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Nuovi utilizzi, crescita ed affermazione

3. Fase di prosperità e sviluppo: dall’inizio degli anni ’30 alla fine degli anni ‘

3.1 Nuovi utilizzi, crescita ed affermazione

Ad aprire la strada alle nuove possibilità di applicazione editoriale delle foto di scena, furono i Life Models, molto in voga negli ultimi vent’anni dell’800, e veri antesignani del cineromanzo e del fotoromanzo54. Questi erano racconti fotografici composti da una serie di immagini realizzate sulla base di autentiche scenografie dipinte, sulle quali venivano fotografati modelli debitamente messi in posa recitativa; queste immagini erano accompagnate da una lettura ad alta voce di testi e canti, enfatizzati dal sottofondo musicale di un armonium, per accentuare la drammaticità delle storie musicate55.

Le immagini che si utilizzavano erano diapositive, cioè delle immagini fotografiche positive su di un supporto trasparente, del formato di 9x9 cm, spesso attentamente colorate a mano e poi proiettate a mezzo della lanterna magica, diretta antenata del cinema.

La diffusione e la nascita di nuovi utilizzi delle fotografie di scena, a cui si assiste già dai primi anni del terzo decennio del secolo, venne sicuramente favorita dall’introduzione della stampa a rotocalco, o rotocalcografia, una tecnica che ha apportato sostanziali miglioramenti nella riproduzione della immagini fotografiche, anche a colori (anche se per l’utilizzo di pellicole fotografiche a colori in ambito cinematografico bisognerà aspettare altri vent’anni circa). Questa ebbe talmente successo che venne presto eletta quale modalità privilegiata per riviste e periodici, soprattutto se illustrati, ed il termine rotocalco ha generalmente assunto il significato di rivista a larga diffusione a carattere popolare, focalizzato prevalentemente su temi di attualità, costume e cronaca, immancabile tra questi il cinema.

Sulle pagine delle riviste di settore, molte delle quali nate proprio in questi anni, si struttura un nuovo impianto grafico, un ibrido tra una semplificata forma letteraria ed un uso sofisticato ma al contempo più popolare delle foto di cinema.

Queste avevano il compito di dare risalto alla produzione nazionale, sia di film che di foto, in mezzo alla diluviante profusione di materiale messo costantemente a disposizione dalle

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Dagrada 2007, p:61

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potenti case di produzione americane, aiutate dalla velocizzazione delle tecniche e dello stile di vita tendente ad un sistema più consumistico56.

Ecco quindi l’avvento dei rotocalchi cinematografici: i Cineromanzi.

Uno dei primi degno di nota è sicuramente “Cineromanzo”, edito a Milano dal 1929, diretto da Aristide Raimondi. Composto da 16 pagine di formato 25x35, buona parte delle quali erano riservate alla visione romanzata di un film di successo in quel momento, accostando al riassunto della trama del film una serie di foto di scena (comunque non autografe).

Il rotocalco costituì un efficacissimo uso delle foto di scena, associandole ad un media di alta diffusione e consumo, rivolto ad un pubblico alfabeta e borghese, ubicato prevalentemente nelle grandi città57.

Nel cineromanzo a puntate le foto di scena sono esposte in successioni narrative didascalizzate, costituendo una forma espressiva indubbiamente più matura e commerciale, dei precedenti Life Models.

È sostanzialmente un racconto illustrato e romanzato, tratto dalla trama di un film di successo (una sorta di fotoromanzo ante litteram), su cui lo spazio della narrazione letteraria è intercalato a foto di scena, che richiamano lo spazio-tempo del film. Edito a volte dopo l’uscita del film nelle sale, in altri casi contemporaneamente (se non addirittura in anticipo e usato come autentico trailer di un lungometraggio).

In prima pagina erano sempre proposti foto ritratti dei protagonisti realizzati negli atelier dei fotografi, che si specializzano sempre più nel foto ritratto d’attore, allestendo i propri studi

ad hoc per realizzare e valorizzare al meglio gli attori ritratti, cominciando a concretizzare

quello che diventerà un vero e proprio culto del divo cinematografico58.

Il problema principale nella realizzazione di questi primi cineromanzi era il numero molto limitato di foto di scena a disposizione per ogni set, infatti non di rado per una buona narrazione i redattori si trovavano costretti a sopperire a questa mancanza con didascalie e testi scritti anche consistenti59.

56 Di Marino 2009, pp: 143-145

57 <<Cine romanzo>>, Milano, Anno VI, nr. 490, 8 dicembre 1934 58

Pellizzari1978, pp: 39-46

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Un’altra rivista nata per dar spazio al cineromanzo è <<Cinevita>>, periodico milanese a cadenza settimanale, nato del 1936. Inizialmente scadente per contenuto e veste grafica, in terza pagina presentava anche un resoconto su i film in lavorazione e quelli in programmazione. Dal ’41 la rivista si evolve, è presenta ora una impostazione tipografica più attenta, grazie alla quale il testo viene notevolmente ridotto, fino ad essere poco più di una didascalia a commento delle fotografie, ora in numero maggiore, cronologicamente ordinate, che occupavano per intero il restante spazio60. Facendo così un ulteriore passo verso la forma ultima del fotoromanzo, l’ulteriore forma di semplificazione a cui giungerà la narrazione foto-letteraria che eromperà dilagando nell’immediato dopoguerra.

In <<Cinevita>> per otto pagine, si snodava il racconto filmico, scandito nella successione di quaranta fotografie di scena, ognuna didascalizzata. […] la copertina rendeva visibili, abilmente foto montati, il singolo volto dei divi accanto a scene di sicuro richiamo61.

Da ricordare anche la collana <<Grandi film illustrati>> di Milano, pubblicata durante la guerra; e la serie <<Il mio film preferito>> del medesimo periodo. Il grande valore di queste pubblicazioni per la nostra trattazione, riguarda, oltre l’aumentato numero di fotografie di scena impiegate, e quindi la maggiore importanza che gli si attribuisce, è la crescente frequenza con cui comincia a comparire nei titoli di testa il nome dell’autore delle fotografie, cominciando a riconoscergli implicitamente un qualche tipo di apporto personale al proprio lavoro, forse non più una mera e passiva azione tecnica, nel migliore dei casi è lo stesso intento creativo del fotografo che timidamente comincia ad emerge62.

60 Idem, p: 282 61 Reteuna, 2000, p: 84 62 De Berti 2000, p: 248-249

Figura 15 – Cinevita anno VII Copertina del secondo numero di cineromanzi relativo al film: Pia De'Tolomei, edito il 26 dicembre

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Un altro utilizzo editoriale delle foto di scena fu di usarle come copertine di quei libri che venivano trasposti in film e quindi rieditati; oppure viceversa per quelli che traevano spunto da grandi successi cinematografici; è quanto accade ad esempio per il romanzo di Clara Franchetti: “Casta diva”, edito nel 1935, da cui venne tratto l’omonimo film, ad opera di Carmine Gallone. La foto di scena in questione si scopre essere realizzata dall’illustre fotografo di scena Aurelio Pesce, anche se nessuna delle foto da lui realizzate per questo film sono firmate; si vedono in copertina i protagonisti del film: Maddalena Fumaroli alias Marta Eggerth stretta a Sandro Palmieri alias Vincenzo Bellini63.

Sia per i cineromanzi, sia per quest’altro uso delle fotografie di scena, lo scopo era spiccatamente propagandistico. L’intento era di innescare un circolo virtuoso, volto ad ampliare la diffusione del cinema, sfruttando il sempre più florido mercato del culto del divo, a seguito del quale cresceva anche la richiesta di queste riviste specializzate.

Queste forme editoriali davano al pubblico la possibilità di incontrare gli oggetti dei propri desideri, i divi appunto, materializzazione della magia del cinema.

E, come è ovvio, in conseguenza alla maggiore richiesta di queste riviste, aumentò di rimando anche il bisogno delle fotografie di cinema necessarie alla loro realizzazione.