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Considerazioni conclusive

Nel documento Lettura e dispersione (pagine 89-92)

di Roberta Balloni, Ylenia Di Vito e Laura Lana

4. Considerazioni conclusive

A seguito dell’analisi dei dati esposti, una domanda sorge spontanea, pro- prio in virtù delle riflessioni teoriche riportate all’inizio di questo articolo: quali cittadini del futuro sta formando la scuola italiana? Eppure, almeno dal punto di vista normativo e legislativo, la scuola continua a ribadire l’impor- tanza di percorrere la via dell’interculturalità, come sottolineato anche nel più recente testo normativo di riferimento emanato dal Miur, le Indicazioni

nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istru- zione, datate 2012:

La scuola affianca al compito «dell’insegnare ad apprendere» quello «dell’inse- gnare a essere». L’obiettivo è quello di valorizzare l’unicità e la singolarità dell’iden- tità culturale di ogni studente. La presenza di bambini e adolescenti con radici cul- turali diverse è un fenomeno ormai strutturale e non può più essere considerato epi- sodico: deve trasformarsi in un’opportunità per tutti. Non basta riconoscere e con- servare le diversità preesistenti, nella loro pura e semplice autonomia. Bisogna, in- vece, sostenere attivamente la loro interazione e la loro integrazione attraverso la conoscenza della nostra e delle altre culture (Miur, 2012, p. 10).

Solo attraverso la conoscenza reciproca si può avviare un autentico per- corso di integrazione. La lettura, in questo – specialmente la lettura ad alta voce che trova nel gruppo-classe luogo favorito di attuazione – ci appare uno strumento privilegiato, perché è attraverso le storie narrate e ascoltate che conosciamo noi stessi e gli altri. Un’esigenza, questa, dettata oggi, più che in passato, dalla realtà: flussi migratori, accoglienza, costruzioni di muri, spinte protezionistiche e reazionarie, episodi di violenza razziale, etc. riem- piono ogni giorno pagine di quotidiani e ore di programmi televisivi.

Le narrazioni ci permettono di dare un senso alle esperienze che facciamo nella vita di ogni giorno e anche a esperienze che solo immaginiamo. Un senso che viene costantemente rielaborato per tenere conto delle cose nuove che capitano a noi, o intorno a noi, o dentro di noi e che è costruito in collaborazione con altre persone, reali o immaginarie. La narrazione è sempre, più o meno apertamente, un dialogo […] Perché sottolineare la dimensione interculturale? Perché oggi, in un momento in cui viviamo fianco a fianco con persone provenienti da altre parti del mondo, la prossimità attiva i fantasmi razzisti che da secoli frequentano le società europee. Ora abbiamo bisogno di narrazioni che ci aprano al mondo in un modo incomparabil- mente più profondo e sistematico di quanto avveniva quando la nostra conoscenza dell’India o dei Caraibi era affidata alle avventure di Sandokan. Che ci facciano co- noscere i mondi morali di persone di altre “culture” in modo che esse non siano più estranee per noi ma le riconosciamo come nostro prossimo (Mantovani, 2013, p. 61).

Un prossimo che, forse, è più vicino a noi di quanto pensiamo. È ancora veramente possibile definire le culture del mondo “altre” da noi in maniera così netta? A tal proposito proponiamo un breve, ma significativo racconto intitolato Il piccolo mondo di Ambra, tratto da un libro scritto da maestre per altre maestre desiderose di costruire percorsi significativamente intercultu- rali. Con la speranza che possa essere spunto di riflessione per chi questo mestiere già lo fa e per chi si prepara a farlo.

In un paese né grande né piccolo, da qualche parte in Italia, vive una bambina che si chiama Ambra, nome derivato dalla parola “anbar”, che in arabo indica una pietra preziosa. Al mattino Ambra si alza presto e fa colazione con i “corn flakes” prodotti a base di mais, cereale originario del Messico. Suo padre la invita a far pre- sto mentre beve il suo tè. Poi si veste, indossando una felpa di cotone, pianta origi- naria dell’India, introdotta in Europa dagli arabi a metà del secolo IX. L’etichetta della felpa dichiara: “Made in Taiwan”. Ambra va scuola e risolve problemi utiliz- zando numeri indiani, portati in Europa dagli arabi. Durante la ricreazione mangia una banana cresciuta ai tropici e fa una partita a scacchi, gioco di antichissima ori- gine, probabilmente indiana. Racconta poi alla sua amica Sara (che porta il nome, di origine ebraica, della santa protettrice degli zingari) come ha trascorso la domenica.

Utilizza parole quali computer, videogame, film, judo, chimono, rispettivamente prese a prestito dall’inglese e dal giapponese. Alla mensa scolastica mangia spaghetti al pomodoro, e forse non sa che la pasta è stata inventata dai cinesi e che il pomo- doro, sconosciuto in Europa fino al ‘500, fu importato dalle Americhe. Nel pome- riggio, l’insegnante di inglese parla di Halloween, la festa più amata dai bambini americani e Ambra si ricorda di aver sentito raccontare qualcosa di molto simile dalla sua nonna originaria della Calabria. Tornata a casa, si concede un po’ di tempo davanti alla tv. Mentre guarda i “suoi” cartoni animati giapponesi e un documentario sui Masai, sgranocchia una barretta di cioccolato, ottenuta dalla lavorazione del ca- cao, coltivato esclusivamente nelle zone tropicali. Per sfuggire la presenza di sua sorella che si sta impiastricciando i capelli con l’hennè, polvere naturale colorata usata tradizionalmente dalle donne del Medio Oriente e del Maghreb, Ambra si ri- fugia nell’angolo preferito della sua stanza, su un tappeto pakistano, probabilmente fabbricato da un suo coetaneo. Fantastica di praterie, cavalli e tepee, masticando una caramella balsamica all’eucalipto, pianta di origine australiana. Nel frattempo anche papà è tornato. A tavola Ambra ascolta confusa un suo commento alle notizie del telegiornale: “Tutti questi stranieri minacciano la nostra tradizione e non hanno pro- prio niente da insegnarci” (Mezzini Rossi, 1997, p. 70).

Riferimenti bibliografici

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Besozzi E. (2006), Società, cultura, educazione, Carocci, Roma. Caritas-Migrantes (2017), Dossier statistico Immigrazione 2016.

Frezza S. (2016), La lettura ad alta voce come strumento didattico nella Scuola Primaria per

l’apprendimento delle lingue “altre”, in Nanni S., a cura di, Educare oltre confine. Storie narrazioni intercultura, FrancoAngeli, Milano.

IDOS Centro Studi e Ricerche (2017), Dossier Statistico Immigrazione 2017, Edizioni IDOS Centro Studi e ricerche, Roma.

Luatti L. (2008), La via narrativa all’educazione interculturale, in Brogi V. e Mori L., a cura di, Il bambino ir-reale., Edizioni ETS, Pisa.

Mantovani G. (2013), Aprire la mente su mondi lontani e vicini: l’India, per esempio, in Batini F. e Giusti S., a cura di, Imparare dalla lettura, Loescher Editore, Torino.

Mezzini M. e Rossi C. (1997), “Gli specchi rubati” Percorsi didattici interculturali per la

scuola, Meltemi, Roma.

MIUR (2007), La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stra-

nieri. Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale.

MIUR (2012), Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo

ciclo d’istruzione.

MIUR (2014), Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri. Ongini V. (2007), “L’angolo della lettura”, Sesamo. Bambini stranieri in classe, 3: 32.

Dispersione scolastica: visioni a confronto.

Nel documento Lettura e dispersione (pagine 89-92)