• Non ci sono risultati.

Studenti con disabilità e con DSA all’Università

Nel documento Lettura e dispersione (pagine 137-140)

di Laura Arcangeli e Moira Sannipol

2. Studenti con disabilità e con DSA all’Università

Dall’entrata in vigore della legge n. 17 del 28 gennaio 1999, che integra e modifica la legge 104/1992, gli Atenei sono tenuti a garantire a tutti gli studenti in situazione di disabilità il pieno diritto allo studio e ad una più amplia inclusione sociale. Ogni istituzione universitaria è stata chiamata a nominare un docente delegato dal rettore con funzioni di coordinamento, monitoraggio e supporto delle iniziative a favore dell’inclusione, le cui azioni sono finanziate dal MIUR, a partire dal 1999, con un’apposita quota, utilizzando un fondo per il finanziamento ordinario delle università.

La legge 17/1999 funge da punto di svolta tra due diverse modalità di intervento: prima del 1999, infatti, le azioni per l’inclusione avevano carat- tere sporadico, estemporaneo ed erano quasi sempre attivate come risposte a richieste specifiche; dopo l’emanazione della legge, l’intervento a favore de- gli studenti con disabilità diventa sistematico con l’apertura in quasi tutti gli Atenei italiani di un Servizio Studenti Disabili coordinato dal delegato del rettore alla disabilità e spesso affiancato da una Commissione Disabilità, con rappresentanti-referenti dei diversi Dipartimenti e finanziato dal MIUR in base al numero degli studenti disabili iscritti e ai progetti pianificati.

La legge 170 del 2010 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico” entra dopo dieci anni da questi provve- dimenti, con lo scopo di garantire il diritto allo studio e di favorire il successo scolastico a tutti gli studenti con DSA. Nel gennaio 2010, con l’istituzione del Comitato Tecnico Scientifico con funzioni istruttorie per la predisposi- zione del decreto attuativo della legge 170, il Ministero ha richiesto la parte- cipazione della CNUDD, Conferenza Nazionale Universitaria Delegati Di- sabilità, che nel luglio del 2001 era stata nominata dalla Conferenza dei Ret- tori delle Università Italiane quale organo ufficiale di coordinamento delle università italiane a favore degli studenti con disabilità e/o con DSA.

La legge 170/2010 prevede, per la prima volta la possibilità di erogare agli studenti universitari con DSA specifiche misure di supporto e di intro- durre strumenti compensativi, misure dispensative e adeguate forme di veri- fica e valutazione al fine di garantire il diritto allo studio di questi ragazzi.

È dunque previsto che ogni Ateneo offra loro diversi servizi, come quello di tutorato, l’attività di mediazione con il corpo docente e la possibilità di fruire degli strumenti utili allo studio individuale e al sostenimento degli esami curricolari.

Da una rilevazione Censis che ha coinvolto 40 Atenei (il 65% delle uni- versità italiane), presentata nel capitolo “Processi formativi” del 51° Rap- porto sulla situazione sociale del Paese/2017 emerge che nell’anno accade- mico 2014-2015 gli studenti iscritti con disabilità (invalidità >66%) e con DSA sono stati 14.649: 10,2 studenti ogni mille. L’incremento è stato com- plessivamente del +13,3% (+1,4% studenti con disabilità e +108,3% studenti con DSA).

Lo studente in situazione di disabilità e/o con DSA che si affaccia al per- corso universitario è un giovane adulto chiamato a fare i conti con la propria identità (Contardi, 2004; Cottini, 2016; De Anna, 2014; Dettori, 2011; Gous- sot, 2009; Medeghini, 2006; Mura, 2014; Pavone, 2009; Arcangeli, 2017). L’esperienza universitaria è un banco di prova rispetto ai propri punti di forza

ma anche in relazione a tutte le componenti deficitarie del proprio funziona- mento. Un disturbo non è un elemento esclusivo e totalizzante del Sé, ma nemmeno una componente accessoria che è possibile tralasciare e non con- siderare in tutta la sua complessità.

Molti soggetti con disabilità e/o con DSA che hanno avuto una diagnosi in età infantile, se adeguatamente sostenuti e accompagnati in termini di op- portunità e conferme, sono riusciti a riconoscersi dentro e fuori quella scrit- tura solo sanitaria, con possibilità di leggere il proprio disturbo in termini narrativi, di riconoscimento o estraniamento rispetto al quadro nosografico. Altri studenti, che non hanno avuto possibilità di percepirsi in termini di pos- sibilità e di identità, non sono riusciti a ritrovare tracce di Sé dentro il quadro diagnostico e conclusa l’esperienza scolastica, dove spesso tutto è nato o si è manifestato, vorrebbero “ripartire da zero”, fingendo e convincendosi che quel disturbo possa essere taciuto. L’esperienza universitaria, come potrebbe essere quella professionale o personale, finita la scuola, rappresenta una pos- sibilità di ripartire da zero, risanando o almeno evitando il peso della soffe- renza e della disconferma che batte ancora dentro. Questo desiderare di spe- rimentarsi da capo può condizionare fortemente la scelta del corso di studi e della professione, non più opzionato solo per desiderio e opportunità ma per- ché meglio consente di occultare la difficoltà, di fingersi non più marchiato e visibile. Il nascondere a sé e agli altri il proprio disturbo significa spesso essere disposti a pagare dei prezzi cognitivi ed emotivi altissimi, che si con- siderano più lievi rispetto a quanto il dichiarare comporterebbe. Molti stu- denti che hanno raggiunto la maggiore età senza aver ricevuto una diagnosi in età evolutiva possono sentire il bisogno di accedere ad alcuni diritti rico- nosciuti dalla recente normativa nel momento in cui si trovano ad affrontare l’esame di stato, il test di ammissione all’università, gli esami universitari o il mondo del lavoro. Proprio perché il riconoscimento di tali diritti è subor- dinato alla presentazione della diagnosi, la richiesta di una valutazione dia- gnostica da parte di adulti è in costante aumento.

Accompagnare uno studente con disabilità e/o con DSA verso il proprio personale progetto di vita significa in prima battuta aiutarlo a riconoscersi nella propria storia, qualunque essa sia, fare i conti con difficoltà e sconfitte, con potenzialità, compensazioni. Riconoscerne l’identità senza prendere per buona ciò che gli è stata attribuita è il primo passo per aiutarlo a riappro- priarsi del proprio senso. A partire da questa nuova e continua ridefinizione di Sè, che cambia mano a mano che i vissuti diventano esperienze e le tracce personali elementi di conoscenza, è possibile attivare scelte consapevoli, fare i conti con il proprio personale progetto. Potrebbe esserci uno scarto consi- derevole tra l’idea e la possibilità, tra ciò che si pensa di voler scegliere ed

essere in grado di realizzare e la realtà dei fatti. Il percorso che porta ogni persona a diventare consapevole dei propri punti di forza e dei propri limiti è già esso stesso esperienza di vita. Sbagliare, cambiare, riposizionarsi è di- ventare adulti, assumersi ovvero la responsabilità delle scelte. Aver cura del progetto di vita dell’altro non è solo «riparare le ferite, ma anche un far fio- rire le possibilità dell’essere» (Mortari, 2016, p. 123) e scrivere i capitoli della propria esistenza significa allora aprirsi a tutte le dimensioni della pro- pria cura, diventare attori delle proprie scelte, liberandosi dei retaggi e delle impossibilità sperimentate e diventate spesso una seconda pelle. Misurarsi con contesti che facilitano e altri che ostacolano consente di comprendere bene che non tutto dipende da sé: ogni progetto si dà in tempi e spazi definiti che possono essere disfunzionali, inadeguati, inaccessibili.

Nel documento Lettura e dispersione (pagine 137-140)