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Alunni svantaggiati – una cartina di tornasole per valu tare i sistemi educativi in termini di giustizia sociale

Nel documento Lettura e dispersione (pagine 156-159)

di Christian Christrup Kjeldsen

2. Alunni svantaggiati – una cartina di tornasole per valu tare i sistemi educativi in termini di giustizia sociale

Se si dovesse giudicare – da un punto di vista di giustizia sociale – un sistema educativo, il responso potrebbe apparire piuttosto chiaro guardando alle politiche inerenti gli studenti più svantaggiati, provenienti da famiglie con uno status socio-economico basso. Qual è la loro libertà di vivere la vita a cui attribuiscono valore? Quali scelte vengono date – se ne vengono date?

1 La traduzione in italiano del contributo è a cura di Marco Bartolucci e Irene D.M. Scierri.

Adottando la chiave di lettura di Bourdieu, questi studenti, spesso prove- nienti da famiglie di basso status culturale ed economico-sociale, fanno parte della porzione dominata della società, entro cui la scuola svolge un im- portante ruolo di riproduzione delle strutture di dominio e potere e di van- taggi e svantaggi, da una generazione all’altra (Bourdieu e Passeron, 1990; Bourdieu, 2007 [1979]). Da questa prospettiva, un’analisi dei risultati della scuola, in relazione alle opportunità educative, può essere intesa come un’an- alisi che «mette in evidenza la contraddizione tra quella verità oggettiva e la pratica degli agenti, che oggettivamente manifesta il misconoscimento di quella stessa verità» (Bourdieu e Passeron, 1990, p. 12).

Nel caso qui in esame, la verità oggettiva in Danimarca è che l’istruzione superiore è un’opportunità aperta a tutti. Tutti gli studenti che entrano nel sistema di istruzione sono, infatti, nella stessa condizione e hanno diritto al sostegno economico mentre studiano. La comune verità “oggettiva”, presente nel discorso pubblico, diventa quindi: “in Danimarca ogni giovane ha le stesse opportunità gratuite per l’istruzione”. Persino il rispettato studi- oso Thomas Piketty ha sostenuto in un discorso pubblico alla London School of Economics che questo è uno dei motivi principali dell’elevata equità trovata nei paesi nordici (Rodgers, 2014). Se si sottoscrive l’idea della giustizia come opportunità formali di parità, il sistema educativo danese sembra piuttosto giusto e noi tutti possiamo dormire sogni traquilli. Tuttavia, è possibile chiedersi: che realtà emerge se noi, invece dei diritti formali, ci concentriamo sui risultati effettivi?

Anche se contestati dai colleghi per le stime, la fondazione Rockwool, in collaborazione con James J. Heckman, ha rilevato che, in Danimarca, la dif- ferenza comparativa nella mobilità educativa generazionale è più o meno della stessa dimensione di quella degli Stati Uniti. Concludono gli studiosi:

Nonostante lo stato assistenziale molto più generoso della Danimarca, il suo am- pio sistema di asili e le sue tasse scolastiche gratuite, la relazione influenza della famiglia/educazione del bambino è molto simile a quella degli Stati Uniti. In en- trambi i paesi, buona parte dell’associazione media tra risorse parentali e livello di istruzione dei bambini può essere spiegato da fattori stabiliti entro i 15 anni, com- prese le abilità dei bambini (Landersø e Heckman, 2016, p. 55).

I colleghi che mettono in discussione la conclusione di somiglianza tra Danimarca e Stati Uniti affermano che: «In Danimarca, il 20% dei figli di genitori senza diploma di scuola superiore raggiunge un diploma universi- tario, mentre solo il 14% dei bambini statunitensi lo raggiunge» (Andrade e Thomsen, 2018, p. 99). Può certamente accadere che il 6% in più di figli con

genitori senza diploma di scuola superiore ottenga una laurea in Danimarca rispetto agli Stati Uniti, la domanda che trovo più importante è: che ne è dell’80% che non lo raggiunge?

La conclusione generale è sempre la stessa: ai giovani provenienti da famiglie con un basso livello di istruzione non vengono offerte le stesse op- portunità educative dei loro coetanei. In altre parole, l’uguaglianza generale in Danimarca non è affatto raggiunta attraverso l’offerta delle stesse oppor- tunità educative, ma attraverso una redistribuzione del reddito. L’idea di op- portunità formali inoltre maschera il fatto empirico della riproduzione delle disuguaglianze nell’educazione.

Questa riproduzione è documentata ormai da decenni (Hansen, 1995) e ancora il misconoscimento della natura di questa verità si confonde nel dis- corso pubblico e, in una certa misura, anche in quello scientifico. Un ap- proccio molto promettente per smascherare tali misconoscimenti è il Capa-

bility Approach (Kjeldsen, 2014).

Perché i giovani provenienti da famiglie svantaggiate non colgano un’op- portunità educativa apparentemente libera, sarà quindi la questione da af- frontare.

In una prospettiva di capacità, coloro che diventano esclusi, o che scel- gono di escludersi non cogliendo le opportunità educative offerte dal sistema di istruzione, diventano la cartina di tornasole per valutare fino a che punto una politica educativa promuova, nella pratica, una istruzione “giusta”. L’ap- proccio delle capacità ci permette dunque di dare una risposta alle domande sopra sollevate intorno al problema dell’uguaglianza nell’educazione. In base a questo approccio, una “capacità” non è solo una abilità acquisita. Il concetto di capability implica le opportunità formali e le risorse necessarie per praticarle. Per fare un esempio, non è sufficiente che gli alunni a scuola imparino a svolgere il loro ruolo di cittadini in termini di acquisizione di alti livelli di conoscenza civica e comprensione dei concetti relativi alla cittadi- nanza, se le strutture democratiche della società, in modi diversi, proibiscono all’individuo di diventare un cittadino coinvolto e partecipante. Le capabili-

ties in questo senso sono anche chiamate libertà sostanziali e quindi stretta-

mente correlate alla questione della possibilità effettiva di poter mettere in atto queste capacità o meno. Ad esempio, se l’individuo possa o meno co- gliere un’offerta educativa. Un altro aspetto importante legato al concetto di

capabilities è che le capacità sono valori, entro limiti ragionevoli, dal mo-

mento che «danno un ruolo centrale all’abilità effettiva di una persona di fare le diverse cose che desidera fare in quanto gli attribuisce valore» (Sen, 2009, p. 253).

Le libertà sostanziali si differenziano da tutte le altre libertà di cui un in- dividuo può godere, in quanto sono fondamentali per lo sviluppo umano dell’individuo stesso. Per questo motivo l’educazione è interpretata come un’importante libertà sostanziale, mentre in molte delle azioni della vita è un prerequisito per altre libertà sostanziali (ad esempio partecipare a un dibattito pubblico riguarda la capacità di ragionare come essere umano ecc.). L’edu- cazione intesa come libertà sostanziale può quindi «fare riferimento alla ca- pacità educativa come la vera libertà di scegliere un programma di forma- zione/curriculum che abbia una ragione di valore» (Bifulco, 2012, p. 1). Tut- tavia, l’approccio delle capabilities è liberale, non neoliberista, e l’attenzione è posta sulle barriere, sulle opportunità e sulla scelta che l’individuo ha a portata di mano «piuttosto che sulla celebrazione di uno stile di vita partico- lare» (Sen, 2009, p. 238). L’approccio alle capabilities è liberale in un modo eticamente individualista, mentre il neo-liberismo, al contrario, è ontologi- camente individualista (Walker, 2005, p. 106).

Le opportunità formative formali fornite in Danimarca possono quindi essere intese come mezzi per conseguire un’istruzione. Nell’ambito dell’ap- proccio delle capacità, ciò che consente di passare dai mezzi per il conse- guimento (materie prime e altri beni pubblici di cui l’individuo dispone) al raggiungimento effettivo vengono definiti fattori di conversione o cir- costanze contingenti. Sen indica cinque fonti di variazione che incidono sulla possibilità di trasformare beni, come l’istruzione gratuita, in risultati. Una di queste sono le caratteristiche personali legate a disabilità, malattia, età o sesso. Allo stesso tempo, Sen mostra consapevolezza dei fattori di conver- sione relativi alla distribuzione all’interno della famiglia (Sen, 1999, p. 70). Riassumendo: l’approccio basato sulle capacità rende visibile l’equilib- rio tra opportunità formative formali (mezzi per conseguire), i fattori di con- versione di questi mezzi in capacità (libertà di realizzazione) e risultati ef- fettivi (conseguimento). Equilibrio in cui resta salva la scelta dell’individuo di trasformare – o non trasformare – queste opportunità in realtà.

3. La competizione globale come motore dietro l’idea di

Nel documento Lettura e dispersione (pagine 156-159)