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Il finanziamento del regionalismo differenziato: osservazioni sulle bozze di intesa

3. Altri punti critic

In aggiunta ai problemi di impostazione generale discussi sopra, le modalità previste nelle bozze di intesa per la quantificazione e il finanziamento delle com- petenze aggiuntive sollevano una serie di questioni ulteriori, più specifiche ma non meno rilevanti.

Un primo blocco di problemi riguarda in vario modo la fase di quantificazione delle risorse. Innanzitutto, la previsione sopra richiamata secondo cui, qualora non fossero adottati i fabbisogni standard, l’ammontare delle risorse assegnate alla Regione richiedente non potrebbe essere inferiore al valore medio nazionale pro-capite della spesa dello Stato per la funzione di spesa in questione (art. 5, c. 1), è inaccettabile. L’adozione della media pro-capite (calcolata auspicabilmente sulla popolazione target per la funzione di spesa considerata e non sulla popo- lazione complessiva) finirebbe per annullare tutte le differenze giustificate tra territori nei bisogni e nelle caratteristiche strutturali che oggi sono, in qualche misura, riflesse nell’allocazione della spesa storica dello Stato (si pensi ai cri- teri di allocazione territoriale del personale docente applicati dal Ministero della pubblica istruzione).

In secondo luogo, la determinazione dei fabbisogni standard richiede come precondizione fondamentale l’esplicita fissazione da parte dello Stato di Lep/Lea sulle competenze devolute. La decisione sui Lep/Lea è anche essenziale per il monitoraggio dei livelli dei servizi forniti nelle Regioni richiedenti (e anche dei loro equilibri finanziari) e per l’eventuale attivazione, in caso di mancato sod- disfacimento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, dei poteri sostitutivi dello Stato da esercitare secondo l’art. 120, c. 2 della Costituzione. Come già richiamato, le intese dovrebbero regolare con maggiore dettaglio le modalità dell’eventuale ritorno nella responsabilità statale nel caso di “fallimento” delle RAD nella gestione delle materie aggiuntive.

Va aggiunto che sul piano tecnico la determinazione dei fabbisogni standard, che dovranno essere stimati per ogni singola materia entro un anno dall’avvio del federalismo differenziato, è operazione complessa sotto diversi aspetti: mol- teplicità di fonti informative, funzioni differenti svolte nell’ambito della stessa materia (regolamentazione, programmazione, gestione, controllo, fornitura) che comportano impegni finanziari assai diseguali, limitato numero di osservazioni. Tuttavia, rispetto all’esperienza recente di determinazione dei fabbisogni dei Comuni, il quadro di riferimento nel caso delle funzioni aggiuntive delle RAD è molto diverso. I Comuni sono infatti caratterizzati da una forte eterogeneità di tipologie di servizi forniti e di condizioni finanziarie di partenza, mentre le fun- zioni che potranno essere devolute ad alcune Regioni sono oggi garantite dallo Stato in condizioni di tendenziale omogeneità su tutto il territorio nazionale. C’è quindi da attendersi che i criteri che saranno individuati dal metodo dei fabbiso- gni standard non potranno discostarsi in misura sostanziale da quelli attualmente adottati dallo Stato per allocare le risorse umane e finanziarie nelle varie aree del Paese (si pensi ancora al caso della scuola). Pertanto è improbabile che dal passaggio dalla spesa storica statale ai fabbisogni standard possano emergere correzioni rilevanti nella distribuzione delle risorse tra i vari territori.

Un altro insieme di questioni riguarda gli strumenti previsti per attribuire le risorse finanziarie alle Regioni richiedenti, come detto, compartecipazioni e/o riserva di aliquota su tributi erariali riferiti al territorio regionale. Due aspetti richiedono un’adeguata specificazione normativa. Innanzitutto, è necessario pre- vedere una clausola per garantire alle Regioni richiedenti invarianza dei gettiti di compartecipazioni e riserve di aliquota a fronte di interventi dello Stato sulle basi imponibili, aliquote o altri parametri dei tributi erariali compartecipati. In secondo luogo, bisogna regolare la ripartizione tra Stato e RAD del maggior gettito derivante dal contrasto all’evasione fiscale sui tributi compartecipati nei corrispondenti territori, a fronte dei costi relativi alle procedure di accertamento e verifica che ricadono interamente sullo Stato. Attualmente queste maggiori risorse sembrerebbero essere destinate unicamente ai bilanci regionali con il risultato di un’evidente distorsione che grava i costi sullo Stato e riserva i ricavi soltanto alle Regioni.

Una questione rilevante, che sembra essere stata finora ignorata dalla discus- sione sulle ipotesi di regionalismo differenziato, riguarda poi la ripartizione dell’onere per il servizio del debito statale tra lo Stato e le RAD. Se si adot- tasse la soluzione autonomista, con la conseguenza di devolvere una parte del potere impositivo alle tre Regioni, e se, come da queste richiesto, si consen- tisse al demanio regionale di acquisire una parte degli assets attualmente statali (strade, autostrade, ferrovie, ecc.), lo Stato perderebbe una parte delle garan- zie con cui far fronte al debito pubblico nazionale. Pertanto sarebbe equo se,

parallelamente alle competenze aggiuntive e alle relative risorse, alle Regioni richiedenti venisse attribuita anche una quota del servizio del debito pubblico corrispondente al finanziamento delle funzioni devolute.

Seppur non strettamente inerente il meccanismo di finanziamento delle com- petenze aggiuntive, c’è un ultimo profilo di finanza pubblica che va richiamato. Le richieste di nuove responsabilità avanzate dalle tre Regioni includono anche il coordinamento del sistema fiscale e di finanza pubblica intra-regionale, cioè tra Regione, Province, Città metropolitane e Comuni secondo lo schema del cosid- detto federalismo a cascata. Si tratta di una competenza che, seppure ancora non adeguatamente specificata, pone questioni di grande rilievo, peraltro già emerse in occasione della legge delega sul federalismo fiscale (l. 42/2009). Tali questioni riguardano, tra l’altro, il concorso degli enti locali alla manovra di finanza pubblica, la costituzione di fondi alimentati da compartecipazioni su tri- buti erariali a favore di Comuni/Province/Città metropolitane, le intese con gli enti locali in materia di investimenti. L’effettivo rafforzamento delle competenze regionali in materia di coordinamento fiscale sconta ovviamente il sostegno degli enti locali, sostegno peraltro che è esplicitamente richiesto anche dall’art. 116 c. della Costituzione.

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The financing of differentiated regionalism: remarks on the draft agreements Abstract

This work discusses the public finance profiles of the requests for additional auton- omy recently put forward by Veneto, Lombardy and Emilia-Romagna according to arti- cle art. 116.3 of the Italian Constitution. With reference to the draft agreements published by the Department for regional affairs on 15 February 2019, the main issues raised by the perspective of differentiated regionalism are addressed: the criteria to quantify the financial resources needed to implement the new decentralized functions; the choice of the fiscal instruments to carry out resources transfer; the modalities to guarantee the protection of national solidarity objectives and public finance sustainability even in a framework of differentiated regionalism.

Proposta di analisi shift-share dinamico-cumulativa al caso