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Tabella 5 – Richieste di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nell’ambito delle Politiche per il Lavoro

Lombardia Veneto Emilia-Romagna

Politiche attive

Richiesta della Regione di com- petenze rafforzate e ulteriori in tema di politiche del lavoro e di organizzazione del mercato del lavoro, consentendo di rendere gli strumenti di politica attiva adeguati e funzionali rispetto alle singole realtà territoriali della regione.

Stabilizzazione delle conven- zioni per i Centri per l’impego e riconoscimento alla Regione della competenza ad emanare proprie discipline in materia di collocamento ordinario, del collocamento mirato e dei servizi per l’impiego, nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale

Competenze relative alle politiche attive del lavoro (2) Competenza legislativa a intro- durre, nell’ambito di specifici accordi con lo Stato, strumenti di incentivazione a sostegno della ricollocazione dei lavoratori in difficoltà occupazionale, in particolare a valere sul Fondo nazionale per l’occupazione e sul Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili.

Integrazione politiche passive

Richiesta di un maggiore ruolo regionale nell’integrazione delle politiche passive del lavoro, anche in riferimento a possibili misure di supporto ai Fondi di solidarietà disciplinati dalla vigente normativa

Istituzione del fondo regionale per la cassa integrazione guada- gni e le politiche passive: delega delle funzioni di autorizzazione di CIG ordinaria e straordianria; potestà legislativa per regolare l’accordo agli ammmortizzatori; possibilità di istituire un fondo di solidarietà bilaterale (aziende senza copertura CIG <5 add. e finanziamento formazione). (2) Previdenza complementare: attribuzione alla RV il gettito dell’imposta sostitutiva sui rendimenti dei fondi pensione; finanziamento di un Fondo di previdenza complementare e integrativa. (3) Istituzione dei Fondo regionale per il sostegno delle responsabilità familiari: alimentato economicamente dall’aliquota contributiva per assegni per il nucleo familiare

(1) Integrazione tra politiche attive e passive del lavoro. (2) Competenza legislativa in materia di contratti di solidarietà espansiva

Controllo e vigilanza

Richiesta di attribuzione della possibilità, per la Regione, di introdurre misure complementari di controllo e vigilanza sulla regolarità nell’utilizzo degli strumenti di politica attiva del lavoro, nonché, con riferimen- to ai tirocini, anche mediante l’avvalimento degli ispettorati territoriali del lavoro

(1) Controllo e gestione dei flussi migratori: determinazione flussi migratori per ragioni economi- che; potestà legislativa per con- trastare fenomeni di irregolarità in ambito lavorativo. (2) Albo delle società cooperative

Competenze complementari di controllo e vigilanza sulla regolarità nell’utilizzo degli stru- menti di politica attiva del lavoro (funzioni da esercitare in raccor- do con il competente Ispettorato Territoriale del Lavoro).

I sotto-paragrafi che seguono cercheranno di sottolineare, da un lato, l’im- portanza di un cambiamento in alcune delle sfere che, per tempistiche e iter burocratici, spesso non hanno impedito la realizzazione di danni ambientali o al patrimonio, ma hanno reso burocraticamente lunghi e complessi i tempi e le modalità di gestione del patrimonio.

È difficile scindere i tre ambiti (ambiente, ecosistema e beni culturali) come se fossero tra loro concettualmente scollegati ma, per semplificarne la trattazione e analizzare nello specifico gli interessi coinvolti, abbiamo suddiviso il paragrafo in due macro aree, così come le stesse Regioni richiedenti hanno fatto: l’area dei Beni Culturali e l’Area di Tutela dell’Ambiente e del paesaggio.

5.1. Beni culturali

Recentemente la visione del “bene culturale” si è ampliata non solo grazie all’affermazione della sua importanza come bene meritorio di protezione, con- servazione e valorizzazione da parte dell’azione di governo, ma anche sulla base del riconoscimento che l’accesso e la fruizione del patrimonio culturale possono di fatto essere considerati diritti soggettivi del cittadino che, come tali, necessi- tano di essere assicurati dal policy-maker.16

Il dibattito che riguarda la gestione del patrimonio culturale comprende, quindi, sia la protezione, sia la valorizzazione, sia l’utilizzo che del bene può essere fatto. Nel contemperare le tre sfere è corretto tenere presente come, in passato, la prote- zione abbia costituito l’elemento che ha acquisito maggior rilievo nelle politiche legate al patrimonio culturale, fondandosi sul principio indiscutibile che i “beni” in analisi rappresentano elementi fondanti la stessa identità nazionale. Tuttavia, oggi, essi non sono più solo un valore collettivo, ma rappresentano un valore anche per il singolo individuo, a cui viene riconosciuto il diritto a goderne, alla stessa stregua degli altri beni/servizi essenziali alla cura e allo sviluppo della persona.

L’autonomia, quindi, dovrà tenere presente tutte le tre sfere di azione e, pertanto, dovrà (i) consentire una gestione pubblica più efficace ed efficiente del servizio in termini di protezione e valorizzazione dei beni coinvolti, (ii) contemperare la possibilità di soddisfare bisogni primari (diritti) dei cittadini e, al contempo, (iii) permettere un livello di salvaguardia nazionale affinché il patrimonio preservi, nel processo di decentramento, la caratteristica di bene identitario nazionale.

In generale, fino ad ora, questi punti hanno sollevato non pochi conflitti tra istituzioni, poiché l’obiettivo della protezione nazionale è stato declinato nell’imposizione legale di restrizioni allo sfruttamento economico del patrimonio 16. È importante sottolineare che solo di recente si è avuto il riconoscimento di un diritto sogget- tivo reale di “accesso al patrimonio culturale”, da considerare, oggi, inserito negli stessi livelli essenziali di prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, es. arte. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione (Cavaliere, 2017).

culturale, spesso in disaccordo con la volontà delle amministrazioni locali di valorizzazione delle risorse culturali del territorio. Gli studiosi definiscono que- sta come la contrapposizione tra una “visione purista” e una “visione aziendale” della gestione del patrimonio culturale (Tarasco, 2017). In questa contrappo- sizione, la prima visione associa l’idea di valorizzazione del bene ad uno sfruttamento e impoverimento dello stesso, che può portare a snaturare il patri- monio e a comprometterne il lascito futuro. Sul versante opposto, la visione “aziendalista” ritiene che, senza la possibilità di mettere a valore il patrimonio, non solo si stanno perdendo opportunità di sviluppo economico importanti ma si perde anche l’opportunità di generare risorse per conservare o migliorare lo stato di conservazione del patrimonio stesso.

Per meglio valutare gli aspetti critici sopra richiamati si possono evidenziare due macro evidenze: (i) da un lato la necessità di trovare nuove fonti di finan- ziamento del settore (dal 2000 al 2015 la riduzione delle risorse disponibili per i Beni Culturali è stata costante, e nonostante l’incremento avuto negli ultimi tre anni non si sono ripristinati i livelli 2001 (Figura 1); (ii) dall’altro l’idea che sia possibile modificare la nostra visione tradizionale della gestione del bene pubblico e del significato di valorizzazione.17 A questo proposito, è evidente che l’utilizzo di nuove forme di compartecipazione pubblico-private organizzate su più livelli territoriali abbia portato alla realizzazione di soluzioni all’avanguardia nel settore, così come l’utilizzo di nuove tecnologie è oramai un elemento impre- scindibile affinché la fruizione dell’opera diventi un’esperienza culturalmente più ricca e più accessibile.

5.2. L’attuale organizzazione e le richieste delle Regioni

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBACT) sta subendo una profonda riorganizzazione in seguito alla riforma introdotta nel 2014 (DPCM 171/ 2014) e ai successivi decreti attuativi.18 A livello regionale, ciò ha comportato almeno due importanti ripercussioni: (i) l’identificazione dei Centri museali regionali e (ii) la rior- ganizzazione del sistema di Sovrintendenza di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. Nella prima area, quella legata ai centri museali, sono state introdotte forme di autonomia con la realizzazione di “Istituti dotati di autonomia speciale, di rilevante interesse nazionale” (ad esempio, la Galleria degli Uffizi a Firenze o la Galleria dell’Accademia a Venezia) e la creazione del Polo museale regionale. Le funzioni principali di quest’ultimo sono il coordinamento e la promozione dei musei e di altri luoghi della cultura di Stato (art. 101 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”), di altri musei pubblici, di musei privati e di altri luoghi di 17. Su questo punto si vedano le riflessioni sviluppate in letteratura a fronte della più recente normativa e delle sentenze del Consiglio di Stato come ad esempio in Spena (2017), Morbidelli, Bartolini (2016).

rilevanza culturale sia pubblici che privati, i quali, su base volontaria, abbiano chiesto di essere accreditati al Sistema Nazionale dei Musei.

In questo settore, come per il sistema sanitario, sono stati già sviluppati alcuni indicatori per definire i “livelli uniformi di qualità per i musei” (LUQ in italiano), sulla base dei quali vengono valutati i singoli soggetti che richiedono l’accredita- mento e, presumibilmente, da cui in futuro prenderà vita la creazione della base informativa per il controllo e la valutazione delle strutture con una capillarità regionale.19

Per ciò che attiene precipuamente ai beni culturali, la pre-intesa del 2018 non con- siderava questa come materia di regionalizzazione mentre nelle intese del febbraio 2019 la “Valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizza- zione di attività culturali” è considerata interamente come oggetto della stessa, pur senza declinarne gli aspetti specifici e rimandandoli ai decreti attuativi. Il primo ele- mento che può essere intuito è la volontà di attribuire solo una parte delle competenze richieste: non è un caso se si parla di “valorizzazione, promozione e organizzazione” 19. Il Sistema Nazionale dei Musei è composto da musei e altri luoghi di cultura definiti dall’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché da altri musei pubblici, musei privati e altri luoghi di cultura pubblica o privata, che, su base volontaria e secondo le modalità stabilite per legge, abbiano chiesto di essere accreditati