri di tempo/diaframma corretti o leggerli ma è la macchina che in automatico spostando la levetta dei tempi, restituisce sempre il diaframma corretto per ottenere la medesima esposizione individuata inizialmente. (https://fotografopernatura.wordpress.com/2014/03/27/rolleicord/ )

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Civirani 1995, pp:53-54

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impugnare una macchina fotografica e scattare buone foto, anche se non tutti potevano vantare il medesimo gusto ed occhio artistico.

Prima la Plaubel e poi la Rolleiflex, e di li a poco ancora di più il formato 35 mm della Leica, resero di molto più semplice e veloce il fare foto ed in generale l’approccio col soggetto fotografato, ed infatti, come già accaduto per la fotografia giornalistica dalla quale derivano, allo stesso modo quella di scena, e ancor più i fuori scena, si struttura sempre più come un’azione “punta e clicca”, mentre la qualità formale del negativo passa in secondo piano

Tutto ciò però avrà come esito l’approcciarsi al mestiere di uno stuolo di neofiti e paparazzi (interessati soprattutto a rubare scatti inediti dei divi nel loro ambiente naturale), che spesso erano privi (o quasi) di

preparazione tecnico – formale, che risultava evidente nei loro scatti frettolosi, approssimativi, caratterizzati da improvvisazioni per nulla professionali; così racconta Vittorio Mazza, fotografo di scena attivo dagli anni '40, durante un'intervista rilasciata ad Aldo Bernardini123, riguardo le modalità del suo lavoro negli anni '50, e del resto la medesima situazione è subito riscontrata anche dallo stesso Civirani:

Purtroppo, se con la Plaubel avevo promosso un progresso nella realizzazione delle foto di scena, con la Rolleiflex avevo reso ancora più facile il mestiere. La conseguenza fu che alcuni paparazzi che gravitavano nei teatri di posa per reportage foto giornalistici si dettero subito da fare per lavorare anche come fotografi di scena124.

Ingolositi dalla favorevole congiunzione di sviluppo tecnologico degli apparecchi e buona recettività del mercato sempre più esigente di queste immagini125, si veda che solo nel 1945 nelle maggiori città italiane, si assiste alla nascita di ben 26 periodici cinematografici126.

123 Aldo Bernardini, in Moltiplicare l’istante, (a cura di) Dagrada, 2007, p: 63 124 Civirani, 1995, p:54

125

Ibidem

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Reteuna 2000, p: 135

Figura 28 - Macchina fotografica Rolleiflex formato 6x6.

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Ed anche, oltre agli scopi promozionali e pubblicitari, si attesta in generale un uso più ricercato di questo materiale fotografico. Un esempio di ciò si vede sicuramente sulle pagine della rivista “Ferrania”, nata nel 1947, ad opera della omonima azienda milanese, che era la più grande industria produttrice di materiali cinematografici italiana. Qui le foto di scena e di ritratto fungevano da supporto visivo alla narrazione dei film che venivano poi recensiti. E con lo svilupparsi della classe del fuori scena, lo scopo diventava volutamente e palesemente didattico ed esplicativo, per esempio per spiegare, mostrando, come venivano utilizzati sui set quei determinati materiali, prodotti della stessa Ferrania (oltre che per pubblicizzarli contemporaneamente); ma anche le loro diverse modalità d’impiego a seconda di chi li utilizzava (professionisti diversi con competenze diverse). Particolare attenzione era posta sulla storia del cinema, raccontata attraverso l’uso di fotogrammi di film storici o antiche foto di scena.127

In questo proliferare di dilettanti, letteralmente uno stuolo di cosiddetti "scattini", che affollano sempre di più i set; per riuscire a distinguersi un buon fotografo di scena deve avere la sensibilità di carpire con una foto, quel peculiare momento in cui è condensato tutto un film. E secondo i nuovi principi senza dare troppa importanza agli aspetti tecnici, che non devono assolutamente prevalere sulla spontaneità e sull’intuizione; le foto così realizzate possono diventare il manifesto del film, o addirittura il simbolo di un momento, com’è successo con la celeberrima foto di Praturlon che non solo fu assunta come manifesto del film di Fellini La dolce vita, ma anche come simbolo del fare del momento.128