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Amīn Rīhānī tra letteratura e politica

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 143-146)

PATRIOTA ALBANESE TRA STORIA E LETTERATURA

1. Amīn Rīhānī tra letteratura e politica

Amīn Rīhānī (ﻲﻧﺎﺤﻳﺮﻟﺍ  ﻦﻴﻣﺃ) nasce il 24 novembre del 1876 a Frayki,1 un piccolo borgo situato nel Libano centrale, da una famiglia maronita. Nel 1888, all’età di dodici anni, venne mandato negli Stati Uniti dal padre insieme allo zio ed al suo insegnante. Costoro, giunti a New York, si stabilirono in Washington Street, dove aprirono un piccolo negozio. Il giovane Amīn, pochi mesi dopo il suo arrivo, venne iscritto in una scuola poco fuori città, dove imparò i rudimenti della lingua inglese.2 Amīn era dotato di un talento naturale e di una forbita eloquenza e nel 1895, diventato ormai adolescente, fu “portato via dalla febbre del palco” e, all’insaputa di suo padre, entrò a far parte della compagnia teatrale di Henry Jewett con la quale recitò in Amleto e Macbeth nella città di Kansas City.3

Raggiunge la consapevolezza di volersi dedicare all’arte, alla politica e divenire un uomo di lettere e seguace della bellezza e della verità, invece che un procacciatore di denaro, fu questa la prima rottura con le tradizioni degli immigrati libanesi degli Stati Uniti. Questa presa di posizione, in netto contrasto con quelli che erano i costumi degli immigrati dell’epoca, fa di Rīhānī un vero precursore.4 Amīn e il padre giunsero ad un accordo secondo cui il giovane poteva iscriversi alla facoltà di legge. Così, egli frequentò la scuola serale per un anno e, superato l’esame di ammissione, entrò, nel 1897, alla New York Law School. I suoi studi si interruppero alla fine del primo anno, a causa di un’infezione polmonare che lo costrinse a tornare in Libano per un periodo di convalescenza. Una volta tornato in patria, egli iniziò ad insegnare inglese nella scuola di Qornat Shahwān, villaggio ad Est di Beirut, per ottenere in cambio lezioni della lingua araba che egli aveva ormai dimenticata. Riprese, così, familiarità con i paesi arabi e con i poeti orientali. Tra questi ricordiamo Abū’l-cAlā’(ءﻼﻌﻟﺍ ﻮﺑﺃ) che, riconobbe come il precursore di cOmar Khayyām (ﻡﺎﻴﺧ ﺮﻤﻋ). Nel 1899, ritornò a New York, dopo aver deciso di tradurre alcune delle opere di Abū’l-cAlā’ in inglese. La prima versione della traduzione fu pubblicata nel 1903 con il titolo di The Quatrains of Abu’l-cAlā. Durante questo

periodo, entrò a far parte di diverse società letterarie e artistiche di New York, come la Poetry society of America. Inoltre, egli iniziò la collaborazione ad un giornale arabo.

Verso la fine del secolo, gli immigrati libanesi avevano a disposizione alcuni

1 La traslitterazione dalla lingua araba segue i criteri moderni, anche se gli americani scrivono Freiki o

Qormet Shahwan invece di Faryki o Qormat Shawān.

2 Nadeem, 1967, p. 87.

3 Ibidem.

periodici commissionati a giornalisti siriani, uno di questi era il cognato di Amīn. Questa stampa potrebbe essere definita “di etnia”, in quanto trattava esclusivamente problematiche che interessavano gli immigrati. Il loro unico obiettivo era di mettere in evidenza il difficile adattamento ad una doppia cultura degli immigrati arabi, che non si sentivano estranei sia al nuovo mondo, che al vecchio. Nei primi anni del XX secolo divenne un regolare collaboratore del settimanale arabo Al-Grave, ma già in questa prima esperienza mostrò la sua vena anticonformistica e ribelle. Egli scriveva sulle tradizioni sociali, sulla religione, sulla politica nazionale e le sue direttrici, iniziando, così, la sua carriera letteraria, con l’obiettivo di unire i due mondi, quello occidentale e quello orientale.

A differenza di Gibran (Jibrān Khalīl Jibrān ﻥﺍﺮﺒﺟ ﻞﻴﻠﺧ ﻥﺍﺮﺒﺟ) e Naimy (Mīkhā'il Nacīma ﺔﻤﻴﻌﻧ ﻞﻴﺋﺎﺨﻴﻣ), che in quel periodo stavano formando il gruppo degli scrittori

Mahjar  ﺮﺠﻬﻤﻟﺍ, egli delineò già il suo carattere e le sue propensioni

politico-letterarie. 5 Infatti, pur essendo nel complesso un autodidatta, forte della conoscenza delle due culture, occidentale ed orientale, maturò un rigetto della cultura siriana, da lui ritenuta una cultura attestata su posizioni stagnanti e rivolte al passato. Prove del suo anticonformismo si ritrovano in modo particolare nella scelta dei titoli che adottò per i suoi primi articoli “rivoluzionari”, come Ibn

Yakdhān al-Sūrī (ﻱﺭﻮﺼﻟﺍ  ﻥﺍﺪﺨﻳ  ﻦﺑﺇ) o Nūr al-Dīn (ﻦﻳﺪﻟﺍ  ﺭﻮﻧ), che tradotti letteralmente significano Figlio del Siriano Sveglio o La Luce della Religione.

Giudicando l’impegno profuso nella sua autoformazione, è possibile affermare con estrema certezza che l’autore sia riuscito nel suo intento di sprovincializzarsi. Infatti, nel 1911 venne pubblicato a New York The Book of Khalid, che fa di lui il primo immigrato arabo ad aver prodotto un lavoro di portata internazionale, e non solo: egli fu il primo immigrato arabo a vincere, in maniera esemplare, la sfida di scrivere sia in inglese che in arabo, mostrando, soprattutto, la sua capacità di dare origine ad un messaggio valido non soltanto per il suo popolo, ma per l’intera umanità.

La coscienza maturata sul ruolo sociale dello scrittore, sulla necessità di un equipaggiamento culturale di natura internazionale, e soprattutto sulla natura e la portata del suo messaggio, venne poi acquisita dall’intera letteratura Mahjar. In questo movimento Amīn assunse una posizione di rilievo: nel 1918 con la pubblicazione di The Madman, si era già affermato con una serie di lavori, oltre al già citato The Book of Khalid, ricordiamo la sua raccolta poetica intitolata Myrtle e

Myrrh. Inoltre, egli era riuscito a farsi conoscere nei circoli della letteratura

americana e poteva contare su importanti amicizie letterarie, tra cui, l’allora famoso poeta americano, Edwin Markham. Gibran stesso, cercando di assicurarsi un reddito, dopo il suo ritorno da Parigi nel 1910, al fine di farsi conoscere da importanti personalità americane, dovette occasionalmente dire che Amīn era l’unico amico che avesse a New York. Prima di iniziare la sua carriera come scrittore in lingua inglese, Gibran dovette indubbiamente considerare Amīn come un grande scrittore e poeta, che era stato in grado di promuovere il progresso non soltanto della letteratura araba, ma anche di quella angloamericana. Egli, infatti, ne

consigliò la lettura delle opere ai suoi amici americani, descrivendolo come un grande uomo, e descrivendo in alcune lettere, l’entusiasmo riscosso nel recitare nel circolo di poeti di Boston le opere del suo amico.

Nonostante tali premesse, occorre tener presente che né Gibran, né Naimy, né le opere di alcuni degli scrittori Mahjar possono essere definite come un’imitazione delle opere di Amīn. Infatti, ognuno di questi autori possiede un proprio registro, un suo proprio genio, una propria visione del mondo e dell’umanità, pur essendo tutti riconoscenti all’insegnamento di Amīn. Ciò che li rende singolari è l’avere, ognuno a suo modo, accolto questo insegnamento, trovandolo comunque necessario solo per adattarlo alle esigenze di ognuno, senza mai respingerlo. Gli scrittori Mahjar assimilarono il programma enunciato da Amīn, anche se con spunti originali. I due obiettivi principali erano: liberare la letteratura araba dalle forme classiche imposte dall’autorità tradizionale e dai grammatici, e metterla servizio dell’uomo.

Quando nel 1920 i successivi Mahjariti presero consapevolezza di aver dato vita ad una scuola di letteratura araba, come si era impegnato 15 anni prima Amīn, cercando di formare un’organizzazione con il nome di al-Rābita al-Qalamiyya (La Società della Penna ﺔﻴﻤﻠﻘﻟﺍ ﺔﻄﺑﺍﺮﻟﺍ), essi espressero i loro obiettivi attraverso le seguenti parole del loro segretario Naimy:

the literature we esteem as worthy of the name is that only which draws its nourishment from Life’s soil and light and air… This new movement is… worthy of all encouragement. It is the hope of Today which shall be the foundation of Tomorrow… The tendency to keep our language and literature within the narrows bounds of aping the ancients in form and substance is a most pernicious tendency; if left unopposed, it will soon lead to decay and disintegration… To imitate them is a deadly shame… We must be true to ourselves if we would be true to our ancestors.6

Durante l’arco di tempo compreso tra il 1910 e il 1922 Amīn si dedicò soprattutto alla riflessione sui problemi politici che affliggevano il popolo arabo, impegnandosi politicamente, pur continuando a scrivere opere letterarie sia in inglese che in arabo.7 Nel 1917, infatti, diventò vice-presidente della Syria-Mount Lebanon League of Liberation, con sede a New York, un’organizzazione siriana il cui obiettivo era quello di riunire ed incoraggiare gli emigrati ad unirsi agli eserciti dell’Intesa per liberare la terra d’origine. Anche Gibran e Naimy erano affiliati a questa organizzazione con la funzione di segretari corrispondenti.

Nel 1920 Amīn pubblica a Boston The Descent of Bolshevism, un’opera in cui cerca di stabilire una relazione tra la rivoluzione bolscevica e alcuni movimenti nazionalistici presenti nell’Islām. Nel febbraio del 1922, parte da New York per il suo famoso viaggio in Arabia attraverso l’Egitto, con il dichiarato intento di promuovere l’unificazione delle varie autorità presenti nella penisola, al fine di

6 Naimy, 1950, p. 154.

porre una pietra miliare per la creazione degli Stati Uniti d’Arabia. Dopo un’importante conferenza, tenutasi ai piedi della Grande Piramide, a cui parteciparono molti personaggi famosi dell’Egitto e letterati, partì per il Hijaz (ﺯﺎﺠﺣ) dove incontrò Husayn (ﻦﻴﺴﺣ), sharif della Mecca.

Nonostante alcune difficoltà con le autorità britanniche ad Aden (ﻥﺪﻋ), riuscì a raggiungere Sanaca (ﺀﺎﻌﻨﺼ), dove negoziò un trattato con le autorità dello Yemen, ossia l’Imam Yahya bin Hamid al-Dīn, promuovendo la collaborazione tra le autorità del Hijaz e quelle dello Yemen. Successivamente, ripartì per proporre il trattato ad al-Sayyid al-Irdīssi l’autorità dell’Assīr, e da qui raggiunse Baghdad attraverso Bombay, attuale Mumbai. Dopo essere rimasto lì ed aver nuovamente negoziato con le autorità britanniche, partì per Naid dove diventò amico del re

cAbdul- cAzīz bin Sacūd e rivestì la carica di consulente personale nella disputa di

cAqīr tra Iraq, Ibn Sacūd e l’Inghilterra.

In seguito, si recò in Kuwait attraverso l’impervio deserto di al-Hufūf per incontrare Shaik Ahmed al-Jābir al-Sabāh e trattare, in seguito, alcuni accordi con una compagnia petrolifera a nome del Kuwait e di Najd. Questi viaggi venivano fatti con muli, cammelli e cavalli. Nel 1923 tornò in Libano. Nel 1924, a Frayki, ebbe la visita del Maggiore Frank Holmes, presidente del sindacato americano per la Mecca del petrolio del Medio Oriente personaggio che egli aveva precedentemente incontrato ad al-cAqīr nel 1922. In questo nuovo incontro, ripresero le discussioni relativamente alla questione petrolifera ed al contenzioso americano con il regno Unito e la Francia. Successivamente, venne invitato dal re Husayn in Hijaz per mediare il conflitto tra lui e il re cAbdul-cAzīz bin Sacūd del Najd. Dopo un breve rientro in Libano, si recò in Palestina dove prese contatti con i principali leader palestinesi, in particolare con Hajj Amīn al-Husaynī.

Il 13 settembre 1940 muore a Frayki, dopo pochi giorni trascorsi in ospedale, a causa di alcune complicazioni verificatesi a seguito di un incidente in bicicletta che gli procurò fratture al cranio ed al fianco.

Lasciò due opere quasi pronte per essere pubblicate, al-Maghrib al-Aqsa (Marocco), un libro scritto in occasione del viaggio in questo paese; e Qalb Lubnān (Cuore del Libano), in cui i suoi viaggi in Libano, sono ricordati in un notevole stile letterario. Entrambi sono stati pubblicati postumi, il primo a Beirut nel 1947 e il secondo in Cairo nel 1952. Un terzo lavoro The Fate of Palestine, pubblicato nel 1967, è costituito da una raccolta di articoli in inglese in cui tratta la “questione palestinese”, che suo fratello Albert decise di mettere insieme in un unico volume.8

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 143-146)