• Non ci sono risultati.

L’esame di licenza degli alunni arabi e cinesi. Il problema della loro sistemazione

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 45-52)

Il secondo decreto del ministro Angelo Bargoni, in data 12 settembre 1869, che riguardava l’ordinamento degli studi del Collegio Asiatico, stabiliva nell’articolo 7 la durata del corso degli studi della sezione laica in due anni, mentre all’articolo 11 recitava:

Gli alunni regolari, finito il corso degli studii e superati gli esami, riceveranno un diploma che sarà titolo di preferenza in tutti gli ufficii in cui può essere utile la conoscenza delle lingue dell’Asia.22

Pertanto, in esecuzione del dettato del decreto, i 9 alunni della sezione laica furono chiamati a sostenere gli esami dal 9 al 17 luglio del 1877. Riportiamo gli stralci, da noi ritenuti più significativi, della relazione del presidente della commissione esaminatrice Michele Kerbaker, inviata al ministro della Pubblica Istruzione:

Le materie degli esami erano le seguenti: storia naturale, storia civile antica e

moderna, lettere italiane, matematica, francese, inglese, arabo, cinese. Le rispettive

prove in ciascheduna disciplina consistevano: 1o) in un breve saggio per iscritto da compiersi in una o due ore; 2o) in un esame orale da darsi immediatamente dopo la prova scritta. Ecco l’elenco dei candidati con quelle particolari indicazioni richieste da V. E.:

Candidati di nazione araba

nome cognome età tempo da che soggiornano nel Collegio Koblan Tabib 23 5 anni

Pietro Lahhud 17 4 anni Geffal Dahdah 19 5 anni Giuseppe Gazen 18 1 anno

Candidati di nazione cinese

nome cognome età tempo da che soggiornano nel Collegio Luigi Cian 22 6 1/2 anni

Andrea Lu 20 6 1/2 anni Riccardo Ten 21 6 1/2 anni Pietro Pan 22 6 1/2 anni Luigi Ho 20 6 1/2 anni

Il giovane arabo Dahdah non si trovò presente all’esame perché infermo, ed i due cinesi, Pan ed Ho, non fecero le prove scritte (alcune delle quali non fece pure il Cian) e furono dispensati da parecchie prove orali per la somma difficoltà che incontrano tuttavia ad esprimersi in italiano e per la quasi assoluta loro incapacità a trarre profitto dalle lezioni dei professori.

Per dare anzitutto qualche cenno generale sul grado dell’istruzione impartita in questa scuola, dirò brevemente che non mi apparve punto superiore a quello di una seconda o terza elementare primaria! Tale mi apparve sì dai programmi di esame (intendonsi i programmi speciali tracciati dai professori e determinanti i quesiti cui gli alunni dovevano rispondere secondo le loro capacità), sì dalle prove stesse dei giovani esaminati. Tra i cinesi il solo Lu trova modo di farsi discretamente capire, scrivendo però in forma infelicissima senza alcuna idea di sintassi o di grammatica. Tra gli arabi i giovani Lahhud e Gazen (i più ingegnosi e meglio progrediti nella scuola) scrivono assai meglio, ma pure sgrammaticando quasi ad ogni rigo. I professori di scienze naturali e di storia civile, mi attestarono che non potevano lungo l’anno scolastico procedere altrimenti nelle loro spiegazioni che dichiarando passo a passo il senso delle singole parole del compendio o trattatello che si faceva via via leggere agli alunni – Compendio di storia greca e

romana del Perosino23 –. Ecco alcuni tratti della breve relazione scritta in proposito dal prof. Francesco Gasco [insegnante di storia naturale]: “Nissuno [sic] può immaginarsi quanto grande sia la diversità di coltura e l’attitudine allo studio di questi alunni, quanto sia stato e sia tuttora deficiente l’insegnamento della grammatica italiana. Uniti formano il più strano, il più eteroclito miscuglio […] i tre alunni cinesi Ten, Ho e Pan spesso nulla capiscono di quanto si espone […] l’alunno Gazen, giunto da un anno dalla Siria, colla conoscenza della lingua francese, è un alunno assai intelligente e studioso, ma presentemente non sa ancora distinguere i continenti e gli oceani posto innanzi ad un mappamondo […] qual risultato si può attendere da un amalgamento così strano di alunni?”.24

Dopo la presentazione di un quadro così fosco, proseguire con le citazioni sembra un inutile esercizio di crudeltà. La conclusione era che dopo una permanenza mediamente prolungata nel tempo per oltre cinque anni, quei giovani non erano stati “abilitati” a nessuna “utile carriera” e le prospettive per il loro futuro non erano rosee:

I giovani migliori da me interrogati a quale esercizio o professione intendevano applicarsi, non seppero darmi nessuna risposta determinata; si trovarono anzi non poco stupiti ed impacciati nel dover rispondere alla domanda “che cosa volete fare, a che cosa vi volete rendere abili?” e troncavano al fine ogni dubbietà, dicendo che “la loro intenzione era quella di essere in seguito adoperati in qualche ufficio del governo italiano”.25

23 Perosino, 1865 (testo di pp. 32 più volte riedito).

24 ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Divisione Scuole Medie (1860-1896), b. 89, Collegio Asiatico,

Relazione sugli esami finali dati nel R. Collegio Asiatico nel mese di luglio dell’anno scolastico 1876-77, di Michele Kerbaker, commissario agli esami, cit. Da notare che l’alunno arrivato a Napoli con gli altri cantonesi come Luigi Luo (羅禧仔 Luó Xīzĭ) era diventato Luigi Ho e tale rimarrà fino alla sua tragica morte.

Quindi l’unico sbocco che si poteva trovare per i giovani cinesi era un posto di scrivano nella pubblica amministrazione, mentre per i loro coetanei arabi si pensò di prepararli ad insegnare, in qualità di maestri, la lingua italiana nelle nostre scuole di Beirut. A questo proposito era chiara una delibera del consiglio di amministrazione del Collegio Asiatico in data 31 maggio 1878, concepita in questi termini.

Viste le determinazioni di S. E. il ministro della Istruzione Pubblica, comunicate con note 26 marzo e 19 aprile ultimi n. 3962 e 4873, intese ad allogare i cinque alunni cinesi di questo R. Collegio nelle amministrazioni dello Stato in qualità di scrivani ed preparare i giovani arabi da renderli abili a sostenere l’esame di maestro elementare;

considerato che a raggiungere lo scopo prefisso dal ministro a favore degli alunni suddetti, fra gli altri insegnamenti è necessario anche quello delle arti grafiche;

visto che nel bilancio dell’istituto non è prevista la spesa d’un maestro di calligrafia per tali esercitazioni,

delibera

che il maestro di calligrafia signor Giovanni Zugiani sia incaricato di esercitare gli alunni arabi e cinesi di questo Istituto nella bella scrittura e che a lui sia assegnato fino a nuova disposizione un emolumento mensile di lire 21 a far tempo dal primo aprile ultimo e che un tale esito gravi l’articolo “imprevedute” del bilancio consuntivo del presente esercizio.26

Un paio di settimane dopo – precisamente il 13 giugno 1878 – fu adottato lo stesso provvedimento per un maestro di ginnastica, disciplina ritenuta “assai profigua” [sic] “a rendere più completa” la loro “educazione” ed “il loro sviluppo”. La nuova Italia, a quel tempo, aveva la mania della ginnastica27 e nelle scuole secondarie di ogni ordine era considerata disciplina indispensabile ad una buona formazione del futuro soldato dell’esercito del re.

Dopo essersi esercitati insieme in calligrafia e ginnastica, i cinesi furono separati dagli arabi, perché questi ultimi, conseguita la licenza magistrale, furono destinati ad insegnare nelle scuole elementari italiane a “Bahirouth”,28 dei cinque cinesi, al contrario, quattro furono trasferiti a Roma per prestare servizio in qualità di scrivani “straordinari” presso il Ministero della Pubblica Istruzione, mentre per Andrea Lu – l’unico per il quale Kerbaker aveva speso nella sua relazione una buona parola – fu fatta un’eccezione, perché il Regolamento per l’amministrazione e

pel convitto del R. Collegio Asiatico, portante la data dell’8 dicembre 1878 e la firma

del ministro della Pubblica Istruzione, Francesco De Sanctis, all’art. 22 recitava:

26 Archivio Università di Napoli “L’Orientale” (d’ora in poi AUNO), Libro di deliberazioni, sotto la data

del 31 maggio 1878.

27 Giù l’art. 7 dell’Ordinamento della scuola secondaria, adottato nel febbraio 1861, recitava: “La ginnastica e

gli esercizi militari saranno insegnati in tutti gli istituti di istruzione secondaria a qualsiasi grado e a qualsiasi classe essi appartengano” (Giornale officiale di Napoli, 15 febbraio 1861).

Una pensione di lire mille annue sopra i redditi del Collegio, sarà conferita, per la durata del corso triennale, al giovane cinese Andrea Lu, alunno laico del Real Collegio Asiatico, perché possa continuare nella Scuola lo studio delle lingue orientali e specialmente della lingua chinese.29

Si pensava di fare di Andrea Lu un ripetitore di cinese per la Scuola di lingue

orientali viventi istituita dalla riforma di Francesco De Sanctis del 28 ottobre 1878.

Ma le previsioni non furono confermate dalla realtà. Gli esami dell’anno scolastico 1879-80 si svolsero dal 1o al 13 luglio 1880 e sul loro andamento ci è pervenuta la relazione sottoscritta da Michele Kerbaker nella sua qualità di direttore della Scuola sopra ricordata. Stralciamo la parte della relazione relativa ad Andrea Lu:

L’alunno cinese Lu s’è mostrato nel corso di quest’anno affatto inabile a seguire i corsi regolari di lingue al pari dei suoi compagni pensionati. Nelle lezioni di arabo, per attestazione del professor Buonazia, egli non comprende il linguaggio del professore. Il voto di 6/10 del suo esame orale di arabo significa assoluta insufficienza, mentre gli 8/10 nell’esame scritto non significa altro, a giudizio dello stesso professore, se non che il Lu, nell’impossibilità di fare il lavoro, trova modo di farsi aiutare dai suoi compagni. Del persiano e della storia non diede alcun saggio, per incapacità di progredire in cotali studi, abbandonando le rispettive lezioni. Moltissime furono le sue assenze anche nel corso di cinese, che si può dire il solo frequentato da lui, le quali furono bensì giustificate per ragioni di malattia, ma questa cagione non è stata sempre onorevole. L’essere il Lu nello studio del cinese inferiore, sì per dichiarazione del professor Wam, ad alcuni suoi compagni che lo studiano da solo due anni, dimostra chiaramente che egli è tutt’altro che stoffa da farne un professore o forse pur semplice ripetitore di cinese nella nostra Scuola, la quale considerazione ha determinato il conferimento della borsa in suo favore! Nel prossimo anno si presenterà, come già per gli alunni cinesi non ecclesiastici degli anni passati, la grave difficoltà di provvedere a questo giovine non fornito di alcuna coltura e non preparato ad alcuna carriera civile!30

29 De Martinis, 1882, p. 47. Il Regolamento seguiva due decreti in data 28 ottobre 1878 sempre a firma De

Sanctis, che, rispettivamente, stabilivano il “riordinamento amministrativo” e il “riordinamento della scuola” del Collegio Asiatico, con la istituzione di una “scuola di lingue orientali viventi”, dove all’insegnamento del cinese e dell’arabo, si aggiungeva quello del persiano, turco, “hindustani”, giapponese, “slavo-serbo”, greco moderno (ivi, pp. 40-43). Accanto alla scuola rimaneva in vita il convitto per “giovani asiatici” finalizzato alla formazione di missionari per l’Estremo Oriente. Il “Regolamento per la scuola” fissava in tre anni la durata dei corsi per conseguire il diploma, mentre i nomi dei diplomati sarebbero stati segnalati ai “ministri della pubblica istruzione, degli affari esteri, del commercio, della guerra e della marina”, prevedendo che i giovani muniti del diplomi si sarebbero potuti dedicare “alle missioni cattoliche, ai consolati, ai commerci, alle esplorazioni scientifiche, all’insegnamento nelle regioni dell’Asia e ad altri simili uffici”.

30 ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Divisione Scuole Medie (1860-1896), b. 88, Collegio Asiatico,

Relazione sugli esami dell’anno scolastico 1879-80, di Michele Kerbaker, direttore della Scuola, in data luglio 1880.

In fondo Andrea Lu (盧成帶 Lú Chéngdài) fu tra i meno sfortunati degli altri suoi compagni, perché, fallito il disegno di farne un ripetitore di lingua cinese nel Collegio Asiatico, conseguì nel luglio 1881 il diploma rilasciato dalla Scuola di

lingue orientali viventi e quindi un “certificato di capacità per interprete” di

cantonese, ritornandosene a Canton, dove di occidentali ve n’era abbondanza da poter mettere a frutto quel poco di cinese mandarinico, di italiano, francese, inglese e arabo che era stato costretto a studiare a Napoli per circa nove anni.31 Ma intanto seguiamo l’odissea di due dei quattro cantonesi – Pietro Pan ( 潘 上 登 Pān Shàngdēng), Luigi Luo, divenuto Ho, (羅禧仔 Luó Xīzĭ) – trasferiti a Roma presso il Ministero della Pubblica Istruzione in qualità di scrivani “straordinari”. Ai primi degli anni Ottanta si presentava loro il problema di passare da “straordinari” a “ordinari”. A questo proposito su foglio intestato Ministero della Pubblica Istruzione troviamo una nota indirizzata, sotto la data del 12 febbraio 1880, al Ministero degli Affari Esteri, che riguardava proprio Pietro Pan e Luigi Ho:

Quando venne disciolto il Collegio Asiatico di Napoli per riordinarlo su basi più conformi al progresso dei tempi,32 gli alunni chinesi, che quivi erano raccolti, furono licenziati, ed il governo, volendo provvedere in qualche maniera alla loro sorte, li destinò, com’è noto, a cotesto onorevole Ministero a prestar servizio nelle varie amministrazioni dello Stato. Due di questi giovanetti, signori Pan Pietro e Ho Luigi, furono ammessi in qualità di straordinari in questo Ministero colla retribuzione di lire 100 mensili. E siccome essi non hanno titoli per concorrere ai posti di ruolo e mettersi in grado di progredire nella carriera, si trovano condannati sino dalla prima giovinezza a rinunziare ad un futuro miglioramento di condizione. Lo scrivente, vivamente preoccupato della sorte di questi due giovinetti, desidererebbe di trovar modo di soccorrerli, ma gli mancano i mezzi. Egli ha, però, divisato di riferire la cosa a cotesto onorevole Ministero, pregandolo se mai vi fosse la possibilità di destinarli come interpreti presso qualche consolato. Essi non hanno una perfetta conoscenza della lingua italiana; si ritiene, tuttavia, che ne abbiano abbastanza per disimpegnare l’ufficio d’interpreti. Ad ogni modo cotesto Ministero potrà sempre sottoporli per le dovute cautele ad un esperimento. Gioverà poi tener presente anche questa considerazione, che, cioè, si farebbe ai detti giovani un doppio benefizio col restituirli al loro paese, essendo il nostro clima assai pregiudizievole alla loro salute fino a metterne in pericolo la propria esistenza per lunghe e gravi malattie sofferte. Egli gradirà di essere a suo tempo informato delle disposizioni che cotesto Ministero avrà creduto opportuno di prendere

31 De Vincentiis, 1881; all’“alunno Lu” fa cenno anche Angelo De Gubernatis, sia nella sua relazione in

data 25 luglio 1881 inviata al Ministero della Pubblica in qualità di commissario degli esami tenuti nella Scuola di lingue orientali viventi ai primi luglio 1881 (ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Divisione Scuole Medie (1860-1896), b. 183, fasc. 37, sia nell’articolo “Il Collegio Asiatico e la Scuola di lingue orientali”, pubblicato sulla Nuova Antologia, 15 agosto 1881 (p. 610).

intorno alla proposta che forma il soggetto della presente.33

Non conosciamo in dettaglio la risposta che fu data a questa istanza dal Ministero degli Affari Esteri, ma ci è dato sapere, dal tenore della lettera, che quei giovani, abituati all’eterna primavera di Canton, male avevano sopportato i rigidi inverni napoletani e romani, che avevano influito negativamente sulla loro salute: pertanto sentivano forte la nostalgia per il loro paese, dove chiedevano di tornare. Dopo una risposta evasiva del dicastero degli Esteri, il ministro della Pubblica Istruzione era tornato alla carica, con altra lettera in data 2 aprile 1881, garantendo che, trascorso più di un anno dalla loro prima domanda di rientrare in patria, i due cinesi, Pietro Pan e Luigi già Luo ed ora Ho, “con la continua applicazione migliorarono d’assai la loro cultura, e presentemente parlano e scrivono l’italiano abbastanza correttamente”. L’appello proseguiva in questi termini:

Veda cotesto Ministero di prendere a cuore la sorte di questi due disgraziati e dare a loro riguardo un provvedimento che li rassicuri del loro avvenire, destinandoli come interpreti, od in qualsiasi altra qualità, presso alcuno dei regi consolati nei paesi di loro origine.34

Sul margine di questa lettera è annotata a matita una sorta di commento che si conclude con questa parole: “È poi strano che, non potendo [i due cinesi] essere capaci come ufficiali straordinari, ce li vogliano appioppare come interpreti”. Costretti a trascinare la loro esistenza quotidiana come ufficiali straordinari di scrittura presso il Ministero della Pubblica Istruzione, quale fu il loro destino? Lo apprendiamo da un passo della relazione sul bilancio di previsione del Ministero degli Affari Esteri per l’anno 1883 presentata dal deputato Raffaele Cappelli, ove letteralmente era scritto:

È d’uopo confessare che la fondazione Ripa ha sempre dato scarsissimi frutti per diverse ragioni, che qui è inutile enumerare; ora poi questi frutti sono assolutamente nulli. Abbiamo dovuto toccare in questa medesima relazione di un alunno cinese di questo Collegio, che, dragomanno a Shanghai, non conosce il cinese letterale; […] e di altri che rimangono in Italia come scritturali di infima classe, quando non siano morti di nostalgia, caso che si ripete frequentemente, o non siansi appigliati, per l’anormalità della loro posizione, a partiti disperati, come è avvenuto in breve spazio di tempo per due di essi, che volontariamente si han tolto la vita.35

33 ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Divisione Scuole Medie (1860-1896), b. 193, fasc. Collegio Asiatico.

34 Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri (d’ora in poi ASMAE), Archivio del personale, Serie V,

Miscellanea (1881-1883), fasc. Giovani cinesi, lettera proveniente dal Ministero della P. I. in data 2 aprile 1881.

35 Atti del Parlamento Italiano (d’ora in poi API), Camera dei deputati, Legislatura XV (1882-1886), Atti

stampati, Stato di prima previsione della spesa del Ministero degli Affari Esteri per l’anno 1883, seduta del 1o

Il passaggio si riferisce ad almeno due tragedie, il suicidio di Pietro Pan e Luigi Ho, e riporta il giudizio tutt’altro che lusinghiero sull’attività di “dragomanno” svolta, secondo una nostra congettura, da Riccardo Deng a Shanghai. Usiamo il termine congettura, perché presso il consolato italiano a Shanghai, lavorava un altro Dèng, il cui nome di famiglia era identico a quello di Riccardo 鄧, ma il cui nome personale era del tutto differente: Wéndào 文道. Conosciuto col nome cristiano di Pietro Deng, egli aveva un curriculum del tutto differente da quello di Riccardo Deng. Nato non si sa in quale data a Miănyáng 沔陽 nell’Húbĕi 湖北, arrivato a Napoli nel giugno 1865, non aveva manifestato alcuna intenzione di farsi prete e se ne era tornato in patria nel maggio 1874.36 Da altra fonte sappiamo della sua presenza a Shanghai già nel dicembre 1876, dacché in quella città in data 20 di quel mese egli inizia a scrivere una relazione sul martirio subito da un altro cinese ordinato prete a Napoli, Francesco Huang 黃廷彰 (Huáng Tíngzhāng), ucciso nella chiesa di S. Maria (聖墓堂 Shèngmù Táng) il 13 luglio 1876.37

Sulla sua attività di interprete nel consolato italiano di Shanghai in un lungo rapporto inviato al Ministero degli Affari Esteri dal diplomatico Ferdinando De Luca in data 24 luglio 1888 sono contenuti giudizi se non lusinghieri, almeno positivi:

Se ciò debba intendersi che […] il Tem sia licenziato, fo rispettosamente osservare a Vostra Eccellenza che nelle attuali condizioni del nostro servizio in questo Impero, noi non possiamo privarci della opera di lui, meno il caso di rimpiazzarlo con qualche altro interprete, che ci costerebbe di più. Il Signor Tem – cinese educato nel Collegio Asiatico di Napoli, ove ha appreso l’italiano ed ha continuato a parlare cinese coi suoi compagni – è l’unico interprete orale che noi abbiamo in Cina. […]. In Shanghai per la corrispondenza di pura routine, l’interprete del consolato, Pietro Tem è sufficiente. Il servizio ovvio e giornaliero degli interpreti è molto più orale che scritto e ad esso basta il Tem.38

Non è da escludersi, tuttavia, che a Shanghai abbia fatto la sua comparsa anche Riccardo Deng, nei primi anni Ottanta del XIX secolo in qualità di “dragomanno”, ossia intermediario d’affari, dando prova di scarsa capacità nel settore.

Ma per ritornare all’interessamento di deputati e ministri per il Collegio Asiatico e spiegare il quadro a tinte fosche tracciatone, bisogna ricordare che dal 1881 era in corso un acceso dibattito, che vedeva come antagonisti da una parte i superstiti congregati della Sacra Famiglia – che direttamente o per mezzo del

36 Dati biografici attinti da Kuo, 1917, pp. 6-7, n. 89. Le notizie fornite dall’Elenchus, sono confermate da

altre fonti: in AUNO, Libro di deliberazioni, cit., in data 10 maggio 1874, il consiglio di amministrazione del Collegio Asiatico offre all’alunno cinese “Pietro Tem, che rattrovasi da varî anni nel ripetuto Collegio” la somma di 350 lire per il suo ritorno in patria.

37 Dati biografici attinti da Kuo, 1917, pp. 4-5, n. 77, la relazione sulla morte del sacerdote Francesco

Huang, inviata a Francesco Saverio Wang, si conserva nell’Archivio Storico della Curia Arcivescovile di

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 45-52)