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Francesco Saverio Wang viene sospettato di essersi venduto alla massoneria, allontanato dal Collegio Asiatico, ricoverato in manicomio e rispedito in Cina con

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 59-71)

divieto di passare per Napoli

Le amarezze procurategli dai quattro ragazzi che aveva prelevato in Cina per Francesco Saverio Wang furono poca cosa rispetto ai guai che si abbatterono sopra di lui dopo la revoca all’arcivescovo di Napoli, Guglielmo Sanfelice, della carica di “visitatore” del Collegio dei Cinesi – così la Santa Sede continuava a chiamare il Collegio Asiatico – che gli era stata conferita dal papa Leone XIII in data dopo 15 aprile 1879,66 dopo che tale carica era rimasta vacante in seguito alla morte, avvenuta nel 1877, dell’arcivescovo di Napoli Sisto Riario Sforza. Durante il periodo in cui Guglielmo Sanfelice ricoprì tale carica, emersero all’interno della Chiesa tre diverse posizioni: 1a. quella dell’arcivescovo di Napoli, che cercava una trattativa con il governo italiano, perché dalle rendite degli immobili appartenenti all’ex Collegio dei Cinesi, gestite solo da laici dopo la riforma De Sanctis del 1878, una quota fissa fosse attribuita al seminario per la formazione del clero cinese ed amministrata soltanto dai congregati della Sacra Famiglia di Gesù Cristo; 2a. quella di Propaganda Fide che rifiutava qualsiasi apertura verso il governo italiano, accusato di avere usurpato terre e beni appartenenti alla Chiesa; 3a. quella di Francesco Saverio Wang e di Michele Pacifico, disposti ad offrire una stretta collaborazione al “visitatore”, laddove gli altri congregati della comunità Ripa si sentivano messi sotto accusa per avere in qualche modo collaborato col governo italiano e facevano gruppo a sé. Il ruolo preminente assegnato al Wang e al congregato Michele Pacifico risultava dalla relazione sull’ispezione alla sezione ecclesiastica del Collegio Asiatico compiuta dall’abate della congregazione benedettina dei monaci cassinesi, Bernardo Gaetani, al quale Guglielmo Sanfelice

64 Ibidem, risposta in data 24 settembre, minuta.

65 Kuo, 1917, pp. 6-7, numeri 95 e 96, risultano ritornati in Cina rispettivamente nel 1884 e nel 1886,

Giovanni Evangelista Lu (n. 98) risulta morto a Napoli il 14 gennaio 1886.

66 Il breve di nomina si conserva in ASCANa, Fondo e carte Guglielmo Sanfelice, Collegio Cinese, fascio 1, n.

aveva confidato, con lettera in data 19 aprile 1879, il titolo di “subdelegato alla visita”. Riportiamo lunghi passi della succitata relazione, anche per avere un’idea delle spaccature che esistevano all’interno dello schieramento ecclesiastico riguardo alla istituzione fondata da Matteo Ripa, spaccature che non erano meno profonde di quelle che dividevano lo schieramento laico:

Con lettera ufficiale del 19 aprile 1879 V. E. R.ma si compiacque di nominarmi suo subdelegato per la vista apostolica del Collegio della Sacra Famiglia di G. C. di questa città meglio conosciuto sotto la denominazione di Collegio de’ Cinesi, ordinata dalla S. Sede e commessa a Lei con breve de dì 4 aprile corrente anno.

Io, nel seguente giorno 20 aprile, in adempimento dell’incarico ricevuto mi recai al prelodato Collegio e, riunita tutta la religiosa famiglia, composta come nell’allegato n. 1, lessi loro l’ufficio di V. E. R.ma a me diretto. Dichiarai poscia, in nome di S. S. Papa Leone XIII felicemente regnante, aperta la sacra visita da me d. Bernardo Gaetani, abate cassinese dell’O. di S. B. a ciò subdelegato dall’Ill.mo e Rev.mo Monsignor Guglielmo Sanfelice, arcivescovo di Napoli, visitatore apostolico. Dopoché feci noto che ogni superiorità cessava di fatto e che il superiore durante la visita apostolica era l’Ill.mo e Rev.mo arcivescovo di Napoli o chi, per suo beneplacito, faceva le sue vece; e ciò procurai di far bene comprendere a tutti specialmente ai quattro alunni cinesi ed al loro prefetto parimenti cinese, ed ai sette fratelli laici o conversi, come sono chiamati. Siccome il visitatore o il suo vicegerente non possono fare atto di presenza nel Collegio, disposi che, eccettuato il p. d. Giuseppe Gagliani, attuale superiore, facesse da sorvegliante (sic e mai usando la parola superiore) colui che per anzianità venisse immediatamente dopo il p. Gagliani, ch’è il piu vecchio dei pp. Sacerdoti. Pel quale ufficio fu indeclinabile necessità di avvalersi del p. d. Giovanni Falanga, giacché, escluso il p. Gagliani e i due pp. Mendozza e Magno a cagion della loro malandata salute, non restavano disponibili che i due Falanga ed il p. Pacifico, dei quali credei di giovarmi nel seguente modo. Il p. d. Giovanni Falanga, come più anziano, fu pregato di assumere l’incarico di sorvegliare sulle disposizione che avrebbe dato il visitatore apostolico e sul buon andamento di tutta la casa; il p. d. Michele Pacifico di accudire alla parte più delicata del Collegio, ai giovani cinesi, cioè, ed a tutto ciò che potesse riguardarli; il p. Luigi Maria Falanga, come più giovane, di riceversi la consegna dei libri della sagrestia […]. Verso la fine di maggio prossimo passato mi recai di persona a Roma, ed ottenuta udienza dall’E.mo Prefetto di Propaganda, gli feci conoscere lo stato del Collegio de’ Cinesi di Napoli, oggi trasformato in Scuola Asiatica, dipendente affatto dal potere secolare, il quale è in possesso delle rendite, che amministra a suo beneplacito, dando un tenue assegnamento alla famiglia religiosa e pagando a stento le spese di culto e gli obblighi di messe. Ragion per cui, volendo mettere un qualche ordine nella casa religiosa, solo mezzo sarebbe quello di ottenere che almeno le somme assegnate al Collegio Cinese venissero distaccate dall’amministrazione della Scuola Asiatica e fossero amministrate

dai pp. della Congregazione dei Cinesi, che per far ciò si rendeva necessario di trattare col potere laico. E siccome l’Ill.mo e Rev.mo arcivescovo di Napoli per fare ciò desiderava di esservi autorizzato dalla Santa Sede, per mio mezzo pregava l’E.mo Prefetto di Propaganda a concedergli una simile autorizzazione, in virtù della quale io, come suo subdelegato, avrei preso a trattare cogli agenti del governo italiano. L’E.mo Prefetto di Propaganda ascoltò con molta carità ed attenzione le mie parole; mi disse che si stava preparando un lungo lavoro su quest’oggetto, che poi si sarebbe letto in piena congregazione degli E.mi cardinali, dal cui giudizio sarebbe determinato quel che si dovesse fare; epperò egli non credeva di poter concedere l’autorizzazione chiesta dall’Ill.mo e Rev.mo arcivescovo di Napoli, ma consigliava di astenersi dal trattare cogli agenti del governo italiano per non sanzionare col nostro intervento presente il passo dato forse nell’equivoco e nella supposizione di far bene.67

La lettera del Gaetani si dilungava sulle disposizioni date sulla cura speciale dei “giovanetti cinesi” affidati a Michele Pacifico, il quale “mattina e sera [avrebbe dovuto] prender nota dal prefetto d. Francesco Wam se tutto proced[eva] bene”.

Non pareva tutto pregiudicato e sembrava che la fase dei rapporti tra arcivescovo di Napoli, Santa Sede, e governo italiano fosse ancora interlocutoria, quando, a firma del prefetto di Propaganda, Giovanni Simeoni, fu trasmessa al Sanfelice una lettera che iniziava così:

Mi viene da diverse parti riferito che il p. Falanga è stato collocato in uno dei posti più importanti di cotesto Collegio Cinese, e che ciò riesce d’inceppamento alle riforme necessarie ad introdursi in esso e nella Congregazione della Sacra Famiglia, come di ammirazione ai buoni che conoscono lo spirito di cotesto religioso.68

Giovanni Maria Falanga, come abbiamo più volte ricordato, si era recato a Firenze, capitale del Regno d’Italia, per essere consultato dalla commissione che tra il 5 marzo e il 27 aprile 1867 aveva deciso le sorti dell’antico Collegio dei Cinesi. Per Propaganda Fide era un cedimento alle pressioni dei liberali e l’incarico di sorvegliante affidatogli dal Gaetani suscitava “ammirazione ai buoni”. La risposta del Gaetani fatta pervenire a Guglielmo Sanfelice fu quella di una persona seccata da interferenze fuori luogo: egli aveva nominato “sorvegliante” il Falanga, perché “era egli il solo che pe’ suoi antecedenti trattava cogli agenti del governo italiano” e solo tramite lui era possibile “non morir di fame e mancar di scarpe e di vestimenti”. La conclusione era la seguente:

[…] poiché la mia persona non merita la fiducia dell’E.mo Prefetto di

67 Ivi, fascio 1, n. 13, 6, lettera di Bernardo Gaetani a Guglielmo Sanfelice, in data 29 agosto 1879 dalla

chiesa dei SS. Severino e Sossio.

Propaganda, per l’onore di V. E. R.ma e per la quiete di mia coscienza, si compiaccia di accettare la mia rinunzia all’onore fattomi di suo convisitatore del Collegio Cinese di Napoli.69

Dopo parecchi mesi arrivò una lettera all’arcivescovo di Napoli scritta in questi termini:

A nome della S. Congregazione di Propaganda io debbo ringraziare la S. V. di quanto fin qui ha fatto a vantaggio del Collegio Cinese esistente in cotesta città e delle relazioni che ha mandato sul suo morale ed economico.

La medesima Congregazione ha considerato poi l’impossibilità in cui, posta com’è alla testa di una vastissima diocesi, Ella si troverebbe di proseguire direttamente l’ufficio di visitatore apostolico, or che si tratta di raccogliere ulteriori e minute informazioni sulle persone e sulle cose dipendenti da cotesto Istituto. Il sacro consesso ha di più osservato che, dovendosi prendere forse in questa circostanza delle misure odiose, non sembrava conveniente che esse potessero in qualche modo essere attribuite alla S. V., la quale, dovendo costì esercitare il pastorale ministero, avrebbe amato che Le fossero risparmiati, per quanto è possibile, i dispiaceri che naturalmente nascono dalle collisioni. Pertanto, coll’approvazione del S. Padre, si è stabilito di esonerare V. S. dall’ufficio di visitatore apostolico di cotesto Collegio Cinese, delegandone invece le parti ad un prelato non residente in Napoli e che fosse disposto ad assumere sopra di sé tutte le odiosità che potessero derivare dalle circostanze presenti. Ciò però non toglie che la S. Congregazione non faccia ancora assegnamento sopra i lumi e i savi consigli che Ella volesse fornirle per meglio raggiungere lo scopo di un regolare assestamento di cotesta pia istituzione e perciò Le sarà grata ogniqualvolta Ella si compiacerà di manifestarle quanto potrà giovare gl’interessi della religione in tale argomento.70

Contestualmente alla revoca, l’ufficio di visitatore apostolico fu conferito al vescovo di Sora, Ignazio Persico, “prelato non residente in Napoli”, per usare l’espressione di Propaganda Fide. Ma siccome occorreva una persona che seguisse da vicino le faccende del Collegio dei Cinesi, il Persico nominò “pro-visitatore” il sacerdote Raffaele De Martinis, che apparteneva alla Congregazione della Missione ed era esperto di diritto missionario. A questo punto cominciarono le dolenti note per Francesco Saverio Wang.

Il De Martinis abitava a Napoli in Via Salvator Rosa, a non grande distanza dalla sede del Collegio Asiatico e pur non dimorando mai nell’Istituto, inaugurò una condotta completamente opposta a quella che avevano tenuto Guglielmo Sanfelice e Bernardo Gaetani. Dopo pochi mesi, infatti, egli, annullando tutte le decisioni del Gaetani, deliberava di esonerare dall’incarico Michele Pacifico,

69 Ivi, fascio 1, n. 13, 6, lettera s.d., ma posteriore al 18 novembre 1879.

“perché insinuava a D. Francesco Wam ed ai ragazzi sentimenti di rivolta”, riconoscendo di aver dovuto “superare resistenza non indifferente da parte di essi [ragazzi] per insinuazione di Pacifico e Wam”.71 Lo stesso De Martinis si occupò dei quattro cinesi dal maggio al dicembre 1881, quando, profittando di “un momento che il padre Wam era assente”, investì di questo compito il congregato Nicolangelo Magno. Questa scelta provocò una vibrata protesta da parte dei ragazzi cinesi, che ne furono talmente traumatizzati da avere la sensazione di essere stati “percossi da un fulmine”. Ne scrissero a Propaganda Fide, mettendo sotto accusa sia il Magno, sia il De Martinis. Sul primo si esprimevano nei seguenti termini:

[…] è stato sempre per noi oggetto di scandalo. Egli mattina e sera innanzi a noi si ubbriaca di vino e poi sconchiude nel parlare. Egli fuma dalla mattina alla sera sempre che è in casa e produce un puzzo inesprimibile da sentirsi anche da chi passa […]; ha maltrattato, ingiuriato ed offeso il nostro padre Wam […]

Del secondo non davano un giudizio migliore:

Di tutti questi mali […] la vera causa ne è il padre De Martinis, il quale possiamo giurare a Vostra Eminenza senza esagerazione che tutte quelle volte che ha trattato con noi, ci ha sempre scandalizzati, in primo luogo dicendo sempre le bugie, in secondo luogo mormorando e dicendo male dei nostri superiori […].72

Questa lettera scritta in troppo corretto italiano da non fugare il sospetto di essere stata dettata dal Wang, fu considerata una vera e propria dichiarazione di ostilità dal De Martinis, che ricorse a tutti i mezzi per metterlo in cattiva luce dinanzi a Propaganda Fide ed allontanarlo da Napoli.

Tra il 1881 e il 1883 – come abbiamo ricordato – si svolse un’accesa polemica tra i fautori del passaggio del Collegio Asiatico alle dipendenze del Ministero degli Affari Esteri ed i sostenitori della permanenza dell’istituto alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione. Il De Martinis, profittando delle sue aderenze, si stava prodigando per la prima soluzione prospettando i vantaggi che l’Italia – priva di mezzi per condurre una politica di aggressione come quella praticata da Gran Bretagna e Francia – avrebbe potuto ricavare in Cina da missionari ed esperti della lingua sinica formati a Napoli. In questo contesto abbiamo già ricordato l’incarico affidato dal ministro Guido Baccelli a Giacomo Lignana di recarsi a Napoli e riferire sulla situazione del Collegio Asiatico. La relazione del Lignana, pubblicata all’inizio del 1882, con i toni forti, conformi allo spirito e al carattere

71 APF, Collegi Vari, b. 13, ff. 513-514, lettera di Raffaele De Martinis ad Antonio Agliardi, s.d., ma

presumibilmente del maggio 1881.

72 Ivi, ff. 510-511, lettera di Stefano Deng, Giovanni Battista Zhang, Simone Wang e Giovanni

dell’Autore, respingeva l’ipotesi del trasferimento sotto la giurisdizione del Ministero degli Affari Esteri, attaccava duramente i congregati della Sacra Famiglia e il nuovo conservatore dell’istituto, Giacinto Bagatta, preside del liceo classico “Antonio Genovesi”. La sua relazione era una requisitoria contro tutti, che, tuttavia, risparmiava Francesco Saverio Wang, professore di cinese, Gherardo De Vincentiis, professore di persiano, e Lupo Buonazia, professore di arabo:

L’insegnamento del cinese, del persiano e dell’arabo è fatto da professori competentissimi nella materia, come risulta dai frutti della loro opera didattica e dalle loro pubblicazioni. L’indirizzo di esso, senza perdere di vista le connessioni scientifiche, è tuttavia sperimentale e pratico, come appunto fa mestieri in una scuola di questo genere; l’indostanico è insegnato da un missionario reduce dall’India.73

Ma sul conto di Francesco Saverio Wang il Lignana aveva modo di aggiungere il seguente particolare elogio:

[…] fra tutti questi sacerdoti il solo Wam per la pietà, per l’insegnamento di cinese nella scuola laica e nell’internato, per la singolare modestia e devozione all’idea religiosa e civile della istituzione, è un vivo esempio della tradizione primitiva ed uno strumento efficace della trasformazione civile e scientifica che si vuole raggiungere.74

Raffaele De Martinis lesse attentamente lo scritto del Lignana e ne trasse la certezza che il Wang, per essere stato tra i sacerdoti del Collegio Asiatico l’unico ad essere “commendato” dal massone Lignana, fosse diventato elemento pericoloso passato armi e bagagli nello schieramento laico:75 la necessità di allontanarlo da Napoli divenne per lui un vero e proprio assillo. La destinazione che escogitò aveva il sapore di uno spietato castigo, che si infligge solo alle persone per le quali si nutrono sentimenti di astio profondo: sotto il titolo di “primo missionario apostolico cinese” Francesco Saverio Wang avrebbe dovuto raggiungere l’Australia, precisamente la città di Sidney, per occuparsi, insieme a Simone Wang, della salute spirituale delle comunità cinesi che si andavano formando in quel lontanissimo paese. La stessa Propaganda Fide rimase perplessa su quella soluzione tanto da guadagnar tempo e provocare il sollecito dello stesso De Martinis;76 né se la sentì di

73 Lignana, 1882, p. 13. Per l’attacco portato ai fratelli Farina, affittuari di alcune tenute del Collegio

Asiatico in territorio di Eboli, la Relazione fu oggetto di una interrogazione alla Camera dei Deputati, che dette luogo ad un acceso dibattito: API, Camera dei deputati, Discussioni, 1882, pp. 8930-8933.

74 Lignana, 1882, p. 32.

75 APF, Collegi Vari, b. 13, ff. 515-516, lettera di Raffaele De Martinis a Giovanni Simeoni, prefetto di

Propaganda Fide, in data 28 gennaio 1882.

76 Ivi, f. 576, lettera di Raffaele De Martinis a Giovanni Simeoni, prefetto di Propaganda Fide, da Napoli

in data 27 luglio 1886: “Profitto di questa circostanza per ricordare che fin dal mese scorso si dovea spedire al sacerdote Francesco Wam e compagno la comunicazione di portarsi alla missione di Australia, ma fino a quest’oggi nulla ho ricevuto. Prego V.E. dirmi se questo ritardo è proceduto dalla moltitudine

prospettargli l’incarico di evangelizzatore delle chinatowns australiane come decisione impostagli dal De Martinis, ma come scelta autonoma. Il tenore della comunicazione di Propaganda Fide lo ricaviamo dalla risposta del Wang:

Con profondo rispetto mi affretto a rispondere alla Sua venerata del 30 scorso sotto il n. 4527, e Le umilio in primo che io mai mi sono deciso di recarmi nella missione di Australia, ma nel mese di luglio scorso, avendomi Vostra Eminenza onorato di una Sua lettera, con cui mi ordinava la missione di Sidney in compagnia dell’alunno cinese Simone Wam, io umilmente Le sottomettevo di essere prontissimo a partire subito che la mia malferma salute me lo avesse permesso ed il Collegio di Napoli mi avesse dato i mezzi opportuni. Di più Le umilio che la mia sanità è di gran lunga peggiorata e l’alunno cinese, che Vostra Eminenza mi destinava per compagno, s’è del tutto ricusato, come ancora questi signori, che amministrano il Collegio, non hanno risposto alle mie premure di avere i mezzi occorrenti per la partenza e pel viaggio.77

Era un rifiuto, sia pure espresso con la gentilezza, che era qualità innata di Wang. Propaganda Fide, per assecondare in qualche modo il De Martinis, lo fece venire a Roma, ma la presenza del cinese in quella che era diventata la capitale dello Stato italiano tormentava il “pro-visitatore”, il quale non trovava pace soprattutto al pensiero che il ministro della Pubblica Istruzione lo potesse nominare professore di cinese all’Università di Napoli:

La persona di don Francesco Wam mi angustia. La sua condizione in Roma, senza occupazione ed a lungo, lo farà capitare nelle mani del Ministero, che, per insinuazione dei professori di lingue orientali di Napoli, suoi amici, lo farà professore di cinese all’Università. Bisogna salvarlo ad ogni modo. Non volendo partire per l’Australia o la Cina, bisogna provvedere alla sussistenza. Quando Vostra Eminenza non crede farlo dimorare nel Seminario Mastai, lo ponga altrove, e, se crede, lo mandi a Genova nel Collegio Brignole per insegnar cinese. Io sono nella impossibilità di riceverlo in Napoli, dopo che con la sua assenza ho meglio conosciuto il male da lui fatto al Collegio.78

A scavare a fondo, Francesco Saverio Wang non era uomo da pensare alla sua personale sistemazione come obiettivo prioritario della sua esistenza: egli aveva un concetto non banale della condizione sacerdotale, come libera scelta, e dei doveri, soprattutto di obbedienza ai superiori, che tale condizione comportava. In effetti, il ministro della Pubblica Istruzione già dal 1885 gli aveva fatto conoscere la sua

degli affari o da mutamento che si deve fare nella disposizione. Io non posso più tenere in Napoli il catechista, il governo ha disposto il denaro per il rimpatrio ed io non so quello che debba fare”.

77 Ivi, f. 580, lettera di Francesco Saverio Wang a Giovanni Simeoni, prefetto di Propaganda Fide, da

Napoli in data 4 ottobre 1886.

78 Ivi, ff. 585-586, lettera di Raffaele De Martinis a Giovanni Simeoni, prefetto di Propaganda Fide, da

disponibilità ad assegnargli l’incarico di lingua cinese all’Università di Napoli. Ma a tale dichiarazione di disponibilità egli aveva risposto con la seguente lettera, che testimonia assai bene il livello morale della persona:

Con sorpresa rilevo dal Suo pregiatissimo foglio del 20 corrente [febbraio 1885] che S. E. il ministro [della Pubblica Istruzione] crede che io non mi sia

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 59-71)