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Fotografie Fuori-scena o di set

3. Fase di prosperità e sviluppo: dall’inizio degli anni ’30 alla fine degli anni ‘

3.4. Ossessione: una necessità che divenne metodo.

3.4.1. Fotografie Fuori-scena o di set

È il 1932 a Roma nasce la rivista <<Scenario>>, diretta da Silvio D’Amico e Nicola De Pirro, ed è su queste pagine che comincia a profilarsi all’orizzonte una nuova poetica della fotografia di scena111. A dare il proprio contributo è il fotografo della rivista: Cesare Barzacchi, il quale realizza e fa pubblicare alcuni ritratti d’attore non convenzionali per l’epoca: in queste foto

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Di Marino 2009, pp: 155-156

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gli attori non erano presentati in pose studiate, in set realizzati appositamente, ma erano colti in atteggiamenti naturali, durante le pause tra una scena e l’altra, o alla fine della propria prestazione, conferendogli così maggior realtà, ed avvicinandoli al proprio pubblico. Erano queste modalità nuove e sorprendenti, di cui lo stesso fotografo non era ancora del tutto consapevole, che avrebbero riscosso un fulmineo e generale consenso, anche tra il pubblico. Fu questo il primo sentore di quella rivoluzione tecnico-stilistica, che ben presto porta i pionieri della fotografia di scena (come appunto Barzacchi, Civirani, Praturlon, Secchiaroli ed altri ancora) a scoprire, esplorare e soprattutto mostrare tutta un’altra realtà del cinema. Infatti, il fotografo è ora in grado di svelarne tutti gli incredibili segreti, rimasti sino ad allora totalmente sconosciuti agli ignari spettatori, a causa del presupposto che, affinché la finzione scenica ed il potere seduttivo del cinema si realizzasse appieno, il pubblico doveva essere tenuto totalmente all’oscuro del reale spazio del set, delle sua operatività edogni processo di realizzazione del film.

Lo sguardo del fotografo di scena si fa smaliziato e indiscreto, e come un fotoreporter indaga il set in tutti i sui angoli rivelandone le vicende;

ora può vagare all’interno di un set e cercare di raccontare a mio parere quello che è tutto l’accadimento del film.

Il fotografo sta dentro al film come dentro un accadimento, le mie foto di scena potrebbero benissimo essere dei reportage di fotogiornalismo dal vivo di una storia vera112.

Queste fotografie testimoniano non più solo la storia del film, ma anche una storia “altra”, fino ad allora rimasta celata dietro le quinte, la fotografia registra la complessità di azioni che portano alla nascita dell’opera filmica, ma anche, mostrano nuovi protagonisti, oltre ai “soliti” divi, i registi che con essi interagiscono, la stessa macchina da presa, ed i tecnici che si muovo dietro le quinte pensando di non essere visti ecc; disegnandone le storie segrete, la fatica del lavoro, i contrasti inespressi durante le riprese, gli amori furtivi nati attorno al set, gli imprevisti e le soluzioni intraprese .113

112 Intervista ad Angelo Turetta in, I mestieri del cinema, RAI, 2011 113

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Una delle prerogative di un fotografo di scena è quella di essere costantemente attento sul set, perché una buona foto può nascere da una qualunque situazione in un qualsiasi momento 114.

Le foto di set sono distinguibili in quattro categorie, ciascuna delle quali interessa aspetti diversi, relativi a differenti momenti del processo di elaborazione e realizzazione del film115:

1. Foto in cui la macchina da presa, le varie apparecchiature ed attrezzature utilizzate e le maestranze che operano attorno e con esse, costituiscono i soggetti privilegiati di queste immagini (figura 24).

2. Foto che mostrano il lavoro della messa in scena, e la preparazione delle riprese, esplicitando con particolare attenzione l’interazione a volte complice, a volte amichevole, altre volte difficile e contrastante tra regista e attori (figura 25).

3. Foto che riguardano momenti salienti della realizzazione del film, immediatamente precedenti o successivi al topico “si gira”; cioè sono foto che documentano il momento della ripresa e colgono il farsi del cinema nel suo momento di massima intensità (figura 26).

4. Fotografie in cui sono ritratti soprattutto gli attori ed i registi, ma anche tecnici colti accanto al set in un attimo di relax, in situazioni ed atteggiamenti naturali, mostrandoli nella loro terrena umanità. L’attenzione del fotografo è dunque posta sulle casuali narrazioni che nascono autonomamente durante le pause di lavorazione. La fotografia acquista allora un carattere di maggiore spontaneità e naturalezza, anche quando sapientemente costruita; ed infatti è proprio in queste immagini che traspare maggiormente la personalità sia del fotografo sia dell’artista inquadrato, dando al fruitore un’immagine (almeno apparentemente) più autentica (figura 27).

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Intervista ad Angelo Turetta in, I mestieri del cinema, RAI, 2011

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Figura 24 - Fellini sul set di Il casanova. Fotografia di Rotunno.

Figura 25 - Fuoriscena dal film Il Gattopardo. Il regista Visconti spiega la scena a Burt Lancaster. Foto di Paul Ronald.

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Figura 26 - Fuoriscena durante le riprese del film Il Gattopardo. Foto di Paul Ronald.

Figura 27 - Fuoriscena, momenti di pausa sul set del film Attila, diretto da Piero Francisci, nel 1954. Fotografo non pervenuto.

Spazi e figure prima preclusi, sono così svelati allo spettatore che adesso assisterà a due vicende: la storia del film visibile sul grande schermo, caratterizzata dalla finzione filmica, votata all’illusione e all’artificio mascherato da realtà; e la storia del fare il film, svelandone i retroscena tecnico-operativi e scenico-visivi, ma anche le svariate vicende che si sostanziano tra maestranze, attori, tecnici, registi ecc, un nuovo luogo di spettacolo, di indiscrezioni,

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pettegolezzi e magari anche scandali, il set non ha più segreti 116 e l’artificio scenico viene svelato portando alla disillusione dell’illusione del cinema.

Anche in questo caso è Aurelio Pesce a scattare le prime foto di questo genere, sui set dei film Terra Madre del 1931 di Blasetti; e Aldebarandel sempre di Blasetti, realizzato nel 1935117.

Quindi assunta come modalità privilegiata e imprescindibile per ogni film con la svolta data da Civirani sul set di Ossessione.

Da subito si riscontra un diffuso uso editoriale di queste fotografie a cui ne consegue la crescita della domanda delle stesse. Cominciarono così a fiorire numerosi fotografi dilettanti, in autonomia, come freelance, o su commissione, incaricati dallo studio di cui fanno parte, fortemente stimolati dalla dilagante disponibilità di questo mercato; e spronati dalla facilità d’uso dei nuovi apparecchi fotografici, sulla scia del fotoreportage giornalistico. Vengono in questo modo poste le basi per la nascita di quel grandioso fenomeno mediatico che esplose negli anni ’50: il Paparazzo.

E infatti presto il cinema stesso scoprì:

Che mostrare lo spazio del tournage poteva diventare uno strumento di moltiplicazione della sua magia118.

E come afferma il già citato Comin nel suo articolo Lanciare la cinematografia italiana:

ciò che “lancia” un film è, assai più della fotografia di scena, la fotografia di lavorazione, il “mentre si gira”. La fotografia dell’attrice o dell’attore, in primissimi piani o in foto di “sorpresa” nella loro vita quotidiana119.

Sono queste immagini “realmente favolose” di un momento irripetibile, colte dallo scaltro occhio discreto del fotografo e quindi rubato dalla sua macchina fotografica.

116 http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettacoli/2006/06_Giugno/04/cinema.shtml 117 Reteuna 2000, p: 103-104 118 Bertetto 1996, p: 11 119 Comin 1937, pp: 438-439

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