Totale spesa personale. Province Totale spesa personale. Regioni
2016 (Eur o) Var . 2015-2016 (milioni di Eur o) Variazioni % 2016/2015 2016 (Eur o) Var . 2015-2016 (milioni di Eur o) Variazioni % 2016/2015 Piemonte 104.897.803 -35 -25,2 182.537.766 31 20,2 Liguria 46.515.036 -13 -22,2 58.854.045 4 6,9 Lombardia 168.265.010 -38 -18,3 159.521.647 4 2,7 Veneto 79.656.505 -19 -19,3 118.543.109 12 11,3 Emilia-Romagna 84.617.823 -51 -37,8 172.041.937 29 20,2 Toscana 90.009.231 -57 -38,7 158.074.359 31 24,5 Umbria 31.956.348 -14 -29,8 56.524.551 4 7,8 Marche 53.441.044 -19 -25,7 71.080.198 11 19,1 Lazio 138.883.560 -29 -17,4 246.321.916 5 1,9 Abruzzo 41.015.575 -8 -16,9 61.215.734 -21 -25,7 Molise 12.537.068 -2 -16,2 31.714.523 -3 -8,3 Campania 93.913.330 -40 -29,8 280.573.923 3 1,2 Puglia 78.805.434 -19 -19,4 160.285.278 30 22,7 Basilicata 28.637.954 -6 -16,3 59.531.511 3 4,7 Calabria 74329775 -28 -27,6 147.799.727 17 12,6 Totale spesa per-
sonale. Comuni 1.127.481.496 -379 -25,1 1.964.620.224 159 8,8 Fonte: Bilanci consuntivi amministrazioni Provinciali (Istat) e Bilanci consuntivi amministrazioni Provinciali e regionali (Istat)
i nuovi strumenti di politica del lavoro messi in atto dall’attuale Governo e per i quali la competenza regionale dovrebbe comunque trovare un’integrazione nazio- nale. La visione sottostante il Reddito di cittadinanza segue in parte quella già prevista dalla misura che di fatto ha sostituito: il Reddito di Inclusione introdotto dal precedente Governo Gentiloni a partire dal gennaio 2018 (L. n. 33/2017 e d. lgs. N. 147/2017). In particolare, è prevista una differente visione dell’ottica utilizzata dai CPI in precedenza presupponendo un passaggio forte dalla visione
individuale del beneficiario ad una visione integrata del nucleo familiare, in cui le
politiche del lavoro si armonizzano con le politiche di welfare. È, infatti, impor- tante sottolineare che il Reddito di Cittadinanza è allo stesso tempo una misura di politica attiva volta all’inserimento del soggetto nel mercato del lavoro e una misura di politica selettiva volta a contrastare la povertà condizionata alla situa- zione economica del soggetto stesso.14 Questo particolare aspetto implica che due elementi cardine di questo istituto siano sottolineati. Da un lato, l’importanza degli attori locali che definiscono le politiche di welfare (Comuni) dall’altro la necessità di un sistema informativo condiviso e integrato. Quest’ultimo non solo richiede figure adeguatamente formate, ma anche una infrastrutturazione informatica che riesca a far dialogare i diversi livelli istituzionali e i diversi enti tra loro. Il decreto di attuazione del Reddito di Cittadinanza ha previsto il lancio di due piattaforme: una per il coordinamento dei centri per l’impiego, presso Anpal nell’ambito del Siulp (Sistema informativo unitario delle politiche del lavoro); la seconda per il coordinamento dei Comuni, presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nell’ambito del Siuss (Sistema informativo unitario dei servizi sociali).
Sembra chiaro quindi che il sistema di competenze, che a questo punto defini- remmo tripartito (tra stato centrale, Regioni e Comuni), aumenta la complessità amministrativa delle politiche per il lavoro, modifica la distinzione iniziale tra politiche attive e politiche passive e le integra nell’ambito di un sistema di politiche di welfare più complesso e sistemico. Se tutto questo dovesse essere efficacemente implementato sicuramente rappresenterebbe una semplificazione per il cittadino e, probabilmente, un miglioramento nell’accesso al servizio pub- blico. Diversamente, la mancanza di anche solo uno degli aspetti considerati (risorse, formazione, tecnologia) rischierebbe di rendere tutto ancora più com- plesso e non per forza efficace nel perseguimento degli obiettivi dichiarati.
Le Regioni che hanno presentato richiesta di un regionalismo differenziato in questa particolare tematica, lo hanno giustificato attraverso una maggiore cono- scenza delle specializzazioni produttive locali e una maggiore vicinanza alle esigenze della popolazione. Tuttavia, è bene tenere presente che, come mostrato 14. Si noti che, trattandosi di una misura selettiva, il termine Reddito di Cittadinanza previsto dalla legislazione italiana non corrisponde alla misura universale di tipo basic income che, nell’ambito della letteratura economica, è così denominato.
in Tabella 5, le richieste sembrano essere più articolate del “solo” incontro tra domanda e offerta di lavoro. In particolare è possibile evidenziare come tutte le tre Regioni abbiano sottolineato la richiesta di una maggiore integrazione (e quindi una loro maggiore discrezionalità) nella relazione tra politiche attive e politiche passive attraverso la possibilità di istituire ammortizzatori sociali regionali, fondi di previdenza complementare, potestà legislativa per contratti di solidarietà espansiva. In ultimo, il Veneto sembra voler utilizzare il tema del lavoro per includere azioni legislative molto meno legate alle specializzazioni produttive e mirate al controllo e alla gestione dei flussi migratori (determina- zione flussi migratori per ragioni economiche; potestà legislativa per contrastare fenomeni di irregolarità in ambito lavorativo).
A fronte di ciò, potrebbe essere cautelativo, prima di procedere ad ulteriori differenziazioni, comprendere e monitorare come e a quali condizioni i diffe- renti sistemi riusciranno ad assicurare l’attuazione del piano di sviluppo dei CPI/Navigator e in quali termini questa riorganizzazione si presterà a garantire i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) che, in materia di lavoro e occupazione, sono stati individuati all’inizio del 2018.
5. Tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali
Tra le tre materie aggiuntive previste dall’articolo 116 della Costituzione per cui le Regioni a statuto ordinario possono richiedere maggiore autonomia assume particolare rilevanza la materia che regola “la tutela dell’ambiente, dell’ecosi- stema e dei beni culturali”.
Le ripercussioni della richiesta di autonomia su questo punto si riversano su un ampio spettro di ambiti, che spaziano dalla gestione dei beni culturali (musei, accademie, monumenti, …) alle norme sulla pianificazione territoriale e paesag- gistica, alla gestione dei rischi ambientali, ecc.
Il dibattito tra i Costituzionalisti sulle competenze istituzionali in questo settore non è nuovo ed è ben lontano dall’essere risolto. La riforma del titolo V man- tiene una competenza legislativa statale per ciò che attiene la protezione dei beni ambientali e culturali, mentre è ritenuta materia concorrente il potere legislativo nell’ambito della valorizzazione ambientale, di promozione e organizzazione delle attività culturali, all’interno delle quali il potere legislativo apparterrebbe alle Regioni, fatta salva la determinazione dei principi fondamentali che rimarrebbero ad appannaggio dello Stato.15 Questo ovviamente potendo ammettere che prote-
zione e valorizzazione possano essere trattati come ambiti disgiunti tra loro.
15. Qualsiasi altro competenza che non rientri nell’ambito della protezione o in quello della valo- rizzazione rientrerebbe nell’art. 117, comma 4 della Costituzione – in materia di “residuale potere legislativo delle Regioni”.