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La valutazione autentica

Nel documento Lettura e dispersione (pagine 195-197)

di Cristiano Corsin

1. Narrazione e valutazione

1.1. La valutazione autentica

Secondo l’antropologa Michèle Petit, uno dei vantaggi di un vivo e ap- profondito rapporto con la lettura e la narrazione è quello di imparare a «non essere solo oggetto di valutazione». Il ricorso a dinamiche valutative per esprimere l’emergere di una proattiva capacità di attribuzione di significato alla realtà nella quale ciascuna persona è immersa è del tutto ragionevole dal punto di vista semantico e lessicale, giacché valutare significa conferire va- lore. In aggiunta, tale ricorso appare felicemente fondato se raffrontato con lo sviluppo, nel corso degli ultimi decenni, dell’orientamento valutativo che verrà sinteticamente presentato in questo contributo.

Nel 1998, Wiggins pubblica “Educative Assessment”. Nel lavoro l’au- tore, sulla scorta di una critica a un certo uso del testing (Wiggins, 1993), definisce autentico un compito sulla base di prerogative quali l’essere reali- stico (ricostruendo il modo in cui conoscenze e abilità oggetto d’insegna- mento possono essere testate nella vita reale), il richiedere l’impiego creativo di conoscenze per affrontare situazioni complesse, l’implicare il ruolo attivo di chi apprende nella ricostruzione dei saperi disciplinari, il simulare la com- plessità e il disordine dei contesti extrascolastici, valutando l’uso di abilità e conoscenze come strumenti da impiegare per risolvere le situazioni proble- matiche insorgenti in tali contesti e, infine, l’offrire la possibilità di impie- gare il feedback come strumento trasparente di apprendimento nel corso delle attività. Così, mentre nella valutazione tradizionale elementi chiave (come le specifiche nozioni testate o le relative domande) non vengono no- tificati in anticipo, nella valutazione autentica è essenziale che lo siano, giac- ché essi rappresentano gli strumenti che potranno consentire soluzioni pos- sibili ai problemi complessi da affrontare. La stessa valutazione, non mi- rando all’erogazione di punteggi o classificazioni, ma a un feedback relativo al posizionamento su una scala di padronanza e finalizzato a garantire pre- stazioni, processi e prodotti di qualità, diviene momento (anche autoregola- tivo) di sviluppo e consolidamento di conoscenze e abilità centrali per le di- scipline scolastiche.

Wiggins propone una tripartizione della valutazione scolastica sulla base di una progressiva autenticità (letta come “questione di gradi”). L’autore pro- cede valutazioni “inautentiche” ad “autentiche” passando per valutazioni “parzialmente realistiche”. Nello specifico, vengono presentati esempi di tale tripartizione in merito all’ambito scientifico, sociale e alla lettura. L’argo- mento di questo convegno porta a focalizzare l’attenzione su quest’ultima tripartizione, riportata nella tabella 1.

Tab. 1 – Gradi di autenticità della valutazione (Wiggins, 1998) Inautentico Parzialmente realistico Autentico Leggere un passo di un testo scelto dal docente. Leggere alla classe un testo scelto autono- mamente. Produrre un audio- libro da fornire a una biblioteca.

Questi tre casi, e in particolare il primo e il terzo, fanno riferimento

a

strategie didattiche assai distanti fra loro. In quella che Wiggins definisce situazione inautentica, la valutazione segue l’insegnamento come suo mo- mento separato. Nello specifico, si chiede di leggere ad alta voce una parte di testo scelta da altri. Perché definire inautentica tale scelta didattica? Come già rilevato (Batini e Corsini, 2016), si tratta di una valutazione inautentica perché, direbbe Pennac nel suo “Diario di scuola”, lo studente non risponde alla domanda posta, ma al fatto che gli venga posta. Quanto incide sulla pre- stazione tale inautenticità, rendendo difficile per chi viene messo alla prova richiamare alcune nozioni sul testo stesso, sulla punteggiatura, come stru- menti per affrontare la situazione? Non poco. La mobilitazione di risorse, cognitive e non, è parzialmente ostacolata sia dall’artificiosità della situa- zione sia dallo stress apportato dalla funzione della valutazione, la cui posta in palio è, spesso, meramente un voto, un punteggio che rimanda sintetica- mente, in maniera non sempre affidabile e trasparente, al livello di apprendi- mento raggiunto e che, non infrequentemente, viene espresso in termini di distanza dai valori medi di un gruppo.

Le cose iniziano a cambiare passando al cosiddetto compito realistico: a chi apprende è affidata la scelta del testo da leggere e viene dato del tempo per preparare la lettura. L’idea di partire dagli interessi di chi apprende e la richiesta di autonoma organizzazione del compito possono conferire mag- giore significatività allo sforzo di apprendimento, favorendo il ricorso ad adeguate strategie di autoregolazione dell’apprendimento, con il richiamo di elementi cognitivi e metacognitivi.

Infine, con la valutazione autentica, siamo di fronte all’approntamento di “prodotti” che conservano significato al di là della situazione didattica e che, per loro natura, possono prevedere un apprendimento cooperativo, incentrato su dinamiche di interdipendenza positiva tra più individui. Si tratta dunque di percorsi caratterizzati non solo da un maggior grado di prossimità alle esperienze e agli interessi di chi apprende ma, soprattutto, dall’inserimento

autentico degli esiti (in questo caso, un audiolibro consultabile in una libre- ria) in contesti reali. L’approntamento di tali prodotti pone problemi com- plessi la cui soluzione (non univoca né scontata) è facilitata proprio dalla mobilitazione delle conoscenze e delle capacità oggetto di insegnamento e apprendimento: ciò facilita un apprendimento significativo.

Mentre nella valutazione tradizionale insegnamento e valutazione sono polarità nettamente circoscritte e rigidamente separate, dato che la valuta- zione tende a seguire l’intervento di chi insegna ratificandone il grado di successo, nella valutazione autentica il momento valutativo assume un ruolo fondamentale come elemento di regolazione tanto dell’apprendimento quanto dell’insegnamento, assolvendo la funzione di fornire feedback utili nel corso dell’attività. Prende così forma la distinzione tra valutazione

dell’apprendimento e valutazione per l’apprendimento, esplicitata da Black

e Wiliam nel 1998. Nella valutazione per l’apprendimento la rilevanza del momento valutativo all’interno del processo didattico comporta l’impiego di strumenti adeguatamente rigorosi, descrittori analitici che, per mezzo di una trasparente e affidabile esplicitazione dei livelli di padronanza, siano in grado di fornire a docenti, studentesse e studenti la possibilità di regolare insegnamento e apprendimento. Questo spiega la centralità assunta dalle ru- briche di competenza e di prestazione.

Nel documento Lettura e dispersione (pagine 195-197)